Limiti e presupposti della responsabilità di ANAS in caso di abbandono di rifiuti sulle strade di competenza: tre recenti decisioni

12 Apr 2019 | amministrativo, giurisprudenza

di Eva Maschietto

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V 14 marzo 2019, n. 1684 Pres. Giovagnoli, Est. Fantini Anas s.p.a. (Avv. Flascassovitti) c. Comune di Galatina (Avv. Mormandi)

T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V 9 gennaio 2019, n. 117 Pres. Scudeller, Est. D’Alterio Anas s.p.a. (Avv. Miele) c. Comune di Cellole (n.c.)

T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I 1 marzo 2019, n. 351 Pres. Pasca, Est. Ferrazzoli Anas s.p.a. (Avv. Cascavilla, Ninni) c. Comune di Francavilla Fontana (Avv. Saponaro)

Il Consiglio di Stato, il TAR di Napoli e il TAR di Lecce si pronunciano sulla responsabilità di ANAS, in qualità di concessionaria del servizio di gestione e manutenzione delle strade, per l’abbandono di rifiuti sulle vie di competenza, delineandone alcuni limiti e presupposti in maniera nettamente diversa e, anzi, contrastante.

Da tempo, la giurisprudenza amministrativa ha individuato in due specifiche norme di legge la fonte di responsabilità del gestore delle strade pubbliche nell’abbandono dei rifiuti da parte di terzi ignoti, riferendosi all’art. 14 del D. Lgs. 285 del 1992 (detto “nuovo codice della strada”, sebbene abbia oramai quasi trent’anni) e all’art. 192 del D. Lgs. 152 del 2006 (Testo Unico Ambientale): ma – come dimostrano queste tre pronunce – l’ambito di applicazione delle due norme non è ancora completamente definito.

Le tre sentenze in commento individuano, infatti, diversamente i presupposti per il riconoscimento della responsabilità della concessionaria in relazione ai rifiuti abbandonati da terzi sulle aree di competenza e agli obblighi di rimozione e ripristino, accogliendo le prime due e rigettando la terza le doglianze dell’ente gestore che, con un’ammirevole caparbietà, impugna costantemente le ordinanze rese dai Comuni nei suoi confronti in tutto il territorio italiano.

La prospettiva delle tre decisioni, che forse si occupano di fattispecie non esattamente sovrapponibili, è particolare e sembra trarre conclusioni opposte: da qui l’interesse al commento.

In particolare, il Consiglio di Stato si pronuncia su un appello proposto da Anas contro la decisione del TAR Lecce n. 2975/2009 che aveva visto la concessionaria sconfitta nel giudizio di impugnazione di un’ordinanza del Comune di Galatina. L’amministrazione comunale aveva, oramai dieci anni or sono, emesso un provvedimento di sgombero rifiuti e di “bonifica, decontaminazione e risanamento igienico” di una via ritenuta di competenza dell’Anas (la sentenza ci parla dell’estremo margine di una complanare non statale ad una strada statale, facendoci intuire che i rifiuti non ostacolavano la circolazione in modo rilevante) senza enunciazione specifica del titolo di responsabilità. Il TAR pugliese (che come si vedrà infra ha mantenuto il proprio orientamento), rigettando il ricorso della concessionaria, aveva ritenuto applicabile l’art. 14 del nuovo codice della strada, ritenendo insussistente nella specie alcuna violazione dell’art. 192 del TUA, anche se l’amministrazione non aveva fatto espressa menzione della prima norma né in sede procedimentale né nelle difese in giudizio.

Il Consiglio di Stato conferma solo in parte la decisione del TAR Lecce, ribadendo – da un lato – che l’omissione del riferimento normativo sia nel provvedimento comunale sia nella difesa dell’avvocatura non determina in alcun modo un vincolo per il giudice cui, alla luce del principio iura novit curia, “spetta in ogni caso […] ricostruire il quadro giuridico-normativo nel quale il potere è stato esercitato e conseguentemente verificare l’esistenza delle illegittimità dedotte nell’impugnativa (in termini Consiglio di Stato, V, 16 marzo 2016, n. 1055)”, con il solo limite di ultra od extra petizione.

Dall’altro lato, tuttavia, la decisione sottilmente distingue l’operatività delle due norme e il loro oggetto.

Se l’art. 14 del nuovo codice della strada contiene le disposizioni in materia di manutenzione, gestione e pulizia stradale, ponendo a carico del concessionario un obbligo diretto di pulizia delle strade e delle pertinenze, l’art. 192, comma 3, del TUA è norma più generale che riguarda la gestione dei rifiuti abbandonati e il ripristino dello stato dei luoghi a carico (in solido con l’autore dell’abbandono) di qualunque titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali comunque tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base a specifici accertamenti effettuati e comunque in contraddittorio con i soggetti interessati.

Se, quindi, per la rimozione dei rifiuti e la pulizia della strada è sufficiente far riferimento all’art. 14 del nuovo codice della strada per determinare un obbligo di provvedere a carico di Anas, al contrario, la bonifica, decontaminazione e risanamento igienico dei siti non sono attività contemplate dal codice della strada, ma sono ritenute espressione di un rimedio sanzionatorio per la violazione del divieto di abbandono dei rifiuti, rientrante nell’ambito di operatività dell’art. 192 del TUA e, in quanto tali, devono soggiacere alla relativa disciplina specifica.

Sotto il profilo della competenza, quindi, se l’art. 14 del nuovo codice della strada consente un’ordinanza da parte del Responsabile del Servizio (in quanto delegato dal dirigente del Settore Assetto del Territorio), per l’emanazione di un’ordinanza ex art. 192 TUA la competenza è quella del Sindaco.

Ma vi è di più, sotto un profilo oggettivo e procedimentale, l’ente – prima di poter ordinare un’attività di risanamento igienico ai sensi dell’art. 192 comma 3 TUA – è tenuto ad effettuare un accertamento della sussistenza del titolo di responsabilità (dolo o colpa) in contraddittorio con il concessionario che, in quanto tale, non è – invece – onerato da alcuna responsabilità da posizione (conforme Cons. Stato, IV, 7 giugno 2018, n. 3430).

In questo senso, quindi, il Consiglio di Stato accoglie l’appello di Anas nella parte relativa agli oneri di sistemazione del sito, salvando – tuttavia – in parte l’ordinanza del Comune di Galatina, sulla base della disciplina del codice della strada.

Con la seconda decisione in commento, il TAR Napoli assume una posizione nettamente più favorevole ad Anas. L’oggetto è un’ordinanza sindacale del Comune di Cellole con cui, ai sensi dell’art. 192 del TUA, l’Anas, in qualità di concessionaria della strada statale 7 IV “Domiziana”, era stata destinataria di un obbligo di messa in sicurezza, rimozione e bonifica di rifiuti abbandonati.

In questo caso, la ricorrente censura diverse carenze procedimentali e, in particolare, la mancanza di contraddittorio, rilevante sia ai fini della normativa generale sul procedimento amministrativo (art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241), sia, e soprattutto, in relazione al disposto dell’art. 192, comma 3, del TUA. Il Tribunale amministrativo di Napoli conferma, infatti, l’interpretazione proposta da Anas rilevando che quest’ultima disposizione – nel prevedere una responsabilità solidale del titolare di diritto reale o personale di godimento sull’area interessata dall’illecito sversamento di rifiuti, con l’effettivo responsabile dell’abbandono – presuppone un’imputabilità della violazione “quantomeno a titolo di colpa, sulla base di un accertamento svolto in contraddittorio, sulla base di approfondita istruttoria, dai soggetti preposti al controllo” prima di poter imporre “l’obbligo di rimozione, smaltimento o avvio al recupero dei rifiuti”. L’art. 192 cit. non contempla quindi, secondo il TAR di Napoli, alcun caso di responsabilità oggettiva o per fatto altrui e non comporta una obbligazione propter rem, ma disciplina un caso di responsabilità qualificata dal dolo o dalla colpa, da accertarsi in contraddittorio con il titolare del diritto di godimento sul bene[i]. Da tale principio deriva, come primo corollario, la necessità di una preventiva e formale comunicazione dell’avvio del procedimento al fine dell’effettiva instaurazione di un contraddittorio procedimentale con gli interessati (non essendo, invece, applicabile l’art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990). Il TAR Napoli, quindi, senza prendere in considerazione l’art. 14 del codice della strada, conclude affermando che il fatto che Anas risulti concessionaria della gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade di proprietà dello Stato e delle relative pertinenze, comprese le aree di sosta, rappresenti “un presupposto da solo non sufficiente per imporle ex art. 192, comma 3, cit., l’ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati da ignoti su tali aree, essendo altresì necessario appurare, come ribadito innanzi, l’inverarsi dell’elemento soggettivo della responsabilità, che, appunto, richiede un preventivo accertamento in contraddittorio con l’interessato”.

Il TAR di Lecce, invece, nell’ultima delle tre decisioni sopra ricordate rigetta il ricorso di Anas contro l’ordinanza del Sindaco di Francavilla Fontana che aveva ordinato alla concessionaria la rimozione e l’avvio al recupero o smaltimento di rifiuti abbandonati lungo la complanare verso Villa Castelli e al ripristino dello stato dei luoghi.

Il TAR Lecce, in quest’ultima decisione, dimostra di non ignorare affatto la giurisprudenza – abbracciata poco sopra dal TAR Napoli e comunque in parte ritenuta applicabile dal Consiglio di Stato quantomeno in relazione all’obbligo di ripristino – relativamente alla necessaria sussistenza per l’applicazione dell’art. 192 TUA delle “garanzie di partecipazione procedimentale cui la comunicazione di avvio del procedimento è preposta, così da assicurare un accertamento in contraddittorio oltre che in ordine all’esatta localizzazione dei rifiuti, anche in ordine all’imputabilità, a titolo di colpa, dello stato di degrado e incuria dei luoghi interessati”. Tuttavia, il TAR pugliese ritiene che, in virtù dell’art. 14 del codice della strada, che pone in capo ad Anas uno specifico obbligo di cura e manutenzione, l’elemento soggettivo di cui all’art. 192 TUA sia comunque provato dall’inosservanza di tale obbligo.

In particolare, il TAR Lecce riconosce in capo ad Anas un caso di cooperazione colposa nella causazione dell’evento costituito dall’abbandono di rifiuti sulle infrastrutture dalla stessa gestite, per omissione dell’obbligo di gestione e manutenzione delle strade.

La sentenza osserva che il rapporto tra l’art. 14 (del nuovo codice della strada) e l’art. 192 (del TUA) non è di autonomia né di alternatività, ma di complementarietà, concludendo che la violazione degli obblighi di cui all’art. 14 da parte di Anas integra l’elemento psicologico della colpa prescritto dall’art. 192. La sentenza aggiunge che “così interpretate, le norme in esame permettono di realizzare la tutela dell’interesse pubblico alla salvaguardia dell’ambiente, garantendo al contempo l’imputabilità a titolo di colpa, dello stato di degrado e incuria dei luoghi interessati”.

L’elemento della colpa, quindi, è inteso in senso specifico, quale inosservanza della disposizione di cui all’art. 14, senza alcuna ulteriore indagine né la necessità di una specifica comunicazione di avvio del procedimento, ritenendosi – con ciò in espressa opposizione a quanto affermato dal TAR di Napoli – applicabile il secondo comma dell’art. 21 octies della l. n. 241/90, in quanto l’Anas non aveva (nella specie) indicato né allegato “elementi, fattuali o valutativi, che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento”[ii].

Alla luce di queste tre differenti interpretazioni rese a distanza di pochi mesi, ciascuna sostenuta comunque da orientamenti non isolati, ci si può aspettare – da un lato – che Anas prosegua la sua battaglia giurisdizionale contro le ordinanze dei comuni e – dall’altro lato – che il Consiglio di Stato sia chiamato nuovamente a rendere un’interpretazione coerente con il dettato normativo che, se non voglia onerare eccessivamente le amministrazioni locali da lunghe istruttorie, imponga comunque una prassi di verifica e accertamento della sussistenza di un’effettiva lacuna gestionale da parte di Anas nei confronti delle strade soggette alla sua custodia, la cui manutenzione deve essere garantita non solo ai fini della sicurezza stradale ma anche ai fini igienici e ambientali e forse anche di decoro, nel rispetto di un interesse collettivo alla salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente.

Per il testo della sentenze (estratte dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sui pdf allegato.

Maschietto_Consiglio di Stato 1684 2019

Maschietto_tar lecce 351 2019

Maschietto_tar napoli 117 2019

[i] La sentenza ricorda C.d.S. sez. V, 17 luglio 2014, n. 3786; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 3 ottobre 2018, n. 5783; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 24 marzo 2017, n. 287 e 30 agosto 2016, n. 1089.

[ii] La sentenza ricorda a supporto della propria tesi: T.A.R. Umbria n. 562/2018; T.A.R. Lazio, Roma, n. 9496/2018; C.d.S. n. 3399/2018.

 

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