Illegittimità costituzionale del piano di adeguamento della gestione integrata dei rifiuti adottato tramite legge regionale

03 Giu 2019 | giurisprudenza, corte costituzionale

di Linda Gavoni 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 febbraio 2019 n. 28 Pres. Lattanzi, Red. Barbera – Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato Guida) c. Regione Abruzzo (avv. Valeri). 

Stante la competenza esclusiva dello Stato sulla materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (cui afferisce la disciplina dei rifiuti) e la conseguente “riserva di amministrazione” posta dal legislatore nazionale a presidio degli interessi ambientali coinvolti nelle politiche di gestione dei rifiuti nel territorio, l’adozione e l’adeguamento dei Piani Regionali di Gestione Integrata dei Rifiuti (PRGR) deve avvenire nella forma prescritta dal legislatore nazionale, vale a dire mediante atto amministrativo, al termine di una procedura imparziale in grado di bilanciare nel modo più adeguato ed efficace possibile i vari interessi in gioco.

Una recente pronuncia della Corte Costituzionale ha riportato nuovamente alla ribalta l’annoso e controverso tema della gestione dei rifiuti, ribadendo non solo la riconducibilità di tale disciplina alla materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (di competenza esclusiva statale), ma soprattutto la necessità per le Regioni di provvedere all’adeguamento dei Piani regionali di gestione integrata dei Rifiuti (PRGR) nella forma prescritta dal legislatore nazionale, vale a dire mediante atto amministrativo di pianificazione.

Più specificamente, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Abruzzo 23 gennaio 2018, n. 5 recante “Norme a sostegno dell’economia circolare – Adeguamento Piano Regionale di Gestione Integrata dei Rifiuti (PRGR)” nonché degli Allegati a tale legge costituenti l’adeguamento del piano regionale di gestione integrata dei rifiuti, per violazione dell’art. 117, comma II, lett. s), della Costituzione e del principio generale di “primarietà dell’ambiente” [1].

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato la disposizione normativa suindicata nel marzo 2018 deducendo la violazione dell’art. 117, comma II, lett. s), Cost., dal momento che la Regione – intervenendo su una materia rientrante nel novero della legislazione esclusiva statale – ha provveduto ad adeguare il piano regionale di gestione integrata dei rifiuti facendo ricorso ad una legge anziché ad un atto amministrativo, violando così la “riserva di amministrazione” prevista dall’art. 199 del D.lgs. 152/2006 [2] a presidio degli interessi ambientali coinvolti nelle politiche di gestione dei rifiuti nel territorio. I rimanenti profili di censura riguardavano invece i contenuti del piano regionale di gestione integrata dei rifiuti adottato mediante la legge impugnata, ponendosi pertanto in subordine rispetto alla questione dirimente della forma dell’intervento regionale mediante cui si è provveduto ad adeguare il piano regionale di gestione integrata dei rifiuti [3].

La Consulta ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale circa l’ascrivibilità della disciplina dei rifiuti alla materia della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” la quale è riservata, ex art. 117, comma II, lett. s) Cost., alla competenza esclusiva dello Stato [4]. Da ciò ne consegue che, relativamente a tale materia, lo Stato non solo conserva il potere di dettare livelli minimi di tutela uniformi validi sull’intero territorio nazionale e non derogabili dalle Regioni, ma risulta altresì pienamente legittimato a imporre che la funzione amministrativa regionale venga esercitata facendo ricorso esclusivo ad atti amministrativi, vietando quindi di provvedere mediante legge regionale. Questo in quanto nelle materie di competenza esclusiva statale “per quanto la funzione amministrativa debba essere allocata al livello di governo reputato idoneo ai sensi dell’art. 118 Cost., il compito sia di individuare questo livello, sia di disciplinare forma e contenuto della funzione, non può che spettare al legislatore statale” [5].

Stante la riconducibilità della disciplina dei rifiuti nel novero delle materie di competenza esclusiva statale, la Consulta si è soffermata sull’interpretazione da darsi all’art. 199 D.lgs. n. 152/2006 richiamato dalla Presidenza del Consiglio come parametro interposto violato dalla legge regionale impugnata, statuendo che la disposizione contenuta nel Codice dell’Ambiente debba intendersi a tutti gli effetti come prescrittiva di un atto amministrativo di pianificazione.

Secondo la Corte infatti quando il legislatore statale prescrive l’adozione di uno specifico iter procedurale, caratterizzato tanto dalla partecipazione degli interessati quanto dall’acquisizione di pareri tecnici, è pacifico che egli “abbia inteso realizzare un procedimento amministrativo, al termine del quale la Regione è tenuta a provvedere nella forma che naturalmente ne consegue” [6], vale a dire facendo ricorso a un atto amministrativo e non a una legge-provvedimento.

Ebbene, secondo il Giudice delle leggi il caso di specie rientra chiaramente nell’ipotesi astratta di cui sopra: il disposto di cui all’art. 199 D.lgs. n. 152/2006 – subordinando l’approvazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti all’applicazione della procedura in materia di VAS – non può infatti che intendersi come prescrittivo di un atto amministrativo, anche perché del resto solo mediante il ricorso a tale fonte è possibile assicurare “le garanzie procedimentali per un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco, da soddisfare anche attraverso l’acquisizione di pareri tecnici”, la necessaria partecipazione del pubblico e degli interessati nonché l’indicazione delle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione della Regione, a garanzia della piena e totale imparzialità della scelta attuata [7].

Provvedendo con legge, anziché con atto amministrativo, all’adeguamento del piano regionale di gestione integrata dei rifiuti, la Regione ha di fatto omesso “di dar corso all’adeguata valutazione dei diversi interessi coinvolti nella materia così come previsto dal legislatore statale, e perciò derogando ad una previsione finalizzata alla tutela dell’ambiente”, aspetto questo che avvalla incontrovertibilmente la sussistenza del vizio di legittimità costituzionale denunciato dal ricorrente.

Per il testo della sentenza della Corte Costituzionale n. 28 del 28 febbraio 2019 (estratto dal sito istituzionale della Corte Costituzionale) cliccare sul PDF allegato Gavoni_Corte Cost. sent. 28-2019

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Gavoni_RGA2_giugno2019

[1] Il testo della legge regionale 23 gennaio 2018, n. 5 è consultabile al seguente indirizzo: http://www2.consiglio.regione.abruzzo.it/leggi_tv/abruzzo_lr/2018/lr18005/Intero.asp

[2] L’art. 199, comma I, D.lgs. n. 152/2006 prevede che “per l’approvazione dei piani regionali si applica la procedura di cui alla parte II del presente decreto in materia di VAS”. A detta del ricorrente, la disposizione in esame è da intendersi come prescrittiva di un atto amministrativo di pianificazione. La ratio sottesa a tale “riserva di amministrazione” sarebbe da rinvenirsi in una maggiore garanzia procedimentale a tutela dell’interesse primario coinvolto, vale a dire la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

[3] Più specificamente, con la seconda censura il ricorrente ha contestato la modifica del fabbisogno di incenerimento e della capacità di smaltimento rifiuti attuata a suo giudizio dalla Regione in assenza dei presupposti e delle necessità legittimanti fissati dal d.P.C.m. 10 agosto 2016 (decreto attuativo dell’art. 35, comma I, d.l. 12 settembre 2014, n. 133 convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 2014, n. 164). Con la terza censura il ricorrente ha invece voluto evidenziare l’alterazione della “gerarchia dei rifiuti” messa in atto dalla Regione, dal momento che quest’ultima – prevedendo un ingente ricorso allo smaltimento in discarica – avrebbe di fatto ribaltato i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti fissati dal legislatore statale nell’art.  179, comma V, D.lgs. 152/2006.
Sempre in merito alla “gerarchia dei rifiuti” e ai criteri di priorità nella loro gestione – tra i quali è incluso l’incenerimento con recupero energetico – giova ricordare che il Ministero dell’Ambiente ha recentemente impugnato la legge regionale Marche n. 22/2018 sui rifiuti per profili di incostituzionalità in parte analoghi a quelli della legge regionale Abruzzo n. 5/2018: la legge marchigiana – vietando la combustione dei rifiuti e dei loro derivati sull’intero territorio regionale e impedendo in tal modo la costruzione di inceneritori – violerebbe di fatto anch’essa l’art. 117, comma II, lett. s), Cost., ledendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di gestione dei rifiuti. Sul punto, cfr. https://www.minambiente.it/comunicati/rifiuti-legge-marche-ha-profili-di-incostituzionalita-doveroso-impugnarla e http://www.anconatoday.it/politica/ministro-legge-inceneritori-marche.html

[4] Sulla riconducibilità della disciplina dei rifiuti alla materia della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” e quindi al novero delle materie di competenza esclusiva statale esiste un’amplissima giurisprudenza costituzionale e amministrativa: vedasi in tal senso, senza alcuna pretesa di esaustività, Corte Cost., sentenza n. 244/2016; T.A.R. Napoli n. 5298/2017 e Cons. Stato n. 3146/2017. Anche la dottrina si è occupata a più riprese del tema: sul punto si segnalano tra gli altri F. VANETTI, Limiti alla potestà legislativa regionale in materia di smaltimento di rifiuti, in Rivista Giuridica dell’Ambiente, fasc. 3-4, 2014, pag. 345 e G. MASTRODONATO, La prevalenza statale e il ruolo regionale nella giurisprudenza sulla tutela dell’ambiente, in Foro Amm. CDS, fasc. 6, 2011, pag. 1817.

[5] Così (e più dettagliatamente) sentenza Corte Cost. n. 20/2012.

[6] Così sentenza Corte Cost. n. 310/2012.

[7] Così sentenza Corte Cost. n. 174/2017. Sul punto vedasi anche sentenza Corte Cost. n. 139/2017.