Ancora in tema di responsabilità della curatela fallimentare in materia di amianto

20 Mag 2021 | amministrativo, giurisprudenza

di Elena Felici e Sara Tina

Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (CZ), Sez. I, 8 febbraio 2021, n. 261 – (G. Pennetti Pres., F. Tallaro Est.) – Omissis (Avv. A. Baffa) c. Comune di Cerisano (Avv. C. Bruno).

Fermi restando gli obblighi di sorveglianza, conservazione e monitoraggio, nel caso in cui non vi sia prosecuzione dell’attività d’impresa riconducibile alla curatela fallimentare, il Curatore non può essere destinatario di provvedimenti di smaltimento e di rimozione dell’amianto presente in un immobile appartenente alla massa fallimentare.

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Con la sentenza in commento, il T.A.R. della Calabria è intervenuto al fine di precisare quali obblighi sussistano in capo al Curatore del fallimento qualora nell’immobile appartenente alla massa fallimentare risultino presenti materiali contenenti amianto.

Il tema della responsabilità e degli obblighi in materia ambientale sussistenti in capo alla curatela fallimentare incaricata di amministrare il patrimonio del soggetto fallito rappresenta, senza dubbio, una questione più volte dibattuta all’interno della giurisprudenza, soprattutto amministrativa.

Nello specifico, quest’ultima si è spesso trovata ad affrontare il tema relativo alla legittimazione passiva del Curatore fallimentare nei confronti di provvedimenti amministrativi con cui vengano ordinati allo stesso la rimozione e l’avvio allo smaltimento di rifiuti, la messa in sicurezza e la bonifica di siti contaminati o il rispristino dello stato dei luoghi.

A tal proposito, è importante ricordare la distinzione tra le varie fattispecie affrontate, non di rado confuse l’una con l’altra[i] o sovrapposte: si tratta dei casi, diversi tra loro, di smaltimento di rifiuti, di bonifica e di obblighi in tema di materiali contenenti amianto.

Mentre la disciplina sulle bonifiche individua come soggetto obbligato il solo responsabile della contaminazione, escludendo, di fatto, in linea di principio[ii], una responsabilità solidale in capo al proprietario incolpevole detentore del sito contaminato[iii], in tema di smaltimento dei rifiuti, l’art.192, co.3, d.lgs. n.152/2006 individua l’obbligo di procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento di tali rifiuti e al ripristino dello stato dei luoghi non solo in capo al soggetto che abbia abbandonato o depositato rifiuti sul suolo o nelle acque superficiali e sotterranee, ma anche al proprietario e il titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area interessata, ma a patto che tale violazione sia a loro imputabile a titolo di dolo o colpa.

Il comma 4 del medesimo art. 192, prevede inoltre che:

«Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni».

In tali casi, qualora, dunque, il Curatore fallimentare venisse considerato quale soggetto subentrato, egli diverrebbe responsabile in solido con gli amministratori o i rappresentanti della persona giuridica e, di conseguenza, potrebbe legittimamente essere destinatario di ordinanze sindacali con le quali gli viene imposto di gestire e risolvere lo stato di abbandono dei rifiuti.

Dall’analisi della giurisprudenza amministrativa, tuttavia, emerge in linea di principio un orientamento prevalente che esclude la legittimità nei confronti del Curatore fallimentare di provvedimenti di tal fatta, ad eccezione dei casi in cui: (i) quest’ultimo abbia in concreto proseguito l’attività di impresa del soggetto fallito[iv], in forza di un’autorizzazione all’esercizio provvisorio ai sensi dell’art.104, R.D. 16 marzo 1942, n.267; oppure (ii) sussista in capo al Curatore una univoca, autonoma e chiara responsabilità nell’abbandono dei rifiuti[v].

Le pronunce sono giunte a tali conclusioni in considerazione della particolare natura del rapporto tra i beni del fallito e il Curatore fallimentare (il quale non subentra nelle posizioni del soggetto fallito ma ne amministra il patrimonio ai soli fini conservativi preordinati alla liquidazione nell’interesse della massa creditoria) e del principio di derivazione comunitaria “chi inquina paga”, il quale finirebbe per essere sovvertito qualora si scaricassero i costi sui soggetti che, con l’inquinamento, non presentano collegamento diretto alcuno.

Come evidenziato, dunque, in tema di smaltimento dei rifiuti sussiste un orientamento prevalente che, nonostante alcune pronunce in senso contrario[vi], risulta in ogni caso consolidato.

Per quanto riguarda, invece, le ipotesi che riguardano il rischio amianto, le posizioni della giurisprudenza in materia di obblighi della curatela fallimentare appaiono meno univoche.

La gestione delle problematiche in materia di amianto è infatti regolata da una normativa speciale, la cui fonte principale è rappresentata dalla legge 27 marzo 1992, n. 257 (“Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”) e dal D.M. 6 settembre 1994 (“Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’art. 6, comma 3, e dell’art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto”).

Tali disposizioni non classificano l’amianto di per sé come rifiuto, ma come materiale pericoloso, fonte di ben noti rischi sanitari ed ambientali.

A proposito degli obblighi sussistenti in capo al Curatore fallimentare in materia di amianto, con sentenza del 5 giugno 2015, n. 467, il T.A.R. Marche, dopo aver ribadito la circostanza per cui l’amianto non sia di per sé qualificabile come rifiuto dal momento che esso diventa pericoloso per la salute pubblica solo in presenza di determinate condizioni, ha affermato la necessità di un costante monitoraggio della situazione. Infatti, mentre nei casi di abbandono dei rifiuti o di inquinamento ambientale risulta possibile accertare chi sia stato il responsabile dell’inquinamento o se l’attuale proprietario del terreno inquinato sia identificabile o meno quale responsabile di tale inquinamento, nel caso dell’amianto, invece, la situazione è diversa, dal momento che esso diviene pericoloso per la salute pubblica solo in presenza di determinate condizioni. Per tale motivo si rende necessaria una continua sorveglianza della situazione e quindi anche il passaggio delle responsabilità fra cedente e cessionario dei beni immobili in cui sia presente l’amianto.

L’obbligo di monitoraggio di una situazione in grado di evolversi nel tempo consente di scindere le responsabilità e obbliga passivamente il soggetto che detiene il bene nel momento in cui si verifica la circostanza che fa scattare gli obblighi di rimozione e smaltimento previsti dalla normativa speciale. Essendo, dunque, il Curatore l’unico soggetto in grado di garantire tale monitoraggio, tali obblighi non possono che gravare sullo stesso.

In senso conforme si è pronunciato anche il T.A.R. Friuli-Venezia Giulia che in una pronuncia del 2015 aveva affermato: «Il principio “chi inquina paga” dedotto dal ricorrente non è applicabile nel caso della materia “amianto” perché non si tratta di individuare il responsabile dell’inquinamento ma di intervenire con urgenza a tutela della salute pubblica con obblighi a carico dell’attuale detentore, anche se è il curatore fallimentare. Se nel caso di inquinamento del suolo e/o delle falde prodotto da complessi industriali in seguito dismessi o ceduti ad altri imprenditori e riconvertiti o entrati a far parte di procedure concorsuali è applicabile il principio “chi inquina paga” a condizione, ovviamente, che si dimostri che l’inquinamento è stato provocato dal precedente gestore dell’impianto, nel caso dell’amianto la legge 257/1992 impone sorveglianza continua a tutela della salute e obbliga passivamente il soggetto che detiene il bene nel momento in cui si verificano le condizioni per l’applicazione della normativa speciale»[vii].

Il T.A.R. Piemonte, con sentenza 9 maggio 2018, n. 562, è intervenuto sulla questione precisando che l’ordine di rimozione a fronte di una situazione di pericolo da amianto deve essere indirizzato a chi ha la disponibilità del bene. Tale conclusione risulterebbe essere la naturale conseguenza del presupposto per cui «la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di correzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell’azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l’individuazione dell’eventuale responsabile».

Inoltre, il T.A.R. della Toscana, con sentenza 4 febbraio 2019, n. 166, ha affermato che sussiste in capo al Curatore l’obbligo di adottare misure di prevenzione in virtù dei suoi obblighi di custodia, manutenzione e messa in sicurezza sui beni del fallimento.

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Con la sentenza in commento, il T.A.R. della Calabria (CZ) ha annullato l’ordinanza con cui il Sindaco aveva ordinato al Curatore del fallimento proprietario del lotto di terreno e degli immobili e relative tettoie le cui coperture risultano costituite da lastre in cemento amianto (eternit), di provvedere alla bonifica delle suddette coperture mediante rimozione e smaltimento dei materiali, presso una discarica autorizzata, nel termine di 180 giorni dalla sua notifica.

Nella pronuncia viene richiamata la sentenza del Consiglio di Stato, 12 marzo 2020, n. 1758, secondo cui il curatore di un fallimento non può essere destinatario dell’ordinanza contingibile e urgente di rimozione e smaltimento dell’amianto utilizzato in un immobile appartenente alla massa fallimentare, a meno che non vi sia stato esercizio di impresa.

Se, infatti, nell’immobile viene svolta attività d’impresa riconducibile alla curatela fallimentare, il Curatore dovrà realizzare le attività di controllo, custodia e manutenzione; in caso contrario, qualora non venga svolta attività di impresa, il Curatore fallimentare è gravato degli oneri di comunicazione e segnalazione del pericolo alle autorità competenti, nonché degli obblighi di sorveglianza.

Viene, inoltre, precisato che la circostanza per cui il Curatore amministri il patrimonio fallimentare ex art. 31 della legge fallimentare comporta in capo al Curatore gli oneri di conservazione dei beni immobili (intesa come mantenimento della loro esistenza fisica) ai fini dell’utile liquidazione in ambito concorsuale e di evitare a terzi danni causati da situazioni di pericolo imminente, «ma non anche che debba procedere all’eliminazione dei vizi intrinseci degli immobili, assumendosi oneri economici funzionali al miglioramento dei beni».

In tali casi, dunque, qualora non vi sia svolgimento dell’attività di impresa, il Curatore è obbligato alla sorveglianza, al monitoraggio e alla conservazione dei beni immobili nei termini pocanzi evidenziati, ma non può essere destinatario dell’obbligo di eliminare il vizio connesso al rischio amianto.

Sarà, dunque, l’amministrazione comunale che potrà procedere, in via sostitutiva, alla rimozione del pericolo. Infatti, come precisato dalla sentenza, sebbene, infatti, all’interno della L. 27 marzo 1992, n. 257 non vi sia un insieme di disposizioni coincidenti con quelle previste dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che all’art. 250 disciplina gli interventi sostitutivi dell’amministrazione[viii] e all’art. 253 riconosce oneri reali e privilegi speciali sul bene immobile interessato dall’evento sostitutivo al fine di garantire il recupero dei costi da parte dell’amministrazione intervenuta in sostituzione del soggetto responsabile), essa, all’art. 12, co.3, prevede l’intervento sostitutivo delle amministrazioni competenti, con addebito dei costi ai proprietari degli immobili, qualora il soggetto a ciò tenuto, in caso di pericolo di diffusione delle fibre e di rischio per l’ambiente, non voglia o non possa intervenire per rimuovere i materiali contenenti amianto[ix].  Nel caso di fallimento, peraltro, all’amministrazione che sia intervenuta in sostituzione non resterebbe che insinuarsi al passivo fallimentare (a patto che ne ricorrano in presupposti, e con i limiti del soddisfacimento del credito in sede fallimentare) per recuperare i relativi costi[x].

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato.

T.A.R. Calabria (CZ), Sez. I, 8 febbraio 2021, n. 261

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Note:

[i] Si veda, tra le altre, Consiglio di Stato, 26 gennaio 2021, n.3, con commento di F. Vanetti, L’Adunanza Plenaria chiarisce gli obblighi di intervento del curatore fallimentare rispetto ad interventi di bonifica e rimozione dei rifiuti, in questa Rivista, numero 18, febbraio 2021.

[ii] Non è questa la sede per affrontare il tema comunque dibattuto, e la ricostruzione della giurisprudenza nel delineare i confini delle responsabilità derivanti da situazioni di contaminazione.

[iii] Art. 242 ss., d.lgs. n. 152/2006. A tal proposito, tra le altre, Adunanza Plenaria, ord. n. 21/2013 e Corte di Giustizia, 4 marzo 2015 C-534/2013.

[iv] In tal senso, T.A.R. Liguria, sentenza n. 1024/2000, secondo cui la responsabilità del Curatore andava circoscritta ai rifiuti presenti e prodotti durante la gestione provvisoria.

[v] In tal senso, T.A.R. Salerno, n. 11823/2010; T.A.R. Liguria, n. 3543/2010; T.A.R. Veneto, n. 530/2012; T.A.R. Milano, n. 1/2016 e n. 520/2017; T.A.R. Basilicata, n. 293/2017; T.A.R. Emilia-Romagna, n. 644/2017; T.R.G.A. Trento, n. 173/2017 e n. 309/2017; T.A.R. Napoli, n. 829/2018; T.A.R. Palermo, n. 1764/2018.

[vi] Tra cui, ad esempio, T.A.R. Toscana, sent. n. 780/2000, in cui si affermava che il Curatore fosse il legittimo destinatario di un’ordinanza di rimozione dei rifiuti in quanto «la dichiarazione del fallimento priva il fallito della disponibilità dei suoi beni, i quali passano nella massa fallimentare da gestire da parte della curatela».

[vii] T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 12 ottobre 2015, n. 441.

[viii] Art. 250, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152: «Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all’articolo 242 sono realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l’ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio».

[ix] Art. 12, co.3, legge 27 marzo 1992, n. 257: «Qualora non si possa ricorrere a tecniche di fissaggio, e solo nei casi in cui i risultati del processo diagnostico la rendano necessaria, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dispongono la rimozione dei materiali contenenti amianto, sia floccato che in matrice friabile.  Il costo delle operazioni di rimozione è a carico dei proprietari degli immobili».

[x] Da questo punto vista, non sono mancate sentenze che hanno espressamente statuito in tal senso, sia in sede civile che amministrativa (cfr Tribunale Mantova 6 marzo 2003; T.A.R. Milano, n. 1159/2005; T.A.R. Toscana, n. 137/2011).

 

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