La minaccia di un danno all’ambiente e alla salute vincola anche il proprietario incolpevole a attuare le misure di prevenzione

02 Apr 2023 | amministrativo, in evidenza 4, giurisprudenza

di Carlo Luca Coppini

Cons. Stato Sez. IV – 06.12.2022, n. 10663 – Pres. V. Lopilato, Est. C. Tucciarelli – P.R. S.r.l. (con l’Avv. R. Colagrande) c. Comune di L’Aquila (con l’Avv. A. Orsini) e nei confronti di  I. S.p.A. (con  gli Avv.ti A. Capria e A. Lirosi) e ARTA Abruzzo (con l’Avv. A. Bosco), Provincia di L’Aquila, Regione Abruzzo (non costituiti)

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 245, 2^ comma del d.lgs 3 aprile 2006, n 152, il proprietario o il gestore – pur se non responsabili dell’inquinamento – sono tenuti ad attuare le misure di prevenzione ovverosia ad adottare le iniziative volte a contrastare una minaccia, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi in un prossimo futuro danno alla salute o all’ambiente.

La parola d’ordine che pare voler distinguere la decisione in commento è la difesa della legalità, che sicuramente viene avvertita dai giudici quando dimostrano di voler stigmatizzare l’importante ruolo della pubblica amministrazione per il corretto esercizio dell’essenziale funzione di difesa dell’ambiente, soprattutto in via preventiva anche a discapito dell’incolpevole proprietario dell’area.

Il tema ricorrente quando si parla di misure di prevenzione volte a impedire un probabile rischio all’integrità ambientale e alla salute, è sicuramente rappresentato dall’obbligo di adottare tutte le misure sufficientemente idonee a contrastare una minaccia con il coinvolgimento nella relativa procedura del proprietario dell’immobile che, sebbene incolpevole, viene obbligato a intervenire in qualità di custode del sito contaminato anche se si tratta di una contaminazione storica[i].

Il Consiglio di Stato ha dovuto decidere una controversia collegata a un’area che l’appellante acquistava dalla società controinteressata su cui, prima del relativo acquisto da parte di quest’ultima, era stato individuato un potenziale rischio di contaminazione ambientale derivante dalla prolungata lavorazione di pesticidi, insetticidi e altri prodotti chimici,  nonché dal presunto interramento di rifiuti, che avrebbe potuto portare a un superamento del livello delle concentrazioni soglia di contaminazione. (CSC)

In particolare, la determinazione comunale veniva impugnata avanti il Tar per l’Abruzzo segnatamente nella parte in cui obbligava la ricorrente P.R. a evitare qualsivoglia manomissione della pavimentazione che ricopriva l’area ove risultavano interrati i liquidi (rectius: rifiuti) sull’indefettibile presupposto della conclusione positiva del procedimento ai sensi del comma 5 dell’art. 242 del d.lgs. n. 152/2006, secondo cui: ” Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio (CSR) dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l’approvazione del documento dell’analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. In tal caso la conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell’analisi di rischio e all’attuale destinazione d’uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile, entro sessanta giorni dall’approvazione di cui sopra, invia alla provincia ed alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono individuati: a) i parametri da sottoporre a controllo; b) la frequenza e la durata del monitoraggio”.

Il Tar accertava la legittimità del provvedimento “cautelativo” assunto dall’amministrazione assumendo che il contenuto dell’obbligazione imposta al nuovo proprietario incolpevole rappresentava l’espressione del principio cautelativo legittimamente posto a garanzia dell’interesse pubblico e, conseguentemente, rigettava il ricorso.

La pronuncia giudiziale verte implicitamente sull‘interpretazione dei principi del diritto dell‘Unione in materia ambientale, segnatamente i principi del «chi inquina paga», di precauzione, dell‘azione preventiva e della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all‘ambiente, quali previsti all‘articolo 191, paragrafo 2, TFUE, ai considerando 13 e 24, e agli articoli 1 e 8, paragrafo 3, della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143, pag. 56)[ii].

Nel rispetto di tale principio, L‘articolo 242 del codice dell‘ambiente intitolato «procedure operative ed amministrative» disciplina con un certo livello di dettaglio gli oneri ricadenti sul soggetto responsabile dell‘inquinamento, che si tratti di contaminazione recente o storica, per quanto riguarda in particolare l‘adozione delle misure  necessarie di prevenzione, di ripristino e di messa in sicurezza d‘urgenza, la comunicazione nei confronti di soggetti pubblici competenti e l‘esecuzione di attività di bonifica. L‘amministrazione comunale ha dimostrato di aver interpretato correttamente i sopra menzionati principi sino al punto di poter legittimamente imporre al proprietario dell‘area sovrastante i residui interrati potenzialmente inquinanti l‘obbligo di garantire tutte le misure di messa in sicurezza per evitare che l’ipotesi di potenziale rischio si possa trasformare da semplice minaccia a un vero e proprio danno alla salute e all’ambiente.

Il sacrificio posto al proprietario incolpevole attraverso il vincolo imposto dalla P.A., peraltro, è giustificato proprio dall’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile di una pericolosa contaminazione di un sito, da un lato, ed evitare che siano attuate dal proprietario incolpevole iniziative volte a tradurre in realtà un vero e proprio rischio di inquinamento e di danno all’ambiente.

In definitiva, per dirla con il Consiglio di Stato: “il mantenimento della pavimentazione esistente all’interno dei capannoni risulta costituire, in base agli atti, una misura necessaria, adeguata e sufficiente per evitare la dispersione dei contaminanti riscontrati nel sottosuolo, in linea con quanto prospettato dai documenti tecnici di riferimento: il documento “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati” di I.S.P.R.A., che puntualizza come, ai fini di una corretta valutazione del rischio derivante dall’inalazione di polveri indoor, sia necessario svolgere campagne di monitoraggio di dette polveri, salvo che ci si trovi al cospetto di aree munite di pavimentazione; l’Allegato 2 al D.M. n. 31/2015 (sebbene riferito alla sola rete di carburanti); le linee guida I.S.P.R.A. per la “Costruzione del modello concettuale”, in cui si afferma che le pavimentazioni dovranno essere oggetto di costante manutenzione”, nonché “di controlli periodici da parte dell’ente di controllo per l’accertamento di eventuali fenomeni visibili di degrado

Il ragionamento svolto dal Consiglio di Stato in riferimento all’applicazione dell’art. 242 del d.lgs 152/2006 è analogo a quello che ha distinto la sentenza n. 10433/2022 in riferimento all’ipotesi di abbandono o deposito incontrollato de rifiuti sull’indefettibile presupposto che, pur riferendosi a due ipotesi differenti[iii], richiamano entrambe i principi resi dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 26 gennaio 2021.

In definitiva, il Consiglio di Stato ribadisce che l’art. 242 attribuisce un ruolo primario alle misure di prevenzione, di ripristino o di bonifica, da adottarsi da parte del responsabile entro ventiquattro ore dall’evento o dalla relativa scoperta e anche il proprietario o gestore dell’area incolpevole. L’onere di questi ultimi resta circoscritto alle sole misure di prevenzione, definite dall’art. 240, comma 1, lett. i) del d.lgs. 152/2006 come “ le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”. Trattandosi di misure a carattere preventivo e non ripristinatorio, con cui si intende far fronte ad una “minaccia imminente per la salute e per l’ambiente”.

L’obbligo posto a carico del proprietario o gestore dell’area, quindi, si giustifica sempre in base ad un evidente principio di responsabilità sociale. “La messa in sicurezza del sito appare essere misura di correzione di (diffusione o propagazione dei) danni; conseguentemente rientra nel genere delle precauzioni – unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell’azione preventiva – che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria e/o risarcitoria, non presuppone affatto l’individuazione del(eventuale) responsabile” (TAR Lazio Sez. I, 12 febbraio 2015 n. 2509).

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Cons-di-Stato-s.-10663-del-2022

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

sentenza CDS 10633_22

NOTE:

[i] Sull’argomento della custodia del sito contaminato affidata al proprietario incolpevole, cfr. A.L. De Cesaris, Il Codice dell’Ambiente, Giuffrè, 2022, pag. 1309; F. Vanetti e M.E. Alotto, “Responsabilità del proprietario incolpevole e obbligo di custodia”, in Rivista  Giuridica dell’Ambiente, Giuffrè Editore, 2013, pagg.  453 e ss.

[ii] In tema di interpretazione del principio “chi inquina paga”, si veda L. Prati, Bonifica e proprietario incolpevole: verso il superamento per via giurisprudenziale del principio “chi inquina paga”, in RGAonline, 30 settembre 2022.

[iii] Sulle diversità sostanziali e delle procedure operative di abbandono dei rifiuti e bonifica, si veda F. Peres, Sulla distinzione tra bonifica e abbandono dei rifiuti, in RGAonline, 26 febbraio 2022.