Clima e salute: il rapport Lancet Countdown on health and climate change e la COP 26 di Glasgow

28 Nov 2021 | focus, climate change, articoli, contributi, in evidenza 2

di Luciano Butti

Red code for a healthy future”, codice rosso per un futuro in salute. E “No people are safe until everyone is safe”, nessuno si salva se non ci salviamo tutti. Così, rispettivamente, si apre e si chiude quello che è oggi il più recente autorevole rapporto sul riscaldamento globale e sui suoi rapporti con la nostra salute. Si tratta del “2021 Report of the Lancet Countdown on Health and Climate Change”, pubblicato il 20 ottobre 2021 sull’autorevole rivista scientifica internazionale THE LANCET, poco prima dunque della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 26), che si è tenuta a Glasgow, nel Regno Unito, dal 31 ottobre al 12 novembre.

The Lancet Countdown è un progetto internazionale, nel quale sono coinvolti numerosi studiosi, che monitora in modo indipendente le conseguenze sulla salute di un clima che cambia, pubblicando ogni anno indicatori aggiornati.

Ma quali erano, pochi giorni prima della COP26, i contenuti fondamentali del rapporto “Lancet Countdown on health and climate change”?

I 44 indicatori di questo rapporto mostrano un aumento senza sosta degli impatti sulla salute del cambiamento climatico e le attuali conseguenze sulla salute della risposta ritardata e incoerente dei paesi di tutto il mondo, fornendo indicazioni cogenti per un’azione accelerata che metta la salute delle persone e del pianeta sopra ogni altra cosa.

Il mondo infatti non è sulla buona strada. Le emissioni globali di gas serra sono diminuite nel corso del 2020, per effetto della pandemia, ma da allora sono rimbalzate, e i contributi nazionali determinati a livello nazionale sono molto al di sotto degli obiettivi necessari, con poche eccezioni. Australia, Brasile, Cina, Russia e Stati Uniti hanno le maggiori emissioni di gas serra. Ognuno di essi rimane legato alle compagnie di combustibili fossili attraverso sussidi governativi e consumo eccessivo e, nel caso dell’Australia, esportazioni di carbone in continuo aumento. Le emissioni del Brasile sono legate alla perdita della foresta pluviale amazzonica attraverso il disboscamento per l’agricoltura, che sta anche causando una perdita di biodiversità di portata globale e la distruzione delle comunità indigene.

Nella sua risposta a entrambe le crisi che ci colpiscono – la pandemia e il riscaldamento del clima – il mondo si trova di fronte, nello stesso tempo, a rischi gravissimi e ad un’opportunità senza precedenti per garantire un futuro sano per tutti.

Il rapporto 2021 del Lancet Countdown trova un mondo travolto da una crisi sanitaria globale in corso, che ha fatto pochi progressi per proteggere la sua popolazione dagli impatti sanitari, aggravati del cambiamento climatico.

Le malattie infettive sensibili al clima sono di crescente preoccupazione a livello globale e l’idoneità ambientale per la trasmissione di tutte le malattie infettive è in aumento. Per taluni batteri, l’idoneità ambientale per la trasmissione alle latitudini settentrionali è aumentata del 56% dagli anni ’80. Il numero di mesi adatti alla trasmissione della malaria è aumentato in molte nazioni.

Le alte temperature del 2020, un anno che insieme con il 2016 risulta quello più caldo, hanno portato a impatti sulla salute legati al caldo estremo, colpendo il benessere emotivo e fisico delle popolazioni di tutto il mondo. Queste temperature più elevate e i modelli meteorologici alterati stanno anche portando a eventi meteorologici estremi più frequenti, che del resto constatiamo anche in Italia, e a una maggiore esposizione agli incendi e stanno mettendo a rischio anni di progressi nella sicurezza alimentare e idrica in molte parti del mondo.

Nonostante tutto questo, le misure per contenere le emissioni sono state grossolanamente inadeguate. Come mostra il rapporto di THE LANCET, le emissioni stanno diminuendo troppo lentamente o si stanno dirigendo nella direzione sbagliata nei settori a più alta emissione. Questo ritardo nel progresso sta danneggiando la salute di molti, anche a causa dell’esposizione all’inquinamento indoor e ambientale da PM2,5 e di diete malsane. Questi effetti si manifestano in modo diverso tra i gruppi diversi paesi e tra i generi, accentuando le disuguaglianze.

Nonostante anni di rapporti scientifici sugli impatti del cambiamento climatico, gli sforzi per costruire la resilienza sono stati lenti e diseguali, soprattutto nei paesi meno ricchi. Allo stesso tempo, 65 degli 84 paesi esaminati continuano a fornire sussidi per i combustibili fossili che superano qualsiasi entrata ricevuta dalle tasse sul carbonio.

I governi con buona capacità di bilancio hanno risposto alla pandemia con pacchetti di spesa massicci. Ma mentre il mondo si avvicinava alla COP26, la risposta al cambiamento climatico, e gli investimenti commisurati, rimanevano inadeguati. Una ripresa che fosse guidata dai combustibili fossili potrebbe spingere il mondo irrevocabilmente fuori rotta per le ambizioni dell’accordo di Parigi, con costi enormi per la salute umana.

Tutti gli indicatori del Lancet Countdown mostrano invece prove evidenti a sostegno dell’urgenza e dell’opportunità della transizione verde, ma mostrano anche che nessuna persona è al sicuro finché tutti sono al sicuro.

Tuttavia, il futuro non è necessariamente senza speranza. La quinta sezione del rapporto di THE LANCET è incentrata sulle cinque aree fondamentali di attivismo e coinvolgimento nei prossimi anni: i mezzi di comunicazione, il pubblico, la comunità scientifica, i governi nazionali e le aziende. Ebbene, in tutti questi ambiti – e certo anche come ‘effetto collaterale’ della crisi pandemica – è crescente la considerazione unitaria di cambiamento climatico e salute. Il mondo – emerge dal rapporto – ha bisogno di una nuova era di ricerca che sia meno focalizzata sulle previsioni del cambiamento climatico e più sulle previsioni delle conseguenze sociali del futuro riscaldamento e su come affrontarle.

Infine, come spiegato in un editoriale pure pubblicato da THE LANCET il 20 ottobre 2021, con il titolo “The climate emergency: a last chance to act?”, nella lotta per contenere il riscaldamento terrestre è crescente l’importanza dei sistemi alimentari. Questo settore è responsabile di circa il 30% delle emissioni globali di gas serra, e quest’anno la prima carestia climatica è stata documentata in Madagascar. Come per gli obiettivi della COP26, la salute è centrale in queste ambizioni, ma l’enormità dei cambiamenti necessari continua apparentemente a paralizzare l’azione, che ormai non è più negoziabile.

Veniamo ora alla COP26. I quattro obiettivi della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) erano:

  1. Assicurare lo zero netto globale di emissioni entro la metà del secolo e mantenere così il noto obiettivo di 1,5 gradi (aumento massimo di temperatura rispetto ai livelli preindustriali) a portata di mano

Ai paesi è stato chiesto di presentare ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2030 che si allineino al raggiungimento dello zero netto entro la metà del secolo. Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi, i paesi dovranno:

  • accelerare l’eliminazione del carbone;
  • ridurre la deforestazione;
  • accelerare il passaggio ai veicoli elettrici;
  • incoraggiare gli investimenti nelle energie rinnovabili.
  1. Adattarsi per proteggere le comunità e gli habitat naturali

Da questo punto di vista si chiedeva ai paesi di:

  • proteggere e ripristinare gli ecosistemi;
  • costruire difese, sistemi di allarme e infrastrutture e agricoltura resilienti per evitare la perdita di case, mezzi di sussistenza e vite umane.
  1. Mobilitare i finanziamenti

Per raggiungere i nostri primi due obiettivi, i paesi sviluppati devono mantenere la loro promessa di mobilitare almeno 100 miliardi di dollari all’anno di finanziamenti per il clima entro il prossimo anno.

  1. Lavorare insieme per ottenere risultati

Per raggiungere e rendere concreti i primi tre obiettivi, l’impegno della COP 26 era di finalizzare il Paris Rulebook (le regole dettagliate che rendono operativo l’Accordo di Parigi), accelerare l’azione per affrontare la crisi climatica attraverso la collaborazione tra governi, imprese e società civile.

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L’esito della COP 26 è stato controverso, nelle valutazioni dei diversi attori della scena climatica. A fronte di valutazioni positive da parte dei Governi maggiormente impegnati nell’azione sul clima, gli attivisti riunitisi in grande numero a Glasgow hanno manifestato giudizi globalmente negativi.

La verità, probabilmente, sta nel mezzo: passi avanti importanti sono stati compiuti, ma molta strada resta da compiere per risolvere la crisi climatica, ma anche, più prosaicamente, per dare efficace attuazione a quanto previsto dall’Accordo di Parigi.

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