Condizioni e presupposti necessari a fondare l’obbligo di bonifica di siti interessati dalla presenza di sostanze contaminanti

17 Gen 2020 | giurisprudenza, amministrativo, in evidenza 2

di Linda Gavoni

T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila, Sez. I, 16 novembre 2019, n. 557Pres. Realfonzo; Est. PerpetuiniPolven.Re S.r.l. (avv. Colagrande) c. Comune de L’Aquila (avv.ti De Nardis e Orsini) e A.R.T.A. Abruzzo – Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente (avv. Bosco) e altri

Secondo l’attuale assetto normativo, la mera presenza di sostanze contaminanti nelle matrici ambientali (suolo, materiali di riporto, sottosuolo ed acque sotterranee) è una circostanza di per sé insufficiente ad imporre gli interventi di messa in sicurezza e bonifica del sito interessato: l’adozione della procedura di cui all’art. 242, commi VII e VIII, D.Lgs. n. 152/2006 presuppone, infatti, il comprovato superamento non della CSC (concentrazione soglia di contaminazione) – parametro non più sufficiente – bensì della CSR (concentrazione soglia di rischio). Solamente nel caso in cui risultino superati i valori di CSR un sito viene infatti classificato ai sensi del Titolo V – Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 come “contaminato”, con conseguente applicazione delle sanzioni di cui all’art. 257 T.U.A. nel caso di omessa bonifica del sito rispetto a quanto previsto dal progetto approvato ai sensi degli artt. 242 e ss. D.Lgs. n. 152/2006. 

In relazione ad un sito interessato dalla presenza di sostanze contaminanti, il Legislatore prevede l’obbligo di effettuare operazioni di bonifica e di ripristino ambientale solamente laddove venga riscontrato ed accertato un superamento dei livelli di CSR (concentrazione soglia di rischio), circostanza che consente di qualificare il sito in questione secondo l’attuale assetto normativo come ‘contaminato’ (1).
In caso contrario – qualora l’unico parametro ad essere superato risulti essere quello della CSC (concentrazione soglia di contaminazione) – la fase di bonifica o messa in sicurezza del sito è solamente eventuale, diversamente da quanto previsto dal quadro normativo previgente di cui al d.m. 25 ottobre 1999 n. 471.

Più specificamente, nel caso in cui si verifichi un evento potenzialmente in grado di contaminare una determinata porzione di territorio (2), il Titolo V – Parte IV T.U.A. delinea le seguenti procedure operative ed amministrative:

  • effettuazione di un’indagine preliminare sull’area interessata, i cui esiti evidenziano (a) il mancato superamento della CSC ovvero (b) l’effettivo e conclamato superamento della CSC. In quest’ultima ipotesi, il responsabile dell’inquinamento (o il soggetto interessato non responsabile ex art. 245 D.Lgs. n. 152/2006) è tenuto a presentare alle amministrazioni competenti il piano di caratterizzazione conformemente ai requisiti di cui all’Allegato 2 alla parte IV del T.U.A., cui segue l’applicazione della procedura di analisi del rischio sito specifica (art. 242, commi I-IV D.Lgs. n. 152/2006);
  • conclusione positiva del procedimento per la determinazione della CSR, con eventuale monitoraggio del sito al fine di stabilizzare la situazione riscontrata in relazione agli esiti dell’analisi di rischio e alla destinazione d’uso attuale dell’area (art. 242, commi V-VI D.Lgs. n. 152/2006);
  • predisposizione e attuazione degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza del sito qualora gli esiti dell’analisi del rischio sito specifica attestino il superamento della CSR (art. 242, commi VII-VIII D.Lgs. n. 152/2006).

Il principio secondo cui l’obbligo di bonifica consegue non alla mera presenza di sostanze contaminanti nelle matrici ambientali di una determinata porzione di territorio bensì al superamento dei livelli di CSR come indicato dalle risultanze dell’analisi di rischio sito specifica è stato recentemente rimarcato dal T.A.R. L’Aquila nella sentenza in commento.

Nel ribadire la correttezza dell’operato del Comune de L’Aquila nel caso di specie (l’ente pubblico ha escluso la contaminazione del sito di proprietà della società ricorrente, applicando tuttavia a quest’ultima una serie di prescrizioni conservative dello status quo consistenti in particolare nel mantenimento dell’integrità della pavimentazione all’interno dei capannoni, onde ridurre al minimo ogni potenziale rischio di inalazione polveri e di ingestione e contatto dermico delle sostanze contaminanti presenti nel suolo superficiale) (3), i giudici di prime cure hanno richiamato la copiosa giurisprudenza sul tema, secondo cui “diversamente dalla precedente disciplina di cui al d.m. 25 ottobre 1999 n. 471, gli art. 240 lett. c), e), f)  e p) e 242 comma 7 d.lg. 3 aprile 2006 n. 152 prevedono che il progetto di bonifica deve essere redatto soltanto nel caso risultino superati i valori di CSR, in quanto soltanto in tal caso il sito è qualificato comecontaminato, mentre definisce sito non contaminato quello in cui sono stati rilevati valori superiori di CSC e non di CSR” (4).

Il riferimento al superamento della CSR non rileva unicamente quale discrimen per qualificare un determinato sito come ‘contaminato’ (circostanza che comporta l’obbligo di bonifica ex art. 242 commi VII e VIII T.U.A.), posto che il parametro de quo assume importanza anche sotto il versante penalistico: il D.Lgs. n. 152/2006 infatti – nel definire la bonifica come “l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio” – stabilisce altresì che del reato di omessa bonifica risponde solo il responsabile e che il superamento della CSR costituisce in ogni caso il presupposto per la configurabilità del reato medesimo, ai sensi dell’art. 257 T.U.A. (5).

Per il testo della sentenza del T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila, n. 557 del 16 novembre 2019 (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul PDF in allegato.

Gavoni_TAR Abruzzo_sent. n. 557-2019 

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Gavoni_557-2019