La responsabilità per illeciti ambientali di amministratori e soci delle società estinte

02 Gen 2024 | amministrativo, giurisprudenza

di Luca Prati

T.A.R. Lombardia – Brescia, Sez. I 25 ottobre 2023, n. 781 – Gabbricci, pres.; Di Paolo, est. – (Omissis) (avv. Bini) c. Comune di Agnosine, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Lombardia ed a. (n.c.) ed a.

Ai sensi dell’art. 2476 c.c., gli amministratori sono solidalmente responsabili dei danni ambientali derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge ove non provino ai sensi dell’art. 2050 c.c. di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno ambientale, né il proprio dissenso all’esercizio delle attività pericolose.

Il principio di immedesimazione organica non comporta che ogni attività svolta dall’ex amministratore sia imputabile esclusivamente alla persona giuridica per conto della quale egli agisce, anche per le conseguenze derivanti dall’estrema facilità di cancellazioni “di comodo” dal registro delle imprese, con conseguente irresponsabilità per eventuali illeciti posti in essere nell’interesse o a vantaggio degli enti.

La pronuncia in oggetto ha riguardato un caso di immissione delle acque di infiltrazione (percolato) di una discarica mediante recapito diretto in un torrente, a cui ha fatto seguito, oltre che l’instaurazione di un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 452 bis e 452 quinquies c.p., la diffida all’attuazione delle procedure previste per la bonifica di siti contaminati.

Destinatario di tale diffida è stato il soggetto individuato quale presidente e membro del consiglio di amministrazione delle Società a cui è stato imputato l’illecito ambientale, nel frattempo cancellatesi dal registro delle imprese, oltre che proprietario dell’area su cui insiste la discarica.

Con la sentenza in commento il TAR Brescia ha respinto l’eccezione di carenza di legittimazione passiva, secondo la quale ogni attività svolta dall’ex amministratore di una società sarebbe imputabile esclusivamente alle persone giuridiche per conto delle quali egli agiva, in virtù del c.d. principio di immedesimazione organica, con la conseguenza che l’estinzione della società, intervenuta a seguito della sua cancellazione dal registro delle imprese, comporterebbe il venir meno di qualsiasi responsabilità anche in capo ai suoi organi.

Secondo la condivisibile opinione del TAR Brescia occorre infatti dissentire da una simile impostazione, anche in considerazione delle conseguenze derivanti dall’estrema facilità di cancellazioni “di comodo” dal registro delle imprese, da cui deriverebbe l’irresponsabilità per eventuali illeciti posti in essere nell’interesse o a vantaggio degli enti.

Ricorda il TAR che sulla questione è intervenuta una recente pronuncia della Cass. pen. (Sez. IV,17 marzo 2022, n. 9006), che ha affermato che “la cancellazione della società può certamente porre un problema di soddisfacimento del relativo credito ma non pone un problema di accertamento della responsabilità dell’ente per fatti anteriori alla sua cancellazione, responsabilità che nessuna norma autorizza a ritenere destinata a scomparire per effetto della cancellazione dell’ente stesso”.

La sentenza della Cassazione penale sopra richiamata afferma inoltre esplicitamente come per gli illeciti dell’ente estinto permanga una responsabilità, oltre che degli amministratori, anche dei soci, statuendo che “Deve ritenersi che l’estinzione della persona giuridica, nelle società di capitali, comporti che la titolarità dell’impresa passi direttamente ai singoli soci, non avendo luogo una divisione in senso tecnico, come si ricava dall’art. 2493 c.c. e art. 2495 c.c., comma 3, disciplinanti, rispettivamente, la distribuzione ai soci dell’attivo e l’azione esperibile da parte dei creditori nei confronti dei soci.

Né può trascurarsi che lo scioglimento della società, la cui nascita integra un contratto di durata, opera ex nunc: viene meno l’obbligo di esercitare l’impresa in comune ma non vengono meno – si noti – i rapporti sorti nell’esercizio dell’impresa anteriormente allo scioglimento. Del resto, la liquidazione della società avviene mediante conversione in denaro del patrimonio sociale”.

Per respingere l’eccezione di difetto di legittimazione passiva il TAR Brescia richiama altresì la recente sentenza del Consiglio di Stato la quale ha affermato che «ai sensi dell’art. 2476 c.c., gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società. Tra questi doveri vanno annoverati anche quelli ambientali» (Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 giugno 2021 n. 4383).

Il giudice amministrativo inoltre fa un ulteriore passo in avanti, discostandosi anche dal parere del Consiglio di Stato n. 12022/2019 (in quel caso la società responsabile dell’illecito ambientale non era stata cancellata dal registro delle imprese), che aveva ritenuto di dover precisare che mentre la responsabilità della persona giuridica dipende esclusivamente dall’accertamento del nesso causale tra condotta inquinante ed evento, perché tale responsabilità possa estendersi agli amministratori è necessario anche l’elemento soggettivo del dolo o della colpa.

In particolare, il TAR ricava la responsabilità dell’amministratore delle società e socio di maggioranza “non avendo egli provato ai sensi dell’art. 2050 c.c. di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno ambientale, né il proprio dissenso all’esercizio delle discariche”.

Come noto, in tema di responsabilità per esercizio di attività pericolosa, la presunzione di colpa a carico del danneggiante, posta dall’art. 2050 CC, presuppone la sola sussistenza del nesso eziologico[1] tra l’esercizio dell’attività e l’evento dannoso, e non richiede la dimostrazione della colpa in capo all’autore del danno. Più nello specifico, anche nella materia ambientale per liberarsi dalla responsabilità prevista dall’art. 2050[2], non basta solamente la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di aver impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l’evento dannoso, in modo che anche il fatto del danneggiato o del terzo possa produrre effetti liberatori solo se per la sua incidenza e per la sua rilevanza sia tale da escludere il nesso causale tra l’attività pericolosa e l’evento.

In definitiva, la sentenza disegna una rigorosa responsabilità delle persone fisiche titolari di cariche societarie per gli illeciti ambientali commessi dalla società estinta, responsabilità fondata su una presunzione di colpa che, per venir meno, richiede, in capo ai vertici societari l’onere di fornire la prova di avere fatto tutto ciò che era possibile per scongiurare il danno provocato dall’attività dell’ente estinto.

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Commento_Prati_Tar_Brescia_781_2023

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Tar Brescia, I, 25 ottobre 2023, n. 781

NOTE:

[1] Trimarchi, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961, 48), facendo particolare riferimento all’oggetto della prova liberatoria previsto dalla legge a favore dell’esercente l’attività pericolosa, ha posto in luce la natura oggettiva della responsabilità in esame. Secondo diversi autori la prova liberatoria si risolve nella dimostrazione del caso fortuito che interrompa il nesso causale tra l’attività pericolosa e l’evento (Salvi, La responsabilità civile, in Tratt. Iudica, Zatti, Milano, 1998): il danno verificatosi deve risultare estraneo al potere di controllo dell’esercente e ciò si verifica quando il danno è derivato da una causa esterna a lui non imputabile.

[2] Il ricorso all’art. 2050 per affermare la responsabilità ambientale dell’imprenditore risale alla storica sentenza della Cass. civ., Sez. I, 01/09/1995, n. 9211, che aveva affermato che  il soggetto produttore di rifiuti tossici (nella specie, rifiuti industriali speciali) è, comunque, sottoposto alla responsabilità prevista dagli art. 2043 e 2050 c.c. e non può esimersi da essa sostenendo di aver affidato completamente a terzi lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti stessi, in quanto tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di produzione e smaltimento dei rifiuti tossici – e, in particolare, il produttore – sono ugualmente responsabili e solidalmente tenuti ad adottare le idonee misure di sicurezza, anche nella fase di smaltimento, affinché lo sversamento definitivo e lo stoccaggio dei rifiuti avvenga senza danno a terzi.

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