L’abbandono di rifiuti tra obblighi di rimozione e obblighi di bonifica

15 Giu 2020 | giurisprudenza, amministrativo, in evidenza 2

di Emanuele Pomini

T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I – 7 febbraio 2020, n. 114 – Pres. Gabbricci, Est. Pedron – S. S.r.l. (avv.ti Mario Gorlani e Innocenzo Gorlani) c. Comune di Quinzano d’Oglio (avv. Domenico Bezzi)

In base all’art. 192, comma 3 del D.Lgs. 152/2006 la rimozione dei rifiuti abbandonati, ai fini dell’avvio a recupero o smaltimento, può essere imposta al proprietario dell’area qualora l’abbandono sia imputabile a titolo di dolo o colpa. Nello specifico, l’elemento soggettivo emerge in modo evidente dalla doppia posizione della ricorrente, non solo proprietaria dell’area ma anche titolare dell’attività produttiva, non residuando spazio alcuno per un ragionevole dubbio circa interferenze di soggetti terzi sfuggite alla sua vigilanza.

La circostanza che l’impiego di prodotti di amianto o contenenti amianto risulti vietato a partire dalla L. 25 marzo 1992, n. 257 non modifica la qualificazione dei materiali come rifiuti abbandonati, in quanto la condizione giuridica dei rifiuti deve essere riferita al momento della scoperta, ossia al presente, rilevando unicamente che nella sfera di controllo del proprietario dell’area si trovino attualmente dei rifiuti contenenti amianto.

La scelta dell’amministrazione comunale di associare all’ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati un ordine di caratterizzazione dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti è legittima, in quanto la caratterizzazione è il punto di congiunzione tra la fase di allontanamento dei rifiuti, necessariamente collocata nell’immediatezza della scoperta, e la fase successiva ed eventuale di bonifica dell’area. La presenza di rifiuti incontrollati è un potenziale veicolo di trasferimento degli inquinanti nelle matrici ambientali e, dunque, nel momento in cui si effettua la rimozione occorre accertare se vi siano situazioni di contaminazione, così come si evince dall’art. 239, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 152/2006.

Il T.A.R. Lombardia interviene con la sentenza in commento enunciando alcuni interessanti principi in tema di abbandono di rifiuti, rimozione e obblighi di bonifica.

La fattispecie trae origine da alcuni controlli effettuati dall’ARPA all’interno dello stabilimento produttivo della ricorrente, che rivelavano la presenza di rifiuti pericolosi (fibrocemento contenente amianto) in un’area circoscritta dello stabilimento. Il Comune, con ordinanza del sindaco adottata ai sensi del comma 3 dell’art. 192 del D.Lgs. 152/2006, ingiungeva pertanto alla ricorrente di elaborare un piano di bonifica, nonché di rimozione e avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti abbandonati nella predetta area.

Contro il provvedimento la società ricorrente presentava impugnazione, lamentando, per quanto interessa qui sottolineare: (i) l’assenza di prova circa la propria responsabilità per la presenza di rifiuti pericolosi sulla propria area, nonché l’assenza di prova circa il fatto che l’abbandono fosse avvenuto successivamente alla L. n. 257/1992, mediante la quale sono stati vietati i prodotti di amianto o contenenti amianto; (ii) l’assenza di un rapporto di proporzionalità tra l’area marginale dove erano stati ritrovati i rifiuti e l’obbligo di caratterizzazione, che era stato esteso a tutto il mappale ricomprendente anche la predetta area; nonché (iii) la violazione dell’art. 239, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 152/2006 a causa dell’assenza dei presupposti per imporre la bonifica in aggiunta alle altre attività di rimozione, recupero o smaltimento dei rifiuti in questione.

I giudici amministrativi, mediante la pronuncia in commento, respingono tutte le ragioni di doglianza fatte valere dalla società ricorrente.

Innanzitutto, per quanto riguarda i presupposti di applicazione dell’art. 192, comma 3 in tema di responsabilità del proprietario dell’area interessata dalla presenza di rifiuti abbandonati, il TAR Lombardia si limita a ribadire un principio del tutto consolidato, secondo il quale è possibile imporre anche al proprietario la rimozione dei rifiuti, ai fini del loro avvio a recupero o smaltimento, solo qualora l’abbandono sia imputabile a quest’ultimo a titolo di dolo o quanto meno di colpa, dovendosi in ciò far luogo a una nozione estesa del contenuto del dovere di diligenza esigibile dal proprietario dell’area, fino a ricomprendere anche la mera mancanza di vigilanza, custodia e buona amministrazione del benei.

Sotto tale profilo, precisano i giudici amministrativi, nel caso in cui il proprietario dell’area sia anche il soggetto che ivi conduce la propria attività produttiva, tale doppia qualifica è senz’altro sufficiente a integrare la sussistenza dell’elemento soggettivo. Infatti, l’utilizzazione a scopi produttivi di un’intera area, comprensiva anche della porzione interessata dall’eventuale presenza di rifiuti abbandonati, implica per sua natura un controllo effettivo ed esclusivo non solo dell’area in sé considerata, ma anche delle operazioni che vengono ivi compiute nel corso del tempo, non essendoci “spazio (…) per un ragionevole dubbio circa interferenze di soggetti terzi sfuggite alla vigilanza della ricorrente”ii.

Ciò conferma, sotto il profilo operativo, l’opportunità che l’eventuale accesso a vario titolo di operatori terzi in un sito industriale avvenga sempre previa opportuna e idonea regolamentazione contrattuale degli aspetti ambientali scaturenti dalla loro permanenza in sito e dall’esercizio delle relative attività, essendo il proprietario e gestore del sito il primo soggetto garante della conformità ambientale delle aree in questione.

Un secondo profilo esaminato dal TAR Lombardia nel caso di specie riguarda la circostanza che l’abbandono dei materiali contenenti amianto fosse avvenuto prima o dopo l’entrata in vigore della L. 257/1992, che ha vietato l’impiego di tali prodotti. Secondo la difesa della ricorrente, infatti, una ragione di illegittimità dell’ordinanza sindacale sarebbe da ravvisarsi nell’assenza di prova circa il fatto che la presenza dell’amianto nell’area in questione fosse successiva all’entrata in vigore della citata L. 257/1992, potendosi solo da tale momento ravvisare l’illeceità dell’abbandono dei materiali e prodotti contenenti amianto.

Anche sotto tale aspetto, tuttavia, il TAR Lombardia disattente le ragioni invocate dalla difesa, affermando l’irrilevanza, ai fini della responsabilità del proprietario dell’area ex art. 192 del D.Lgs. 152/2006, della circostanza che l’impiego di prodotti di amianto o contenenti amianto risulti vietato solo a partire dall’entrata in vigore della L. 257/1992. La condizione giuridica dei rifiuti deve infatti essere riferita e valutata al momento della loro scoperta, ossia al presente, e non rispetto a ciò che il proprietario dell’area poteva fare in passato con i materiali rinvenuti. Nell’attribuire un valore decisivo al fatto che nella sfera di controllo del proprietario dell’area si trovavano, al momento del loro rinvenimento, dei rifiuti contenenti amianto, i giudici amministrativi richiamano la normativa comunitaria (in particolare gli artt. 3 par. 1.6, 14 e 15 della Direttiva 2008/98/CE),  laddove l’obbligo di rimozione e smaltimento viene imposto non solo al produttore storico dei rifiuti, ma anche al detentore attuale, inteso come persona fisica o giuridica nel possesso degli stessi (qual è il proprietario dell’area all’interno della quale i rifiuti abbandonati sono stati rinvenuti).

Un ultimo, e forse più interessante aspetto tra quelli trattati dalla sentenza in commento, riguarda infine il rapporto tra la responsabilità per l’abbandono di rifiuti, la loro rimozione e la bonifica dell’area interessata dall’abbandono.

Mediante l’ordinanza adottata ai sensi dell’art. 192, comma 3 del D.Lgs. 152/2006, infatti, il sindaco aveva ingiunto al proprietario dell’area non solo la rimozione e l’avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti abbandonati, ma anche l’elaborazione di un piano di bonifica, con predisposizione di uno specifico cronoprogramma e di un piano di campionamenti del terreno come previsto dalle norme vigenti in materia. Peraltro, come riportato nella sentenza in commento, l’obbligo di caratterizzazione imposto con l’ordinanza riguardava non solo la ristretta area dove erano stati trovati i rifiuti, essendo stato esteso a tutta la superficie del mappale ove insisteva la predetta area.

Pur precisando che “la bonifica riguarda operazioni distinte dalla rimozione dei rifiuti abbandonati, e si fonda sul diverso presupposto del superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC)” e che “l’individuazione del responsabile della contaminazione, soggetto tenuto alla bonifica, rientra nella competenza della Provincia”, ad avviso del tribunale amministrativo “la scelta di associare all’ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati un ordine di caratterizzazione dell’area interessata dall’abbandono di rifiuti, si può ritenere (…) legittima”, dal momento che “la caratterizzazione è il punto di congiunzione tra la fase di allontanamento dei rifiuti (…) e la fase successiva ed eventuale di bonifica dell’area”.

La statuizione in commento pare senz’altro condivisibile in linea di principio, essendo già stato chiarito come le due discipline (rifiuti e bonifica) siano necessariamente interconnesse tra loroiii, sussistendo continuità tra le operazioni di rimozione dei rifiuti abbandonati e le attività di verifica della potenziale contaminazione delle matrici ambientali. È infatti chiaro che la presenza di rifiuti abbandonati può costituire un possibile veicolo di trasferimento degli inquinanti alle matrici ambientali con cui tali rifiuti sono stati a contatto prima della loro rimozione.

Lo stesso D.Lgs. 152/2006 contempla una disposizione che, proprio nel caso di abbandono di rifiuti, funge da anello di congiunzione tra le disposizioni in materia di gestione dei rifiuti e quelle in tema di bonifica. Trattasi dell’art. 239, comma 2, lett. a) che, per quanto interessa qui sottolineare, prevede che “ferma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano (…) all’abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell’area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo”.

Ciò posto, occorre tuttavia considerare come le due discipline in questione divergano molto quanto a presupposti di responsabilità e obblighi di azione, dal momento che, come noto, l’impianto normativo relativo alla bonifica dei siti contaminati non contempla un’ipotesi di coinvolgimento nella procedura di bonificaiv del proprietario incolpevole (se non su base volontaria ex art. 245), non potendo infatti a quest’ultimo addossarsi, in applicazione del principio comunitario “chi inquina paga”, alcuna responsabilità e/o obbligo di intervento, se non limitatamente alla fase preliminare dell’attuazione delle misure di prevenzionev e della comunicazione alle autorità della scoperta di una potenziale contaminazione. Tra questi adempimenti, tuttavia, non rientra l’attività di caratterizzazione, che spetta solo al soggetto responsabile della contaminazione, così come previsto dalla procedura disciplinata dall’art. 242.

Ci si chiede, pertanto, come si possa conciliare con i su esposti principi l’ulteriore obbligo, nel caso del proprietario dell’area già gravato dell’intervento di rimozione dei rifiuti ex art. 192, di procedere alla caratterizzazione dell’area, anche laddove tale caratterizzazione venga intesa in un’accezione più ristretta – e per certi versi atipica – rispetto alla caratterizzazione vera e propria disciplinata dall’art. 242.  Il TAR Lombardia, infatti, nel legittimare l’ordinanza in questione, si riferisce espressamente a “una prima caratterizzazione dell’area, in vista di un successivo intervento di bonifica da valutare con il concorso di tutte le amministrazioni competenti”, mentre la stessa normativa già citata parla genericamente di accertamento del “superamento dei valori di attenzione”, senza fare riferimento alle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), che costituiscono il parametro di riferimento della caratterizzazione “ordinaria”.

In tale contesto, per considerare legittima un’eventuale richiesta di caratterizzazione rivolta al proprietario non responsabile della contaminazione unitamente all’ordine di rimozione dei rifiuti pare necessario che tale richiesta sia quanto meno circoscritta allo stretto necessario, non potendo cioè riguardare né una superficie più ampia di quella effettivamente interessata dalla presenza dei rifiuti, né la ricerca di parametri ulteriori e diversi rispetto a quelli oggetto di possibile rilascio rispetto alla tipologia di rifiuti rimossi. Solo così, infatti, si potrebbe effettivamente parlare di “prima caratterizzazione” nel senso di mera attività d’indagine preliminare riconducibile nell’alveo del citato art. 239, comma 2, lett. a) e, come tale, esigibile anche dal proprietario non responsabile. Il rischio è tuttavia che, in tale contesto, gli adempimenti di indagine preliminare di cui si è detto vengano trasformati in attività di caratterizzazione vera e propria, con conseguenti spese e, soprattutto, oneri di intervento che dovrebbero invece gravare solo sul responsabile della contaminazionevi.

NOTE:

i Cfr., ex multis, T.A.R. Veneto, Sez. III, 27 settembre 2016, n. 1074, in questa Rivista, 2017, p. 132 e i richiami giurisprudenziali ivi contenuti.

ii Sulla definizione del perimetro della diligenza richiesta al proprietario in caso di esercizio di attività sull’area interessata dal rinvenimento dei rifiuti, cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 14 febbraio 2011, n. 262, in questa Rivista, 2011, p. 662, con nota di F. Vanetti.

iii Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25 febbraio 2016, n. 765, in questa Rivista, 2016, p. 303.

iv Nell’ambito della quale il primo passo è costituito proprio dalle attività di caratterizzazione dell’area (cfr. l’art. 242 del D.Lgs. 152/2006).

v Ossia “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia” (art. 240, comma 1, lett. i).

vi Sotto tale profilo, nel caso di specie la doglianza relativa all’estensione dell’area da caratterizzare non aveva trovato accoglimento solo in quanto la ricorrente non aveva dato seguito alle ordinanze cautelari del TAR Lombardia volte a provocare un confronto tra parte privata e enti per giungere a una più precisa localizzazione dei rifiuti abbandonati e, conseguentemente, dei punti da sottoporre a caratterizzazione. Non essendo stato possibile procedere a una riperimetrazione dell’area a causa della mancata collaborazione della ricorrente, il TAR Lombardia ha confermato l’obbligo di caratterizzazione indicato in ordinanza e riferito all’intero mappale inclusivo dell’area interessata dai rifiuti.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Pomini_TAR Lombardia_114_2020

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Pomini_12_2020

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