I rifiuti prodotti dall’impresa fallita e la responsabilità della Curatela #2

02 Giu 2023 | giurisprudenza, amministrativo

di Carlo Luca Coppini

Cons. Stato Sez. IV – 02.03.2023, n. 2208 –  Pres. V. Poli, Est. F. Gambato Spisani – Comune di Rende (con l’Avv. G. Leporace) c. Fallimento L s.r.l.  (con gli Avv.ti P. Adriano e M. Contaldi)

L’onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 192 del d.lgs 3 aprile 2006, n. 152, prodotti della Società fallita all’interno dell’area di cui disponeva per l’esercizio dell’attività ricade sulla curatela fallimentare e i relativi costi gravano sulla massa fallimentare

Il giudizio d’appello intrapreso dall’amministrazione comunale riguarda la decisione resa dal giudice di primo grado, che aveva accolto il ricorso presentato dalla società ancora in bonis annullando l’ordinanza contingibile e urgente di rimozione dei rifiuti prodotti nel corso dello svolgimento della attività all’interno della propria area.

Al termine del processo lavorativo dell’attività svolta dall’impresa, infatti, venivano prodotti rifiuti liquidi e scarti di lavorazione per la cui eliminazione era stato presentato e respinto  un progetto di bonifica dei tre bacini artificiali di proprietà della società ricorrente. L’amministrazione a fronte del pericolo alla salute causato dagli incendi sotterranei e dalle conseguenti esalazioni di fumi “acri e maleodoranti”, aveva adottato apposita ordinanza contingibile e urgente ai sensi degli arti, 50 e 54 del d.lgs 267/2000, e disposto l’immediata rimozione di tutti i rifiuti depositati nei suddetti bacini al fine di ottenere l’arresto degli incendi da cui promanavano le moleste esalazioni.

Nelle more del giudizio avviato per chiedere e ottenere l’annullamento della suddetta ordinanza, tuttavia, la società ricorrente veniva dichiarata fallita e l’appello radicato dall’amministrazione comunale per ottenere la riforma della sentenza impugnata veniva notificato alla relativa curatela.

L’elemento di maggior rilievo nella specie, che riveste un carattere essenziale dal punto di vista sostanziale e processuale, è lo scrutinio sulla fondatezza della preliminare eccezione dell’ammissibilità del ricorso che la curatela del fallimento prospettava per sentire dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione a fronte del difetto della propria legittimazione passiva, sull’indefettibile presupposto della carenza assoluta di qualsivoglia obbligo di ottemperanza all’ordinanza contingibile e urgente di rimozione dei rifiuti prodotti dalla società fallita e depositati nell’area di  sua proprietà.

Tale eccezione è stata esaminata in via preliminare dal Consiglio di Stato ed è stata respinta. Con un   preciso ragionamento, infatti, il Consiglio di Stato ha dimostrato di voler eliminare, una volta per tutte, la ragione di equivoci giuridici sull’indefettibile presupposto di dover definitivamente escludere di dispensare la Curatela dal divieto di lasciare abbandonati i rifiuti sull’area di proprietà dell’impresa fallita (cessata), di cui conserva la detenzione.

Implicitamente, il rigetto di tale eccezione nasce da un indubbio e implicito richiamo alla disciplina comunitaria contenuta nell’art. 14 della Direttiva 2008/98/CE, secondo cui: “..omissis…i costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale, o dai detentori del momento, o dai detentori precedenti dei rifiuti, ciò che costituisce un’applicazione del principio “chi inquina paga” ai sensi del considerando n° 1 della medesima Direttiva.

Nel caso di specie, è risultato inconfutabile e certo che la impresa in bonis deve considerarsi il produttore dei rifiuti e, quindi, il soggetto obbligato a rimuoverli, il Fallimento che gli è succeduto risulterebbe averne la detenzione e/o il possesso con la conseguente successione nell’obbligazione comunitaria e ciò indipendentemente dalla custodia della stessa area, sottoposta a sequestro, affidata all’amministrazione comunale.

A tale ultimo riguardo, infatti, il Consiglio di Stato ha correttamente osservato che: “..omissis.. l’essere stati successivamente nominati custodi di un’area occupata da rifiuti abbandonati (in precedenza) non trasferisce al custode stesso non responsabile dell’abbandono gli obblighi di provvedere alla rimozione degli stessi”[i].

La piena presa di coscienza che gli obblighi di rimozione e smaltimento dei rifiuti debbano trasferirsi alla curatela del Fallimento, soprattutto allorquando l’attività da cui discende la relativa produzione è stata svolta all’interno della proprietà della società fallita, deriva da un espresso richiamo ai principi espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella propria sentenza n. 3/2021, secondo cui: “l’onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 192 del d.lgs 152/2006 ricade sulla curatela fallimentare e i relativi costi gravano sulla massa fallimentare”.

La sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 3/2021 rappresenta sicuramente una chiave di lettura stabilizzante e contribuisce a eliminare dalla scena tutte le interpretazioni che escludevano a priori la curatela fallimentare dall’obbligo di rimozione dei rifiuti visto che, una volta per tutte, è stato affermato che: “la responsabilità alla rimozione è connessa alla qualifica di detentore acquisita dal curatore fallimentare non in riferimento ai rifiuti ma in virtù della detenzione del bene immobile inquinato (normalmente un fondo già di proprietà dell’imprenditore) su cui i rifiuti insistono e che, per esigenze di tutela ambientale e di rispetto della normativa nazionale e comunitaria, devono essere smaltiti”.

Come noto, per giungere a tale conclusione, l’Adunanza plenaria muove dalla considerazione che il curatore, tramite l’inventario dei beni dell’impresa medesima ex artt. 87 e ss. L. fall., diviene detentore del sito ove sono collocati i rifiuti e, conseguentemente, detentore anche di questi ultimi: dalla mera detenzione dei beni, dunque, discende l’onere di bonifica e di ripristino[ii].

Dopo la decisione in commento, quindi, nessuno potrà più meravigliarsi di fronte alla legittimità dell’ordinanza assunta a carico della curatela del fallimento per rimozione dei rifiuti abbandonati nell’area di proprietà dell’impresa fallita ricompresa nell’inventario dei beni del fallito ex art. 87 della Legge fallimentare.

Il maggiore dubbio, viceversa, sorge allorquando l’area dove sono collocati i rifiuti non rientra nella disponibilità né è di proprietà della società fallita tanto da poter essere inserita nell’inventario di beni del fallito ex art. 87 e seguenti della Legge fallimentare.

Sulla base di quanto sopra osservato, pertanto, è da escludere che il curatore possa ritenersi obbligato a subire le conseguenze dell’ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati in un’area che non ha inserito nell’inventario dei beni del fallito e ciò proprio in coerenza con la prospettiva espressa dall’Adunanza plenaria nella propria decisione 3/2021. Secondo tale recente orientamento, quindi, il presupposto per l’imputazione della responsabilità in capo alla Curatela fallimentare non è e non sarà più costituito dalla “detenzione dei rifiuti” ma unicamente dalla “detenzione dell’area su cui insistono i rifiuti” in quanto inserita nell’inventario dei beni del fallito.

Qualunque motivazione diversa assunta a presupposto di future ordinanze “ripristinatorie”, pertanto, risulterebbe porsi in pieno contrasto con l’esauriente interpretazione fornita dalla decisione in commento che, infatti, sancisce i limiti dell’estraneità della Curatela agli obblighi di smaltimento.

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Consiglio di Stato, Sez. IV, 2 marzo 2023, sentenza n 2208

NOTE:

[i] Sull’argomento della custodia del sito contaminato affidata al proprietario incolpevole, cfr. A.L. De Cesaris, Il Codice dell’Ambiente, Giuffrè, 2022, pag. 1309; F. Vanetti e M.E. Alotto, “Responsabilità del proprietario incolpevole e obbligo di custodia”, in Rivista Giuridica dell’Ambiente, Giuffrè Editore, 2013, pagg.  453 e ss.

[ii] In tema di onere della curatela fallimentare, si veda A. Geremei, Abbandono rifiuti, curatore fallimentare obbligato a rimozione e ripristino”, in Reteambiente.it, 27 gennaio 2021; F.C. Tedeschi, Adunanza Plenaria: ricade sul curatore fallimentare l’onere di ripristino e smaltimento dei rifiuti ai sensi dell’art. 192 del d.lgs 152/2006, in Diritto Amministrativo.it, Anno XIII, n. 5/2021.