Inquinamento elettromagnetico e impianti di comunicazione: un bilanciamento possibile?

03 Gen 2023 | giurisprudenza, amministrativo

di Ada Lucia De Cesaris

Consiglio di Stato, Sez. II, 28 settembre 2022, n. 8341 – Pres. Scanderbeg, Est. Ciuffetti – E.T. S.p.A. (avv. De Luca) c. B. S.r.l. (avv. Clarizia) e n.c.d. Roma Capitale (Avvocatura Capitolina) et. al. n.c. in giudizio.

[riforma T.A.R. Lazio, Sez. II, 24 luglio 2013, n. 7562]

Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 settembre 2022, n. 8259 – Pres. Russo, Est. Toschei – I.I. S.p.A. (avv. Pacciani) c. Comune di Silvi (avv. Riocci) e n.c.d. ARPA Abruzzo (Avv. Marramiero) e ASL n. 4 Teramo (n.c. in giudizio).

[riforma T.A.R. Abruzzo, Sez. I, 26 marzo 2021, n. 165]

Il principio di precauzione di cui all’art. 191, paragrafo 2 del TFUE non conduce automaticamente a vietare ogni attività che, in via di mera ipotesi e non suffragata da alcuna evidenza scientifica, si assuma foriera di rischi per la salute, ma richiede, piuttosto, una seria e prudenziale valutazione, alla stregua delle più recenti conoscenze scientifiche, al fine di determinare se l’attività possa o meno, in concreto, presentare dei rischi.

Le reti e le infrastrutture pubbliche che costituiscono gli impianti di comunicazione sono opere di urbanizzazione primaria a tutti gli effetti (pur restando di proprietà dei rispettivi operatori) e la loro installazione è compatibile in qualsiasi zona del P.R.G.

Le Regioni e i Comuni possono dettare criteri per la localizzazione di nuovi impianti di comunicazione, individuando le aree del territorio dove si può meglio realizzare una contemperazione tra salute, paesaggio, ambiente e diritti di comunicazione, ma non possono introdurre prescrizioni generiche ed eterogenee, volte esclusivamente a limitare la costruzione di detti impianti.

Nell’ambito di procedimenti per i quali vige il principio di tassatività delle condizioni procedimentali e della semplificazione accelerata – come quello per il rilascio dell’autorizzazione all’installazione di impianti di comunicazione, disciplinato dal d.lgs. 259/2003 – l’amministrazione non può imporre oneri procedimentali o documentali aggiuntivi rispetto a quelli fissati dalla normativa di rango primario, a pena di risultare in un illegittimo aggravamento del procedimento stesso, contrario alla ratio della normativa speciale, nonché alla logica sottesa agli artt. 1 e 2 della l. n. 241/1990.

Al fine di dare pubblicità alla presentazione di una istanza di autorizzazione per un nuovo impianto di comunicazione, il mezzo scelto è idoneo se in relazione al caso concreto rappresenta lo strumento che più massimizza l’effetto conoscitivo dell’avvenuta proposizione della domanda.

Ai sensi del Codice delle comunicazioni elettroniche, nell’inerzia dell’amministrazione procedente in merito alla domanda di autorizzazione del privato, il titolo abilitativo si forma comunque per silenzio-assenso, anche laddove l’istanza non sia corredata dai necessari documenti a supporto se, contemporaneamente, l’ente competente abbia omesso di adottare in tempo utile un provvedimento espresso di contenuto negativo.

  1. Introduzione e quadro normativo

Nelle due pronunce in commento il Consiglio di Stato si esprime in materia di impianti radioelettrici di comunicazione, a seguito dell’entrata in vigore del novellato “Codice delle comunicazioni elettroniche” (d. lgs. n. 259/2003, interamente riformato nel 2021[i]).

Al fine di una miglior comprensione delle vicende alla base delle sentenze in esame, è opportuno ricordare che la disciplina in materia è dettata, a livello nazionale, da due corpi normativi fondamentali: la legge n. 36/2003 sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, che si occupa degli aspetti inerenti la tutela della salute e dell’ambiente e del riparto delle competenze in materia tra Stato, Regioni e Comuni, e il già menzionato Codice delle comunicazioni elettroniche, che regolamenta il procedimento di rilascio delle relative autorizzazioni.

Per quanto d’interesse, ai sensi dell’art. 44 del Codice (all’epoca dei fatti, art. 87), competente alla valutazione dell’istanza di autorizzazione alla realizzazione di infrastrutture per impianti radioelettrici è il Comune, che procede previo accertamento della compatibilità del progetto con i limiti e i valori stabiliti a livello nazionale dalla citata l. n. 36/2001. Il procedimento autorizzatorio è unico e comprende anche le valutazioni edilizie e ogni altro atto di assenso necessario, facendosi obbligo in capo al responsabile del procedimento di indire una conferenza di servizi, laddove si renda necessario il coinvolgimento di altre amministrazioni. Della presentazione dell’istanza – che deve essere corredata di tutta la documentazione attestante il rispetto delle limitazioni relative alle emissioni elettromagnetiche fissate dalla legge statale – è data idonea pubblicità da parte dell’Amministrazione procedente.

La domanda si intende accolta qualora, entro novanta giorni, non sia comunicato il diniego e non sia stato espresso un dissenso motivato da parte di una delle Amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica o culturale. I Comuni possono prevedere termini più brevi o ulteriori forme di semplificazione procedimentale.

L’iter autorizzativo è dunque estremamente semplificato e accelerato. In linea con il favor che il Codice esprime per la realizzazione di reti e di servizi di comunicazione, vi è inoltre la previsione che assimila detti impianti, “ad ogni effetto”, alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, del D.P..R. n. 380/2001, pur rimanendo la proprietà dei medesimi in capo agli operatori privati (art. 43, c. 4 del Codice).

  1. Le pronunce del Consiglio di Stato

Le vicende alla base delle due pronunce in commento vertono in entrambi i casi sui principi che regolano il procedimento autorizzativo degli impianti di comunicazione, pur concentrandosi su aspetti diversi.

2.1       La sentenza Consiglio di Stato n. 8341/2022

Il Consiglio di Stato con la pronuncia, n. 8341/2022, affronta due questioni principali: la prima riguarda la valutazione dell’adeguatezza della forma di pubblicità scelta dall’Amministrazione per dare l’informativa al pubblico dell’avvenuta presentazione di una domanda di autorizzazione alla realizzazione di un nuovo impianto nel territorio del Comune di Roma, da parte di una multinazionale operante nella fornitura di tecnologie e servizi di telecomunicazione. La seconda concerne, invece, l’individuazione dei criteri che il Comune può legittimamente introdurre per regolare la localizzazione di nuovi impianti sul proprio territorio.

2.1.1    Sulla pubblicità dell’istanza di autorizzazione

In merito alle forme idonee di pubblicità, giova precisare che il Codice delle comunicazioni elettroniche non prescrive alcuna forma specifica. Pertanto, nel caso di cui alla sentenza in esame è l’appellante che ha chiesto al giudice di appello di valutare se la pubblicazione della notizia sul sito del Municipio interessato costituisca o meno un mezzo idoneo a pubblicizzare la domanda di autorizzazione.

Sull’argomento, a dire il vero, il Consiglio di Stato si era già pronunciato (si veda Consiglio di Stato n. 1773/2005), chiarendo i criteri per la valutazione dell’adeguatezza del mezzo pubblicitario scelto dall’Amministrazione procedente: ampia visibilità esterna rispetto agli uffici comunali e rispetto dei principi di trasparenza, economicità, efficacia e buon andamento. Criteri, questi, che il Collegio ritiene ampiamente rispettati nel caso della sentenza in commento, dove la notizia della presentazione dell’istanza era stata pubblicata, come detto, sul sito del Municipio.

Il Consiglio di Stato ritiene infatti che la pubblicazione via web sia “idonea a raggiungere potenzialmente una platea di destinatari ben più ampia di quella che potrebbe essere raggiunta da mezzi di pubblicazione di natura fisica”, ponendosi in linea con l’obiettivo della fattispecie normativa in questione, ossia “la massima diffusione possibile della notizia tra la popolazione locale”. Un obiettivo che costituisce anche “la stregua di riferimento della valutazione dell’idoneità delle modalità di pubblicazione seguite, la cui scelta (…) appartiene alla discrezionalità della competente Amministrazione e può essere motivata dalla stessa esternazione delle forme di pubblicità prescelte”.

Il Consiglio di Stato aggiunge, così, un nuovo elemento rispetto alla giurisprudenza precedente: quello della valutazione con riferimento al caso concreto. Con la conseguenza che, nel silenzio della legge, al fine di dare pubblicità alla notizia della presentazione di una istanza di autorizzazione per l’installazione di nuovi impianti di comunicazione, il mezzo scelto è idoneo se in relazione al caso concreto rappresenta lo strumento che più massimizza l’effetto conoscitivo della proposizione della domanda.

Inoltre, prosegue il Consiglio di Stato, una volta che è stata verificata l’idoneità della forma di pubblicità attuata, a nulla rileva che non sia stata data comunicazione individuale a potenziali controinteressati. Ciò in quanto il Codice delle comunicazioni elettroniche non prescrive questo adempimento né in capo all’Amministrazione procedente, né all’operatore, di talché imporre un tale onere procedimentale sulle parti risulterebbe contrario ai principi di semplificazione, celerità e trasparenza codificati nel d.lgs. n. 259/2003.

2.1.2    Sui criteri localizzativi degli impianti

Come anticipato, nella pronuncia del Consiglio di Stato n. 8341/2022, il Collegio è stato chiamato anche a esprimersi in merito alla competenza delle Regioni e dei Comuni nell’imporre limitazioni alla localizzazione di nuovi impianti.

Anzitutto, il Consiglio di Stato precisa che sicuramente le Regioni e i Comuni possono emanare regolamenti che definiscano criteri per la localizzazione e l’installazione di impianti di comunicazione ai sensi della l. n. 31/2006; ciò, tuttavia, deve avvenire nel rispetto del riparto delle competenze individuato dalla normativa di rango primario, nonché nel rispetto del principio della necessaria capillarità della localizzazione delle infrastrutture pubbliche di comunicazione[ii].

Sotto il profilo della competenza, il Consiglio di Stato precisa che spetta esclusivamente allo Stato la fissazione di valori-soglia omogenei sul territorio nazionale, a tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente (l. n. 36/2001) e che detti limiti sono inderogabili da parte della disciplina secondaria. Il legislatore ha voluto infatti attribuire allo Stato l’individuazione del punto di bilanciamento tra l’impatto delle emissioni elettromagnetiche sull’uomo e sulla natura e l’efficienza della rete delle comunicazioni, senza lasciare spazi di valutazione discrezionale a Regioni e Comuni.

Ne consegue che questi ultimi non possono introdurre né un “divieto generalizzato potenzialmente in grado di impedire la concreta diffusione della rete sull’intero territorio comunale”(Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2021 n. 374), né criteri specifici eccessivamente generici e eterogeni o comunque non ancorati a ragioni specifiche connesse allo stato dei luoghi.

Tale interpretazione, precisa ancora il Consiglio di Stato, è conforme ai principi comunitari in materia da cui l’intero apparato normativo nazionale deriva e, in particolare, si pone in linea con il principio di precauzione di cui all’art. 191, paragrafo 2 del TFUE, rispetto al quale il Collegio condivide l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui tale principio: “non conduce automaticamente a vietare ogni attività che, in via di mera ipotesi soggettiva e non suffragata da alcuna evidenza scientifica, si assuma foriera di eventuali rischi per la salute, privi di ogni riscontro oggettivo e verificabile”, ma “richiede, piuttosto e in primo luogo, una seria e prudenziale valutazione, alla stregua dell’attuale stato delle conoscenze scientifiche disponibili, dell’attività che potrebbe ipoteticamente presentare dei rischi” (Cons. Stato, sez. VI, 13 agosto 2020 n. 5034).

2.2       La sentenza Consiglio di Stato n. 8259/2022

La sentenza del Consiglio di Stato n. 8259/2022 si occupa invece una istanza presentata da un operatore di telefonia mobile, per l’installazione di un nuovo impianto di comunicazione in Provincia di Teramo.

In questo caso , il Consiglio di Stato ha affrontato in particolare due questioni: la prima, inerente il rapporto tra il potere regolamentare del Comune in materia di installazione di nuovi impianti di comunicazione e la disciplina di assetto del territorio contenuta negli strumenti di pianificazione territoriale; la seconda concernente l’individuazione delle condizioni necessarie per la verifica della formazione del silenzio-assenso sulla domanda di autorizzazione.

2.2.1    Il rapporto con la disciplina urbanistica comunale

Con riferimento alla primo questione, al Consiglio di Stato è stato chiesto se la qualifica ex lege degli impianti di comunicazione come opere di urbanizzazione primaria comporti la compatibilità delle stesse su tutto il territorio comunale, permettendo così di superare sia i divieti di costruzione di nuovi impianti contenuti negli strumenti urbanistici locali, sia gli eventuali oneri e adempimenti procedimentali imposti dal Comune sul privato, in assenza di una previsione corrispondente al livello delle norme di rango primario.

Per rispondere al quesito, il Consiglio di Stato fornisce alcune precisazioni in ordine a quanto previsto dalla normativa statale e ai più recenti arresti giurisprudenziali riguardanti la ratio e gli obiettivi della disciplina legislativa in questione[iii]. A tale proposito, il Collegio ricorda che il procedimento dettato dal Codice delle comunicazioni elettroniche per l’autorizzazione di nuovi impianti radio-elettrici risponde a esigenze di semplificazione e speditezza, espressione dell’intenzione legislativa di promuovere la costruzione capillare, sul territorio nazione, delle reti elettriche di comunicazione. Da dette caratteristiche derivano l’unicità del procedimento (di cui si è detto nell’introduzione), e la dichiarazione di “pubblica utilità” degli impianti di comunicazione, localizzabili liberamente su tutto il territorio comunale e quindi compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche, in quanto assimilati “ad ogni effetto” ad opere di urbanizzazione primaria.

Sotto quest’ultimo profilo, però, il Consiglio di Stato precisa che ciò non significa che i nuovi impianti possano essere “localizzati indiscriminatamente in ogni sito del territorio comunale, perché, al cospetto di rilevanti interessi di natura pubblica, l’esigenza della realizzazione dell’opera di pubblica utilità può risultare cedevole”. Tanto è vero che, precisa il Collegio, il legislatore ha previsto che i comuni possano “adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici” (art. 8 della L. n. 36/2001).

Regolamento che, in ogni caso, è soggetto a limitazioni quanto alla possibilità di introdurre restrizioni alla installazione di nuovi impianti, come peraltro chiarito anche dalla Corte Costituzionale, secondo cui: “nell’esercizio dei suoi poteri il comune non può rendere di fatto impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, trasformando i criteri di individuazione, che pure il comune può fissare, in limitazioni alla localizzazione con regole diverse da quelle previste dalla legge quadro n. 36 del 2001” (sentenza n. 331/2003).

Per cui, prosegue il Consiglio di Stato, “ai Comuni è consentito, nell’ambito delle rispettive competenze, di individuare “criteri” per la localizzazione degli impianti di comunicazione – individuando cioè le aree del territorio dove meglio è possibile contemperare gli interessi di ‘salute, paesaggio, ambiente e diritti di comunicazione’ – mentre non è consentito prescrivere esclusivamente “limitazioni” alla localizzazione degli impianti (soprattutto se consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei) che rendano di fatto impossibile una copertura soddisfacente dei servizi di comunicazioni[iv].

Nel caso oggetto della sentenza, il Comune non aveva adottato un regolamento specifico – come previsto dalla L. n. 31/2006 – ma aveva comunque imposto all’operatore adempimenti e oneri ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge nazionale, richiamando le disposizione dettate dagli atti di pianificazione urbanistica locale. Per il Consiglio di Stato però tale modo di operare è illegittimo, non potendo il Comune ostacolare l’installazione di nuovi impianti di comunicazione sulla base delle previsioni urbanistico-edilizie locali, e generali, non potendo tali disposizioni sostituire il ruolo del regolamento di cui si è detto. Ne consegue che le regole urbanistico edilizie dei piani non possono prevalere o modificare il dettato normativo statale, secondo cui nessun onere ulteriore è posto in capo al privato, salva la presentazione della documentazione che attesti il rispetto dei valori-soglia di inquinamento elettromagnetico stabiliti in attuazione della L. n. 31/2006.

2.2.2    Le condizioni per la formazione del silenzio-assenso

Quanto affermato in merito al divieto di aggravamento procedimentale, secondo il Consiglio di Stato si applica anche alla verifica delle condizioni per la formazione del silenzio-assenso sulle domanda di autorizzazione.

Come detto nell’introduzione, infatti, ai sensi del Codice delle comunicazioni elettroniche, sulla domanda di autorizzazione si forma il silenzio-assenso laddove, trascorsi novanta giorni dalla presentazione dell’istanza, l’Amministrazione procedente non vi abbia opposto un diniego e non si sia espressa in termini contrari una Amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili.

Nella sentenza in commento è stato chiesto al Consiglio di Stato se la formazione del silenzio assenso possa essere impedita laddove l’Amministrazione procedente asserisca di non aver ricevuto tutta la documentazione a suo dire necessaria per lo svolgimento dell’istruttoria, sia dal privato, sia dalle altre Amministrazioni coinvolte nel procedimento.

Statuisce sul punto il Consiglio di Stato che: i) nell’ambito in esame, la documentazione da allegare all’istanza è soltanto quella specificamente richiesta dal Codice delle comunicazioni elettroniche; ii) il principio di tassatività delle condizioni procedimentali e della semplificazione accelerata del procedimento escludono che l’Amministrazione procedente possa imporre oneri aggiuntivi sul privato e determinano l’obbligo, a carico dell’Amministrazione stessa, di comunicare tempestivamente eventuali carenze istruttorie; iii) va escluso che possa ricadere, con effetti sfavorevoli, in capo all’istante, l’eventuale carenza di un documento già rilasciato da una diversa amministrazione, vigendo la regola generale dell’obbligo in capo all’Amministrazione procedente di reperire la documentazione necessaria per l’istruttoria, quando essa sia in possesso della stessa Amministrazione ovvero di altre pubbliche amministrazioni.

Sicché, per il Consiglio di Stato il complesso sistema procedimentale delineato nel Codice delle comunicazioni elettroniche e, in particolare, il meccanismo del silenzio-assenso ivi previsto “non esclude la possibilità per cui, nell’inerzia dell’amministrazione locale competente, il titolo abilitativo si formi per silenzio anche nel caso in cui l’istanza non sia corredata dai necessari documenti a supporto e, contemporaneamente, l’ente competente abbia omesso di adottare in tempo utile un provvedimento espresso di contenuto negativo”.

All’Amministrazione procedente, però, secondo il Consiglio di stato, resta comunque la possibilità di adottare i provvedimenti di ritiro ex artt. 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241/1990, laddove ne ricorrano i presupposti.

  1. Conclusioni

Le sentenze in commento si muovono nel solco della giurisprudenza amministrativa consolidata. La novità risiede nella attenzione che in entrambe le pronunce il Collegio pone nel ripercorrere i propri precedenti, offrendo una panoramica (quasi) completa della disciplina in materia, anche oltre quanto necessario alla risoluzione dei singoli casi.

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RGA Online_Gennaio 2023_CdS_8341_8259_2022_

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CdS_8259_2022

CdS_8341_2022

NOTE:

[i] Il Codice delle Comunicazioni Elettroniche è stato recentemente novellato ad opera del D. Lgs. n. 207/2021 di attuazione della direttiva (UE) 2018/1972 dell’11 dicembre 2018, che ha istituito il codice europeo delle comunicazioni elettroniche.

[ii] Cfr.: Consiglio di Stato, sez. VI, n. n. 5629/2022; id. n. 3891/2017 e Corte Costituzionale, n. 331/2003.

[iii] In particolare, il Consiglio di Stato richiama, tra le tante, la sentenza Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 6140/2021.

[iv] E prosegue “nel rispetto dei limiti anzidetti, la scelta urbanistica di localizzazione degli impianti costituisce espressione di ampia discrezionalità, sindacabile in caso di irragionevolezza e insostenibilità tecnica ed economica”.

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