La competenza a definire le caratteristiche proprie dei rifiuti è in capo allo Stato

04 Ago 2022 | giurisprudenza, amministrativo

di Eleonora Gregori Ferri

Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 maggio 2022, n. 3870 – Pres. Lamberti, Est. Rotondo – Regione Veneto (avv.ti Londei, Manzi, Zanlucchi, Zanon) c. B. S.r.l. (avv.ti Anelli, Ferruzzi, Barioli) e n.c.d. Provincia di Rovigo (avv. Massafra).

La definizione delle caratteristiche proprie dei rifiuti rientra nell’ambito della tutela dell’ambiente che, ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lett. s) della Costituzione, è materia di competenza esclusiva dello Stato.

L’ordinamento non può tollerare che le caratteristiche intrinseche di un rifiuto possano essere diversificate a seconda della diversa convenienza, opportunità o percezione avvertita dai singoli enti territoriali.

È principio pacifico, nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, che la disciplina dei rifiuti rientri nell’ambito della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, materia attribuita in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione[i]. Ciò, anche ove vi sia il rischio di un’interferenza con gli interessi e le competenze che, viceversa, sono attribuite alle Regioni. In tal caso, infatti, come afferma la giurisprudenza della Corte “deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale”, mentre alle Regioni spetta “la competenza alla cura degli interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali[ii].

Detto principio, per quanto espresso molto chiaramente nella giurisprudenza, ha trovato notevoli difficoltà ad essere applicato nella pratica. Ne danno testimonianza le diverse pronunce di incostituzionalità rese nel corso degli ultimi anni nei confronti di leggi regionali connesse alla disciplina dei rifiuti, sia direttamente, sia in via trasversale. Pronunce nelle quali la Corte ha dovuto di volta in volta chiarire quali aspetti specifici della disciplina dei rifiuti fossero ascrivibili alla materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema  – riservata, come detto, alla competenza esclusiva dello Stato – e quali possibilità di intervento residuassero invece alle Regioni, spaziando dal campo della produzione di energia[iii], a quello delle garanzie finanziarie per la gestione degli impianti di smaltimento[iv], degli scarti animali[v] e dei materiali inerti di scavo[vi].

È evidente, infatti, che nel settore dei rifiuti vengono spesso in rilievo interessi connessi anche ad altre materie, come la tutela della salute e il governo del territorio, ricompresi nella legislazione concorrente, come  disposto dall’art. 117, comma 3 della Costituzione.  Per tale ragione, nell’ambito della regolamentazione dei rifiuti è comunque necessario che la competenza statale non escluda “la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire[vii], nel rispetto dei livelli uniformi di tutela definiti dalla normativa di rango statale e a condizione che ciò non impedisca, né ostacoli, gli interventi necessari per soddisfare interessi unitari della nazione che eccedono i singoli ambiti territoriali[viii].

Partendo da questi assunti il Consiglio di Stato ha avuto più volte avuto occasione di affrontare il tema dell’assetto delle competenze legislative statali e regionali in materia di rifiuti individuando, di volta in volta, gli spazi normativi concessi alla competenza regionale. Tra tutte, giova ricordare la pronuncia che ha riconosciuto la facoltà delle Regioni di introdurre livelli di tutela più elevati, purché entro il limite delle competenze normative loro attribuite[ix].

Anche la sentenza in commento ritorna sul tema del riparto delle competenze tra Stato e Regioni, pronunciandosi sull’appello proposto dalla Regione Veneto, avverso la sentenza di annullamento di una propria delibera, avente ad oggetto la realizzazione di impianti di recupero e trattamento, basata sul presupposto che la Regione fosse andata “oltre le proprie competenze, incidendo, (…) sulle caratteristiche stesse del rifiuto da trattare”.

Il Consiglio di Stato, al fine di dirimere il conflitto alla base della controversia, richiama anzitutto il principio di prevalenza, ai sensi del quale potenziali interferenze tra ambiti di competenza formalmente attribuiti alla Stato (e.g., tutela dell’ambiente) e ambiti assegnati in via concorrente alle Regioni (e.g., tutela della salute e governo del territorio) devono essere risolte nel senso di far prevalere l’azione unitaria dello Stato, laddove ciò sia giustificato dalla necessità di garantire livelli di tutela ambientale adeguati su tutto il territorio nazionale[x].

Un’esigenza, quest’ultima, che per i giudici non si rinviene soltanto nella definizione generale della disciplina dei rifiuti – che, come detto sopra, è ricompresa nella competenza esclusiva statale ex art. 117, comma 2, lett. s), Cost. – bensì anche in relazione all’attività normativa di dettaglio necessaria per definirne caratteristiche e parametri qualitativi.

Ciò si spiega, prosegue il Consiglio di Stato, in quanto la composizione di ciascun rifiuto influisce “sulla capacità di incidenza e di impatto sull’habitat civile e naturale[xi], rendendo inammissibile una disciplina che sia diversa “a seconda della convenienza, opportunità o percezione avvertita dai singoli enti territoriali[xii].

Nel caso di specie ne deriva, secondo il Consiglio di Stato, che la Regione Veneto, pur avendo operato “nel dichiarato scopo di prevenire impatti ambientali”, con la delibera annullata ha finito per disciplinare “profili che spettano all’autorità statale, essendo a questa devoluto il compito di fissare le caratteristiche dei rifiuti da trattare e lavorare all’interno degli impianti (…) in distonia con l’esigenza di una superiore e omogenea regolamentazione di livello nazionale[xiii].

Il Consiglio di Stato respinge dunque l’appello proposto dalla Regione Veneto, a favore di un ripristino della normativa statale di carattere generale, “non potendo l’ordinamento tollerare che le caratteristiche intrinseche di un rifiuto (…) possano essere diversificate a seconda della diversa convenienza, opportunità o percezione avvertita dai singoli enti territoriali[xiv] [xv].

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

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NOTE

[i] Ex multis: Corte Costituzionale, 10 aprile 2015, n.58; id., 2 aprile 2014 n. 67; id., 2 dicembre 2013 n. 285; id., 9 marzo 2012 n. 54; id. 14 marzo 2008, n. 62.

[ii] Corte Costituzionale, 10 aprile 2015, n.58. Si vedano inoltre: Corte Costituzionale, 2 aprile 2014 n. 67.

[iii] L.R. Molise del 21 aprile 2011, n. 7 – “Disposizioni in materia di produzione di energia”, art. 1, c. 3.

[iv] L.R. Puglia del 28 dicembre 2006, n. 39 – “Norme relative all’esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 2007”, art. 22, c. 2

[v] L.R. Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 – “Norme per la gestione dei rifiuti”, art. 16, c. 4.

[vi] L.R. Valle d’Aosta 3 dicembre 2007 n. 31 – “Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti”, art. 14, commi 1, 2, 3, 5 e 6.

[vii] Corte Costituzionale, 29 gennaio 2005, n. 62.

[viii] Ibid. Si vedano inoltre: Corte Costituzionale 14 novembre 2007, n. 380; id. 26 gennaio 2007, n. 12; id. 28 giugno 2006, n. 247.

[ix] Consiglio di Stato, sez. IV, 27 giugno 2017, n. 3146.

[x] Cfr. pag. 8 della sentenza in commento, punti 12.2 e 12.3

[xi] Cfr. pag. 8 della sentenza in commento, punto 12.5.

[xii] Cfr. pag. 8 della sentenza in commento, punto 12.6.

[xiii] Cfr. pag. 8 della sentenza in commento, punti 14.1 e 15.

[xiv] Cfr. pag. 8 della sentenza in commento, punto 12.5.

[xv] Per un ulteriore approfondimento si vedano anche: T.A.R. Napoli, (Campania), sez. V, 9 novembre 2017, n.5298 e T.A.R. Catanzaro, (Calabria), sez. I, 7 ottobre 2016, n. 1943

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