I limiti del sindacato giurisdizionale in materia di valutazione di impatto ambientale

24 Lug 2020 | giurisprudenza, amministrativo

Di Ada Lucia De Cesaris Ed Elena Serra  

CONSIGLIO DI STATO, Sez. II – 6 aprile 2020, n.  2248 – Pres. Taormina, Est. Altavista – M. T. S.p.A. (avv.ti Morigi e Celani) c. Regione Lazio (Avv. Privitera).

La valutazione di impatto ambientale non consiste in un mero atto di gestione o di amministrazione in senso stretto, quanto piuttosto in un provvedimento che esprime l’indirizzo politico-amministrativo sul corretto uso del territorio in esito al bilanciamento della molteplicità degli interessi pubblici contrapposti (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico-sociale).

La funzione tipica della VIA è quella di esprimere un giudizio sulla compatibilità di un progetto, valutando il complessivo sacrificio imposto all’ambiente rispetto all’utilità socio-economica perseguita, che non è dunque espressione solo di discrezionalità tecnica, ma anche di scelte amministrative discrezionali, con la conseguenza che è consentito sottoporre tali scelte al sindacato del giudice amministrativo solo laddove ricorrano evidenti profili di illogicità, irragionevolezza o errore di fatto.

Con la pronuncia in commento il Consiglio di Stato – nel confermare la sentenza del TAR Lazio-Roma, sez. I-ter, 7 ottobre 2011, n. 7787 – ha ribadito i limiti del sindacato giurisdizionale sui provvedimenti amministrativi in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA), attesa l’intensa discrezionalità amministrativa che li connota.

Il contenzioso verteva, in particolare, sul diniego dell’istanza di autorizzazione integrata ambientale presentata dalla Società appellante per l’adeguamento tecnico di un termovalorizzatore di pneumatici fuori uso, al fine di renderlo idoneo al trattamento di residui di frantumazione di autoveicoli (c.d. car-fluff).

Nel caso di specie, ai sensi della normativa (regionale e nazionale) ratione temporis vigente, il provvedimento di VIA faceva luogo dell’autorizzazione integrata ambientale (allora regolata dal D.lgs. 59/2005).  Pertanto, la valutazione dell’impianto era stata svolta con strumenti analoghi a quelli del procedimento di VIA, con ampia verifica – sotto molteplici aspetti – degli effetti sull’ambiente.

In particolare, poiché l’impianto si collocava in una zona già fortemente inquinata, l’Area VIA regionale – che aveva indetto apposita conferenza di servizi – aveva richiesto un’attenta analisi volta a verificare che la nuova configurazione impiantistica non peggiorasse i livelli di inquinamento di un territorio già contaminato.

Il procedimento aveva avuto esito negativo a causa di molteplici fattori, tra cui: i) le lacune presenti nelle analisi effettuate dalla Società istante sui valori inquinanti (non colmate nonostante le numerose richieste di integrazione); ii) la criticità ambientale del sito oggetto di intervento, attesa anche la vicinanza dell’area industriale agli insediamenti abitativi; e iii) il riscontro di un notevole incremento di alcuni inquinanti atmosferici.

Il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità delle valutazioni effettuate dalle Amministrazioni coinvolte nel procedimento, ricordando i consolidati principi in materia di VIA.

In particolare, è stato evidenziato che la funzione tipica della VIA è quella di esprimere un giudizio sulla compatibilità ambientale di un progetto in esito ad un’analisi comparativa tra il complessivo sacrificio imposto all’ambiente e l’utilità socio-economica perseguita.

La valutazione di impatto ambientale non consiste, dunque, in un mero atto di gestione o di amministrazione in senso stretto, quanto piuttosto in un provvedimento che esprime l’indirizzo politico-amministrativo sul corretto uso del territorio in esito al bilanciamento della molteplicità degli interessi pubblici contrapposti (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico-sociale).

Si tratta di un giudizio connotato da intensi profili di discrezionalità amministrativa, sindacabile in sede giurisdizionale solo laddove ricorrano ipotesi di manifesta illogicità, travisamento dei fatti o gravi carenze o inadeguatezze nell’istruttoria (non sussistenti nella fattispecie).

In considerazione di quanto precede, il provvedimento impugnato è stato ritenuto immune da vizi. Tale conclusione è stata supportata anche dall’applicazione del principio di precauzione – quel principio di origine comunitaria che consente di prendere decisioni più stringenti a tutela della salute e dell’ambiente anche in assenza di rischi accertati, ma solo sulla base di rischi prevedibili –  principio in questo caso espressamente menzionato nel verbale della conferenza di servizi. Il Collegio ha sottolineato la rilevanza di detto principio, di matrice comunitaria, nella disciplina ambientale e il suo carattere imperativo sull’attività amministrativa ai sensi dell’art. 1 L. 241/1990.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato

De Cesaris-Serra_Cons. Stato, 6 aprile 2020, n. 2248

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De Cesaris-Serra_2248_2020

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