di Luca Prati
Consiglio di Stato, sezione IV, 8 febbraio 2021, n. 1166 – Pres. Maruotti, Est. Verrico, Sig.ri C.T., A.P., C.C., M.C., R.M., S.T., M.M., A.T., L.T., M.F.E., F.T., P.C., A.E., G.A., M.C., R.S., M.R.R., V.A., G.A. e A.R. (Avv.ti Del Gaiso e Zipparro) c. Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (Avvocatura Generale dello Stato), Regione Campania (Avv. Angelo Marzocchella), Comune di Mariglianella (Avv. Antonio Sposito), Asl Napoli 3 Sud (non costituito in giudizio), A.R.P.A.C. (Avv. Lucia Ruggiero) e Città Metropolitana di Napoli (Avv.ti Giuseppe Cristiano e Massimo Maurizio Marsico)
La domanda risarcitoria volta a riconoscere la responsabilità delle Amministrazioni per illecito aquiliano ex art. 2043 c.c. si distingue nettamente dall’azione prevista dagli artt. 309 e seguenti del d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto quest’ultima, che può essere attivata su impulso di regioni, province autonome, enti locali, persone fisiche o giuridiche, nonché organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente, è finalizzata a tutelare il valore “ambiente” che costituisce l’oggetto di uno specifico interesse pubblico rispetto a casi di danno o anche di semplice minaccia di danno ambientale.
La vicenda giudiziaria si segnala anzitutto in quanto il giudice di primo grado ha ritenuto sussistente la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133 del c.p.a. (d.lgs. n. 104/2010), sulla base della considerazione che il ricorso avesse ad oggetto sia la mancata adozione di provvedimenti amministrativi da parte delle competenti autorità (gravi omissioni in materia di bonifica del territorio, per la presenza di rifiuti speciali non rimossi), sia di comportamenti materiali tenuti nella gestione del servizio di raccolta di rifiuti speciali.
Come noto, il ricorso avverso il silenzio (artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo) si connota come processo di accertamento della violazione dell’obbligo dell’amministrazione a provvedere, derivante da una norma di legge, di regolamento o da un atto amministrativo, ovvero anche dai principi informatori dell’azione amministrativa, quando, in particolari fattispecie, ragioni di giustizia e di equità impongano comunque l’adozione di un provvedimento.
Il riconoscimento della giurisdizione del giudice amministrativo non è tuttavia sempre scontato quando il privato si dolga di un’omissione che non sia solo procedimentale, ma anche volta a ottenere un comportamento materiale ad esso connesso e consequenziale, quale appunto l’attuazione di un intervento di bonifica in danno dei soggetti inadempienti.
In casi analoghi è stato infatti affermato che “L’inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un “facere”, giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell’amministrazione” (Cass. civ., Sez. III, Ord. 04/04/2019, n. 9318).
Ci si limita qui a osservare come sarebbe fortemente auspicabile che, una volta riconosciuta l’ammissibilità delle azioni di condanna provvedimentale quale presupposto per la realizzazione di una giurisdizione sul rapporto, venissero consequenzialmente applicati tali principi in tutti i casi aventi ad oggetto interessi pretensivi, ammettendosi anche la condanna dell’Amministrazione ad un facere specifico, funzionale a un sistema di giurisdizione piena.
La sentenza in commento si esprime altresì nuovamente sul regime di responsabilità da danno ambientale introdotto con il Testo Unico del 2006.
È noto che il legislatore, all’art. 311, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006 ha individuato chiaramente l’unico titolare delle azioni di risarcimento del danno nello Stato, attribuendo la legittimazione ad agire solo ed esclusivamente al Ministro dell’ambiente, con il patrocinio obbligatorio e organico dell’Avvocatura dello Stato.
Tuttavia, ai sensi del comma 1 dell’art. 309 del codice le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che “sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all’adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla Parte VI del decreto n. 152/2006” possono presentare al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, depositandole presso le Prefetture, denunce e osservazioni, corredate da documenti e informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l’intervento statale a tutela dell’ambiente
L’art. 309 prevede altresì che il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio valuti le richieste di intervento e le osservazioni ad esse allegate afferenti casi di danno o di minaccia di danno ambientale, e quindi provveda a “informare senza dilazione i soggetti richiedenti dei provvedimenti assunti al riguardo”.
Il potere di denuncia attribuito dall’art. 309 tenta evidentemente di compensare la sottrazione della legittimazione ad agire che il codice dell’ambiente ha operato nei confronti degli enti territoriali.
Nella propria decisione il Consiglio di Stato ribadisce che la forma di responsabilità ex art. 2043 c.c. si distingue nettamente dall’azione prevista dagli artt. 309 e seguenti del d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto finalizzata a tutelare il valore “ambiente” che costituisce l’oggetto di uno specifico interesse pubblico rispetto a casi di danno o minaccia di danno ambientale.
In tal caso, quindi, a differenza di quanto avviene nella domanda di risarcimento per fatto illecito ex art. 2043 c.c., volta a ristorare l’interesse particolare di un soggetto per il danno cagionato alla propria sfera patrimoniale, il bene della vita tutelato in via diretta dal legislatore del decreto legislativo n. 152 del 2006 è l’interesse alla tutela ambientale posto in capo al Ministero dell’ambiente che, su sollecitazione dei soggetti sopra indicati, adotta le necessarie misure di precauzione, prevenzione e contenimento del danno, ferma la possibilità per i soggetti pubblici e privati sopra indicati di agire ai sensi dell’art. 310 del d.lgs. n. 152 del 2006 secondo i principi generali, per l’annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 152/2006, nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell’ambiente, oltre che per il conseguente risarcimento del danno da ritardo provvedimentale.
La Cassazione ha anche chiarito che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 310 del d.lgs. n. 152 del 2006, le controversie derivanti dall’impugnazione, da parte dei soggetti titolari di un interesse alla tutela ambientale, dei provvedimenti amministrativi adottati dal Ministero dell’ambiente per la precauzione, la prevenzione e il ripristino ambientale, restando invece ferma la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alle cause risarcitorie o inibitorie promosse da soggetti ai quali il fatto produttivo di danno ambientale abbia cagionato un pregiudizio alla salute o alla proprietà, secondo quanto previsto dall’art. 313, comma 7, dello stesso decreto legislativo (Cass. civ., Sez. Unite, Ord. 23/04/2020, n. 8092).
Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa).
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