Competenza del legislatore regionale e limiti agli interventi di semplificazione autorizzativa delle opere idrauliche

04 Giu 2019 | giurisprudenza, corte costituzionale

di Federico Vanetti e Andrea Oggioni

CORTE COSTITUZIONALE, 13 marzo 2019 n. 44 – Pres. Lattanzi, Red. Barbera – Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato Palmieri) c. Regione Liguria (avv. Pafundi)

In materia di polizia idraulica, il legislatore regionale non può derogare al regime autorizzativo previsto dal legislatore nazionale per il rilascio del nulla osta idraulico, introducendo un meccanismo assimilabile al silenzio-assenso; questo regime rimane immutato anche alla luce delle più recenti riforme del procedimento amministrativo.

Con sentenza n. 44 del 13 marzo 2019, la Corte Costituzionale affronta la problematica dei limiti imposti al legislatore regionale con riferimento alla semplificazione dei regimi autorizzativi in materia di polizia idraulica1.

In particolare, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, commi 1,2,4,5,6 e 7, l.r. Liguria n. 29/2017 e solo parzialmente del comma 3 della stessa norma2, di parte dell’art. 2, comma 3-bis, l.r. Liguria 4/2014 e dell’art. 47, comma 7-ter, l.r. Liguria n. 29/19943.

La normativa regionale oggetto della censura di carattere costituzionale aveva introdotto un regime semplificatorio per gli interventi di pulizia e manutenzione ordinaria degli alvei e delle sponde eseguiti dai proprietari frontisti o da altri aventi titolo. Le opere idrauliche sarebbero state esclusivamente soggette a semplice comunicazione ed era possibile procedere all’intervento di polizia idraulica trascorsi trenta giorni dall’invio della stessa.

Si configurava, perciò, un regime di silenzio-assenso assimilabile a una comunicazione di inizio lavori con efficacia differita al trentesimo giorno dall’invio della comunicazione.

Questa disciplina è stata ritenuta in contrasto con le norme in materia di polizia idraulica di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s), Cost4.

Infatti, gli artt. 93 e 94 del R.D. n. 523/1904 richiedono per le opere nell’alveo dei corsi d’acqua un permesso dell’autorità amministrativa competente.

Di qui la presa di posizione del giudice costituzionale.

In casi analoghi il nulla osta o l’autorizzazione rappresentano un elemento di tutela fondamentale e, dunque, il riparto di competenze tra Stato e Regioni non permette di derogare a discipline che, seppur risalenti nel tempo, sono poste a tutela di beni naturali e ambientali del territorio5.

La pronuncia costituzionale appare, quindi, aderente ai principi tipici dell’ordinamento amministrativo, anche laddove esaminati alla luce della più recente evoluzione della disciplina del procedimento amministrativo (L. n. 124/2015, D.Lgs. 126/2016 e D.Lgs. 222/2016).

Nonostante ad oggi il paradigma tipico del rapporto pubblico – privato sia rappresentato dai regimi semplificativi e dalla diffusione del silenzio-assenso (art. 19 e ss., L. 241/1990), in determinati ambiti di tutela – proprio in ragione della finalità di tutela medesima – la pubblica amministrazione è titolare di poteri autorizzatori pieni.

L’art. 20 della l. 241/1990, infatti, nel disciplinare in via generale l’istituto del silenzio assenso dispone espressamente che lo stesso non si applichi ad atti e procedimenti inerenti l’ambiente e la tutela dal rischio idrogeologico.

In considerazione di ciò, l’introduzione di un regime semplificatorio per determinati interventi di polizia idraulica non è ammissibile qualora riduca in peius l’ambito di tutela disciplinato dalla normativa nazionale6.

Coerente con i principi sopra menzionati appare l’eccezione accettata dal giudice costituzionale che ha, al contrario, dichiarato costituzionalmente legittima la normativa regionale per interventi volti a far fronte ad eventi calamitosi caratterizzati da somma urgenza7.

Questa disposizione – oltre a replicare il parametro legislativo nazionale di riferimento – incentiva la libera iniziativa del privato in quelle sole determinate situazioni in cui l’attesa dell’autorizzazione espressa dell’Autorità competente accrescerebbe il rischio idrogeologico e di eventuale contaminazione dell’ambiente.

Il soggetto privato in queste determinate situazioni si fa esso stesso portatore dell’interesse pubblico.

Si noti che la pronuncia in commento ha confermato gli stessi principi con riferimento alla normativa regionale in materia di attività venatoria e controllo faunistico.

Per il testo della sentenza della Corte Costituzionale 13 marzo 2019, n. 44 (estratto dal sito istituzionale della Corte Costituzionale) cliccare sul pdf allegato Vanetti-Oggioni_Corte Cost 44-2019

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Vanetti-Oggioni_RGA2_giugno2019

(1) Per un approfondimento in materia si veda: Di Dio F., Frane e dissesto idrogeologico: verso una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, Riv. Giur. Ambiente, fasc. 3-4, 2011, pag. 463.

(2) L’art. 15, comma 3, l.r. n. 29/2017 è stato dichiarato incostituzionale limitatamente alle parole “e interventi imprevisti e non programmati su utenze di interesse pubblico oggetto di concessione”.

(3) Sono stati dichiarati incostituzionali l’art. 2, comma 3-bis, l.r. Liguria 4/2014 limitatamente alle parole “anche del concorso di coadiutori appositamente formati in coerenza con i criteri di cui all’articolo 22, comma 6, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge Quadro sulle aree protette) e successive modificazioni e integrazioni” e l’art. 47, comma 7-ter, l.r. Liguria n. 29/1994 limitatamente alle parole “o da abbattimenti venatori o di controllo autorizzati nel rispetto delle modalità previste dalla normativa sanitaria vigente”.

(4) Cfr. Corte Cost., 10 luglio 2002, n. 407. Con tale sentenza il giudice costituzionale ha affermato che la tutela dell’ambiente non è identificabile come materia in senso stretto, ma investe interessi e competenze trasversali in qualità di valore costituzionalmente protetto rispetto ai quali è riservato allo Stato il potere di fissare standards minimi di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale.

(5) Con riferimento al R.D. n. 523/1904 si veda anche Corte Cost., 21 febbraio 2017, n. 77.

(6) Cfr.  Corte Cost., 2 dicembre 2013, n. 300. Tale sentenza chiarisce che non è consentito apportare deroghe in peius rispetto ai parametri di tutela dell’ambiente fissati dalla normativa statale.

(7) È stata dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3, l.r. n. 29/2017 relativamente alla parte dell’articolo non censurata dalla medesima pronuncia (cfr. nota 2).

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