L’assoggettamento a VIA non è una punizione, neppure quando nega l’esclusione condizionata chiesta dal proponente.

02 Mag 2024 | giurisprudenza, amministrativo

TAR SICILIA, Palermo, Sez. II – 19 gennaio 2024, n. 185 – Pres. De Falco, Est. Giancastro – omissis s.r.l. (avv.ti Stallone, Gallina, Ficagno) c. Regione Sicilia (avv. Stato)

La logica di tutela dell’ambiente, e non certo di punizione, sottesa alla disciplina della V.I.A., può orientare verso l’assoggettamento alla stessa in tutti i casi in cui si ritenga necessario un approfondimento progettuale più pregnante della mera integrazione richiedibile in fase di screening. Ciò coerentemente con una scelta cautelativa, motivata in relazione a fattori di oggettiva pericolosità, da approfondire in uno scrutinio successivo ed insuscettibili di risoluzione con mere prescrizioni.

La vicenda.

Un proponente sottopone a verifica di assoggettabilità a VIA regionale il progetto di un impianto di produzione di biogas a partire da rifiuti organici, chiedendo in seconda battuta all’autorità competente la formulazione di condizioni ambientali che potessero condurre all’esclusione. L’autorità competente non si pronuncia nei termini complessivi fissati dal legislatore (trenta giorni per le osservazioni più quarantacinque per l’espressione del parere), quindi la parte presenta il ricorso avverso il silenzio inadempimento, convertito in ricorso per annullamento a seguito della decisione sopravvenuta di sottoporre a VIA il progetto, censurando, tra l’altro, proprio la mancata formulazione di condizioni e la mancata richiesta di integrazioni.

Il nuovo screening di VIA.

La sentenza in commento è una delle poche ad essersi cimentata, a ciò stimolata dal ricorrente, con i nuovi tratti del procedimento della verifica di assoggettabilità a VIA, frutto di una serie di riscritture dell’art. 19 del d.lgs. 152/06 che ne hanno mutato la fisionomia, a più riprese, specie nell’arco degli ultimi anni a partire dal 2020[i].

La verifica di assoggettabilità a VIA, o screening, è noto, consiste in estrema sintesi in una prevalutazione intesa a verificare, sulla base dell’analisi condotta da uno studio preliminare ambientale, i potenziali impatti che lo stesso potrebbe arrecare all’ambiente, anche unitamente ad altri fattori da considerare ai fini del cumulo degli effetti, da valutare secondo i criteri dettati dall’allegato V del codice dell’ambiente.

Ora, nell’intento di non far divenire lo screening un doppione della VIA, l’articolo 19 è stato pesantemente riformato a partire dal 2020: prima con l’introduzione di un obbligo motivazionale puntuale e duplice, sia nel caso di esito negativo che positivo, volto a dar contro delle specifiche ragioni della decisione.

Quindi, sempre per la finalità di non appesantire il procedimento, il legislatore ha soppresso la possibilità di subordinare a condizioni l’esito di esclusione, forse per rendere il relativo giudizio un secco sì o no, salvo poi comprendere che le condizioni costituiscono spesso uno strumento di mitigazione accorta dei possibili effetti residuali non presi in considerazione del proponente: sicché, con una formulazione proprio non limpida, si è allora di nuovo previsto al comma 7 dell’art. 19 T.U.A. che il parere possa contenerle, ove il proponente ne faccia richiesta. Si tratta di una soluzione che incentiva, a ben vedere, un esito positivo della verifica, e dunque con effetti di semplificazione e deflattivi rispetto alla VIA vera e propria. Questo il testo: “ove richiesto dal proponente, tenendo conto delle eventuali osservazioni del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, per i profili di competenza, specifica le condizioni ambientali necessarie per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi. Ai fini di cui al primo periodo l’autorità competente si pronuncia sulla richiesta di condizioni ambientali formulata dal proponente entro il termine di trenta giorni con determinazione positiva o negativa, esclusa ogni ulteriore interlocuzione o proposta di modifica.”

Un’altra importante misura di semplificazione è poi consistita nella generale soppressione del preavviso di rigetto in tutte le procedure di valutazione ambientale, così da un lato valorizzando la loro natura di giudizio, di parere, più che di decisione, dall’altro evitando inutili “stop and go”, privi di senso specie con riferimento alla verifica di assoggettabilità, la quale è di per sé priva della natura di diniego, posto che tutt’al più non arresta il progetto, ma si limita a dare ingresso all’ordinaria apertura di una fase di esame più approfondita.

Davvero riuscita la definizione “plastica” operata del Consiglio di Stato 5379/2020, per cui “il rapporto tra i due procedimenti appare configurabile graficamente in termini di cerchi concentrici caratterizzati da un nucleo comune rappresentato dalla valutazione della progettualità proposta in termini di negativa incidenza sull’ambiente, nel primo caso in via sommaria e, appunto, preliminare, nel secondo in via definitiva, con conseguente formalizzazione del provvedimento di avallo o meno della stessa. La “verifica di assoggettabilità”, come positivamente normata, anticipa sostanzialmente la valutazione di impatto, delibandone l’opportunità, sulla base della ritenuta sussistenza prima facie dei relativi presupposti, «con la conseguenza che l’attività economica, libera sulla base della nostra Costituzione, non possa che svolgersi nel pieno rispetto delle normative di tutela ambientale». Così prima ancora della riforma costituzionale dell’art. 9, con richiami ai precedenti TAR Abruzzo, L’Aquila, 158/2013; TAR Sardegna, sez. II, 412/2010; TAR Friuli-Venezia Giulia, 233/2013.

Screening à la carte?

Come accennato, la nuova formulazione dell’art. 19 quanto alla condizionalità ha portato conseguenze sia sul piano dell’autorità competente che del proponente. Partendo da quest’ultimo, (i) talvolta nelle istanze di screening sono state introdotte precise dichiarazioni di acconsentire da subito a prescrizioni formulate per consentire un esito positivo di esclusione da VIA, come pure in altri casi (ii) spesso in materia energetica, il proponente ha controdedotto i pareri del MIC – spesso critici, anche motivatamente, sui profili paesaggistici – ora proponendo soluzioni con riduzione degli impatti o di implementazione delle mitigazioni, ora (iii) formulando una semplice richiesta secca all’autorità competente di dettare condizioni volte a poter concludere l’iter con un giudizio di esclusione.

Quanto all’autorità competente, scartata del tutto l’opzione ermeneutica pure profilata da taluni di una vera e propria inammissibile negoziazione delle condizioni con il proponente (cd. condizionalità à la carte), essa ha invece fatto ampio utilizzo della previsione normativa, ritornando a quella fertile condizionalità capace di ridurre e modulare l’impatto dell’opera in relazione allo specifico contesto oltre che di orientare al meglio l’iniziativa privata. Caratteri, questi, della condizionalità, che sono stati ben rimarcati dalla giustizia amministrativa in più occasioni: l’esito positivo della verifica di assoggettabilità a VIA consente la formulazione di prescrizioni, per corroborare la scelta minimalista effettuata; così Cons. di Stato, 5379/2020. Dette prescrizioni, si legge, non rappresentano “un rinvio a livello di progettazione esecutiva di nuove scelte progettuali o nuove valutazioni circa gli impatti delle opere sui vari profili ambientali o in merito ai rischi derivanti dall’esecuzione degli interventi, bensì l’opportuna e consapevole imposizione di ulteriori controlli e verifiche proprie dell’azione di “sorveglianza ambientale”, da effettuarsi anche prima che il Proponente dia avvio alle operazioni di trasformazione del territorio”, in quanto circoscritte a: 1) mitigazioni e raccomandazioni cantieristiche utili anche al Proponente in quanto assenti al livello progettuale sottoposto alla verifica di assoggettabilità a VIA; 2) monitoraggi, ovvero prescrizioni che impongono un più dettagliato e ravvicinato nel tempo controllo dello stato in cui si trova l’ambiente rispetto alla situazione “ante opera”. Nello stesso senso, Cons. Stato 3597/2021.

Le condizioni e prescrizioni, dunque, quali “ulteriori misure adottate nel senso di un innalzamento degli standard”, non possono che porsi in linea con un approccio ancora più rigoroso in merito alla compatibilità dell’opera rispetto ai profili di rischio. Così TAR Lazio, 3668/2023, seguito da 18141/2023 per cui “atteso che la compatibilità ambientale non è un “concetto naturalistico”, ma una condizione di equilibrio tra l’idoneità dei luoghi a ospitare un’attività impattante e le prescrizioni limitative poste alla medesima attività, la graduazione e la previsione di limitazioni postume tramite prescrizioni da verificare in sede esecutiva rendono possibile migliorare l’equilibrio e confermare nel tempo il giudizio di compatibilità: la compatibilità ambientale condizionata costituisce, in quest’ottica, un giudizio allo stato degli atti, integrato dall’indicazione preventiva degli elementi idonei a risolvere possibili dissensi”.[ii]

Dovere istruttorio e motivazione nello screening di VIA.

Le possibilità offerte dalla condizionalità non importano però che l’Autorità competente sia obbligata a farvi ricorso nelle ipotesi in cui i potenziali impatti devono venir esaminati funditus nell’ambito di una procedura di VIA ordinaria, in quanto non sufficientemente trattati dallo studio preliminare ambientale, in relazione ai requisiti previsti dall’allegato IV bis del codice dell’ambiente: descrizione del progetto, della localizzazione, sensibilità dei luoghi, descrizione dei fattori suscettibili di venir impattati, nonché “descrizione di tutti i probabili effetti rilevanti del progetto”; questi sono contenuti obbligatori, mentre è facoltativa la “descrizione delle caratteristiche del progetto e/o delle misure previste per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi”: dunque si tratta di un onere del proponente, in quanto va a suo beneficio, con la chiara conseguenza che l’autorità competente non è di per sé obbligata a introdurre prescrizioni mitigative volte ad attenuare gli impatti per ricondurli ad un livello di non significatività e di non negatività.

La sentenza in commento cesella proprio questo aspetto affermando che anche ove il proponente richieda all’A.C. di indicare condizioni ambientali, cionondimeno è possibile che di tale prerogativa essa non faccia utilizzo, ove naturalmente la valutazione condotta secondo i criteri dell’allegato V (parte II) al d.lgs. n. 152/2006, unitamente all’esame delle osservazioni pervenute, conduca alla verifica della sussistenza di elementi di oggettivo e potenziale rischio (qui si parla proprio di pericolo) per le matrici ambientali da accertare con una delibazione ordinaria e completa, che presuppone dunque la redazione di un vero e proprio Studio di Impatto Ambientale, con i contenuti minuziosamente indicati dall’allegato VII.

Allo stesso modo, non è possibile sostenere che l’Amministrazione abbia l’onere di chiedere integrazioni e chiarimenti quando gli stessi trasformerebbero lo screening in una VIA vera e propria, con stravolgimento della differenza tra i due istituti e vanificazione delle esigenze di speditezza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, non aggravamento del procedimento, che contraddistinguono proprio la verifica di assoggettabilità: quindi alla PA viene confermata non solo ampia discrezionalità nel merito, ma anche nel metodo. Si tratta, afferma la pronuncia in commento, di mera facoltà.[iii]

Quale, infine, l’onere motivazionale della P.A.? I giudici amministrativi hanno in più sedi (specie Cons. Stato 5379/2020 cit.) evidenziato che nella norma mancano indicatori obiettivi sia della negatività, sia del livello di incidenza della stessa sull’ambiente, essendo rimesso alla più ampia discrezionalità del valutatore il giudizio finale circa la potenziale lesività per il contesto di ciascuna progettualità, ex se ovvero in relazione allo stesso; purtuttavia hanno concluso la necessità che si addivenga ad un giudizio di natura complessiva, di compatibilità ambientale, appunto, all’interno del quale ogni singolo impatto su un singolo fattore non esaurisce tutte le possibili sfaccettature, ma non per questo soltanto si palesa insufficiente a motivare non una valutazione negativa, bensì la necessità di effettuazione della VIA.

La maggior pregnanza del giudizio preliminare richiesto dalla riforma, sia per l’esito favorevole che sfavorevole, se da un lato non dà più per scontato che l’assoggettamento a VIA sia normale e quasi dovuta, dall’altro richiede che si tenga conto tanto della presenza o assenza di impatti che la riforma qualifica, con un’endiadi, “significativi” e “negativi”. Ebbene, per il Consiglio di Stato preso a riferimento anche dalla pronuncia in commento, “tale endiadi che vuole verificato sia il disvalore dell’intervento in termini qualitativi, sia l’entità dello stesso in termini quantitativi (la significatività, appunto) connota dunque tanto la valutazione preliminare, che la V.I.A.”

La sentenza in esame fornisce ulteriori spunti: si deve trattare di motivazione oggettiva, ispirata a cautela e prevenzione[iv], relativa a una potenziale idoneità lesiva degli interessi di riferimento, in linea di massima ancorata a criteri probabilistici (qui spinta peraltro alla delineazione di concrete possibilità di rischio e dunque particolarmente forte); e ancora, deve evidenziare trattazioni generiche che non consentono l’apprezzamento dei profili di rischio, come infine rileva la mancata presa in considerazione di recettori caratterizzati dalla presenza di persone. Nel caso di specie è stata presa in considerazione in particolare la provenienza dei rifiuti, la descrizione dei ricettori, l’analisi costi benefici, gli aspetti odorigeni, il carente raffronto con la precedente alimentazione dell’impianto, la mancata valutazione degli impatti da traffico dei c.d. bombolai.

In presenza di siffatta motivazione, il sindacato del giudice[v] si limita ad escludere l’esistenza di palesi illogicità, errori o incongruenze negli atti impugnati, senza potersi spingere all’apprezzamento di profili eminentemente tecnici, o ad un sindacato di merito oltre i tassativi casi sanciti dall’art. 134 c.p.a. (in tal senso, cfr. ex multis Cons. St., sez. IV, sent. 3 marzo 2023, n. 2245 e sent. 18 luglio 2022, n. 6093), non essendo dato alla parte ricorrente (e neppure al giudice) di sostituire le proprie valutazioni, comunque opinabili, a quelle dell’Amministrazione, soggetto tecnico specificamente individuato dal legislatore per esercitare il potere in materia e adottare prescrizioni e soluzioni più idonee al migliore perseguimento dell’interesse pubblico. Così, da ultimo Cons. Stato, 2648/2024: le doglianze dei ricorrenti vengono ritenute quindi inammissibili e irrilevanti, in quanto specificamente volte a supplire ad un preciso onere probatorio in alcun modo, con indebita sostituzione all’Amministrazione competente.

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

NOTE:

[i] Ci si permette di rimandare a La verifica di assoggettabilità a VIA, dell’A. in Trattato breve di diritto dello sviluppo sostenibile, a cura di A. Buonfrate e A. Uricchio, Cedam 2023, p. 901.

[ii] Si veda, in proposito, lo scritto di E. Frediani, La clausola condizionale nei procedimenti ambientali, Il Mulino, 2019.

[iii] Altra logica invece  anima le conferenze di servizi in cui si discute del rilascio del titolo autorizzativo, perché in tal sede i giudici hanno affermato l’obbligo di prendere in considerazione integrazioni progettuali, specie se in riduzione per superare preavvisi di rigetto o apprezzamenti negativi (Cons. Stato 192/2023, senza che però il proponente possa trasformare il procedimento in una sorta di indebita istruttoria permanente (TAR Lazio 9588/2020) o pretendere che l’amministrazione gli si sostituisca nella costruzione del progetto. Tra amministrazione “consulente” e “progettante” rimane, in definitiva, una significativa distinzione.

[iv] In proposito, La valutazione di impatto ambientale tra discrezionalità e principio di precauzione, C. M. Lorenzin, in questa Rivista 23/2021.

[v] Per un approfondimento, Valutazione ambientale strategica e limiti del sindacato giurisdizionale, F. Vanetti e E. Serra, in questa Rivista, 50/2024.

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