“Fin che la barca va” (dubbi su un recente approdo giurisprudenziale in tema di trasporto transfrontaliero di rifiuti)

15 Ott 2019 | giurisprudenza, corte di giustizia, in evidenza 2

di Carlo M. Tanzarella

CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA, Sez. V – 16 maggio 2019, causa C-689/17 – Pres. Regan, Rel. Lycourgos – C. s.p.a. (Avv.ti Pötschke e Steingröver) c. Land Niedersachsen (Avv.ti van der Hout e Jacobj). 

L’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti, deve essere interpretato nel senso che i residui dovuti a un’avaria avvenuta a bordo di una nave, sotto forma di rottami di metallo e acqua di spegnimento mischiata a fanghi e residui del carico, devono essere considerati rifiuti prodotti a bordo di navi, a norma di tale disposizione, e sono pertanto esclusi dall’ambito d’applicazione di tale regolamento finché non siano sbarcati per essere recuperati o smaltiti. 

La questione esaminata dalla Corte di Giustizia con la decisione in commento ha il tratto della novità.

Si discuteva, nel giudizio principale, incardinato avanti il Landgericht München (Tribunale del Land di Monaco di Baviera), una domanda risarcitoria proposta per ottenere il ristoro dei danni subiti in ragione delle spese sopportate da una società, proprietaria di una nave portacontainer, per ottemperare all’ordine, impartitole dalle competenti Autorità amministrative tedesche, di dare ingresso alle procedure previste dal regolamento CE n. 1013/2006 in materia di spedizione di rifiuti quale condizione per muovere alla volta della Romania e ivi scaricare a terra una certa quantità di rifiuti da avviare a trattamento (1).

Il caso di specie ha connotati del tutto peculiari: i rifiuti in argomento, infatti, erano il prodotto di un incendio sviluppatosi a bordo della nave nel mezzo del tragitto tra gli Stati Uniti d’America (porto di partenza) e il Belgio (porto d’arrivo), a causa di un’avaria che aveva costretto l’imbarcazione ad attraccare in Germania.

Per valutare la fondatezza della domanda risarcitoria proposta al suo esame, il Giudice del rinvio ha domandato alla Corte di sapere se la fattispecie rientrasse o meno nell’ambito di applicazione della disciplina sulle spedizioni di rifiuti, dalla quale sono esclusi, tra l’altro, “i rifiuti prodotti a bordo di veicoli, treni, aeromobili e navi, finché tali rifiuti non sono scaricati a terra per essere recuperati o smaltiti” (art. 1, paragrafo 3, lett. b).

La risposta negativa, cui è pervenuta la Corte, è profondamente influenzata, ad avviso di chi scrive, dalla formulazione del quesito pregiudiziale che ha posto l’accento sulla sola prima parte della disposizione richiamata, per sapere se i residui dovuti ad un’avaria rientrino o meno nella nozione di “rifiuti prodotti a bordo di veicoli, treni, aeromobili e navi” (2).

In tale prospettiva, e cioè concentrando l’attenzione esclusivamente su quest’ultima locuzione, merita condivisione il ragionamento della Corte che, in applicazione dei criteri di interpretazione letterale (3) e sistematico-contestuale (4), ha ritenuto i materiali di risulta dell’incendio sussumibili nella fattispecie normativa dei “rifiuti prodotti a bordo”, rilevando come il dato testuale della disposizione non consenta di circoscriverne la portata in funzione delle circostanze materiali dalle quali i rifiuti hanno origine, a differenza, invece, della regola di cui alla lettera a) del medesimo paragrafo 3 dell’articolo 1 che specificamente concerne il regime giuridico dei “residui prodotti dalla normale attività delle navi”.

La linearità dell’iter logico-argomentativo sin qui seguito si infrange, però, sugli scogli della verifica di compatibilità dell’interpretazione proposta con le finalità proprie del regolamento (5).

Secondo la Corte, infatti, l’obiettivo di assicurare un efficace controllo delle spedizioni transfrontaliere dei rifiuti in chiave di tutela dell’ambiente e della salute dell’uomo non varrebbe ad assoggettare alla disciplina regolamentare de qua anche il trasporto di quei rifiuti che siano prodotti a bordo di una nave “in maniera fortuita”, poiché il carattere “improvviso e imprevedibile” dell’evento renderebbe “praticamente impossibile o eccessivamente difficile che il responsabile della nave in questione sia in grado di conoscere, in tempo utile, le informazioni necessarie ai fini di una corretta applicazione” del regolamento (6).

Sul piano teorico, l’affermazione è corretta e certamente rispondente alla ratio propria della norma di esclusione oggetto dell’esame pregiudiziale della Corte: gli obblighi imposti dal regolamento n. 1013/2006 non possono che riguardare il trasporto di beni che sin da prima della spedizione siano classificati come rifiuti e che, come tali, vengano trasferiti da un paese ad un altro per essere smaltiti o recuperati, mentre non avrebbe alcun senso (logico, prima ancora che giuridico) imporre l’applicazione di una disciplina di prevenzione ad eventi e situazioni che non è possibile prevedere e valutare.

Sul piano pratico, tuttavia, la norma di esclusione non può che operare sin tanto che permangano le condizioni di materiale inapplicabilità della disciplina di protezione: vale a dire, sino a che il proprietario della nave si trovi nell’impossibilità di conoscere natura, caratteristiche e quantità dei rifiuti prodotti a bordo e di decidere a quale trattamento finale (di smaltimento o di recupero) essi debbano essere avviati.

Nel caso esaminato dalla Corte, la nave in avaria, costretta a modificare il proprio itinerario, aveva attraccato in un porto tedesco (diverso da quello belga, originariamente previsto come destinazione finale), per poi muovere verso un cantiere navale in Romania ove effettuare le necessarie riparazioni e contestualmente scaricare i rifiuti generati dall’incendio.

Vi era stata, cioè, una soluzione di continuità del viaggio, che lo ha di fatto suddiviso in due tratte, la seconda delle quali finalizzata (non più al trasporto di merci ma) al trasporto dei residui dell’incendio, e che ha messo il proprietario nelle condizioni di dare effettiva esecuzione all’ordine ricevuto di effettuare la notifica prevista dall’art. 4 del regolamento (7).

In un tale contesto, la soluzione della Corte di Giustizia è inappagante: l’affermazione che, nella vicenda oggetto del procedimento principale, il regolamento n. 1013/2006 non avrebbe dovuto trovare applicazione perché i rifiuti erano rimasti a bordo della nave, si regge su una non meditata presa d’atto del dato testuale della locuzione “finché tali rifiuti non sono scaricati a terra per essere recuperati o smaltiti”, certamente chiara nel suo significato letterale ma nient’affatto indagata nelle implicazioni conseguenti ad una sua applicazione meccanica (il che, tuttavia, è responsabilità imputabile anche alla parzialità della formulazione del quesito pregiudiziale da parte del Giudice del rinvio).

E invero, pur muovendo dalla premessa generale che le norme derogatorie devono essere interpretate restrittivamente (8), la Corte di Giustizia è pervenuta ad una estensione del regime di esclusione previsto dall’art. 1, paragrafo 3, lett. b), del regolamento n. 1013/2006, ricomprendendovi non solo le situazioni di materiale e concreta impossibilità di dare ingresso alle procedure e ai regimi di controllo previsti per le spedizioni di rifiuti, ma anche altre ipotesi che in nulla si distinguono da quelle ordinariamente assoggettata alla disciplina de qua se non per circostanze del tutto contingenti: non avrebbe fatto alcuna differenza, infatti, se il carico di rifiuti fosse stato imbarcato dopo l’attracco in Germania anziché trovarsi già a bordo, sin tanto che fosse possibile (come in effetti è stato possibile) disporre delle informazioni necessarie per l’effettuazione delle notifica prevista dal regolamento (9).

In definitiva, l’esito cui è pervenuta la Corte parrebbe in contrasto con le regole ermeneutiche elaborate dalla stessa giurisprudenza comunitaria e potrebbe portare ad un’applicazione non uniforme della disciplina regolamentare sulla spedizione dei rifiuti, tradendone le finalità di tutela ambientale cui essa è informata (10).

Per il testo della sentenza (estratto dal sito www.eur-lex.europa.eu) cliccare sul pdf allegato

Tanzarella_CGUE 16 maggio 2019, causa c-689.17

(1) La disciplina del regolamento n. 1013/2006 è nota: in sintesi, essa, secondo quanto previsto dal suo articolo 1, “istituisce le procedure e i regimi di controllo per le spedizioni di rifiuti in funzione dell’origine, della destinazione e dell’itinerario di spedizione, del tipo di rifiuti spediti e del tipo di trattamento da applicare ai rifiuti nel luogo di destinazione”; il cuore della normativa è costituito, da un lato, dall’autorizzazione che le competenti autorità dei paesi di partenza e di destinazione rilasciano, allorché non ritengano di dover formulare motivate obiezioni in una serie di casi tipici, sulla base di una analitica informativa (c.d. “notificazione”) circa le caratteristiche della spedizione, dei rifiuti spediti e del trattamento finale (recupero o smaltimento) e, dall’altro, dagli obblighi imposti al “notificatore”, consistenti nella preventiva sottoscrizione di un contratto con il destinatario per il recupero o lo smaltimento dei rifiuti (contratto che deve prevedere anche specifici impegni delle parti ad assicurare il trattamento anche in caso di malfunzionamenti del sinallagma o di illegalità della spedizione) e nella provvista di una garanzia finanziaria a copertura delle spese delle operazioni di spedizione e di trattamento. Per un’efficace sintesi delle principali disposizioni del regolamento, cfr. CGUE, Grande Sezione, 8 settembre 2009, causa C-411/06, Commissione contro Parlamento europeo e Consiglio d’Unione europea, punti 4-20.

(2) Cfr. punto 26 della sentenza in commento: “In tali circostanze, il Landgericht München (Tribunale del Land, Monaco di Baviera I, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: <<Se i residui dovuti ad avaria sotto forma di rottami di metallo e acqua di spegnimento mischiata a fanghi e residui del carico a bordo di una nave costituiscano “rifiuti prodotti a bordo di veicoli, treni, aeromobili e navi” ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera b9, del regolamento n. 1013/2006>>”.

(3) Cfr. punti 39-43 della sentenza in commento.

(4) Cfr. punti 44-45 della sentenza in commento.

(5) Cfr. punti 46-49 della sentenza in commento.

(6) Così al punto 48 della sentenza in commento.

(7) La stessa Corte, non avvedendosi della contraddizione tra affermazione del principio e applicazione del medesimo al caso di specie, ha ritenuto, al punto 49, che “nel caso di rifiuti prodotti a causa di un’avaria, come quelli di cui al procedimento principale, il suddetto responsabile non sarebbe in grado, presumibilmente, prima di attraccare a un porto, di conoscere e fornire tutte le informazioni richieste dai formulari di cui agli allegati I A e I B del regolamento n. 1013/2006, relative, in particolare, alla denominazione, composizione e identificazione dei rifiuti, nonché al tipo di operazione di smaltimento o recupero prevista”.

(8) Cfr. punto 38 della sentenza in commento.

(9) Del resto, come pure risulta al punto 20 della sentenza in commento, una parte dei rifiuti costituiti dall’acqua di spegnimento dell’incendio, mischiata ai fanghi e residui del carico, è stata pompata all’esterno e, una volta scaricata a terra, spedita per lo smaltimento in Danimarca previa applicazione delle procedure previste del regolamento n. 1013/2006: non si vede perché la quota parte della medesima tipologia di rifiuti (acqua di spegnimento frammista a fanghi e residui del carico) che non è stato possibile estrarre dalla nave avrebbe dovuto essere trattata diversamente, pur conoscendone le caratteristiche e potendone stimare le quantità.

(10) La stessa giurisprudenza della Corte, in altre circostanze, ha mostrato una particolare sensibilità per un’applicazione estensiva della normativa de qua, dettando criteri interpretativi capaci di ricomprendere fattispecie non immediatamente e agevolmente inquadrabili nel suo campo di operatività. Così è stato, ad esempio, con riguardo alla questione della qualificazione dei materiali spediti come beni oppure come rifiuti: cfr. CGUE, Seconda Sezione, 4 luglio 2019, causa C-624/17, sulla quale si rinvia al commento di G. Tempesta – L. Gavoni, Gli indizi rivelatori della qualifica di rifiuto nel caso di spedizione extracomunitaria di rifiuti, in questa Rivista, Numero 4 – Settembre 2019.

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