Parliamo di acqua

02 Apr 2023 | editoriale, articoli

di Stefano Nespor

In questo mese di marzo 2023, si sono succedute due importanti notizie che riguardano l’acqua, un argomento di fondamentale importanza per l’ambiente.

Prima di tutto, qualche dato. La Terra è fatta per il 70% di acqua. Il 97% è acqua di mare, il residuo 3% è solidificato nei poli e nei ghiacciai. Il risultato è che l’acqua dolce a disposizione dell’umanità è circa lo 0,08% del totale. L’aspetto positivo è però che, a differenza del petrolio, l’acqua è prodotta ogni anno ed è quindi una risorsa rinnovabile.

Globalmente la produzione annua di acqua – circa 40 miliardi di metri cubi – sarebbe ampiamente sufficiente per la popolazione umana. Ci sono però due problemi.

Il primo è che l’acqua, come la maggior parte delle risorse naturali, non è distribuita in modo uniforme sul pianeta: c’è chi ne ha troppa (come il Canada, l’Irlanda o la Finlandia), chi troppo poca (come il Medio Oriente o molte regioni africane).

Il secondo è che la maggior parte dell’acqua dolce disponibile viene usata dall’industria (circa il 20%) e, soprattutto, tra enormi sprechi e inefficienze, dall’agricoltura, che consuma a livello mondiale oltre il 75% dell’acqua dolce disponibile, giungendo in alcuni paesi fino al 90%.

Cominciamo con la cattiva notizia.

Si è appena svolta a New York la UN Water Conference, organizzata da UN – Water, il “meccanismo” delle Nazioni Unite che coordina i programmi concernenti le risorse e la disponibilità di acqua, gestiti da oltre trenta agenzie e organizzazioni internazionale (informazioni su UN 2023 Water Conference | UN-Water (unwater.org).

In occasione della Conferenza è stato pubblicato dalla Global Commission on the Economics of Water un rapporto (Turning the Tide: A Call to Collective Action (watercommission.org) con l’avvertimento che è imminente una crisi globale: entro  pochi anni la domanda globale di acqua dolce sarà superiore del 40% rispetto alla disponibilità, con rilevanti conseguenze sul cambiamento climatico e sulla biodiversità. Secondo il Rapporto, Stati e regioni sono interconnessi nella produzione di acqua molto più di quanto si pensi: molti paesi, infatti, dipendono per gran parte delle loro risorse idriche dai paesi confinanti. Di conseguenza è necessario istituire un organismo mondiale per la gestione dell’acqua come un bene comune globale per evitare crisi umanitarie e conseguenti migrazioni forzate e il proliferare di guerre per l’acqua. È inoltre urgente, secondo il Rapporto, che gli Stati cessino le politiche che prevedono sussidi e agevolazioni per attività industriali e agricole che sprecano e utilizzano senza criterio risorse idriche e sviluppino progetti per la razionale gestione delle risorse.

Ora, la buona notizia.

Sempre a New York, pochi giorni prima della Conferenza sull’acqua, è stato sottoscritto, dopo quasi vent’anni di negoziati, il Trattato sull’Alto Mare, che riguarda l’area marina e oceanica che comincia a 200 miglia nautiche al largo delle coste, al di là delle Zone Economiche Esclusive (ZEE) sottoposte alla giurisdizione degli Stati.

L’Alto Mare rappresenta il 64% della superficie dell’oceano e il 45% dell’intera superficie terrestre. Qui gli Stati hanno il diritto di navigare, pescare, fare ricerca ed esplorare l’area sottomarina anche per fini commerciali. L’Alto mare svolge un ruolo fondamentale nell’equilibrio dell’ambiente globale, poiché assicura un habitat a specie cruciali per la salute del pianeta e, assorbendo anidride carbonica, mitiga l’impatto del cambiamento climatico.

Sarà ora possibile attuare l’obiettivo proposto nella Conferenza sulla biodiversità del dicembre 2022 e stabilire aree oceaniche protette (Marine Protected Areas, MPA) in modo da proteggere il 30% dell’Alto Mare entro il 2030 (cosiddetto progetto 30×30) per conservare la fauna ittica e le risorse genetiche presenti. A questo fine dovrà essere predisposta una valutazione di impatto ambientale prima di realizzare qualsiasi progetto di sfruttamento delle risorse marine (anche se sono state escluse dalla valutazione le ricerche minerarie sui fondali marini).

Il Commissario europea per l’ambiente e gli oceani ha dichiarato che il Trattato rappresenta un momento di importanza storica e gli esponenti delle maggiori organizzazioni ambientaliste hanno commentato positivamente il risultato raggiunto.

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