L’inerzia della Soprintendenza in sede di VAS si può considerare assenso per silentium sull’autorizzazione paesaggistica?

01 Apr 2024 | giurisprudenza, amministrativo

di Eleonora Gregori Ferri

Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 gennaio 2024, n. 144 – Pres. Mastrandrea, Est. Conforti – T. S.r.l. (Avv. Scuglia) c. Ministero della Cultura (Avv. Gen. dello Stato) e Comune di Ponte San Nicolò (Avv. Calegari)

È escluso che sui profili riguardanti l’autorizzazione paesaggistica di un’opera edilizia possa formarsi assenso della Soprintendenza per silentium in ragione dell’inerzia serbata dall’amministrazione di tutela del vincolo nell’ambito del procedimento di verifica di assoggettabilità a VAS del piano urbanistico sovrastante.

Nella sentenza in commento il Consiglio di Stato affronta un tema di cui si è parlato, seppur in diversi termini, anche nel numero di marzo di questa Rivista[i]. Si tratta del cd. “valore pregiudicante” del parere espresso dalla Soprintendenza nell’ambito del procedimento urbanistico di pianificazione e, in particolare, degli effetti di tale parere sulle determinazioni che la stessa amministrazione di tutela è chiamata a rendere nell’ambito del procedimento edilizio di autorizzazione paesaggistica.

Come noto, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, il parere paesaggistico rilasciato in sede di valutazione di un piano può influire sulle valutazioni che la Soprintendenza è chiamata a esprimere nel successivo procedimento di rilascio dei titoli abilitativi, soltanto laddove il parere rilasciato nella fase urbanistica abbia esaurito la discrezionalità dell’amministrazione anche sugli aspetti che sarebbero più propriamente oggetto di valutazione in sede di titolo edilizio[ii]. Ulteriore condizione è che la progettazione contenga, sin dalla fase urbanistica, un sufficiente grado di dettaglio che renda possibile all’amministrazione preposta alla tutela la valutazione degli aspetti più prettamente edilizi dell’intervento[iii].

Laddove le succitate condizioni non si verifichino, la giurisprudenza del Consiglio di Stato afferma che la valutazione sul piano non può “assorbire” le valutazioni inerenti i singoli interventi edilizi, a pena di porsi in contrasto con le previsioni di legge che richiedono, per ogni intervento, il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica[iv].

La vicenda oggetto della pronuncia di cui tratta la presente nota si inserisce nel quadro sopra delineato sotto un profilo peculiare. Nel caso di specie, infatti, il vincolo di pregiudizialità su cui ci si interroga non riguarda un parere “espresso” dell’amministrazione di tutela, bensì il silenzio dalla stessa serbato in sede di verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica (VAS) di un piano urbanistico. Il quesito che il Consiglio di Stato è chiamato a dirimere concerne la possibilità che, a fronte del silenzio serbato sul progetto di piano, successivamente all’approvazione di quest’ultimo la Soprintendenza possa comunque rilasciare un parere negativo nell’ambito dell’attuazione del piano stesso, in particolare in sede di richiesta dell’autorizzazione paesaggistica.

I fatti da cui prende le mosse il giudizio in esame riguardano il procedimento per l’approvazione di un piano di recupero di un’area sottoposta a vincolo paesaggistico ex art. 142, lett. c del D. Lgs. n. 42/2004. Il piano in questione era stato adottato e approvato dall’amministrazione comunale senza che la Soprintendenza si fosse espressa nell’ambito del procedimento di VAS. In seguito, la società proprietaria dell’area aveva chiesto e ottenuto il permesso di costruire per le opere di urbanizzazione, sempre nel silenzio dell’amministrazione preposta al vincolo.

In sede, però, di richiesta del titolo abilitativo per lo sviluppo edilizio della parte privata del piano, inaspettatamente la Soprintendenza aveva emanato un parere sfavorevole di incompatibilità paesaggistica del progetto ai sensi dell’art. 146, comma 8 del D. Lgs. n. 42/2004, che aveva comportato a cascata il diniego del comune al rilascio del permesso di costruire e, dunque, l’impugnazione di entrambi i provvedimenti innanzi al TAR da parte della società proprietaria dell’area.

Il giudice di primo grado aveva accolto parzialmente i motivi di ricorso, ritenendo che su una parte dell’intervento edilizio proposto si fosse effettivamente formato l’assenso della Soprintendenza “per silentium in sede di verifica di assoggettabilità a VAS”. Ciò in quanto, secondo il TAR, questa parte dello sviluppo era chiaramente rappresentata nel progetto di piano depositato dalla società allora ricorrente, sicché la Soprintendenza era in possesso di elementi sufficienti per valutare se le nuove costruzioni previste avrebbero arrecato un pregiudizio ai valori paesaggistici tutelati.

Il TAR aveva invece respinto i motivi di impugnazione proposti con riferimento ad un’altra parte dello sviluppo in cui era prevista la demolizione di alcune porzioni di un edificio storico esistente. Ciò, sostenendo che, sebbene dette opere fossero già previste nel progetto allegato al piano di recupero, trattandosi di un intervento di ristrutturazione le modalità specifiche mediante le quali tali lavorazioni sarebbero state eseguite non erano rappresentate con sufficienti dettagli nel piano. Pertanto, in relazione a questi aspetti specifici, secondo il TAR non poteva considerarsi consumato “per silentium” il potere discrezionale dell’autorità paesaggistica di decidere in merito alle modalità di esecuzione delle opere.

Contro la pronuncia del TAR ha proposto appello la società ricorrente per l’accoglimento integrale delle proprie doglianze.

In appello, la società ha sostenuto che già in sede di procedimento di approvazione del piano la Soprintendenza avrebbe dovuto manifestare il proprio dissenso sull’intervento, avendo avuto occasione di valutare il progetto sia in sede di VAS, sia di richiesta del titolo edilizio per la realizzazione delle opere pubbliche. Di talché il silenzio serbato dall’amministrazione di tutela avrebbe dovuto essere considerato dal TAR quale assenso al progetto nella sua totalità.

Decidendo sull’appello, il Consiglio di Stato innanzitutto sintetizza le condizioni al verificarsi delle quali il parere paesaggistico espresso su un piano attuativo può avere un valore “pregiudicante” sul successivo procedimento di rilascio dei titoli edilizi. “Affinché questo avvenga” si legge nella sentenza“risulta necessario che il parere precedentemente espresso (…) esaurisca la discrezionalità [oltre che sullo strumento pianificatorio] anche su quegli aspetti che, a rigore, dovrebbero essere oggetto del successivo parere sui titoli edilizi”. Ossia, è necessario che già nella fase di valutazione del piano, siano considerati e valutati dalla Soprintendenza “gli aspetti paesaggistici dei singoli interventi”.

Diversamente, “la valutazione avente ad oggetto il piano (…) non può assorbire, rifluendo a cascata su tutti gli interventi che in tale piano si inseriscono, la valutazione su ogni singolo intervento, perché altrimenti si cancellerebbe, contro la legge (…), la necessità dell’autonoma autorizzazione per ciascuno dei vari manufatti. Per ogni intervento, infatti, devono essere considerate le individue caratteristiche costruttive, il concreto inserimento nel tessuto esistente, le dimensioni e l’ubicazione, al fine di valutarne la sua compatibilità con il vincolo[v]. Di talché, fuori dalle ipotesi summenzionate, “una volta approvato il piano attuativo, rimane necessaria l’autonoma autorizzazione per ogni singola edificazione[vi].

Venendo al caso oggetto del giudizio, il Consiglio di Stato critica il giudice di primo grado, il quale nel rigettare in parte il ricorso avrebbe mancato di chiarire “la norma o il principio generale dal quale trae il suo convincimento”. In particolare, il Collegio evidenzia che nell’ipotesi in esame “non ricorrono affatto i presupposti per l’applicazione dei principi [sopra] enucleati e invocati dall’appellante”, ossia non vi sono le condizioni per considerare “pregiudizievole” il silenzio precedentemente serbato dalla Soprintendenza.

Ciò in quanto – come peraltro riconosciuto anche dallo stesso comune che ha approvato il piano e che aveva in più atti ribadito la necessità dell’ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica sia per le opere di urbanizzazione, sia per gli edifici privati – il sub procedimento di VAS non è la sede in cui la Soprintendenza è chiamata ad esprimere il parere di competenza sugli aspetti di compatibilità paesaggistica dell’intervento edificatorio.

Anzi, è da considerarsi illegittimo “per contrarietà ai principi di legalità e tipicità che innervano e conformano l’attività amministrativa”, che nell’ambito di un procedimento come quello di verifica di assoggettabilità a VAS “l’amministrazione debba pronunciarsi su aspetti che esulano da quel procedimento” e che sonoinvece preordinati alla tutela di un bene diverso, ossia il paesaggio. Laddove questo accada, l’eventuale provvedimento formatosi per silentium a causa dell’inerzia dell’amministrazione non potrà che produrre effetti incongrui sia rispetto alla tutela dell’interesse cui l’esercizio del potere è volto, sia rispetto all’oggetto dell’istruttoria, che ne risulterebbe sviato.

Con il risultato che, in merito alla decisione del caso in esame, fermo restando che la sentenza del TAR non è stata impugnata dalle amministrazioni resistenti ed è perciò passata in giudicato per la parte non appellata, con riferimento alle restanti parti impugnate “[q]uanto fin qui osservato esclude recisamente che sui profili riguardanti l’autorizzazione paesaggistica delle opere edilizie possa essersi formato un assenso per silentium, in ragione dell’inerzia serbata dall’amministrazione preposta alla tutela del vincolo nell’ambito del sub-procedimento di assoggettabilità a V.a.s.”.

In conclusione, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello e confermato la sentenza di primo grado.

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

NOTE:

[i] Sia consentito rinviare alla nota a commento di questa autrice alla sentenza T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 29 novembre 2023, n. 872, “Sul parere preventivo della Soprintendenza nell’iter di approvazione dei piani attuativi”, in questa Rivista, n. 51 – marzo 2024.

[ii] Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 5 febbraio 2010 n. 538; Sez. VI, 15 marzo 2010 n. 1491; Sez. VI, 6 giugno 2011 n. 3342 e Sez. VI, 23 novembre 2011 n. 6156, come richiamate nella sentenza in commento.

[iii] Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 23 novembre 2011, n. 6156, menzionata dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento.

[iv] Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6 giugno 2011, n. 3342, menzionata dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento.

[v] Citazione di: Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3342 del 6 giugno 2011.

[vi] Citazione di: Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 agosto 2021, n. 5905.

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