Bonifica: la (ir)responsabilità della pubblica amministrazione per l’omessa individuazione del responsabile

15 Nov 2019 | giurisprudenza, amministrativo

di Emanuele Pomini 

T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. III – 2 settembre 2019, n. 1938 – Pres. Di Benedetto, Est. Cozzi – F. C. S.n.c. (avv.ti Dora Manfredi e Simona Gambini) c. Città Metropolitana di Milano (avv.ti Nadia Marina Gabigliani, Marialuisa Ferrari e Alessandra Zimmitti)

Nel caso di un’area concessa in locazione e contaminata per effetto dell’attività ivi esercitata dal conduttore non sussiste responsabilità risarcitoria in capo all’amministrazione per aver omesso di dare corso al procedimento previsto dall’art. 244 del D.Lgs. 152/2006 che affida alle province il compito di individuare il responsabile dell’inquinamento, qualora il comportamento omissivo in questione non abbia determinato la perdita definitiva e irreparabile del diritto del locatore a ottenere la bonifica dell’area da parte del soggetto che ha cagionato l’inquinamento mediante l’esercizio delle ordinarie azioni contrattuali.

Mediante la sentenza in commento i giudici amministrativi si sono pronunciati sulla richiesta di condanna al risarcimento dei danni patiti e patendi dalla società ricorrente a causa dell’inerzia dell’amministrazione nel dare corso al procedimento previsto dall’art. 244 del D.Lgs. 152/2006 per l’individuazione del responsabile dell’inquinamento.

La fattispecie riguarda un’area sulla quale insiste un capannone ad uso industriale che la società ricorrente aveva acquistato alla fine degli anni ottanta e subito concesso in locazione ad un’altra società per l’esercizio di attività galvanica (consistente, in particolare, nella doratura, argentatura, nichelatura e stagnatura di componenti elettronici) protrattasi fino alla fine dell’anno 2005. Rilevata la presenza di una potenziale contaminazione nell’anno 2003, l’area è stata inserita nell’anagrafe regionale dei siti da bonificare ai sensi dell’allora vigente art. 17 del D.M. 471/1999. Tuttavia, poiché la Città Metropolitana, pur a fronte della potenziale contaminazione riscontrata, non ha da subito attivato il procedimento volto all’individuazione del responsabile dell’inquinamento (avviato solo nel 2015), la società ricorrente ha chiesto al T.A.R. Lombardia di condannare l’ente al risarcimento dei danni provocati da tale omissione, individuati nell’impossibilità di stipulare nuovi contratti di locazione, con conseguente perdita dei relativi introiti, nonché nei costi da sostenere per la bonifica del sito, sostenendo che, qualora la Città Metropolitana si fosse prontamente attivata come previsto dalla normativa in tema di bonifica, avrebbe senza difficoltà individuato come responsabile della contaminazione la società locataria, che sarebbe così stata obbligata a dar subito corso ai necessari interventi di risanamento dell’area.

Come noto, l’art. 244 del D.Lgs. 152/2006 prevede che:

“1. Le pubbliche amministrazioni che nell’esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.

  1. La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.
  2. L’ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell’articolo 253.
  3. Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall’amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall’articolo 250”.

Da tale norma discende, come statuito dalla giurisprudenza, un preciso obbligo di intervento in capo alla pubblica amministrazionei, chiamata a individuare il responsabile della contaminazione per almeno due ordini di ragioni: innanzitutto, quale condizione per la ripetizione delle spese da parte dell’ente nei confronti del proprietario del sito ai sensi del successivo art. 253, dal momento che, lo si ricorda, nel caso in cui il responsabile non sia noto o comunque non intervenga, l’attivazione del privilegio speciale immobiliare e la ripetizione delle spese sostenute dalla pubblica amministrazione sono subordinate ad un provvedimento motivato dell’autorità che giustifichi l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile ovvero l’impossibilità di azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero della loro infruttuosità; secondariamente, tale accertamento da parte dell’ente è altresì posto a tutela delle ragioni, anche economiche, del proprietario non responsabile, il quale, in mancanza, avrebbe il difficile onere in sede civile (di rivalsa e/o risarcimento nei confronti del presunto responsabile) di dimostrare l’addebitabilità al convenuto dell’inquinamento causato alla propria area.

Del resto, quanto sopra affermato costituisce un importante corollario del principio “chi inquina paga”, principio cardine nel sistema relativo alla responsabilità ambientale connessa all’obbligo di bonifica e cristallizzato, per quanto interessa qui sottolineare, nel combinato disposto di cui agli artt. 242 e, appunto, 244 del D.Lgs. 152/2006.

Ricostruito in tal modo l’obbligo di intervento imposto dalla norma alla pubblica amministrazione, parrebbe agevole concludere, come sostenuto anche dal ricorrente nel caso di specie, che qualora quest’ultima, pur essendo venuta a conoscenza della potenziale contaminazione di un’area, ometta di procedere ai necessari accertamenti di cui al citato art. 244, e da ciò il privato proprietario dell’area interessata ne subisca un nocumento, ne scaturisca una responsabilità risarcitoria in capo all’ente per i danni subiti dal privato per effetto del cattivo o omesso esercizio del potere in questione.

Senonché il T.A.R. Milano, a prescindere dall’accertamento dell’omissione da parte della pubblica amministrazione circa l’esercizio del potere ad essa attribuito dall’art. 244, giunge ad escludere in radice tale responsabilità risarcitoria, partendo dal presupposto che, nel caso di specie, il danno lamentato da quest’ultimo sia riconducibile alla lesione di un diritto di credito, vale a dire il diritto del locatore ad ottenere, ai sensi dell’art. 1590 c.c., la restituzione del bene locato nello stesso stato in cui era stato a suo tempo consegnato, essendo il presunto responsabile della contaminazione coincidente con la stessa società locataria dell’area inquinata.

Così inquadrata la richiesta risarcitoria della ricorrente, il T.A.R. non mette in discussione né il fatto che, vertendosi in tema di responsabilità della pubblica amministrazione per il cattivo o omesso esercizio del potere che costituisce causa di danno al privato, quest’ultimo possa validamente esperire nei confronti dell’ente pubblico l’azione extracontrattuale di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.ii, né l’ulteriore circostanza, anch’essa frutto di una giurisprudenza consolidata, della risarcibilità per tale via della lesione del diritto di credito causata dal comportamento illecito di un terzo (c.d. lesione esterna, in quanto riferibile ad un soggetto diverso dall’obbligato)iii.

Tuttavia, ricordano gli stessi giudici amministrativi, al fine di circoscrivere l’ambito della risarcibilità del danno da lesione esterna la stessa giurisprudenza ha altresì statuito che presupposto indefettibile della possibilità di ottenere il risarcimento della lesione del diritto di credito provocata dal terzo è che il comportamento di quest’ultimo abbia determinato la perdita definitiva e irreparabile di quel dirittoiv, non essendo ammissibile ottenere il risarcimento qualora il creditore possa ancora far valere il proprio credito nei confronti del debitore originario, in quanto soggetto primariamente tenuto alla soddisfazione dell’interesse creditorio.

Partendo dal presupposto che l’addebito mosso dal ricorrente all’amministrazione sia riconducibile esclusivamente alla lesione del proprio diritto di credito (ottenere la restituzione dell’area nello stato in cui si trovava prima dello svolgimento dell’attività inquinante da parte della società locataria) e applicando alla fattispecie in questione i principi sopra richiamati, i giudici amministrativi concludono per l’esclusione di una responsabilità ex art. 2043 c.c. dell’ente, osservando come il comportamento omissivo in questione non abbia affatto determinato la perdita definitiva e irreparabile del diritto a ottenere la bonifica dell’area da parte del locatario-responsabile, quanto meno fintantoché il proprietario possa ancora esperire nei confronti di quest’ultimo le opportune azioni contrattuali.

Se tale conclusione pare ineccepibile sotto il profilo dell’applicazione dei principi fino ad oggi affermati dalla giurisprudenza in tema di risarcibilità della c.d. lesione esterna del diritto di credito, occorre tuttavia osservare come affermare l’irresponsabilità risarcitoria della pubblica amministrazione anche qualora il fatto illecito sia costituito dal comportamento omissivo dell’ente rilevante ai sensi e per gli effetti del citato art. 244 rischia non solo di privare la norma di un elemento significativo volto a incentivarne l’applicazione, ma, forse, anche di comprimere in modo illegittimo i diritti del privato.

Il proprietario incolpevole, infatti, pur potendo fare legittimo affidamento sul potere-dovere di intervento dell’ente, si trova in questo modo a dover supplire con i propri mezzi in sede civile a un’omissione a esso peraltro non imputabile. Contrariamente a quanto affermato dal principio “chi inquina paga”, la tutela della situazione soggettiva del proprietario incolpevole è così rimessa alla sua autonoma iniziativa processuale, mentre dovrebbe sempre gravare sull’organo a ciò deputato e investito per legge degli opportuni poteri il compito di accertare l’identità del responsabile della contaminazione. Del resto, l’art. 244, come statuito dalla giurisprudenza amministrativa, è norma posta a tutela non solo di interessi pubblici (non far ricadere sulla collettività i costi della bonifica in caso di inazione del responsabile), ma anche privati, rendendosi altrimenti molto più difficoltosa (se non in certi casi addirittura impossibile) per il privato proprietario dell’area inquinata l’operazione di recupero della perdita economica subita a causa della contaminazione dell’area, anche a fronte dell’esperibilità delle ordinarie azioni contrattuali e/o extracontrattuali.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

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NOTE:

i  Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 15 aprile 2015, n. 940 (in  Rivista Giuridica dell’Ambiente, 2015, p. 275, con nota di P. Brambilla), secondo il quale tale obbligo non viene meno neppure in caso di intervento volontario del proprietario incolpevole. Negli stessi termini, più di recente, T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 6 aprile 2017, n. 346; T.A.R. Campania, Sez. II, 27 maggio 2019, n. 830, secondo il quale “il compimento da parte dell’amministrazione dell’attività diretta ad accertare il responsabile è una specifica e doverosa attività che l’ordinamento impone all’amministrazione, sia a garanzia degli interessi pubblici sottesi al principio “chi inquina paga”, sia a tutela dell’integrità patrimoniale del proprietario incolpevole, che abbia sostenuto, direttamente o indirettamente, l’onere economico del ripristino”. Con specifico riferimento ai Siti di Interesse Nazionale, cfr. T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, 20 marzo 2019, n. 86, in Amb. e Svil., 2019, p. 385.

ii Sul punto cfr., ex multis, la recente T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 13 febbraio 2019, n. 785, che ci ricorda che “sul ricorrente grava l’onere di dimostrare la sussistenza di tutti i presupposti della domanda al fine di ottenere il riconoscimento di una responsabilità dell’Amministrazione per danni derivanti dall’illegittimo od omesso svolgimento dell’attività amministrativa, da ricondurre al modello della responsabilità per fatto illecito delineata dall’art. 2043 cod. civ., donde la necessità di verificare, con onere della prova a carico del (presunto) danneggiato, gli elementi costitutivi della fattispecie aquiliana, così individuabili: a) il fatto illecito; b) l’evento dannoso ingiusto e il danno patrimoniale conseguente; c) il nesso di causalità tra il fatto illecito e il danno subito; d) la colpa dell’apparato amministrativo”.

iii Il leading case in materia è costituito da una pronuncia della Suprema Corte risalente agli anni Settanta (Cass. civ., S.U., 15 gennaio 1971, n. 174), poi successivamente ripresa (cfr., tra le altre, Cass. civ. Sez. I, 13 giugno 2006, n. 13673, in Resp. civ., 2007, p. 900, con nota di Spangaro; tra le decisioni di merito, cfr. Trib. Genova, Sez. II, 3 febbraio 2017).

iv Cfr. Tribunale Milano, 27 marzo 2000, in Giur. milanese, 2000, p. 340, secondo il quale “la lesione del diritto di credito può essere risarcita in via extracontrattuale solo qualora comporti una perdita definitiva e irreparabile che renda al creditore impossibile procurarsi una prestazione uguale o equipollente”.

 

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