Boschi e foreste: tutele a confronto

02 Mag 2024 | giurisprudenza, amministrativo

di Federico Vanetti e Cristiano Ciuffa

Consiglio di Stato, Sez. IV – 1 febbraio 2024, n. 1044 – Pres. Neri, Est. Martino – società T.C.C. S.r.l. (Avv.ti Portaluri e Portaluri) c. Regione Puglia (Avv. Capobanco) et al.

L’autorizzazione alla trasformazione di boschi insistenti su terreni vincolati per scopi idrogeologici costituisce un elemento dello schema normativo attraverso cui il R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267 articola la funzione conservativa e protettiva dei boschi, intesi nella loro naturale funzione di strumenti di difesa geologica e idrica del territorio, dispiegantesi attraverso la forza immobilizzatrice delle radici del complesso boscato e con l’azione regimante delle acque esercitata dal cotico erboso; perciò, ai fini della predetta autorizzazione, rileva la valutazione dell’interesse pubblico della difesa del suolo dal punto di vista idrico e geologico, per le conseguenze negative di danno o anche di pericolo che la trasformazione stessa può comportare per i suoli interessati. In tale ottica, i presupposti per il rilascio del nulla osta idrogeologico sono indicati dalla specifica disciplina e possono riguardare anche interventi irrilevanti paesaggisticamente ma incidenti sulla stabilità dei terreni. Pertanto, la tutela derivante dal vincolo idrogeologico si estende anche agli interventi edificatori interessanti terreni non boschivi, purché compresi nell’area vincolata per cui la trasformazione dei terreni, cui fa riferimento l’art. 7 del R.D. 616 maggio 1926, n. 1126, e i lavori di trasformazione, previsti dal successivo art. 21, consentono alla p.a. di adottare non già mere prescrizioni operative, bensì misure restrittive e anche impeditive di ogni tipo di intervento che, per le sue caratteristiche e per i mezzi impiegati, incidano sul territorio in modo non dissimile dalle utilizzazioni per scopi agricoli.

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La sentenza in commento consente di svolgere alcune considerazioni in merito al fondamentale ruolo che i boschi ricoprono sul territorio e alla consequenziale tutela ad essi riconosciuta.

Infatti, al di là del merito, per cui il Consiglio di Stato ha respinto l’appello presentato dai titolari di una struttura turistico-ricettiva per l’annullamento di alcuni atti ostativi al progetto di ampliamento della medesima, la decisione è certamente utile a chiarire alcuni dei profili per cui ai boschi è riconosciuta una tutela pluridimensionale.

Nel tempo il legislatore ha predisposto un assetto normativo in grado di garantire – sotto diversi punti di vista – l’integrità e la funzionalità dei boschi.

Da una parte, infatti, viene riconosciuta una tutela ex lege per il valore paesaggistico dei boschi e delle foreste, attraverso la disciplina contenuta nel Titolo I della Parte III del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (D.lgs. 42/2004).

Infatti, l’articolo 134 del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio definisce quali beni paesaggistici anche “i territori coperti da foreste e da boschi, […], e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento[i].

In tal senso, i boschi, intesi sia nella loro accezione normativa[ii], sia in quella sostanziale, vengono salvaguardati in quanto “elementi originariamente caratteristici del paesaggio, cioè del “territorio espressivo di identità”[iii].

Dall’altra, invece, i boschi e le foreste risulterebbero tutelati anche dal Regio Decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, per la loro funzione di contenimento del rischio idrogeologico.

In particolare, l’articolo 1  del Regio Decreto sottopone a “vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli artt. 7, 8 e 9[iv], possono, con danno pubblico, subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque”.

Anche la giurisprudenza, come confermato dalla sentenza in commento, ha da tempo riconosciuto che i boschi assolvono anche una funzione conservativa e protettiva dell’integrità territoriale, in quanto strumenti di difesa geologica e idrica del territorio, e in particolare mediante “la forza immobilizzatrice delle radici del complesso boscato e l’azione regimante delle acque esercitata dal cotico erboso”.

Tuttavia, i diversi gradi di protezione, previsti dalle norme sopra richiamate, hanno risvolti applicativi tra loro ben differenti, in quanto si fondano su presupposti ed interessi diversi.

Nell’ottica della tutela paesaggistica, infatti, tutti i progetti che comportino una modifica dell’area boschiva sono soggetti alla preventiva autorizzazione della Sopraintendenza, la quale valuta la compatibilità paesaggistica dell’intervento con il paesaggio, eventualmente autorizzando la modifica del bosco.

Pur godendo la Sopraintendenza di ampia discrezionalità nel valutare tale compatibilità, è evidente che l’elemento primario oggetto di tutela sia il paesaggio nel suo complesso, e non il bosco in quanto tale.

Diversa, invece, la prospettiva per quanto riguarda la tutela idrogeologica, dal momento che diverso è l’interesse pubblico sotteso al bilanciamento tra la realizzazione del progetto e la modifica del bosco: non si tratta più della tutela del paesaggio, bensì della tutela del regime delle acque, della stabilità e della difesa idrogeologica del territorio.

All’origine dell’individuazione delle aree soggette a vincolo idrogeologico, il Regio Decreto demandava ai Comuni l’opera ricognitiva delle aree più fragili – mediante un criterio di corrispondenza con i bacini fluviali – con la conseguente apposizione del vincolo in quelle aree in cui fosse presente un bacino idrico.

Ad ogni modo, a seguito delle diverse integrazioni ed evoluzioni provvedimentali, nonché dei progressi tecnico-scientifici, i Comuni hanno ampliato il bacino di tutela idrogeologica, individuando nei propri strumenti urbanistici aree ben distinte, e non necessariamente collegate, ai soli corsi d’acqua[v].

Qualora, quindi, si intenda sviluppare un progetto di modifica del suolo in un’area coperta da vincolo idrogeologico, sarà necessario ottenere dall’amministrazione competente il preventivo nulla osta alla modifica[vi] dei luoghi, sulla base di specifici approfondimenti tecnici.

Da quanto precede, è possibile pervenire a due ordini di conclusioni.

È evidente che laddove i progetti riguardino anche aree boscate, di valore paesaggistico, e sopposte a vincolo idrogeologico, il privato dovrà necessariamente ottenere una duplice autorizzazione: l’autorizzazione alla modifica da parte della Sopraintendenza e il nullaosta idrogeologico.

Tale nullaosta, tuttavia, potrebbe risultare necessario anche nel caso in cui gli interventi non riguardino aree boscate in senso stretto, e quindi non oggetto di tutela paesaggistica, ma riguardino comunque aree sottoposte a vincolo idrogeologico, caratterizzate dalla presenza di arbusti, che svolgono una funzione di stabilizzazione dei terreni.

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

NOTE:

[i] Rectius, l’articolo 134, lettera b, definisce beni paesaggistici, “le aree di cui all’articolo 142”, ovvero le aree di interesse paesaggistico, tutelate per legge, tra cui risultano esserci anche boschi e foreste.

[ii] Il D.lgs. 34/2018 richiama, agli artt. 3 e 4, una nozione di bosco dimensionalmente apprezzabile, che presenta una densa vegetazione arbustiva, comprensiva di sottobosco ed erbe.

[iii] Ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. 02/08/2023, n. 7475.

[iv] I richiami agli articoli 7, 8 e 9 del R.D. 3267/1923 fanno riferimento alle ipotesi di dissodamenti del terreno, cambiamenti di coltura ed esercizio del pascolo.

[v] Sebbene non sia possibile, in questa sede, svolgere un’analisi dettagliata sulle modalità d’individuazione delle diverse fasce di rischio idrogeologico, basti richiamare brevemente che il D.P.R. 380/2001 demanda ai Comuni l’individuazione delle diverse zone di rischio idrogeologico, e il loro conseguente recepimento negli strumenti urbanistici, prevedendo tre diverse ipotesi di rischio: A (rischio elevato), B (rischio medio) e C (rischio basso).

[vi] A tal riguardo, si tenga presente che il Regio Decreto n. 3267/1923 demandava originariamente al Comitato Forestale, quale ente competente, la valutazione e l’autorizzare alla trasformazione dei boschi. Tuttavia, a seguito dei diversi, e successivi, riordini di competenze, tale funzione risulta essere oggi attribuita alle Regioni, in virtù dell’art. 61, comma 5 del D.lgs. 152/2006, le quali a loro volta l’hanno delegata a Province e Comuni, a seconda del progetto da realizzare e, quindi, dell’area da modificare.

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