L’intermediario senza detenzione

03 Nov 2022 | giurisprudenza, penale

di Federico Peres

Cass. pen., Sez. III, sentenza 3 agosto 2022, n. 30582 – Pres. Ramacci – Est. Aceto – Ric. Z.M./G.D.

L’intermediario senza detenzione di rifiuti, intendendosi come tale anche il procacciatore, gestendo rapporti commerciali con più impianti di recupero e/o smaltimento, permette ai produttori di raggiungere un impianto idoneo a recuperare o smaltire i propri rifiuti. In capo all’intermediario vige un onere di vigilanza e di controllo in merito al possesso, da parte del soggetto deputato allo smaltimento dei rifiuti, delle dovute autorizzazioni e qualifiche, atteso che, per espressa previsione di legge (D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. l), l’attività di intermediazione, pur senza detenzione, rientra nell’ambito della gestione dei rifiuti. Ciò discende dal principio della responsabilità condivisa nella gestione dei rifiuti che grava su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, detenzione, trasporto e smaltimento dei rifiuti, essendo gli stessi investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi.

Gli imputati, per avere gestito abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti di origine diversa (materiali post-consumo di uso comune, nonché rifiuti da produzione industriali/artigianali), erano stati ritenuti penalmente responsabili del reato di cui all’art. 452-quaterdecies c.p.[i], uno in qualità di amministratore unico della società, l’altro nella veste di intermediario nel traffico di rifiuti. Quest’ultimo proponeva ricorso per Cassazione contestando – per quanto qui interessa – la parificazione tra l’attività di procacciatore asseritamente svolta e quella di intermediario. A suo avviso, infatti, il procacciatore, senza interessarsi della gestione dei rifiuti, si limiterebbe a mettere in contatto il produttore dei rifiuti e il gestore dell’impianto, ricevendo un corrispettivo per la segnalazione. Egli, pertanto, non sarebbe gravato da obblighi di vigilanza e di intervento sulle attività riguardanti lo smaltimento.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e ricostruisce la definizione dell’intermediario nell’attività di gestione dei rifiuti ricordando che la stessa venne introdotta con il d.lgs. 205/2010 (recependo la Direttiva 2008/98/CE) che modificò il d.lgs. n. 152/2006 inserendo, all’art. 183 co. 1 lett. l), la seguente definizione: «qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti». L’intermediario è inoltre tenuto all’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, così come prevede l’art. 212 co. 5 d.lgs. n. 152/2006: «l’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi».

Afferma la Corte che rientra in tale categoria anche l’attività di chi si limiti a porre in contatto il detentore, il trasportatore e il gestore del sito finale e ritiene «non sussista alcuna sostanziale differenza tra la figura di procacciatore e quella di intermediario, poiché nell’ambito di riferimento qualsiasi attività di mediazione può essere ricondotta nella seconda categoria».

Il tema affrontato in sentenza può, dunque, essere posto in questi termini: l’intermediario nella gestione dei rifiuti è il mediatore (definito dall’art. 1754 c.c.) e/o il procacciatore d’affari (figura atipica non definita nel codice civile). In realtà, come vedremo, il riferimento a queste due figure potrebbe essere non del tutto pertinente.

Fermo restando che, prima delle riforma del 2010, la dottrina aveva preferito l’equiparazione al mediatore[ii], per comprendere i tratti che lo accomunano e lo distinguono dal procacciatore, va richiamata la fondamentale sentenza n. 19161/2017 della Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, secondo la quale: «il mediatore si distingue dal procacciatore di affari per l’imparzialità che è requisito tipico del mediatore, e per il rapporto di collaborazione che – assente secondo l’espresso dettato normativo nella mediazione (art. 1754 cod. civ.) – caratterizza il procacciatore d’affari, il quale, anche senza carattere di stabilità, agisce nell’esclusivo interesse del preponente, solitamente imprenditore, raccogliendo proposte di contratto ovvero ordinazioni presso terzi e trasmettendogliele […]. Ove, invece, il procacciatore d’affari operi stabilmente con un determinato preponente, la disciplina del rapporto risulta assimilabile piuttosto al rapporto di agenzia. […] è configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta atipica, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (c.d. mediazione unilaterale). Tale ipotesi ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un’attività intesa alla ricerca di un persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni, e proprio per il suo estrinsecarsi in attività di intermediazione, rientra nell’ambito di applicabilità della disposizione prevista dalla legge n. 39 del 1989, art. 2, comma 4, che, per l’appunto, disciplina anche ipotesi atipiche di mediazione per il caso in cui oggetto dell’affare siano beni immobili o aziende».

Pertanto, alla luce dell’insegnamento delle Sezioni Unite, si può affermare, in accordo con la sentenza in commento, che mediatore e procacciatore svolgano entrambi un’attività di intermediazione.

Quanto però alla possibilità di farli rientrare entrambi nella nozione di intermediario di cui all’art. 183 co. 1 lett. l) d.lgs. n. 152/2006, è necessario, innanzitutto, porre l’attenzione sul fatto che deve trattarsi di un’attività di impresa, come del resto sembra riconoscere la sentenza qui in commento che lo definisce «una figura professionale che opera in un difficile contesto tecnico-giuridico, che richiede un’adeguata preparazione professionale nonché la specifica conoscenza delle caratteristiche dei rifiuti di cui si occupa e delle esigenze di movimentazione e di destinazione necessarie».

Se dunque poniamo l’accento sull’attività d’impresa, si direbbe più rispondente alla nozione di intermediario nella gestione rifiuti solo il mediatore. Tuttavia, prima di trarre conclusioni, è bene tornare alla sentenza delle Sezioni Unite (che, come detto, ritiene entrambe le figure appartenenti al genus dell’intermediazione) nella parte in cui opera, rispetto al procacciatore di affari relativi a beni mobili (come nel caso dei rifiuti), una distinzione ulteriore tra chi svolge l’attività in via occasionale e chi lo fa invece in modo stabile e completa nei seguenti termini il principio di diritto ivi affermato: «Ove oggetto dell’affare siano altre tipologie di beni – e segnatamente beni mobili – l’obbligo di iscrizione sussiste solo per chi svolga la detta attività in modo non occasionale e quindi professionale o continuativo. Ove ricorra tale ipotesi, anche per l’esercizio di questa attività è richiesta l’iscrizione nell’albo degli agenti di affari in mediazione di cui alla citata legge n. 39 del 1989, menzionato art. 2, (ora, a seguito dell’abrogazione del ruolo dei mediatori, la dichiarazione di inizio di attività alla Camera di commercio, ai sensi del Decreto Legislativo n. 59 del 2010, art. 73), ragion per cui il suo svolgimento in difetto di tale condizione esclude, ai sensi dell’art. 6 della stessa legge, il diritto alla provvigione».

Restando nel solco tracciato dalla giurisprudenza sin qui richiamata, si direbbe rispondere alla nozione di intermediario nella gestione dei rifiuti tanto il mediatore ex art. 1754 c.c., quanto il procacciatore non occasionale e quindi professionale o continuativo, tenuto all’iscrizione all’Albo nazionale.

Tuttavia, come detto in apertura, il punto è forse un altro. La nozione di cui all’art. 183 contiene infatti una seconda precisazione che rende forse poco pertinente tanto la qualifica di mediatore, quanto quella di procacciatore. L’intermediario, infatti, secondo la nozione del Testo Unico Ambientale, è colui che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi. Pertanto, più che mettere in contatti due soggetti, egli opera in forza di un mandato, ovvero di un contratto (art. 1703 c.c.) col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra. In altre parole, l’intermediario (se inteso come mandatario) affida i rifiuti prodotti dal mandante, agendo per suo conto, alle imprese che effettuano il recupero o lo smaltimento[iii]. È evidente pertanto che, in applicazione del consolidato principio della responsabilità condivisa richiamato dalla sentenza in commento, ma anche per adempiere correttamente agli obblighi contrattualmente assunti, egli abbia un onere di vigilanza e di controllo in merito al possesso, da parte del soggetto deputato allo smaltimento dei rifiuti, delle dovute autorizzazioni e qualifiche. Ma non solo. Secondo un’altra recente sentenza della Corte di Cassazione[iv], «incombeva sull’intermediaria, chiamata a disporre per conto della (omissis) lo smaltimento ovvero il recupero dei rifiuti dalla stessa detenuti, non solo l’individuazione dei soggetti dotati dei titoli abilitativi necessari a gestire i rifiuti in uscita dall’impresa di provenienza, ma ancor prima il controllo sulla loro corretta classificazione da parte della stessa».

In conclusione, pur dando atto dell’incertezza del dato normativo, così come dell’incertezza di un’interpretazione costretta a poggiare su definizioni contenute in fonti normative diverse e pur avendo presente, infine, che il principio della responsabilità condivisa, nella sua più ampia accezione, potrebbe far ritenere tenuto al rispetto della normativa ambientale chiunque intervenga, in qualunque modo e in un qualunque momento, nella gestione dei rifiuti, appare coerente con il dato letterale ritenere che l’intermediario nella gestione dei rifiuti non sia né un mediatore né un mero procacciatore, bensì un mandatario che, per conto del mandante/produttore, individua soggetti terzi con i quali prende accordi, operativi ed economici, per recuperare/smaltire i rifiuti che il secondo ha prodotto[v].

SCARICA L’ARTICOLO IN PDF

2022.10.19 RGA_novembre_PERES_2022.08.03 C.P. intermediario.1.

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato.

Salva_documenti (22)

NOTE

[i] Art. 452-quaterdecies c.p.: (1) Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni. (2) Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni. (3) Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32 bis e 32 ter, con la limitazione di cui all’articolo 33. (4) Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell’ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente. (5) È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca.

[ii] In questo senso B. Albertazzi, La disciplina del nuovo Albo gestori, in Ambiente n. 5/1999 p. 403. Ed ancora: «Per capire esattamente chi sia l’intermediario è necessario rinominarlo in termini esatti e precisamente mediatore e quindi porre mente alla definizione che di esso viene fornita dall’art. 1754 c.c. […] Pertanto caratteristica della figura del mediatore è la sua autonomia cioè la sua imparzialità rispetto ad altri soggetti del rapporto. Costui, quindi, non può operare nell’interesse di nessuna delle parti» (Bollettino Rifiuti n. 126 (2/06) p. 46).

[iii] In questo senso G. Tapetto, Intermediazione e commercio di rifiuti, in Lexambiente.it 31.05.2013.

[iv] Cass. Pen. Sez. III, 27.05.2022, n. 20734.

[v] Per inciso, questo è infatti il servizio offerto da diverse imprese qualificate che, nei vari siti web, definiscono se stesse come intermediari. Ad esempio, tra i molti, il sito di una società che si propone come intermediario precisa che, in tale qualità, «garantisce la gestione completa di rifiuti liquidi e solidi, pericolosi e non pericolosi grazie alla consolidata conoscenza dei siti di smaltimento nazionali». Un altro ricorda che «le aziende necessitano un supporto più specifico in merito al trattamento, all’esportazione e all’intermediazione dei rifiuti di ogni tipo per garantire la massima correttezza nel trattamento degli stessi. Essendo l’intermediario una figura specializzata proprio nella gestione dei rifiuti, sarà lui ad occuparsi di tutto ciò che riguarda la normativa e il rispetto delle leggi, sollevando l’azienda o l’ente da questo compito complesso, evitando anche danni in termini ambientali e giuridici». Un altro ancora offre di «supportare le varie industrie e produttori in genere, nello smaltimento finale del rifiuto generato dai loro processi produttivi, nel pieno rispetto delle leggi e normative vigenti in materia».

Scritto da