Il Consiglio di Stato dice no alla Vinca postuma

27 Lug 2021 | giurisprudenza, amministrativo, in evidenza 1

di Paola Brambilla

CONSIGLIO DI STATO, Sez. II – 28 maggio 2021, n. 4135– Pres. Scandemberg, Est. Volpe – J. s.r.l. e S.I.I.i.f. s.a.s. (avv.ti Cocchi e Corbyons) c. Città Metropolitana di Genova (Avv.ti Pafundi e Scaglia).

Il Consiglio di Stato, confermando la legittimità dell’annullamento in autotutela di permessi di costruire rilasciati in siti di Rete Natura 2000 senza valutazione di incidenza, afferma inequivocabilmente che la VINCA è requisito di validità e non di efficacia, insuscettibile di venire sanato ex post o di venir temperato da affidamenti di sorta sul rilascio di titoli conseguiti illegittimamente all’esito di procedure non partecipate dal pubblico.

La sentenza in commento è destinata a lasciare il segno, perché stravolge quello che sinora era un assunto tranquillizzante e quasi scontato, ovvero che anche la valutazione di incidenza, come la valutazione di impatto ambientale, potesse essere conseguita ex post, sanando titoli e interventi illegittimi perché in carenza di previa VINCA.

La fattispecie che ha dato il via al ricorso è delle più ricorrenti: nel quadro della carente trasposizione nazionale della direttiva europea Habitat 92/43/CEE, operata con il D.P.R. 357/97, spesso regioni ed enti locali hanno consentito la realizzazione di interventi anche all’interno dei siti di Rete Natura 2000 protetti a livello unionale – SIC, ZPS o ZSC – senza operare la previa valutazione di incidenza che la normativa prescrive.

Premesso che la VINCA si applica sia a piani e programmi che a progetti, è evidente che la sua omessa applicazione alla pianificazione generalmente crea meno problemi che nel secondo caso, perché normalmente i piani, di per sé, non bastano a modificare lo stato dei luoghi, ma costituiscono una cornice di riferimento per successivi progetti e interventi che devono anch’essi essere sottoposti a VINCA; ciò quanto meno per gli aspetti non trattati adeguatamente o in modo completo, a scala di maggior dettaglio, dal piano medesimo.

Non va inoltre taciuto il fatto che la valutazione di incidenza deve essere svolta non solo quando l’intervento progettato si trova all’interno del sito protetto, ma anche quando, pur localizzato all’esterno del sito, sia nondimeno in grado di arrecare una incidenza sulla conservazione delle specie e habitat che esso racchiude, e per la cui tutela il sito è stato appunto riconosciuto, classificato, ed elevato a questa protezione di rango sovranazionale.

Ora, la carente trasposizione e applicazione della normativa unionale in Italia ha dato vita a molteplici e fitti conteziosi e a plurime procedure di infrazione, a cui da ultimo lo Stato ha posto rimedio approvando con intesa tra Stato Regioni e Province autonome, nell’autunno del 2019, le Linee Guida nazionali per la valutazione di incidenza, uno strumento che ricapitola e traccia le corrette procedure dell’istituto[i]. Le linee guida dettagliano le fasi dello screening, e quelle successive sino alla valutazione appropriata, nonché enucleano i contenuti delle misure di mitigazione e compensazione, che sono ben differenti tra loro in quanto le ultime vengono in gioco solo quando la valutazione è negativa e allora un meccanismo puntuale di dialogo con la Commissione UE consente, per motivi imperativi di natura pubblicistica di particolare importanza, che si proceda ugualmente all’intervento, dettando però appunto le misure di compensazione necessarie.

Se dunque ora pare assicurata una maggiore attenzione a questa specifica valutazione ambientale, sino a poco fa la VINCA è stata spesso omessa, il che ha generato nutriti contenziosi da un lato, dall’altro l’adozione di provvedimenti di annullamento in autotutela da parte delle amministrazioni competenti.

In questi casi si è discusso pertanto della possibilità di dar vita ad una VINCA postuma, analogamente a quanto soccorre in tema di VIA, sulla scorta di un “la” giurisprudenziale, lanciato dalla Corte di Giustizia UE, seguito a breve dalla codificazione dell’istituto della VIA postuma ad opera dell’art. 29 del D.lgs. 152/06[ii].

Ebbene, sino a poco fa il Consiglio di Stato, sia pure in altra sezione e composizione, in queste fattispecie aveva mostrato di ritenere possibile l’esperimento di una valutazione di incidenza postuma, sebbene appunto non positivizzata a livello normativo, sulla scorta della considerazione che “il fondamentale principio affermato da tali sentenze rese in materia di VIA, secondo cui il diritto dell’Unione non osta, qualora un progetto non sia stato sottoposto alla verifica preliminare dell’assoggettabilità a VIA, a che tale progetto, anche dopo la sua realizzazione, sia oggetto di una verifica delle autorità competenti per determinare se esso debba essere sottoposto o meno a VIA, è pienamente applicabile anche alla VINCA, di cui è causa, appartenendo entrambe al medesimo genus”[iii].

La pronuncia è stata seguita a ruota dai TAR, che vi hanno intravisto una consapevole applicazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza anch’essi di matrice europea, i quali richiedono che la restaurazione della legalità debba avvenire attraverso la misura, che a parità di tutela dell’interesse pubblico, risulti meno pregiudizievole per il privato; in tal senso, ad esempio, si registrano TAR Toscana n. 156/2018, nonché TAR Basilicata n. 601/2019[iv].

Nella stessa direzione si è mosso anche il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, che in uno di questi casi ha bocciato l’autotutela messa in campo dall’ente locale per assicurare il primato della normativa europea (erano state pretermesse VAS e VINCA) valorizzando il principio del legittimo affidamento, anche per la presenza di un dubbio sulla circostanza che le aree oggetto del gravame fossero ricomprese in una ZPS ovvero nelle sue immediate vicinanze: “l’Amm.ne è comunque responsabile della lesione del legittimo affidamento in ordine alla stabilità del titolo edilizio ingenerato dal rilascio del permesso di costruire, e deve effettuare un adeguato bilanciamento fra gli interessi pubblici e quelli privati coinvolti”; così CGA Sicilia n. 1021/2020.

Ad oggi si sono registrate, infine, altre vicende con esito contenzioso in cui le stesse Regioni, viceversa, pur avendo professato ferma adesione al dogma del divieto di una VINCA postuma, hanno dato corso a uno screening postumo sulle autorizzazioni da rilasciare in sanatoria incidenti su Rete Natura 2000: così TAR Puglia n. 61/2021.

La sentenza in esame rappresenta quindi un vero e proprio inatteso revirement nel panorama appena tracciato. Senza mostrare traccia alcuna di ogni consapevolezza di questa inversione di marcia, il collegio esclude che si possa procedere a valutazione di incidenza postuma, con motivazioni articolate e decise.

Il primo è che la VINCA non è una semplice condizione di efficacia del titolo abilitativo all’intervento, ma una condizione per la sua validità, cosicché non è affatto possibile che l’edificazione possa venir autorizzata sotto il profilo edilizio e paesaggistico in attesa del suo rilascio, eventualmente in via postuma: i titoli eventualmente conseguiti in difetto di VINCA sono dunque invalidi, illegittimi, perché la VINCA è e deve essere parte integrante del procedimento amministrativo che autorizza l’intervento.

In secondo luogo il Consiglio di Stato accentua il fatto, ben evidenziato ora dalle Linee Guida, che la VINCA deve essere trasparente, aperta alle osservazioni del pubblico e partecipata, secondo un format la cui tipicità inderogabile assurge a presidio del giusto procedimento ambientale, il cui spirito e la ratio sarebbero traditi da una sistemazione ex post.

Questi assunti sono direttamente radicati nell’art. 6 paragrafo 3 della Direttiva habitat, per cui “le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica”; la norma viene parafrasata passo passo dalla sentenza in commento, che ne chiarisce l’operatività, evidenziando che queste autorità sono da identificarsi tanto nel Comune, che rilascia il permesso di costruire, quanto nella Soprintendenza che deve rendere il parere di compatibilità paesaggistica; entrambi devono attendere il semaforo verde dalla previa valutazione di incidenza.

Un terz’ordine di ragioni a supporto della decisione poggia sul riscontro della radicale assenza di un dato normativo che consenta di superare l’assenza di VINCA a posteriori, perché l’inversione temporale tra atti di assenso edilizio e valutazione di incidenza non conosce né a livello sovranazionale, né interno alcuna possibilità di valutazione di incidenza postuma, diversamente da quanto accade per la VIA; sicché le amministrazioni non possono, per il Consiglio di Stato, imboccare una strada non contemplata sul piano delle fonti.

La pronuncia anzi, stigmatizzando questo percorso quale inammissibile e irrilevante, ha cura di accentuare l’effetto generalpreventivo della disciplina della valutazione di incidenza, generato proprio dalla previsione della natura prioritaria inderogabile della VINCA rispetto all’approvazione del piano o del progetto, combinata con l’impossibilità di convalide ex post; meccanismi coerenti con il valore della conservazione, che postulerebbero controlli efficienti ed efficaci, i soli a poter prevenire che si operino trasformazioni degli habitat protetti senza valutazione di incidenza.

Ora, stante la portata innovativa e dirompente della sentenza, sarebbe necessario o quanto meno opportuno che la questione venga devoluta all’Adunanza Plenaria, per assicurare uniformità di vedute tra i giudici, come pure che sia fatta oggetto di un rinvio alla Corte di Giustizia, per fornire un’interpretazione coerente e cogente dell’istituto, nel senso di chiarire se questa singolare normativa europea osti o meno alla configurazione di una VINCA postuma.

L’unico spiraglio per ora offerto da quest’ultimo arresto, sia pure solo in linea teorica, riguarda il caso in cui ricorrano le condizioni previste dall’art. 6 paragrafo 4 della direttiva, ovvero di interventi sorretti da “motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica”. In detto ultimo frangente, invero, quando nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato, la direttiva prevede un iter dialogico tra Stato e istituzioni europee per l’assunzione di misure compensative, volte a garantire che gli interventi progettati mantengano comunque la coerenza globale di Natura 2000.

Ça va sans dire che non è però certo il caso di un manufatto edilizio privato, come ha ben cura di chiarire ad ogni modo la pronuncia in commento.

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vinca postuma Brambilla

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Consiglio di Stato 4135-2021

Note

[i] Le Linee Guida Nazionali per la Valutazione di Incidenza (VIncA) – Direttiva 92/43/CEE “HABITAT” articolo 6, paragrafi 3 e 4 sono state adottate con Intesa del 28.11.2019 (Rep. atti n. 195/CSR 28.11.2019), ai sensi ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 303 del 28.12.2019  (19A07968) (GU Serie Generale n.303 del 28-12-2019).

 [ii] Corte di Giustizia UE, 26 luglio 2017, cause riunite C-196/16 e C-197/16, nonché 28 febbraio 2018, causa C-117/17, in www.curia.europa.eu

[iii]  Consiglio di Stato, sez. III, n. 6240/2018.

[iv] Si veda La valutazione di incidenza ambientale postuma: riflessi estensivi della recente giurisprudenza comunitaria sulla VIA, di Federico Vanetti e Carla Piccitto, RGAonline, n. 7 novembre 2019, rgaonline.sviluppo.host

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