Ridondanze necessarie e ridondanze dannose per la tutela ambientale (e un formaggio svizzero)

02 Giu 2023 | articoli, contributi

di Luciano Butti

Ridondanza. Secondo il Dizionario Treccani denota in generale “sovrabbondanza, copia eccessiva”. Nel linguaggio tecnico indica la “caratteristica posseduta da un impianto o da una apparecchiatura in cui, per aumentare l’affidabilità, si sono disposti più elementi in grado di svolgere una medesima funzione”. Grazie a questo, un guasto in un elemento non provoca il cattivo funzionamento dell’impianto o dell’apparecchiatura perché la particolare funzione può essere svolta da un altro elemento.

Nel campo della tutela ambientale – come in quello della sicurezza sul lavoro – la ridondanza ha una storia e una funzione importante per aumentare l’affidabilità dei sistemi. Così, ad esempio, in un impianto di abbattimento delle emissioni l’allarme che segnala dati anomali di acidità (Ph) nella vasca di lavaggio non è soltanto visivo o soltanto acustico, ma (quanto meno) sia visivo che acustico. Se uno dei due allarmi non funziona, funziona l’altro. E magari l’alimentazione della rete è assistita (in ridondanza) anche da un gruppo di continuità o batteria di supporto.

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Il filosofo James T. Reason[i] ha elaborato un modello grafico per spiegare tutto questo, il modello del formaggio svizzero, un formaggio a strati, notoriamente pieno di buchi. Ciascun buco indica un elemento pericoloso (errore umano, guasto tecnico, formazione o manutenzione inadeguata, ecc.). E ciascuno strato del formaggio è quindi molto imperfetto. La sovrapposizione degli strati, quindi la ridondanza dei sistemi tecnici di sicurezza, rende molto più improbabile il verificarsi dell’incidente. Esso può infatti avvenire solo quando, nei diversi strati sovrapposti di formaggio, i buchi, cioè le imperfezioni, coincidono e si apre pertanto una falla ingestibile nella sicurezza del sistema.

Da quanto sinteticamente descritto si comprende l’estrema importanza di (appropriati) sistemi tecnici di ridondanza per ridurre radicalmente il rischio di incidenti ambientali (e di sicurezza) nella vita aziendale. Naturalmente, il numero degli strati di formaggio (cioè delle ridondanze tecniche) non può essere infinito, per ragioni di sostenibilità economica, ma anche e soprattutto di fattibilità tecnica e operativa. La gestione del rischio è l’importante disciplina che, per semplificare, definisce il numero e la posizione degli strati di formaggio.

Nella nostra regolamentazione giuridica della materia ambientale, tuttavia, forme di ridondanza vengono spesso applicate, talora in modo improprio e dannoso, anche in ambiti diversi da quello del funzionamento dei sistemi tecnici di sicurezza e protezione ambientale.

Un primo esempio è fornito da molte procedure di autorizzazione ambientale. Si è infatti diffusa, all’interno della galassia burocratica centrale e locale, l’abitudine di affrontare il rischio ambientale appesantendo le procedure, a prescindere da una valutazione in concreto circa a loro utilità specifica. Gli esempi potrebbero essere molto numerosi. L’ultimo, solo in ordine di tempo, rimanda al Dm 26 gennaio 2023 n. 45 (G.U. 26 aprile 2023 n. 97), che contiene il Regolamento disciplinante le categorie di interventi che, all’interno dei siti di bonifica, non necessitano della valutazione dettagliata prevista dall’art. 242-ter del Testo Unico ambientale.  Un decreto, dunque, mosso da intenti di semplificazione. Qui l’obiettivo sostanziale da perseguire era ed è, ovviamente, quello di evitare che interventi in aree sottoposte a procedimento di bonifica interferiscano negativamente con le opere di risanamento ambientale. Ora, anziché incaricare le agenzie ambientali di una (motivata) valutazione caso per caso, si è preferito introdurre una disciplina minuziosa, ma, anche perché minuziosa, certamente non in grado di considerare tutte le possibili variabili e situazioni. Per ciascuna delle numerose ipotesi formulate si è introdotta una procedura (spesso leggermente diversa, ma non nella sostanza, da altre procedure simili), quasi che l’obiettivo del legislatore fosse quello di “non ripetersi”.

Un secondo esempio, noto a chiunque sia familiare con la normativa ambientale, è dato dalla sovrabbondanza di elenchi che la caratterizza. Con l’illusione, ed insieme l’ansia, di disciplinare in dettaglio ogni aspetto di una specifica materia, il nostro legislatore ambientale si affida molto frequentemente ad elenchi tanto interminabili quanto frequentemente difficili da interpretare e, comunque, fonti di frequente incomprensione. Mentre, anche recentemente, è stato sottolineato in dottrina[ii] come spesso una maggiore prevedibilità del diritto sia raggiungibile in presenza di una legislazione basata su clausole generali sintetiche, piuttosto che su elenchi di dettaglio.

A me pare evidente che la ridondanza procedurale e la regolamentazione estremamente dettagliata non compromettano soltanto la sostenibilità tecnico-economica degli obblighi ambientali imposti alle aziende, ma anche – e forse soprattutto – le primarie esigenze di tutela ambientale.  Il diritto è infatti, essenzialmente, “una forma di ingegneria[iii]. Non serve di solito a mandare messaggi di natura etica, ma a “produrre” – in modo ovviamente figurato – oggetti sociali (ben) funzionanti. Oggetti che pertanto devono essere semplici, pratici, essenziali.

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RIDONDANZA

NOTE:

[i] Reason, James, The Contribution of Latent Human Failures to the Breakdown of Complex Systems, Philosophical Transactions of the Royal Society of London. Series B, Biological Sciences. 327 (1241): 475–84.

[ii] Scoditti, Enrico, Clausole generali e certezza del diritto, Relazione presentata al corso organizzato dalla Scuola superiore della magistratura su «Il sistema delle fonti», 31 gennaio – 2 febbraio 2022 (https://www.questionegiustizia.it/articolo/clausole-generali-e-certezza-del-diritto).

[iii] Howarth, David, Law as Engineering, Cambridge University Press, Cambridge 2016.

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