L’abbandono incontrollato dei rifiuti tra illecito amministrativo e fattispecie penale.

20 Giu 2021 | penale, giurisprudenza

di Andrea Ranghino

CASSAZIONE PENALE, Sez. III – 5 febbraio 2021 (dep. 14 aprile 2021), n. 13817 – Pres. Andreazza, Est. Scarcella – ric. Pascariello

Il privato che senza le necessarie autorizzazioni trasporta e abbandona un proprio rifiuto sarà soggetto alla sola sanzione amministrativa di cui all’art. 255, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, e non anche alla sanzione penale di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 152/2006, se ha agito al di fuori di qualsiasi intento economico e se il trasporto è condotta occasionale e meramente preparatoria rispetto a quella di abbandono.

La Corte di Cassazione è tornata ad affrontare il tema della gestione illecita di rifiuti nell’ambito di una vicenda in cui la ricorrente, condannata per la contravvenzione di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 152/2006[i] lamentava che il fatto contestatole come reato avrebbe dovuto essere qualificato come illecito amministrativo, ai sensi dell’art. 255, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006. E ciò in forza di due ordini di argomenti.

Da un lato, perché il fuoco della contestazione, in realtà, riguardava non il trasporto ma l’abbandono dei rifiuti, condotta, quest’ultima, non prevista dal citato art. 256, comma 1, lett. a), ma dal precedente art. 255, comma 1. Il giudice di primo grado, del resto, non aveva neppure valutato se l’attività di trasporto avesse un’autonoma finalità o se si inserisse, invece, in una fase meramente preparatoria e preliminare rispetto all’abbandono. Dall’altro, perché la condotta di abbandono, benché astrattamente rilevante, non poteva integrare la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 256, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006, dal momento che la ricorrente era sprovvista della richiesta qualifica imprenditoriale.

A fronte della richiesta della Procura Generale di dichiarare inammissibile il ricorso, la Corte di Cassazione ha accolto integralmente le argomentazioni dedotte con l’atto di impugnazione e fornito coordinate importanti per distinguere i casi in cui la gestione non autorizzata dei rifiuti presenta profili di rilevanza penale da quelli in cui è meritevole di una semplice sanzione amministrativa.

Il Giudice di legittimità, anzitutto, ha ritenuto di dover esaminare il rapporto tra l’illecito amministrativo di cui all’art. 255, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 e quello penale di cui al successivo art. 256, comma 1, lett. a), evidenziando come le due fattispecie siano estremamente differenti salvo che per un minimo denominatore comune, costituito dall’assenza delle autorizzazioni prescritte dalla legge. In realtà, con riferimento a questo primo tema, la sentenza si occupa anche, e soprattutto, di un aspetto ulteriore, attinente ai rapporti tra le fattispecie sopra indicate e quella di cui al comma 2 del citato art. 256, che, come noto, sanziona penalmente l’abbandono incontrollato dei rifiuti compiuto da titolari di imprese o da responsabili di enti. Sono essenzialmente due gli aspetti che vengono messi in luce a riguardo. Con riferimento al rapporto tra le contravvenzioni previste dall’art. 256, comma 1, lett. a) e comma 2, D.Lgs. n. 152/2006, si è precisato che, mentre la configurazione della fattispecie prevista dal primo comma richiede una condotta illecita che non sia occasionale, per la sussistenza della contravvenzione di cui al secondo comma è sufficiente la mera episodicità dell’atto[ii]. Riguardo alle fattispecie che sanzionano l’abbandono incontrollato di rifiuti, invece, si è evidenziato che, attesa l’identità della condotta tipica, sono le peculiari qualifiche soggettive previste dal citato art. 256, comma 2 a costituire l’elemento specializzante rispetto al precedente art. 255[iii]. La ratio di riservare alla stessa identica condotta (abbandono incontrollato di rifiuti) un diverso trattamento sanzionatorio a seconda della qualifica soggettiva dell’agente si fonda sulla presunzione che l’inquinamento derivante dall’attività imprenditoriale, per via del carattere continuativo, incida maggiormente sull’ambiente rispetto all’attività compiuta dal privato che smaltisce i propri rifiuti al di fuori di ogni intento economico.

Chiarito questo primo profilo, la Corte ha affrontato la seconda questione, attinente al perimetro applicativo dell’art. 256, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 152/2006 e, in particolare, alla natura non occasionale che deve contraddistinguere le condotte di gestione illecita dei rifiuti individuate da tale norma.

A riguardo il Giudice di legittimità, soprattutto con riferimento alla nozione di trasporto, ha dato conto di una serie di interpretazioni estensive della fattispecie[iv], che tendono a ritenere rilevante sostanzialmente ogni condotta a patto che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità. Nella sentenza in commento questo specifico aspetto viene ricondotto alla definizione della soggettività del reato. La Corte di Cassazione, pur senza negare che la fattispecie di cui al citato art. 256, comma 1 sia un reato comune, come suggerito dal pronome “chiunque”, ha riportato un’interpretazione dottrinale secondo cui l’agente non sarebbe del tutto indefinito, ma individuabile in colui che deve sottoporsi al controllo della Pubblica Amministrazione ai sensi degli art. 208 e 216, D.Lgs. n. 152/2006[v]. Del resto – prosegue l’iter argomentativo – il soggetto privato, non titolare di un’attività di impresa o responsabile di un ente, che abbandoni in modo incontrollato un proprio rifiuto e che, a tal fine, lo trasporti occasionalmente nel luogo ove lo stesso verrà abbandonato, risponde solo dell’illecito amministrativo di cui all’art. 255, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, in quanto il trasporto costituisce solo la fase preliminare e preparatoria rispetto alla condotta finale di abbandono, nella quale rimane assorbito[vi].

Il perimetro del rimprovero penale, infatti, va delimitato escludendo dall’alveo della fattispecie incriminatrice tutte quelle condotte di gestione di rifiuti caratterizzate da mera occasionalità, in quanto prive di quel minimum di substrato organizzativo che permea il disvalore del fatto incriminato e, di conseguenza, della nota qualitativa distintiva della contravvenzione ambientale di cui all’art. 256, comma 1, lett. a) più volte citato.

Ciò non significa che la fattispecie in esame non possa essere integrata anche da un trasporto non professionale o non imprenditoriale[vii] e neppure si nega che le condotte descritte dalla norma incriminatrice rivestano rilevanza penale anche quando sono compiute una sola volta[viii]. Deve, però, potersi escludere, sulla base dei dati del caso concreto, che l’attività di gestione abbia carattere occasionale[ix], vale a dire che sia priva di quel minimo di organizzazione necessaria alla raccolta e alla cernita dei materiali. Alcuni elementi, che a titolo esemplificativo, si ritengono indicativi di una gestione di rifiuti non isolata sono, appunto, l’esistenza di una minima organizzazione, il quantitativo non trascurabile di rifiuti, l’utilizzo di un mezzo adeguato e funzionale al trasporto degli stessi, lo svolgimento ripetuto di operazioni di raccolta, raggruppamento e cernita dei soli metalli, la successiva vendita e il fine di profitto[x].

A conclusione del ragionamento sui temi di carattere generale si è osservato che il tratto della non occasionalità è l’autentica cifra di riconoscimento della contravvenzione di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 152/2006. In altri termini, si tratta di un requisito negativo di tipicità che il giudice di merito deve accertare con un criterio di natura funzionalistica[xi]. In definitiva, il giudice deve verificare se, sulla base delle specificità del caso concreto, la condotta contestata appaia sorretta da un’organizzazione o teleologicamente orientata alla gestione dei rifiuti. In caso di risposta affermativa si potrà ritenere integrata la fattispecie contravvenzionale in commento, diversamente no. Esula, infatti, dall’ambito di applicazione della norma incriminatrice l’operazione che appare come isolata, ossia priva di collegamento rispetto a una stabile o anche solo continuativa attività di gestione dei rifiuti o, comunque, scollegata da una fonte stabile di produzione del rifiuto stesso[xii].

Venendo al caso di specie il Giudice di legittimità ha ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova del reato contestato, non avendo il giudice di merito verificato la sussistenza dei necessari presupposti. Ai fini della condanna, infatti, si era ritenuto sufficiente l’accertamento, incontestato, dell’abbandono dei rifiuti, quando, invece, si sarebbe dovuta indagare anche la natura, occasionale o meno, del trasporto degli stessi. Ciò che non è stato vagliato, in sostanza, è se la condotta di gestione e trasporto per cui la ricorrente era stata condannata fosse autonoma e indipendente rispetto a quella finale di abbandono ovvero meramente preparatoria di quest’ultima. A tal fine il giudice primo grado avrebbe dovuto valutare la tipologia del veicolo utilizzato, il luogo ove i rifiuti sono stati trasportati, l’unicità o meno del trasporto, il quantitativo e la qualifica dell’agente. Tutti aspetti che, se analizzati correttamente, avrebbero consentito di appurare la natura occasionale e, dunque, non penalmente rilevante della condotta contestata. Tuttavia, non essendo quest’ultima una valutazione che può essere compiuta in sede di legittimità, la Corte di Cassazione non ha potuto far altro che annullare la sentenza impugnata con rinvio al giudice di primo grado per un nuovo giudizio su questo specifico aspetto.

La soluzione esegetica adottata con la sentenza in commento consolida l’orientamento giurisprudenziale[xiii] secondo cui la natura non occasionale della condotta è l’elemento che caratterizza la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 152/2006 definendone i profili oggettivi e soggettivi, attribuendo disvalore al fatto tipico e arginando il perimetro della sanzione penale.

Verrebbe da dire, semplificando, che l’elemento più rilevante della fattispecie è quello che la norma incriminatrice non menziona. In realtà, come spiegato in altre pronunce di legittimità[xiv], il carattere della “non occasionalità” si trae direttamente dal dato letterale del citato art. 256 e, in particolare, dal termine “attività”, evocativo di una pur minima organizzazione e, dunque, incompatibile con una condotta meramente isolata.

Infine, con specifico riferimento al rapporto tra l’illecito amministrativo di cui all’art. 255, D.Lgs. n. 152/2006 e la contravvenzione di cui al successivo art. 256, comma 1, let. a), il Giudice di legittimità ha ribadito un principio di diritto già affermato in una precedente decisione del 2014[xv]. In quell’occasione si era precisato altresì che la soluzione proposta è l’unica in grado di garantire il rispetto del principio di ragionevolezza sancito dall’art. 3 Cost. Del resto, se un privato che traporta i propri rifiuti in un determinato luogo, esclusivamente al fine di abbandonarli, fosse punito tanto per il reato di gestione illecita di rifiuti, quanto per la violazione amministrativa di abbandono incontrollato di rifiuti, si verificherebbe una conseguenza manifestamente illogica, oltre che contraria alla ratio del sistema punitivo. Si finirebbe, infatti, per ritenere più grave (e per punire più severamente) la condotta preparatoria di quella finale.

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Cass. III 13817_2021

Note

[i] Per aver effettuato, senza esserne autorizzata, la raccolta e il trasporto di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da attività di costruzioni e demolizioni.

[ii] Nella sentenza in commento si richiama Corte Cass. pen., Sez. III, 17 dicembre 2014, n. 5933.

[iii] Si veda Corte Cass. pen., Sez. III, 23 gennaio 2019, n. 15234.

[iv] Nella sentenza in commento si richiamano: Corte Cass. pen., Sez. III, 17 gennaio 2012, n. 5031; Corte Cass. pen., Sez. III, 21 ottobre 2010, n. 40860; Corte Cass. pen., Sez. III, 19 dicembre 2007, n. 5312.

[v] Si veda, tra le altre, Corte Cass. pen., Sez. III, 26 gennaio 2021, n. 4770. Si veda anche: V. Morgioni, Attività di gestione di rifiuti non autorizzata: “chiunque” o soltanto “l’imprenditore”, in questa Rivista, n. 19, marzo 2021.

[vi] Nella sentenza in commento si richiama Corte Cass. pen., Sez. III, 10 giugno 2014, n. 41352, Foro it., 2015, p. 79.

[vii] Nella sentenza in commento si richiamano: Corte Cass. pen., Sez. III, 22 gennaio 2013, n. 15617; Corte Cass. pen., Sez. III, 19 dicembre 2012, n. 9187; Corte Cass. pen., Sez. III, 4 ottobre 2012, n. 41464; Corte Cass. pen., Sez. III, 16 maggio 2012, n. 25352; Corte Cass. pen., Sez. III, 25 maggio 2011, n. 24431; Corte Cass. pen., Sez. III, 25 maggio 2011, n. 24428; Corte Cass. pen., Sez. III, 13 aprile 2010, n. 21655.

[viii] Nella sentenza in commento si richiamano: Corte Cass. pen., Sez. III, n. 24428 cit.; Corte Cass. pen., Sez. III, n. 15617 cit.

[ix] Si veda Corte Cass. pen., Sez. III, 28 marzo 2017, n. 24115, in cui si osserva: «Anche una sola condotta, integrante una delle ipotesi alternative tipizzate dall’art. 256, comma 1, d.lg. n. 152 del 2006, è sufficiente per integrare il reato, ma la stessa deve costituire una “attività”, tale non essendo, in ragione proprio della testuale espressione usata dal legislatore, la condotta caratterizzata da “assoluta occasionalità”».

[x] Nella sentenza si richiamano: Corte Cass. pen., Sez. III, 11 maggio 2018, n. 31396; Corte Cass. pen., Sez. III, 4 luglio 2017, n. 36819; Corte Cass. pen., Sez. III, 7 gennaio 2016, n. 5716. Si veda anche Corte Cass. pen., Sez. III, 10 febbraio 2021, n. 15028, in cui si afferma: «L’assoluta occasionalità, idonea ad escludere il reato di cui all’art. 256, comma 1 dlv 152\06 non può essere desunta o meno esclusivamente dalla natura giuridica del soggetto agente (privato, imprenditore, ecc.), dovendo invece ritenersi non integrata in presenza di una serie di indici dai quali poter desumere un minimum di organizzazione, che escluda la natura esclusivamente solipsistica della condotta (ad es., dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, necessità di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti, fine di profitto perseguito). In altri termini, se un soggetto appresta una serie di condotte finalizzate a quella contestata, quand’anche non operando in forma imprenditoriale, pone in essere una “attività” rilevante ex art. 256 cit. per la quale occorre preliminarmente ottenere i necessari titoli abilitativi».

[xi] Nella sentenza in commento si richiama Corte Cass. pen., Sez. III, 3 aprile 2019, n. 20467.

[xii] Nella sentenza in commento si richiama Corte Cass. pen., Sez. III, 23 marzo 2016, n. 29975.

[xiii] In precedenza si era consolidato un orientamento di segno opposto, non citato dalla sentenza in commento, secondo cui il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti si configura anche in presenza di una condotta occasionale, in ciò differenziandosi dall’art. 260, D.Lgs. n. 152/2006, che sanziona la continuità dell’attività illecita. Si veda, tra le altre, Corte Cass. pen., Sez. III, 25 maggio 2011, n. 24428.

[xiv] Si vedano tra le altre: Corte Cass. pen., Sez. III, n. 15028, cit. Corte Cass. pen., Sez. III, n. 41352 cit.

[xv] Corte Cass. pen., Sez. III, n. 41352 cit.

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