Rispetto delle autorizzazioni ambientali: è sufficiente per evitare contestazioni?

02 Mag 2023 | articoli, contributi

di Luciano Butti

Il pieno rispetto delle condizioni e prescrizioni di un’autorizzazione ambientale consente ad un’azienda di operare con piena tranquillità? Oppure azioni civili od esposti penali presentati da soggetti che si ritengono danneggiati possono avere successo, nonostante il rispetto dell’autorizzazione?

Questo complesso interrogativo riguarda ovviamente il ruolo che il puntuale rispetto delle autorizzazioni ambientali ha per valutare la compliance ambientale delle imprese, anche (ma non soltanto) ai fini penali.

Da decenni ormai si affrontano diverse opinioni nella giurisprudenza e nella dottrina.

La giurisprudenza che ultimamente appare prevalente non esclude che, pur in presenza di piena compliance rispetto all’autorizzazione, possano essere avviate azioni legali contro un’azienda.

Ad esempio, alcune sentenze (Cassazione penale 5 febbraio 2021, n. 4633 in materia di emissioni di polveri in atmosfera, nonché Cassazione 30 aprile 2020, n. 13324 in materia di emissioni odorigene) ritengono che possa sussistere un reato penale anche in assenza del superamento dei limiti di legge ovvero ritengono che si possa configurare, nello stesso caso, un illecito civile (Cassazione civile, ord. 24 novembre 2020, n. 26715), con conseguente possibile condanna al risarcimento ma anche al blocco dell’attività (nonostante il rispetto dell’autorizzazione).

Altre decisioni, invece (Cassazione penale 25 maggio 2017, n. 26339 in tema di emissioni in atmosfera) riconoscono, sulla base di un principio di legalità formale, che il reato dell’articolo 674, Codice penale sulle emissioni moleste non si può configurare se le emissioni provengono da attività autorizzata e rimangono nei limiti legali,

Vi è poi in giurisprudenza una posizione in qualche modo intermedia (sostenuta, ad esempio, da Cassazione penale 4 dicembre 2018, n. 54209), che distingue fra il rigido criterio di “stretta tollerabilità” (applicabile alle attività non autorizzate o che violano l’autorizzazione) e quello meno rigido di “normale tollerabilità” (applicabile alle attività che si svolgono nel rispetto dell’autorizzazione).

La mia opinione è che, in linea di principio e con l’importante eccezione che spiegherò oltre, il rispetto pieno dell’autorizzazione dovrebbe essere sufficiente per dimostrare la compliance aziendale ai propri obblighi ambientali.

Infatti, in primo luogo, l’autorizzazione viene di norma emessa dopo una lunga e complessa istruttoria, durante la quale tutti gli impatti ambientali di rilievo dovrebbero essere esaminati. Dopo il rilascio dell’autorizzazione, qualsiasi interessato – perciò non solo l’azienda ma anche il Comune, gruppi ambientalisti e singoli cittadini residenti nell’area – possono contestarne in giudizio il contenuto. Alla luce di tutto questo, non sembra ragionevole consentire che, in qualsiasi successivo momento, la regolarità della condotta aziendale possa essere posta sotto scrutinio, in sede civile o addirittura penale, nonostante il pieno rispetto dell’autorizzazione. E’ naturalmente superfluo osservare che il rispetto pieno dell’autorizzazione comporta anche l’implementazione di tutte le Migliori Tecniche Disponibili (o BAT: Best Available Techniques) richiamate dal provvedimento di autorizzazione o comunque applicabili all’azienda, tenuto conto del suo settore di appartenenza.

In secondo luogo, la stessa Corte costituzionale ha valorizzato – anche se con riferimento a una specifica categoria di impianti – il ruolo decisivo dell’autorizzazione ambientale: il riferimento a tal fine è quello della nota sentenza n. 85/2013 della Corte, secondo la quale nessun valore costituzionale può essere “tiranno” rispetto ad altri valori e principi pure riconosciuti dalla Carta. Questo principio non è affatto isolato in giurisprudenza né limitato a questa decisione della Corte. Ad esempio, la sentenza 23 settembre 2022 n. 8167 del Consiglio di Stato così testualmente si esprime: “Negli ordinamenti democratici e pluralisti si richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. Così come per i diritti (sentenza della Corte costituzionale n. 85/2013), anche per gli interessi di rango costituzionale (vieppiù quando assegnati alla cura di corpi amministrativi diversi) va ribadito che a nessuno di essi la Carta garantisce una prevalenza assoluta sugli altri. La loro tutela deve essere “sistemica” e perseguita in un rapporto di integrazione reciproca. La primarietà di valori come la tutela del patrimonio culturale o dell’ambiente implica che gli stessi non possono essere interamente sacrificati al cospetto di altri interessi (ancorché costituzionalmente tutelati) e che di essi si tenga necessariamente conto nei complessi processi decisionali pubblici, ma non ne legittima una concezione totalizzante, come fossero posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto”.

Una eccezione al descritto principio dovrebbe tuttavia essere operante allorché vengano in gioco impatti ambientali completamente trascurati nel provvedimento di autorizzazione e nella istruttoria tecnica che lo ha preceduto. In questo caso dovrebbe ritornare possibile valutare ex post, nel merito, in sede civile o penale, la tollerabilità delle emissioni, la fattibilità tecnico-economica delle misure di precauzione che sarebbero state necessarie e, conseguentemente, l’esistenza o meno di una responsabilità in capo all’azienda che gestisce l’impianto.

Ritengo che una ricostruzione di questo tipo corrisponda ad una moderna gestione ambientale, che comporta il rispetto delle prerogative dei vari soggetti coinvolti. Fughe in avanti che sviliscono il significato delle autorizzazioni hanno invece l’effetto, nel lungo termine, di far perdere serietà all’intero meccanismo della tutela istituzionale dell’ambiente.

SCARICA L’ARTICOLO IN PDF

Rispetto delle autorizzazioni ambientali. Sufficiente per evitare contestazioni

Scritto da