L’autorità procedente non è competente. Ma l’autorità competente lo è?

01 Mar 2024 | giurisprudenza, amministrativo, in evidenza 2

di Paola Brambilla

TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV – 12 gennaio 2024, n. 52 – Pres. Nunziata, Est. Testini I. s.r.l. (avv.ti Colombo, Ragozzino) c. Comune di Carnago (avv.ti Ravizzoli, Colombo) e vs. G.G. (avv. Seccia)

La determinazione di assoggettamento a VAS di una variante al piano delle regole emessa dall’Autorità procedente anziché dall’Autorità competente è autonomamente impugnabile e illegittima per incompetenza, non potendo equivalere a ratifica la sua mera accettazione da parte di quest’ultima.

La sentenza in commento ha ad oggetto una variante al PGT avviata nell’alveo di una procedura di SUAP volta al cambio di destinazione d’uso di un’area da residenziale ad artigianale, comportante la modifica al Piano delle Regole e quindi sottoposta a screening di VAS. Il Comune, all’esito della procedura di assoggettabilità, decideva di inviare la variante a VAS.

La peculiarità della fattispecie consiste nel fatto singolare che ad assumere tale decisione è stata la stessa Autorità Procedente e non, come normativamente richiesto, l’Autorità Competente, sebbene questa non avesse contestato l’atto, dandovi seguito di fatto.

Il giudice amministrativo ritiene però del tutto insussistente un’ipotetica ratifica, in quanto tale istituto richiede, come è noto, una serie di requisiti tassativi quali: l’estrinsecazione del vizio, della ragione di interesse pubblico della sua rimozione, la palese volontà di emendarlo e di riaffermare il contenuto dell’atto; tutti elementi assenti, dal che il rigetto dell’eccezione di intervenuta ratifica avanzata dalla difesa comunale.

Se questa statuizione non stupisce, invece si discosta dal solco dell’orientamento dominante la ritenuta autonoma lesività del provvedimento, e dunque il rigetto della presenta carenza di interesse del privato ricorrente, posto che solitamente la giurisprudenza esclude infatti che chi sia interessato all’edificazione possa far valere vizi della procedura di VAS; ciò perché l’istituto presidierebbe finalità di tutela ambientale antitetiche rispetto a tale posizione giuridica.

In realtà le argomentazioni che portano all’opposta soluzione sono altre, ovvero: il fatto che in questo caso non è in questione l’esito della pianificazione, bensì un segmento procedurale iniziale dell’istituto della valutazione strategica affetto dal vizio di incompetenza, che si colloca a monte delle altre forme di sindacato giurisdizionale; e in secondo luogo la constatazione che la decisione di assoggettamento a VAS costituisce certamente atto lesivo, in quanto produce un aggravio procedimentale, analogamente agli stessi effetti prodotti da uno screening negativo di VIA.

Al riguardo è solo apparente, dunque, il discostamento del giudice lombardo dalla visione meramente endoprocedimentale della VAS tracciata dal Consiglio di Stato, da ultimo riassunta nella nota sentenza n. 6152/2021, che manifesta di non condividere l’approccio ermeneutico di fondo “che desume la necessaria “separatezza” tra le due autorità dalla implicita convinzione che la VAS costituisca una sorta di momento di controllo sull’attività di pianificazione svolta dall’autorità proponente, con il corollario dell’impossibilità di una immedesimazione tra controllore e controllato, appunto. Siffatta costruzione, invero, è smentita dall’intero impianto normativo in subiecta materia, il quale invece evidenzia che le due autorità, seppur poste in rapporto dialettico in quanto chiamate a tutelare interessi diversi, operano “in collaborazione” tra di loro in vista del risultato finale della formazione di un piano o programma attento ai valori della sostenibilità e compatibilità ambientale: ciò si ricava, testualmente, dall’art. 11 del d.lgs. n. 152 del 2006 che, secondo l’opinione preferibile, costruisce la VAS non già come un procedimento o subprocedimento autonomo rispetto alla procedura di pianificazione, ma come un passaggio endoprocedimentale di esso, concretantesi nell’espressione di un “parere” che riflette la verifica di sostenibilità ambientaledella pianificazione medesima.”

Ciò che invero si contesta alla decisione è di aver vincolato il privato ad intraprendere questo endoprocedimento, a cui si sarebbe potuto sottrarre in base a una decisione spettante tout court ad altra autorità, quella competente.

Una seconda riflessione porta quindi a interrogarsi sulla “competenza”, che la pronuncia affronta in senso astratto e formale, ovvero verificando se il riparto di ruoli tra le due autorità previsto dalla legge e dai modelli regionali sia stato rispettato; schemi di gioco per cui nei segmenti di VAS è l’autorità competente a decidere d’intesa con l’autorità procedente, mentre nei segmenti propriamente pianificatori (vedasi la dichiarazione di sintesi) avviene il contrario, ovvero l’autorità procedente emette l’atto d’intesa con l’autorità competente.

Altro tema, e ben più succoso, è invece quello della effettiva competenza dell’Autorità competente per come essa è disegnata in alcune esperienze regionali, ad esempio in quella lombarda, che è appunto la cornice in cui si colloca anche la vicenda in esame.

In Lombardia le modalità organizzative della VAS sono rette da criteri e indirizzi di soft law, la DCR 351/2007 e la DGR 10971/2009, che in sintesi prevedono che entrambe le autorità, competente e procedente, sono collocate nella stessa amministrazione, con conseguente pretermissione della prerogativa della separazione. Quindi nel modello lombardo è la stessa amministrazione che valuta e decide, spesso attraverso figure appartenenti a uffici diversi, ma talora con la discesa in campo anche di sindaci o segretari comunali, in assenza d’altro; ciò che viene consentito, specie per i piccoli comuni, dalla DGR 13071/2010.

Ora, è evidente che la gestazione dei piani urbanistici comunali deve dunque fare i conti con le professionalità presenti, che nei piccoli comuni si fatica a trovare, specie ove si consideri che nella VAS l’autorità competente dovrebbe valutare profili di salute pubblica, di biodiversità, scenari emissivi, problematiche idrogeologici, aspetti di tutela delle acque e del suolo, e ancora tener conto dei recenti orientamenti che impongono anche l’analisi climatica dei piani. Ebbene, in questi casi capita che sia un geometra a svolgere il ruolo di autorità competente, e che persino il Consiglio di Stato nella sentenza 1994/2019 legittimi tale soluzione, richiamando quanto previsto dalla deliberazione regionale appena citata, per cui “l’autorità competente va individuata tra coloro che all’interno del Comune hanno compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale e di sviluppo sostenibile”; compiti, non competenze.

Nella stessa pronuncia il Consiglio di Stato addirittura si spinge ad affermare che l’essere titolare dell’ufficio deputato a trattare i servizi territoriali e a rivestire la qualità di responsabile dell’intero procedimento pianificatorio non osti, di per sé, a che il soggetto interessato funga pure da autorità competente per la V.A.S. o, comunque, sia attivamente coinvolto nella procedura stessa: infatti, la V.A.S. è un mero passaggio endo-procedimentale del procedimento di redazione del Piano urbanistico e, come tale, è priva di una piena ed effettiva autonomia strutturale: pertanto, è fisiologico, tanto più in un piccolo Comune, che il relativo responsabile sia indicato nella persona di un funzionario dell’Ente con competenze in tema di assetto territoriale. Né crea problemi il fatto che il medesimo soggetto sia stato anche nominato responsabile del procedimento: mentre, infatti, in questa qualità l’interessato svolge, nell’ambito del complesso iter di redazione di un Piano urbanistico, funzioni di carattere procedimentale volte allo stimolo, al coordinamento, all’armonizzazione e alla razionalizzazione operativa delle diverse risorse umane, strumentali e finanziarie impegnate, nella diversa qualità di autorità competente ai fini V.A.S. ha attribuzioni sostanziali di ponderazione del prospettico impatto lato sensu ambientale del Piano medesimo, da espletare in collaborazione con l’autorità procedente. Da ciò, per la pronuncia, non è ravvisabile alcuna sovrapposizione di funzioni né alcuna effettiva incompatibilità.

Anche la sottoposizione a vincolo gerarchico del dipendente incaricato di svolgere il ruolo di Autorità competente rispetto all’Autorità procedente andrebbe letta in una nuova chiave: nello svolgimento delle mansioni di autorità competente invero, l’autonomia decisionale dell’incaricato, per il Consiglio di Stato, “è protetta direttamente dalla legge, sì che anche eventuali profili di ordinaria subordinazione istituzionale non possono trovare applicazione con riferimento all’espletamento di tali funzioni”.

Nello stesso senso, ovvero che rivestire la titolarità di un ufficio equivarrebbe tout court a disporre delle complesse competenze ambientali necessarie per la valutazione ambientale strategica dei piani di governo del territorio, anche la sentenza del TAR Lombardia, Milano, n. 318/2022 con riferimento al dirigente del settore polizia locale, laureato in giurisprudenza ma con all’attivo anche un esame in diritto urbanistico e uno in diritto dell’ambiente, nonché apicale del settore ambiente.

Sebbene sicuramente talentuoso e capace di dirigere l’ufficio, qui si vuole invece privilegiare un sistema in cui l’Autorità competente sia pluristrutturata e multidisciplinare, per poter davvero analizzare con cognizione di causa tecnico scientifica la portata e la complessità delle trasformazioni territoriali che vengono decise al livello comunale.

Al riguardo si consideri che gli oltre 1500 comuni lombardi da soli cubano ben 7134 VAS alla data odierna (fonte: Sistema Informativo Lombardo per la Valutazione di Impatto Ambientale), contro le 120 regionali e le 118 provinciali, sicché sono proprio gli enti più piccoli i veri protagonisti delle trasformazioni territoriali anche sotto il profilo ambientale; e ciò a dispetto di una giurisprudenza arcigna e durissima che predica fermamente l’assenza di ogni competenza ambientale in capo ai Comuni (cfr. Consiglio di Stato n. 850/2023), in direzione ostinata e contraria rispetto all’orientamento appena illustrato in tema di Autorità competente in materia ambientale al livello comunale.

Enorme si palesa il divario rispetto a quanto accade a livello regionale o provinciale, enti che dispongono invece di ben altre competenze umane per quantità e qualità, normalmente impiegate – come è giusto che sia – in attività di valutazione corrispondenti alla loro abilitazione professionale.

Una soluzione, de iure condendo, potrebbe consistere nella rivalutazione del ruolo delle Agenzie Ambientali del SNPA, ISPRA e ARPA, che in effetti potrebbero rendere prestazioni di autorità competente a pieno titolo, svolgendo una funzione che potrebbe poggiarsi sull’art. 3, lett. e), della L. 132/2016.

In ogni caso non vi è dubbio che, nella prospettiva dell’autonomia differenziata, tracciata dall’art. 116 Cost. e ora dal DDL atto Senato n. 615, si dovrebbero mettere più a fuoco le modalità organizzative delle procedure di valutazione ambientale, VAS comprese; ciò fissando più che i Lep, livelli essenziali delle prestazioni, i Lepta, livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali, pure essi previsti dall’art. 1 e) e 9 della L. n. 132/2016 e ancora indefiniti, soprattutto in materia di “competenza” delle autorità competenti.

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

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