Via libera al taglio boschivo all’interno dei beni di interesse paesaggistico individuati con vincolo provvedimentale

02 Nov 2023 | articoli, contributi

di Alberto Abrami

Il profitto delle imprese forestali è per legge diventato prevalente sull’interesse paesaggistico.

L’art. 5 bis del decreto-legge 10 agosto 2023 n. 104, inserito dalla legge di conversione 9 ottobre 2023 n. 36, ha esteso l’esenzione dall’autorizzazione paesaggistica, già prevista per il taglio colturale da eseguirsi nei boschi e nelle foreste vincolate per legge, ex art. 142, comma 1, lettera g, del d.lgs. n. 42 del 2004, anche per il taglio colturale da eseguirsi nei boschi e nelle foreste compresi nei beni paesaggistici di cui all’art. 136 dello stesso decreto legislativo.

Il richiamato art. 136 del codice dei beni culturali e del paesaggio è dedicato ai beni individuati come di interesse paesaggistico con vincolo provvedimentale, ossia sulla base di un atto amministrativo che li dichiara appunto di notevole interesse pubblico.

L’inserimento del cit. art. 5 bis nel decreto legge n. 104 del 2023 – recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici – ha avuto l’effetto di un grimaldello per il sistema protezionistico; sistema ritenuto, in relazione al bosco, un ostacolo allo sviluppo dell’economia selvicolturale e, conseguentemente, una stortura legislativa.

Con il risultato che si potrà procedere, senza necessità dell’autorizzazione paesaggistica al taglio a raso fino a venti ettari del bosco ceduo e per due/tre ettari dei boschi d’alto fusto – così come prevedono la maggioranza delle leggi forestali regionali – all’interno dei beni paesaggistici individuati con specifici provvedimenti vincolistici, tra cui le bellezze panoramiche; beni, cioè, vincolati mediante un atto amministrativo circoscritto ad un determinato territorio di peculiare bellezza sotto il profilo paesaggistico e di cui il bosco è parte integrante.

Le autorità preposte alla tutela del patrimonio paesaggistico non potranno, infatti, verificare, mediante il rilascio dell’autorizzazione, se l’intervento sul bosco che si intende realizzare sia o meno compatibile con il vincolo che ha, essenzialmente, una funzione estetica, in quanto mira ad evitare che si rechi “pregiudizio all’aspetto esteriore” del bene protetto che si vuole conservare per il godimento visivo.

Qui non ci troviamo davanti ad una protezione di genere relativa ai territori boscati considerati per categoria, come già era previsto nella legge n. 431 del 1985 e ora nell’art. 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio, ma ad una tutela puntiforme riferita ad una area di cui il bosco è elemento costitutivo, significativa di un quadro naturale di particolare bellezza.

A questo punto, prima di procedere oltre, conviene fare un passo indietro per capire appieno la portata (devastante) della novella legislativa; quello infatti che va evidenziato è che si realizza, anche nelle aree individuate come d’interesse pubblico, delle quali abbiamo detto sopra, la stessa selvicoltura  prevista dalla legislazione forestale delle diverse Regioni che considera il bosco una “monocoltura per la produzione di legname”, a prescindere, cioè, da ogni considerazione sulla qualità del bosco e da ogni interesse naturalistico e ambientale di cui il bosco è portatore.

L’interesse al taglio boschivo è, infatti, il dato fondante che caratterizza il testo unico forestale n. 34 del 2018 in vigore, abrogativo del pregresso decreto legislativo n. 227 del 2001, con il quale si erano indirizzate le Regioni verso una selvicoltura di stampo naturalistico, attenta cioè agli interessi ecologici e, in particolare, alla tutela della biodiversità.

Con la legislazione attuale siamo andati in tutt’altra direzione, quella della produzione ad oltranza, tant’è che il proprietario silvano che intenda conservare il bosco ceduo, piuttosto che reciderlo, è sanzionato con la perdita della gestione del bene silvano.

Questa stessa legislazione, che pur dispone il divieto del taglio a raso, consente alle Regioni di autorizzare, in deroga a tale divieto, gli interventi che, secondo la previsione della maggioranza delle leggi regionali, prevedono la recisione del bosco a raso nella misura di cui si è detto sopra.

Questa legislazione forestale regionale potrà ora essere estesa, senza alcuna precauzione, anche alle aree puntualmente vincolate ai fini paesaggistici, senza che le competenti autorità possano verificarne, in sede di rilascio dell’autorizzazione, la compatibilità con l’interesse protetto mediante il vincolo paesaggistico.

Conseguentemente, avremo una lesione al bene protetto visibile per più decenni, soprattutto se si tratta di un bosco d’alto fusto per il quale, se riferito ad alcune specie di conifere, occorrerà ben oltre mezzo secolo per il compimento del ciclo biologico, una volta che si sia proceduto al reimpianto artificiale.

Ma il taglio a raso che potrà attuarsi nelle aree oggetto della nostra riflessione, in conseguenza delle previsioni della legislazione forestale regionale, non costituirà solo un danno visivo al bene protetto secondo le prescrizioni della legislazione di tutela, poiché esso stravolgerà anche gli equilibri ecologici esistenti aumentando, inoltre, il rischio idrogeologico, nonostante che la tutela dell’ambiente, come la tutela della biodiversità e degli ecosistemi, sia stata di recente inserita tra i principi fondamentali della Costituzione.

Per finire, vale la pena ricordare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 239 del 2022, aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1 della legge della Regione Toscana n. 52 del 2021 – che esonerava dall’autorizzazione paesaggistica anche gli interventi da eseguirsi nelle aree vincolate per il loro particolare valore paesaggistico ai sensi dell’articolo 136 del d.lgs. 42/2004, con la sola eccezione di quelle in cui la dichiarazione di notevole interesse pubblico riguardasse in modo esclusivo i boschi – rilevando che la disciplina del provvedimento autorizzatorio, così come l’individuazione delle ipotesi di deroga, attiene al cuore della materia della tutela del paesaggio, di esclusiva competenza statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Ha però ora prevalso, sull’interesse generale, l’interesse delle imprese boschive.

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