L’eterno ritorno

02 Nov 2023 | articoli, editoriale

di Stefano Nespor

Mai dire mai: il nucleare è tornato” è il titolo di un articolo pubblicato dodici anni fa, nel 2011, sulla Rivista giuridica dell’ambiente. Scrivevo: “Stiamo assistendo a un replay.. di una storia già accaduta e già malamente conclusasi. Non diversamente da oggi, negli anni Cinquanta l’energia nucleare era l’energia del futuro; trent’anni dopo era un’illusione svanita” e mi chiedevo se la resurrezione del nucleare avrebbe fatto la stessa fine.

L’obiettivo di tornare alla produzione di energia nucleare in Italia, dopo il suo abbandono a seguito dei referendum del 1987 (seguito al disastro di Cernobil) fu inserito nella “Strategia energetica nazionale” approvata con vari interventi legislativi tra il 2008 e il 2011.

L’esito è noto: ancora una volta un disastro, questa volta in Giappone a Fukushima (marzo 2011) e un altro referendum posero fine al replay.

Ma ecco che nel maggio 2023 la Camera dei deputati ha approvato una mozione che impegna l’esecutivo a prendere nuovamente in considerazione l’energia nucleare, dopo che è stata inserita nella lista degli investimenti per mitigare il cambiamento climatico dal Parlamento europeo.

È stata così istituita anche la Piattaforma per il nucleare sostenibile dove enti pubblici di ricerca, associazioni scientifiche, esponenti del mondo delle università e soggetti statali operanti nel settore della sicurezza nucleare si confronteranno per definire tempi e progetti per la ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia.

L’eterno ritorno, annunciato dal Demone nella Gaia Scienza di Nietzsche, si riferiva quasi certamente all’energia nucleare in Italia.

La giustificazione più diffusa è l’urgenza di mitigare il cambiamento climatico, tenuto conto che sempre più difficile da rispettare appare l’obiettivo fissato dall’IPCC di contenere l’aumento della temperatura media globale a non più del 2% entro la fine del secolo e, soprattutto, assai impervio è per l’Italia il raggiungimento dell’obiettivo del 55% di emissioni in meno entro il 2030 (si vedano in proposito i risultati della seconda edizione di Zero Carbon Policy Agenda, presentata il 23 ottobre 2023 a Milano da Energy & Strategy – School of Management Politecnico di Milano  www.vaielettrico.it/obiettivo-zero-carbon-piange-lagenda-italiana/).

Da quanto si comprende, il progettato ritorno del nucleare è basato sugli Small Modular Reactors (SMR), una sigla che non indica alcun specifico modello ma numerosi progetti e alcuni prototipi che variano per energia erogata e caratteristiche tecniche e stato di avanzamento (si veda della World Nuclear Association Small Nuclear Power Reactors, https://world-nuclear.org/information-library/nuclear-fuel-cycle/nuclear-power-reactors/small-nuclear-power-reactors.aspx

Tutti hanno in comune una caratteristica: a differenza delle centrali nucleari sono di piccole dimensioni e possono essere realizzati in serie e consegnati già montati nel luogo di destinazione (anche a Milano fra pochi anni, secondo l’attuale vicepresidente del consiglio).

In realtà anche gli SMR non sono una novità. Anzi, sono stati oggetto di discussione e dopo poco tempo abbandonati già negli anni Cinquanta del secolo scorso perché si è preferito indirizzare la ricerca verso lo sviluppo delle c.d. centrali nucleari di IV generazione (tuttora allo studio).

Sono tornati poi di attualità negli anni Ottanta, dopo Cernobil, e sono stati prospettati come il futuro dell’energia nucleare e come la soluzione preferibile alle grandi centrali, perché più sicuri, più veloci da realizzare e meno costosi. Nel 2001 hanno ricevuto ingenti finanziamenti governativi dal Governo statunitense: si riteneva che avrebbero potuto essere immessi sul mercato di lì a pochi anni.

Tuttavia, i due progetti finanziati non hanno avuto un esito felice: uno è fallito e dopo anni di tentativi è stato abbandonato, il secondo dovrebbe entrare in funzione verso il 2030, quasi vent’anni dopo l’avvio del progetto (John Downey, Three Takeaways from Babcock & Wilcox’s Latest Earnings, in Charlotte Business Journal, 26 February 2015, www.bizjournals.com/charlotte/blog/energy/2015/02/three-takeaways-from-babcock-wilcox-s-latest.html?page=all).

Attualmente, a quanto risulta, ci sono circa ottanta SMR in 19 paesi, tutti diversi per caratteristiche e ancora in fase di sperimentazione nelle prime fasi di sviluppo, mentre due prototipi sono in funzione: uno in Russia su una piattaforma galleggiante e uno in Cina di cui si sa poco.

La realtà è che ad oggi nessun SMR è in commercio.

Molte sono le ragioni.

La proliferazione di impianti non diminuisce ma aumenta i rischi di gestione: occorre presidiare e custodire un numero maggiore di località, sorvegliare i trasporti del “combustibile” radioattivo e dei rifiuti. Secondo alcuni studi, i costi potrebbero essere maggiori rispetto agli impianti tradizionali: un piccolo impianto costa molto meno di una centrale, ma il singolo MWh prodotto costa di più.

Ma, come si sa, ogni tecnologia non ancora in esercizio e sempre migliore di quelle già esistenti.

A prescindere dai molti problemi posti dall’utilizzo dell’energia nucleare e dagli SMR in particolare la domanda è: i tempi necessari per rendere operativi gli SMR sono compatibili con gli obblighi assunti dall’Italia per il contenimento del cambiamento climatico e con le attuali necessità di approvvigionamento energetico?

Le risposte non sono incoraggianti: le previsioni sono che alla fine di questo decennio il contributo degli SMR alla mitigazione del cambiamento climatico o alle necessità energetiche sarà pari a zero (Arjun MakhijaniM.V. Ramana, Can small modular reactors help mitigate climate change? in Bulletin of the Atomic Scientists, 21 luglio 2021 https://thebulletin.org/premium/2021-07/can-small-modular-reactors-help-mitigate-climate-change/ e Environmental Working Group, Why Small Modular Nuclear Reactors Won’t Help Counter the Climate Crisis, 25 marzo 2023 www.ewg.org/news-insights/news/why-small-modular-nuclear-reactors-wont-help-counter-climate-crisis).

Quindi gli investimenti incanalati verso lo sviluppo degli SMR ridurranno le risorse da destinare alle energie rinnovabili e non serviranno per rispettare gli impegni da rispettare entro il 2030.

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