di Urbano Barelli
SOMMARIO – 1. La progressiva riduzione dell’impatto ambientale della plastica in Europa. – 2. Il Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare. – 3. Il pacchetto sull’economia circolare dell’Unione europea. – 4. La Strategia europea per la plastica nell’economia circolare. – 5. La direttiva 2019/904/UE sulla riduzione della plastica monouso. – 5.1. (Segue) L’elenco dei prodotti. – 5.2. (Segue) La responsabilità estesa del produttore. – 6. L’Alleanza Circolare per la Plastica promossa dall’Unione Europea. – 7. Il Green Deal della Commissione Von der Leyen. – 8. La normativa italiana e l’attuazione da parte dello Stato italiano della Strategia europea per la plastica nell’economia circolare. – 8.1. Il divieto per i bastoncini per le orecchie e delle microplastiche nei prodotti cosmetici. – 8.2. La plastic tax: la nuova imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI). – 9. L’attuazione da parte delle Regioni e dei Comuni della disciplina europea sulla plastica. – 10. La legge regionale n.37/2019 della Regione Toscana. – 11. La legge regionale n.27/2019 della Regione Marche. – 12. La legge regionale n.26/2019 della Regione Campania. – 13. Le ordinanze e la giurisprudenza amministrative: il caso della Regione Puglia. – 13.1 (Segue) Il caso della Regione Sicilia. – 13.2. (Segue) Il caso del Comune di Teramo. – 13.3. (Segue) Il caso del Comune di Andria. – 14. Il fondamento normativo delle leggi regionali e delle ordinanze amministrative contro la dispersione della plastica nell’ambiente.
- La progressiva riduzione dell’impatto ambientale della plastica in Europa.
E’ noto che la plastica è ampiamente utilizzata nell’economia: negli imballaggi, nell’edilizia, nelle autovetture, nell’elettronica, nell’agricoltura e in altri settori. La produzione mondiale di plastica secondo la Commissione europea è 20 volte superiore a quella degli anni ‘60 e, stando alle previsioni, entro il 2050 potrà quasi quadruplicare. Sebbene esistano migliaia di tipi di plastica, il 90% di questi deriva dai combustibili fossili vergini. Circa il 6% del consumo mondiale di petrolio è utilizzato per produrre plastica e tale percentuale potrebbe raggiungere il 20% entro il 2050. I dati del settore indicano, sempre secondo la Commissione, che in Europa il 42% dei rifiuti di plastica post-consumo è sottoposto a incenerimento con recupero di energia, il 31% è riciclato e il 27% e collocato in discarica. Circa il 63% dei rifiuti di plastica raccolti e riciclati sono smaltiti nell’Unione europea mentre il restante 37% è esportato.
Una plastica non costosa, duratura e versatile presenta molteplici benefici, tuttavia per la Commissione europea, le stesse qualità possono anche costituire un problema quando la plastica finisce nell’ambiente, con conseguenze negative per la natura, il clima e la salute umana. Si stima che una percentuale compresa tra il 2 e il 5% della plastica prodotta finisca negli oceani causando danni per gli ecosistemi costieri e marini. Particolarmente preoccupante è la microplastica poiché può essere ingerita dagli animali selvatici, causando potenziali danni fisici, pregiudicando la fertilità e fungendo da vettore delle tossine (https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/ATAG/2018/625163/EPRS_ATA(2018)625163_IT.pdf).
In un’intervista del 13 gennaio 2020 al quotidiano tedesco Die Welt, il nuovo commissario all’Ambiente, il lituano Virginijus Sinkevicius, ha dichiarato l’intenzione di Bruxelles di bandire dopo la plastica monouso, anche gli involucri monouso e che entro la fine dell’anno verrà fornito un elenco molto dettagliato di tutti quei prodotti che contengono microplastiche o che utilizzano microplastiche, per fare in modo che questi prodotti non rilascino più microplastiche.
Il tema della plastica e del suo impatto sull’ambiente sono, quindi, destinati ad ampliarsi, come conferma la disamina dei documenti e della normativa europei e, in particolare, la reazione italiana a tali documenti e normativa che si vanno a ricostruire ed esaminare.
2. Il Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare.
Il documento dal quale partire per ricostruire il tema della plastica in Europa è “L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare” del 2 dicembre 2015, con il quale la Commissione europea si è posta l’obiettivo di promuovere la transizione dall’economia lineare a quella circolare. Tale documento descrive la strategia europea sull’economia circolare, che si è concretizzata nelle quattro direttive sull’economia circolare e, poi, specificata nella Strategia europea per la riduzione della plastica.
Nell’economia lineare lo schema è quello dell’estrazione, produzione, consumo, smaltimento; cioè terminato il consumo termina anche il ciclo del prodotto che diventa rifiuto, costringendo la catena economica a riprendere continuamente lo stesso schema. L’economia circolare è, invece, un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun’altro.
La transizione verso un’economia circolare è – si legge nel documento della Commissione – una componente indispensabile degli sforzi messi in campo dall’Unione europea per sviluppare un’economia che sia sostenibile, rilasci poche emissioni di biossido di carbonio, utilizzi le risorse in modo efficiente e resti competitiva. Questa transizione offre all’Europa l’occasione di trasformare l’economia e generare nuovi vantaggi competitivi sostenibili.
Il piano d’azione definisce 54 misure per “chiudere il cerchio” del ciclo di vita dei prodotti: dalla produzione e dal consumo fino alla gestione dei rifiuti e al mercato delle materie prime secondarie. Inoltre, individua cinque settori prioritari per accelerare la transizione lungo la loro catena del valore (materie plastiche, rifiuti alimentari, materie prime essenziali, costruzione e demolizione, biomassa e materiali biologici).
In particolare nel documento si annuncia sia la volontà della Commissione di adottare una strategia sulla plastica nell’economia circolare (per affrontare questioni come la riciclabilità, la biodegradabilità, la presenza di sostanze pericolose in alcune materie plastiche e i rifiuti marini), che quella di proporre, nella revisione delle norme sui rifiuti, un obiettivo più ambizioso per il riciclaggio degli imballaggi di plastica.
Secondo il piano d’azione, l’economia circolare darà impulso alla competitività dell’Unione mettendo al riparo le imprese dalla scarsità delle risorse e dalla volatilità dei prezzi e contribuendo a creare sia nuove opportunità commerciali sia modi di produzione e consumo innovativi e più efficienti. Oltre a generare posti di lavoro a livello locale e per tutte le qualifiche, offrendo opportunità di integrazione e coesione sociale, farà risparmiare energia e contribuirà a evitare danni irreversibili in termini di clima, biodiversità e inquinamento di aria, suolo e acqua, causati dal consumo delle risorse a un ritmo che supera la capacità della Terra di rinnovarle.
3. Il pacchetto sull’economia circolare dell’Unione europea.
Insieme al Piano d’azione, il 2 dicembre 2015 la Commissione ha approvato anche un pacchetto di direttive sull’economia circolare con cui ha previsto e proposto la modifica di sei direttive: direttive su rifiuti (2008/98/Ce), imballaggi (1994/62/Ce), discariche (1999/31/Ce), rifiuti elettrici ed elettronici (2012/19/Ue), veicoli fuori uso (2000/53/Ce) e pile (2006/66/Ce).
La proposta della Commissione europea è stata poi sottoposta all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea che il 30 maggio 2018 hanno adottato in via definitiva le nuove direttive 2018/849/UE, 2018/850/UE, 2018/851/UE, 2018/852/UE, entrate in vigore il 4 luglio 2018 e che gli Stati membri dovranno recepire entro il 5 luglio 2020.
Tra gli obiettivi delle nuove direttive è previsto il riciclo entro il 2025 per almeno il 55% dei rifiuti urbani (60% entro il 2030 e 65% entro il 2035) e parallelamente si vincola lo smaltimento in discarica (fino ad un massimo del 10% entro il 2035). Il 65% degli imballaggi dovrà essere riciclato entro il 2025 e il 70% entro il 2030. I rifiuti tessili e i rifiuti pericolosi delle famiglie dovranno essere raccolti separatamente dal 2025 e, sempre a partire dal 2025, i rifiuti biodegradabili dovranno essere obbligatoriamente raccolti separatamente o riciclati a casa attraverso il compostaggio, è inoltre previsto il limite massimo del 10% di rifiuti urbani da smaltire in discarica entro il 2035.
La strategia a lungo termine è quella di coinvolgere le aziende nel realizzare prodotti con materiali nuovi, interamente riutilizzabili e che quindi non generino scarti, mentre quella a breve e medio termine è di gestire gli scarti prodotti in modo più responsabile, attraverso il riutilizzo ed il riciclo.
Le nuove direttive puntano a migliorare l’ambiente, con una riduzione media annua delle emissioni di 617 milioni di tonnellate di Co2 equivalente, e ad avere anche un impatto positivo sull’occupazione, con almeno 500 mila posti di lavoro in più. Inoltre, l’economia circolare potrebbe fare da volano all’economia dell’area euro favorendo, secondo stime del Parlamento Europeo, una crescita del Pil fino al 7% in più entro il 2035.
4. La Strategia europea per la plastica nell’economia circolare.
Dando seguito al Piano d’azione ed al pacchetto sull’economia circolare del 2 dicembre 2015, il 16 gennaio 2018 la Commissione europea ha approvato la “Strategia europea per la plastica nell’economia circolare”, partendo dalla considerazione che troppo spesso il modo in cui la plastica è attualmente prodotta, utilizzata e smaltita non permette di cogliere i vantaggi economici di un approccio più “circolare” e danneggia l’ambiente.
Il documento mette l’accento sulla necessità di affrontare con urgenza i problemi ambientali che incombono sulla produzione, sull’uso e sul consumo della plastica. I milioni di tonnellate di rifiuti di plastica che finiscono ogni anno negli oceani sono uno dei segnali più evidenti e allarmanti di questi problemi e destano crescente preoccupazione nell’opinione pubblica. Per ripensare e migliorare il funzionamento di una catena del valore così complessa sono necessari, secondo la Commissione, sforzi e una maggiore cooperazione da parte di tutti i principali soggetti coinvolti, dai produttori di materie plastiche ai gestori del riciclaggio, dai dettaglianti ai consumatori. Sono necessarie inoltre soluzioni innovative e una visione condivisa per orientare gli investimenti nella giusta direzione.
L’industria della plastica è importante per l’economia europea e, accrescendone la sostenibilità, secondo la Commissione europea si possono creare nuove opportunità di innovazione, competitività e occupazione, in linea con gli obiettivi perseguiti dalla nuova strategia di politica industriale dell’UE.
Sempre la Commissione ritiene che l’UE è nella posizione migliore per guidare la transizione verso la plastica del futuro e la Strategia per la plastica nell’economia circolare pone le basi per una nuova economia della plastica, in cui la progettazione e la produzione di questo materiale e dei suoi prodotti rispondano pienamente alle esigenze di riutilizzo, riparazione e riciclaggio e in cui il loro sviluppo avvenga all’insegna della sostenibilità. Ciò condurrà a un valore aggiunto più elevato e a una maggiore prosperità in Europa e stimolerà l’innovazione.
L’inquinamento da plastica sarà limitato, secondo la Commissione, come pure il suo impatto negativo sulla nostra vita e sull’ambiente. Perseguendo questi obiettivi, la strategia vuole contribuire anche a conseguire l’obiettivo prioritario della Commissione di realizzare un’Unione dell’energia con un’economia a basse emissioni di carbonio ed efficiente nell’impiego delle risorse e dell’energia e dare un contributo concreto al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati nell’Agenda 2030 e nell’accordo di Parigi.
5. La direttiva 2019/904/UE sulla riduzione della plastica monouso.
Dopo la “Strategia per la plastica nell’economia circolare”, il 21 maggio 2019 l’Unione europea ha approvato la direttiva 2019/904/UE “sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente”, pubblicata il 12 giugno 2019, entrata in vigore il 4 luglio 2019 e con obbligo di recepimento da parte degli Stati entro il 3 luglio 2021.
La direttiva mira a prevenire e contrastare i rifiuti marini e stabilisce norme più severe per i tipi di prodotti e di imballaggi che rientrano tra i dieci prodotti inquinanti più spesso rinvenuti sulle spiagge europee e vieta l’utilizzo di determinati prodotti in plastica usa e getta per i quali esistono alternative in commercio.
Il considerevole impatto negativo di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, la salute e l’economia – si legge nel preambolo – rende necessaria l’istituzione di un quadro giuridico specifico per ridurre efficacemente l’impatto negativo della plastica.
La direttiva prevede l’introduzione di misure che entrano in vigore con date differenziate rispetto a quella del recepimento della stessa direttiva, come:
- regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR) per alcuni prodotti tra i quali: tazze da caffè, contenitori di alimenti per cibo da asporto pronto al consumo, filtri di sigarette, palloncini, reti da pesca, salviette umidificate. Per tali prodotti le attività di raccolta a fine vita e di pulizia che devono essere finanziati dai produttori (sia come attività di raccolta a fine vita che di pulizia). A seconda del prodotto, tra gennaio 2023 e il 31 dicembre 2024 debbono essere soddisfatti gli obblighi aggiuntivi;
- obiettivi di raccolta e riciclo per le bottiglie: i paesi membri dovranno raccogliere separatamente da altri flussi il 77% di quanto immesso al consumo entro il 2025 e il 90% entro il 2029;
- obiettivi di riduzione per i prodotti monouso in plastica considerati ancora non facilmente sostituibili come tazze da passeggio e contenitori di alimenti per cibo da asporto pronto al consumo (e loro eventuali tappi o coperchi). Gli obiettivi di riduzione vengono demandati ai paesi dell’UE, così come le misure per raggiungerli tra possibilità di restrizioni all’uso e promozione di alternative riutilizzabili, con o senza incentivazioni economiche;
- contenuto di materiale riciclato obbligatorio: a partire dal 2025, le bottiglie in plastica dovranno contenere un minimo del 25% di materiale riciclato, percentuale che salirà al 30% nel 2030;
- tappi e coperchi solidali con il contenitore per le confezioni di bevande in plastica (al più tardi cinque anni dopo l’entrata in vigore della direttiva i tappi dovranno essere non separabili dal contenitore);
- etichettatura obbligatoria per prodotti come filtri di sigaretta, bicchieri di plastica, assorbenti e salviette umidificate, per informare i consumatori sugli impatti negativi in caso di abbandono nell’ambiente e fornire indicazione sul corretto smaltimento (due anni dopo l’entrata in vigore della direttiva).
5.1. (Segue) L’elenco dei prodotti.
Molto dettagliato è l’elenco dei prodotti considerati dalla direttiva.
I prodotti di plastica monouso per i quali si stabilisce la riduzione del consumo (art.4) sono: 1) tazze per bevande, inclusi i relativi tappi e coperchi; 2) contenitori per alimenti, ossia recipienti quali scatole con o senza coperchio, usati per alimenti: a) destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto; b) generalmente consumati direttamente dal recipiente; e c) pronti per il consumo senza ulteriore preparazione, per esempio cottura, bollitura o riscaldamento, compresi i contenitori per alimenti tipo fast food o per altri pasti pronti per il consumo immediato, a eccezione di contenitori per bevande, piatti, pacchetti e involucri contenenti alimenti.
I prodotti di plastica monouso per i quali si stabilisce il divieto (art.5) sono: 1) bastoncini cotonati (tranne quando rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 90/385/CEE del Consiglio o della direttiva 93/42/CEE del Consiglio); 2) posate (forchette, coltelli, cucchiai, bacchette); 3) piatti; 4) cannucce (tranne quando rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 90/385/CEE o della direttiva 93/42/CEE); 5) agitatori per bevande; 6) aste da attaccare a sostegno dei palloncini, tranne i palloncini per uso industriale o altri usi e applicazioni professionali che non sono distribuiti ai consumatori, e relativi meccanismi; 7) contenitori per alimenti in polistirene espanso, ossia recipienti quali scatole con o senza coperchio, usati per alimenti: a) destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto; b) generalmente consumati direttamente dal recipiente; e c) pronti per il consumo senza ulteriore preparazione, per esempio cottura, bollitura o riscaldamento, compresi i contenitori per alimenti tipo fast food o per altri pasti pronti per il consumo immediato, a eccezione di contenitori per bevande, piatti, pacchetti e involucri contenenti alimenti; 8) contenitori per bevande in polistirene espanso e relativi tappi e coperchi; 9) tazze per bevande in polistirene espanso e relativi tappi e coperchi.
L’art.6 prevede che gli Stati membri provvedono a che i prodotti di plastica monouso elencati nella parte C dell’allegato i cui tappi e coperchi sono di plastica possano essere immessi sul mercato solo se i tappi e i coperchi restano attaccati ai contenitori per la durata dell’uso previsto del prodotto e che i tappi e coperchi di metallo con sigilli di plastica non sono considerati fatti di plastica.
L’allegato C citato nell’art.6 contiene l’elenco dei prodotti: i contenitori per bevande con una capacità fino a tre litri, vale a dire recipienti usati per contenere liquidi, per esempio bottiglie per bevande e relativi tappi e coperchi, nonché imballaggi compositi di bevande e relativi tappi e coperchi (ma non i contenitori in vetro o metallo per bevande con tappi e coperchi di plastica ed i contenitori per bevande destinati e usati per alimenti a fini medici).
L’art.7 dispone che gli Stati membri provvedono a che ciascun prodotto di plastica monouso elencato nella parte D dell’allegato e immesso sul mercato rechi sull’imballaggio o sul prodotto stesso una marcatura in caratteri grandi, chiaramente leggibili e indelebili che comunica ai consumatori le informazioni circa le modalità corrette di gestione del rifiuto per il prodotto, per lo stesso prodotto, le forme di smaltimento dei rifiuti da evitare, in linea con la gerarchia dei rifiuti e la presenza di plastica nel prodotto e la conseguente incidenza negativa sull’ambiente della dispersione o di altre forme di smaltimento improprie del rifiuto.
L’allegato D, citato dall’art.7, reca il seguente elenco: 1) assorbenti e tamponi igienici e applicatori per tamponi; 2) salviette umidificate, ossia salviette pre-inumidite per l’igiene personale e per uso domestico; 3) prodotti del tabacco con filtri e filtri commercializzati in combinazione con i prodotti del tabacco; 4) tazze per bevande.
L’art.8 prevede che gli Stati membri provvedono a che siano istituiti regimi di responsabilità estesa del produttore per tutti i prodotti di plastica monouso elencati nella parte E dell’allegato immessi sul mercato degli Stati membri, per i seguenti prodotti (Allegato E): 1) contenitori per alimenti, ossia recipienti quali scatole con o senza coperchio, usati per alimenti destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto, generalmente consumati direttamente dal recipiente e pronti per il consumo senza ulteriore preparazione, per esempio cottura, bollitura o riscaldamento, compresi i contenitori per alimenti tipo fast food o per altri pasti pronti per il consumo immediato, a eccezione di contenitori per bevande, piatti, pacchetti e involucri contenenti alimenti; 2) pacchetti e involucri in materiale flessibile e contenenti alimenti destinati al consumo immediato direttamente dal pacchetto o involucro senza ulteriore preparazione; 3) contenitori per bevande con una capacità fino a tre litri, ossia recipienti usati per contenere liquidi, per esempio bottiglie per bevande e relativi tappi e coperchi, nonché imballaggi compositi di bevande e relativi tappi e coperchi, ma non i contenitori in vetro o metallo per bevande con tappi e coperchi di plastica; 4) tazze per bevande, inclusi i relativi tappi e coperchi; 5) sacchetti di plastica in materiale leggero.
L’art.8, paragrafo 3, prevede un’ulteriore disciplina sulla copertura dei costi per i prodotti di plastica monouso, quali salviette umidificate, ossia salviette pre-inumidite per l’igiene personale e per uso domestico, e palloncini, tranne i palloncini per uso industriale o altri usi e applicazioni professionali che non sono distribuiti ai consumatori.
Inoltre, sempre l’art.8, paragrafo 3, prevede che i prodotti del tabacco con filtri e filtri commercializzati in combinazione con i prodotti del tabacco (Allegato E, III), gli Stati membri assicurano che i produttori coprano inoltre i costi della raccolta dei rifiuti per tali prodotti conferiti nei sistemi di raccolta pubblici, compresa l’infrastruttura e il suo funzionamento, e il successivo trasporto e trattamento di detti rifiuti. Tali costi possono includere la creazione di infrastrutture specifiche per la raccolta dei rifiuti per tali prodotti, per esempio appositi recipienti nei luoghi in cui i rifiuti sono abitualmente gettati.
L’art.9 disciplina la raccolta differenziata e prevede che gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare la raccolta differenziata per il riciclaggio: entro il 2025, di una quantità di rifiuti di prodotti di plastica monouso elencati nella parte F dell’allegato pari al 77%, in peso, di tali prodotti di plastica monouso immessi sul mercato in un determinato anno; entro il 2029, di una quantità di rifiuti di prodotti di plastica monouso elencati nella parte F dell’allegato pari al 90 %, in peso, di tali prodotti di plastica monouso immessi sul mercato in un determinato anno. I prodotti di plastica monouso elencati nella parte F dell’allegato immessi sul mercato in uno Stato membro possono essere considerati equivalenti alla quantità di rifiuti generati da tali prodotti, compresi i rifiuti dispersi, nello stesso anno in tale Stato membro. A tal fine gli Stati membri possono, tra l’altro, istituire sistemi di cauzione-rimborso, e stabilire obiettivi di raccolta differenziata per i pertinenti regimi di responsabilità estesa del produttore.
L’Allegato F, citato nell’art.9, precisa che rientrano nella previsione di quest’ultimo, le bottiglie per bevande con una capacità fino a tre litri, compresi i relativi tappi e coperchi, ma non le bottiglie per bevande in vetro o metallo con tappi e coperchi di plastica, né le bottiglie per bevande destinate e usate per alimenti a fini medici speciali.
L’art.10 descrive le misure di sensibilizzazione e comunicazione dei consumatori in merito alla disponibilità di alternative riutilizzabili, di sistemi di riutilizzo e le opzioni di gestione dei rifiuti per i prodotti di plastica monouso e per attrezzi da pesca contenenti plastica e le migliori pratiche in materia di gestione dei rifiuti; l’incidenza sull’ambiente della dispersione o altro smaltimento improprio dei rifiuti di tali prodotti di plastica monouso e di attrezzi da pesca contenenti plastica; e l’impatto dei metodi impropri di smaltimento dei rifiuti di tali prodotti di plastica monouso sulla rete fognaria.
Questi i prodotti interessati (Allegato G): 1) contenitori per alimenti, ossia recipienti quali scatole con o senza coperchio, usati per alimenti, destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto, generalmente consumati direttamente dal recipiente, e pronti per il consumo senza ulteriore preparazione (per esempio cottura, bollitura o riscaldamento), compresi i contenitori per alimenti tipo fast food o per altri pasti pronti per il consumo immediato, a eccezione di contenitori per bevande, piatti, pacchetti e involucri contenenti alimenti; 2) pacchetti e involucri in materiale flessibile e contenenti alimenti destinati al consumo immediato direttamente dal pacchetto o involucro senza ulteriore preparazione; 3) contenitori per bevande con una capacità fino a tre litri, ossia recipienti usati per contenere liquidi, per esempio bottiglie per bevande e relativi tappi e coperchi, nonché imballaggi compositi di bevande e relativi tappi e coperchi, ma non i contenitori in vetro o metallo per bevande con tappi e coperchi di plastica; 4) tazze per bevande e relativi tappi e coperchi; 5) prodotti del tabacco con filtri e filtri commercializzati in combinazione con i prodotti del tabacco; 6) salviette umidificate, ossia salviette pre-inumidite per l’igiene personale e per uso domestico; 7) palloncini, tranne i palloncini per uso industriale o altri usi e applicazioni professionali che non sono distribuiti ai consumatori; 8) sacchetti di plastica in materiale leggero; 9) assorbenti, tamponi igienici e applicatori per tamponi.
5.2. (Segue) La responsabilità estesa del produttore.
Secondo la Commissione europea, i regimi di responsabilità estesa del produttore sono elementi essenziali di una buona gestione dei rifiuti e i produttori di prodotti dovrebbero coprire i costi necessari per conseguire gli obiettivi in materia di gestione dei rifiuti e altri obiettivi, inclusa la prevenzione dei rifiuti, definiti per il pertinente regime di responsabilità estesa del produttore.
L’art.3, punto 21), della direttiva 2008/98/CE, inserito con la direttiva 2018/851/UE, stabilisce che per regime di responsabilità estesa del produttore, si intende una serie di misure adottate dagli Stati membri volte ad assicurare che ai produttori di prodotti spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto.
L’art.8, paragrafi 5 e 6, della direttiva in esame, prevede che gli Stati membri definiscono in maniera chiara i ruoli e le responsabilità di tutti i pertinenti soggetti coinvolti e che ogni Stato membro consente ai produttori stabiliti in un altro Stato membro e che immettono prodotti sul suo mercato di designare una persona giuridica o fisica, stabilita nel proprio territorio, quale rappresentante autorizzato per l’adempimento degli obblighi del produttore connessi ai regimi di responsabilità estesa del produttore sul proprio territorio.
Il successivo paragrafo 7 stabilisce che ogni Stato membro provvede a che un produttore stabilito sul suo territorio (che vende prodotti di plastica monouso elencati nella parte E dell’allegato e attrezzi da pesca contenenti plastica in un altro Stato membro in cui non è stabilito), designi un rappresentante autorizzato in tale altro Stato membro. Il rappresentante autorizzato è la persona responsabile per l’adempimento degli obblighi del produttore nel territorio di detto altro Stato membro.
6. L’Alleanza Circolare per la Plastica promossa dall’Unione Europea.
Nel quadro dell’impegno assunto per ridurre i rifiuti di plastica, aumentare la percentuale di plastica riciclata e promuovere l’innovazione nel mercato, la Commissione europea ha dato il via l’11 dicembre 2018 ad una piattaforma multilaterale chiamata “Alleanza circolare per la plastica” (Circular Plastics Alliance), che riunisce i principali soggetti dell’industria interessata, inclusi quelli dei settori automobilistico, dell’imballaggio e delle costruzioni.
Il 20 settembre 2019 la Commissione europea ha comunicato l’adesione all’Alleanza di oltre 100 firmatari, pubblici e privati, che si sono impegnati ad utilizzare 10 milioni di tonnellate di plastica riciclata in nuovi prodotti entro il 2025 (https://ec.europa.eu/ commission/presscorner/detail/it/IP_19_5583).
La dichiarazione, firmata da piccole e medie imprese, grandi società, associazioni di imprese, organismi di normazione, organizzazioni di ricerca e autorità locali e nazionali, approva l’obiettivo dei 10 milioni di tonnellate e chiede una transizione verso l’eliminazione totale dei rifiuti di plastica in natura e l’abbandono della messa in discarica.
La dichiarazione stabilisce azioni concrete per raggiungere l’obiettivo, tra cui: migliorare la progettazione dei prodotti di plastica per renderli più riciclabili e integrare maggiormente la plastica riciclata; individuare sia il potenziale inutilizzato, al fine di aumentare la raccolta, la selezione e il riciclaggio dei rifiuti di plastica in tutta l’UE, sia le lacune in materia di investimenti; creare un programma di ricerca e sviluppo per la plastica circolare; istituire un sistema di monitoraggio trasparente e affidabile per tenere traccia di tutti i flussi di rifiuti di plastica nell’UE.
Nell’UE il potenziale di riciclaggio dei rifiuti di plastica è ancora ampiamente inutilizzato, afferma la Commissione europea, in particolare rispetto ad altri materiali come carta, vetro o metalli. Degli oltre 27 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica raccolti ogni anno in Europa meno di un terzo è inviato agli impianti di riciclaggio. Di conseguenza nel 2016 in Europa sono stati venduti meno di 4 milioni di tonnellate di plastica riciclata, che rappresentano appena l’8% del mercato della plastica dell’UE.
Approvando l’obiettivo dell’Unione di 10 milioni di tonnellate di plastica riciclata venduta nell’UE entro il 2025, l’Alleanza circolare per la plastica si impegna a contribuire a un aumento del mercato della plastica riciclata dell’UE di oltre il 150%.
7. Il Green Deal della Commissione Von der Leyen.
Di particolare importanza, nella strategia europea per la leadership mondiale sullo sviluppo sostenibile, è il Green Deal presentato dalla nuova Commissione europea l’11 dicembre 2019. In questo si prevede una tabella di marcia con azioni per stimolare l’uso efficiente delle risorse, grazie al passaggio a un’economia circolare e pulita, arrestare i cambiamenti climatici, mettere fine alla perdita di biodiversità e ridurre l’inquinamento.
Il Green Deal europeo riguarda tutti i settori dell’economia, con l’impegno a proporre obiettivi per la raccolta differenziata, la riduzione dei rifiuti, il riutilizzo e il riciclaggio, nonché altre azioni specifiche quali la responsabilità estesa del produttore, in settori prioritari quali i rifiuti commerciali, i prodotti tessili, la plastica, l’elettronica, l’edilizia e l’alimentazione.
Per tradurre in atti legislativi l’ambizione di diventare il primo continente al mondo a emissioni zero entro il 2050, la Commissione si è impegnata a presentare entro 100 giorni la prima “legge europea sul clima”; presenterà inoltre la strategia sulla biodiversità per il 2030, la nuova strategia industriale e il piano d’azione sull’economia circolare, la strategia “Dal produttore al consumatore” per una politica alimentare sostenibile e proposte per un’Europa senza inquinamento.
Per realizzare gli obiettivi del Green Deal, la Commissione europea considera necessari investimenti notevoli e il 14 gennaio 2020 ha presentato un piano che mobiliterà fino a mille miliardi di euro attraverso il budget UE e strumenti associati.
Il Sustainable Europe Investment Plan riporta quella parte di investimenti sostenibili che dovranno supportare la transizione verde europea con tre obiettivi principali: aumentare i finanziamenti dedicati alla decarbonizzazione europea mobilitando nel prossimo decennio; creare un quadro abilitante per gli investitori privati e il settore pubblico; fornire supporto alle PA e sviluppatori nella fase di individuazione, strutturazione ed esecuzione dei progetti sostenibili.
La Commissione ha proposto il 25% del budget totale 2021-2017 per contribuire all’azione per il clima e alle spese per l’ambiente attraverso molteplici programmi per un totale di circa 503 miliardi di euro con un cofinanziamento nazionale aggiuntivo di circa 114 miliardi di euro.
I fondi e i programmi che contribuiscono al Piano investimenti del Green Deal europeo forniranno finanziamenti su misura per un’ampia gamma di progetti, sia su piccola scala, come ad esempio la riqualificazione energetica degli edifici, che su grande scala, attraverso ad esempio l’installazione di una rete per la ricarica dei veicoli elettrici.
Il Just Transition Mechanism sarà lo strumento che, secondo la Commissione, fornirà un sostegno mirato alle regioni più colpite dalla transizione verde in maniera da alleviare gli impatti socioeconomici su quei lavoratori e comunità legati alla catena del valore dei combustibili fossili.
8. La normativa italiana e l’attuazione da parte dello Stato italiano della Strategia europea per la plastica nell’economia circolare.
Sul tema della plastica il legislatore italiano è intervenuto con l’articolo 9-bis, comma 1, lettera g), del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito con modificazioni dalla Legge 3 agosto 2017, n. 123 che ha introdotto l’art.226-bis (“Divieti di commercializzazione delle borse di plastica”) e l’art.226-ter (“Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero”) nel d.lgs. n.152/2006
Il nuovo articolo 224-bis prevede che, fatta salva comunque la commercializzazione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili, è vietata la commercializzazione delle borse di plastica in materiale leggero, nonché delle altre borse di plastica non rispondenti alle caratteristiche indicate nello stesso articolo e che le medesime borse di plastica non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite. Il successivo art. 226-ter stabilisce la progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero diverse da quelle regolamentate e, anche in questo caso, che le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite.
Con particolare riferimento alla Strategia europea per la plastica nell’economia circolare, questa ha trovato una prima attuazione in Italia con l’art.1, comma 802, della legge 30 dicembre 2018 n.145 che ha introdotto l’art. 226-quater nel d.lgs. n.152/2006 (“Plastiche monouso”).
Il nuovo art.226-quater del codice dell’ambiente si preoccupa di prevenire la produzione di rifiuti da prodotti di plastica monouso e di quella dei materiali di origine fossile, nonché di prevenire l’abbandono e di favorire la loro raccolta differenziata e il relativo riciclaggio di materia, nonché di facilitare e promuovere l’utilizzo di beni di consumo ecocompatibili coerentemente con gli obiettivi indicati dalla Commissione europea nella “Strategia europea per la plastica nell’economia circolare”.
A tal fine lo stesso articolo stabilisce che i produttori, su base volontaria e in via sperimentale dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2023: a) adottano modelli di raccolta differenziata e di riciclo di stoviglie in plastica da fonte fossile con percentuali crescenti di reintroduzione delle materie prime seconde nel ciclo produttivo; b) producono, impiegano e avviano a compostaggio stoviglie fabbricate con bio-polimeri di origine vegetale; c) utilizzano entro il 31 dicembre 2023 biopolimeri, con particolare attenzione alle fonti di approvvigionamento nazionale, in modo massivo e in alternativa alle plastiche di fonte fossile per la produzione di stoviglie monouso.
Inoltre, il secondo comma dello stesso art.226-quater, prevede che per le finalità e gli obiettivi di cui al comma 1 i produttori promuovono: a) la raccolta delle informazioni necessarie alla messa a punto di materie prime, processi e prodotti ecocompatibili e la raccolta dei dati per la costruzione di Life Cycle Assessment certificabili; b) l’elaborazione di standard qualitativi per la determinazione delle caratteristiche qualitative delle materie prime e degli additivi impiegabili in fase di produzione e la determinazione delle prestazioni minime del prodotto durante le fasi di impiego, compreso il trasporto, lo stoccaggio e l’utilizzo; c) lo sviluppo di tecnologie innovative per il riciclo dei prodotti in plastica monouso; d) l’informazione sui sistemi di restituzione dei prodotti in plastica monouso usati da parte del consumatore.
Il successivo terzo comma dello stesso art.226-quater, dispone che le informazioni di cui alla lettera d) del comma 2 riguardano, in particolare, i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili; il ruolo degli utenti di prodotti di plastica monouso e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio dei prodotti di plastica monouso e dei rifiuti di imballaggio; ed il significato dei marchi apposti sui prodotti di plastica monouso.
Con D.P.C.M. 19 giugno 2019, n.97, il tema della plastica è stato inserito tra quelli di competenza della nuova Direzione generale per l’economia circolare che svolgerà, tra le altre, le funzioni attribuite al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, nei seguenti ambiti: a) promozione delle politiche per la transizione ecologica e l’economia circolare; b) gestione integrata del ciclo dei rifiuti e dei programmi plastic free e rifiuti zero; c) pianificazione, tracciabilità e vigilanza sul ciclo integrato dei rifiuti, e monitoraggio dell’adozione e attuazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti, anche avvalendosi dell’Albo nazionale dei gestori ambientali (art.4).
La più volte citata direttiva 2019/904/UE “sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente”, entrata in vigore il 4 luglio 2019 e con obbligo di recepimento da parte degli Stati entro il 3 luglio 2021, non è stata ancora recepita dall’Italia.
Nel giugno 2018 il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare ha lanciato il Plastic Free Challange, iniziativa di sensibilizzazione sull’importanza di ridurre l’inquinamento da plastica alla quale hanno aderito più di 250 realtà istituzionali, associative e aziendali.
8.1. Il divieto per i bastoncini per le orecchie e delle microplastiche nei prodotti cosmetici.
L’art.1, comma 545, della legge 205 del 27 dicembre 2017 (legge di Bilancio 2018) ha disposto che dal 1° gennaio 2019 e’ vietato commercializzare e produrre sul territorio nazionale i bastoncini per la pulizia delle orecchie che abbiano il supporto in plastica o comunque in materiale non biodegradabile e compostabile ai sensi della norma UNI EN 13432:2002 ed e’ obbligatorio indicare, sulle confezioni dei medesimi bastoncini, informazioni chiare sul corretto smaltimento dei bastoncini stessi, citando in maniera esplicita il divieto di gettarli nei servizi igienici e negli scarichi.
Il successivo comma 546, ha disposto il divieto di mettere in commercio prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche a partire dal 1° gennaio 2020.
Il comma 547 precisa che si intende per microplastiche: le particelle solide in plastica, insolubili in acqua, di misura uguale o inferiore a 5 millimetri, intenzionalmente aggiunte nei prodotti cosmetici di cui al comma 546, e per plastica: i polimeri modellati, estrusi o fisicamente manipolati in diverse forme solide, che, durante l’uso e nel successivo smaltimento, mantengono le forme definite nelle applicazioni previste.
Con il comma 548 si stabilisce che la violazione del divieto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 2.500 euro a 25.000 euro, aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione riguarda quantità ingenti di prodotti cosmetici, oppure un valore della merce superiore al 20 per cento del fatturato del trasgressore. In caso di recidiva, si applica la sospensione dell’attività produttiva per un periodo non inferiore a dodici mesi.
8.2. La plastic tax: la nuova imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI).
La nuova “imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego” (MACSI), cosiddetta “plastic tax”, è stata introdotta con la legge di Bilancio 2020 (l.n.190/2019) ed è disciplinata dall’art. 1, commi da 634 a 658 ed entrerà in vigore il 1° luglio 2020.
L’obiettivo della plastic tax è quello di tutelare l’ambiente disincentivando l’uso dei prodotti in plastica monouso attraverso un’imposta fissata nella misura di 0,45 euro per chilogrammo di materia plastica.
I prodotti a cui si applica (art.1, comma 634) sono, principalmente, i prodotti volti al “contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari”, che possono essere anche sotto forma di fogli, pellicole o strisce e vengono realizzati utilizzando “materie plastiche costituite da polimeri organici di origine sintetica” e sostanzialmente non sono stati concepiti per essere utilizzati più volte.
L’imposta non si applica ai prodotti compostabili conformi alla norma UNI EN 13432:2002, ai dispositivi medici ed ai MACSI atti al contenimento ed alla protezione dei medicinali.
I soggetti tenuti al pagamento della plastic tax sono il fabbricante dei prodotti realizzati nel territorio nazionale, mentre per MACSI provenienti da altri Paese UE è il soggetto che li acquisti nell’esercizio della sua attività economica, o che li ceda, se i MACSI siano acquistati da un consumatore finale, mentre per MACSI provenienti da Paesi terzi è l’importatore.
La nuova disciplina della plastic tax prevede sia disposizioni sanzionatorie che di tipo incentivante. Nel primo caso, il comma 650 prevede che vengano puniti il mancato pagamento dell’imposta, il ritardato pagamento della stessa, il ritardo nella presentazione della dichiarazione trimestrale e la violazione delle altre disposizioni previste dal comma 634 sino al comma 650.
Per premiare, invece, i comportamenti virtuosi, il comma 653 prevede un credito d’imposta, pari al 10% delle spese sostenute nel periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2020, per l’adeguamento tecnologico, mirato alla produzione di manufatti compostabili ai sensi dello standard EN 13432:2002, fino ad un importo massimo di euro 20.000,00 per singolo beneficiario, utilizzabile unicamente in compensazione entro il limite complessivo di 30 milioni di euro per il 2021.
9. L’attuazione da parte delle Regioni e dei Comuni della disciplina europea sulla plastica.
Il “diritto comunitario” (diventato con l’Unione europea “diritto unionale”) ha avuto difficoltà ad affermarsi o semplicemente ad essere conosciuto in Italia.
L’Italia resta tra i peggiori Paesi Ue per il recepimento e nell’attuazione delle direttive comunitarie relative al mercato unico. A dirlo è la pagella annuale sul mercato interno resa nota dalla Commissione europea il 4 luglio 2019, un documento che relega l’Italia in fondo della classifica europea insieme a Spagna, Grecia e Lussemburgo.
Stupisce, quindi, che su una materia delicata e con forti e precisi interessi economici come quella della plastica, sia le Regioni che i Comuni italiani siano stati così solleciti nell’anticipare i divieti dell’Unione europea, anche adottando, come si vedrà, diversi strumenti giuridici.
La risposta è, forse, nella crescente attenzione degli italiani alla tutela dell’ambiente e al problema dell’inquinamento da plastica, soprattutto quello marino.
Secondo un’indagine della Bei sul clima diffusa il 14 gennaio 2020, il 96% degli italiani ha intenzione di comprare meno prodotti imballati con la plastica, le donne, rispetto agli uomini, sembrano essere più propense a limitare il consumo della plastica: il 65% delle italiane dice di aver smesso di utilizzare i sacchetti di plastica per la spesa rispetto al 55% degli uomini. Inoltre, secondo la stessa indagine, il 79% dei giovani italiani tra i 15 e i 29 anni dice di aver partecipato, o parteciperà, a manifestazioni a favore del clima, cifra che scende al 69% per la fascia di età compresa tra i 30 e i 64 anni (https://www.ildenaro.it/oltre -9-italiani-su-10-vogliono-smettere-di-usare- bottiglie-di-plastica/).
L’indagine conferma, quindi, la crescente attenzione ai cambiamenti climatici e alla tutela dell’ambiente, in particolare dei giovani con Greta Thunberg ed il movimento Fridays for future. È probabilmente per questo che, ancor prima che il legislatore italiano abbia dato attuazione alla direttiva sulla plastica monouso, le Regioni ed i Comuni italiani si sono affrettati a legiferare o regolare la materia con proprie discipline e propri divieti.
Tre Regioni hanno già approvato altrettante leggi regionali, altre Regioni hanno adottato atti amministrativi e diverse altre stanno lavorando sulla materia, mentre la Regione Emilia Romagna ha scelto di approvare, nel novembre 2019, uno specifico piano per ridurre e superare la plastica monouso. Come si vedrà, anche i Comuni sono intervenuti con propri atti amministrativi per vietare la plastica monouso e ridurne il consumo.
Nel marzo 2019 l’ANCI, Associazione Nazionale Comuni Italiani, ha predisposto una delibera/ordine del giorno, “Plastic Free”, da presentare e far approvare ai Consigli comunali per impegnare i Sindaci e gli Assessori competenti ad aderire alla ricordata iniziativa del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e ad attivarsi per una serie di iniziative volte a ridurre l’uso della plastica.
10. La legge regionale n.37/2019 della Regione Toscana.
La Regione Toscana è stata la prima a legiferare in materia con la legge n.37 del 28 giugno 2019, intitolata “Misure per la riduzione dell’incidenza della plastica sull’ambiente”, con un preambolo nel quale la Regione Toscana non ha rinunciato a citare la direttiva 2019/904/UE (“Vista”), nonostante che la stessa direttiva sia stata pubblicata appena ventitré giorni prima (il 5 giugno 2019) della legge Toscana (i cui lavori preparatori saranno cominciati ben prima di quella data).
L’art.1, comma 1, della legge prevede il divieto di utilizzare contenitori, mescolatori per bevande, aste a sostegno di palloncini, cannucce e stoviglie, quali posate, forchette, coltelli, cucchiai, bacchette e piatti, in plastica monouso nell’ambito delle manifestazioni fieristiche, sagre, fiere mercato, e di comunicazione, organizzate o finanziate, anche in parte, da Regione, enti locali, enti ed aziende soggette alla vigilanza degli stessi. Tale divieto si applica previo esaurimento dei contratti già stipulati alla data di entrata in vigore della legge (art.2, comma 1).
Il successivo comma 2 dello stesso art.1, fa divieto di utilizzo, per la somministrazione di cibi e bevande, di contenitori, mescolatori per bevande, cannucce e stoviglie, quali posate, forchette, coltelli, cucchiai, bacchette e piatti in plastica monouso, nei parchi, nelle aree protette, nei lidi e nelle spiagge del demanio marittimo. Per tale divieto è invece contemplato il previo esaurimento non dei contratti, bensì delle scorte di magazzino che, comunque, deve essere compiuto entro la data del 31 dicembre 2019 (art.2, comma 2).
Nei lidi e nelle spiagge del demanio marittimo è, altresì, fatto divieto di utilizzo dei prodotti in plastica monouso indicati al comma 2. Ai fini dell’applicazione di tale divieto, i comuni, entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano gli atti di competenza per garantire l’operatività del divieto e l’applicazione delle relative sanzioni (comma 4).
L’inosservanza dei divieti di cui al predetto comma 2 è sanzionata con il comma 3 nel modo seguente: a) nei parchi e nelle aree protette, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100,00 ad euro 1.000,00; b) nei lidi e nelle spiagge del demanio marittimo è punita con la sanzione amministrativa di cui all’articolo 1164, comma 1, del codice della navigazione.
Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 31 luglio 2019 ha deliberato di non impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale.
11. La legge regionale n.27/2019 della Regione Marche.
La Regione Marche, con la legge regionale n.27 del 1° agosto 2019, ha dettato le “Norme per la riduzione dei rifiuti derivanti dai prodotti realizzati in plastica”.
La finalità dichiarata dalla legge è quella di dare attuazione ai principi dell’Economia Circolare, “nel rispetto della normativa vigente in materia, con particolare riferimento alla direttiva UE 2019/904”, nonché in conformità alle previsioni contenute nel Piano regionale di gestione dei rifiuti (PRGR), disciplinare le modalità di utilizzo dei prodotti di plastica al fine di ridurre la produzione dei medesimi, favorire uno sviluppo sostenibile e diffondere una educazione ambientale e sociale (art.1).
L’art.2, comma 1, vieta l’uso dei prodotti di plastica monouso indicati nell’art.5 e parte A dell’allegato, di cui alla direttiva più volte citata, ad eccezione di quelli utilizzati per finalità medico-sanitarie, mentre il comma 2 dello stesso articolo, prevede la riduzione del consumo dei prodotti di plastica monouso di cui all’art.5 e parte B dell’allegato della stessa direttiva. In sostanza, la Regione Marche ha fatto esplicito riferimento alla direttiva 2019/904/UE, dichiarando di “dare attuazione ai principi dell’Economia Circolare”, nel rispetto della direttiva.
Il divieto di utilizzare i prodotti di cui al comma 1 dell’articolo 2 è generale e vige in tutte le spiagge del litorale marchigiano (art.3, comma 2), mentre è vietato fumare nei tratti di arenile del litorale regionale qualora non siano disponibili specifici contenitori, appositamente forniti o procurati a titolo personale, per la raccolta dei rifiuti postconsumo dei prodotti del tabacco con filtri contenenti plastica (art.4, comma 1).
Il divieto di uso dei prodotti di plastica è indirizzato: a) alla Regione; b) alle Province ed ai Comuni, in forma singola o associata secondo le modalità previste dalla legislazione statale vigente in materia; c) ai soggetti partecipati dagli enti di cui alle lettere a) e b) in modo maggioritario e agli enti, aziende ed agenzie sottoposti alla vigilanza delle amministrazioni medesime; d) alle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate; e) alle università, agli istituti pubblici di educazione ed istruzione e agli enti di formazione accreditati; f) a chiunque svolge un’attività economica in area demaniale marittima; g) a chiunque organizza manifestazioni ed eventi avvalendosi di contributi regionali o del patrocinio della Giunta regionale o dell’Assemblea legislativa regionale (art.3, comma 1).
L’art.5 prevede delle deroghe al divieto nei casi di emergenze igienico-sanitarie certificate dagli organi competenti, diete personalizzate, con certificazione medica, non confezionabili in loco, e interruzioni del servizio di acquedotto o calamità naturali.
L’art.10 stabilisce le sanzioni amministrative pecuniarie che sono da euro 60,00 a euro 300,00 per la mancata osservanza dei citati divieti generalizzato e di fumo sulle spiagge, e di euro 300,00 a euro 1.500,00 per la mancata osservanza delle disposizioni da parte dei soggetti elencati nel comma 1 dell’articolo 3.
Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 3 ottobre 2019 ha deliberato di non impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale.
12. La legge regionale n.26/2019 della Regione Campania.
La Regione Campania ha approvato il 4 dicembre 2019 la legge n.26 intitolata “Misure per la riduzione dell’incidenza della plastica sull’ambiente e modifiche legislative”. Una legge che differisce la sua entrata in vigore al 3 luglio 2021, cioè il giorno di scadenza del termine entro il quali gli Stati dovranno recepire la direttiva 2019/904/UE.
Come le altre regioni anche la Campania con l’art.1, comma 1, prevede il divieto di utilizzare contenitori, mescolatori per bevande, aste a sostegno di palloncini, cannucce e stoviglie, quali posate, forchette, coltelli, cucchiai, bacchette e piatti, in plastica monouso, nell’ambito delle manifestazioni fieristiche e di comunicazione organizzate o finanziate, anche in parte, da Regione, Enti locali, Enti ed Aziende soggette alla vigilanza degli stessi, a partire dal 3 luglio 2021. Tale divieto si applica previo esaurimento dei contratti già stipulati alla data di entrata in vigore della legge.
Il successivo comma 2 dello stesso art.1, fa divieto di utilizzo, per la somministrazione di cibi e bevande, di contenitori, mescolatori per bevande, cannucce e stoviglie, quali posate, forchette, coltelli, cucchiai, bacchette e piatti in plastica monouso, nei parchi e nelle aree protette. Nulla si dice dei lidi e delle spiagge del demanio marittimo che invece ha vietato la Regione Toscana. Tale divieto si applica previo esaurimento delle scorte di magazzino che, comunque, deve essere compiuto entro la data del 30 giugno 2021.
Il comma 3 dello stesso art. 1 dispone il divieto di utilizzo di oggetti in plastica monouso, quali contenitori per alimenti e bevande, piatti, bicchieri, posate, cannucce, mescolatori per bevande, sacchetti ed imballaggi monouso, nelle sedi e negli uffici delle Amministrazioni regionali e degli Enti strumentali regionali, nelle attività di somministrazione di cibi e bevande, anche a mezzo distributori automatici.
Il comma 7 ribadisce quanto già previsto dal comma 2, cioè che solo a partire dal 3 luglio 2021 l’inosservanza dei divieti previsti nei parchi e nelle aree protette, sarà punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 1.000 euro.
13. Le ordinanze e la giurisprudenza amministrative: il caso della Regione Puglia.
La Regione Puglia non ha approvato una legge regionale e, per ridurre l’uso della plastica sulle spiagge, ha scelto di intervenire con lo strumento dell’ordinanza amministrativa.
Con un’”ordinanza balneare” dell’aprile 2019, adottata dall’Assessorato al Bilancio Sezione Demanio e Patrimonio, la Regione Puglia ha dettato prescrizioni sull’uso del demanio marittimo, vietando sulle aree demaniali marittime pugliesi, al fine di favorire la sostenibilità ambientale delle spiagge e preservare l’ambiente marino, l’utilizzo di contenitori per alimenti, piatti, bicchieri, posate, cannucce, mescolatori per bevande non realizzati in materiale compostabile, se monouso.
Con la stessa ordinanza la Puglia ha vietato nei locali (bar, ristoranti ecc.) con accesso alla spiaggia tutte le bevande vendute o somministrate in contenitori di vetro che devono essere consumate all’interno dei locali; mentre i contenitori per alimenti e bevande destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto, nonché i piatti, i bicchieri, le posate, le cannucce, i mescolatori per bevande, se monouso, devono essere in materiale compostabile.
Nell’ordinanza si precisa che, al fine di consentire l’esaurimento delle scorte di magazzino, è consentita, esclusivamente per le bottiglie di acqua in plastica riciclabile, la somministrazione fino al 30 settembre 2019.
L’ordinanza è sospesa dal TAR Puglia con ordinanza cautelare n.315 del 30 luglio 2019 e, nonostante sia “indubbia” per il TAR Puglia la competenza regionale a regolamentare l’uso delle aree demaniali marittime per finalità turistico ricreative mediante ordinanze amministrative (articolo 6, comma 1, lettera b), della legge regionale 10 aprile 2017, n. 15), lo stesso TAR Puglia ha aggiunto che “la Regione sembra invocare, quale base giuridica dei disposti divieti di utilizzo, prevalentemente la sopravvenuta direttiva (UE) 2019/904”, “entrata in vigore 20 giorni dopo” e, comunque, “nella situazione attuale, si è in attesa di misure di attuazione della direttiva”.
Il TAR Puglia ha poi aggiunto che “non sembra esserci spazio perché la regione (a livello legislativo piuttosto che direttamente nell’esercizio delle funzioni amministrative) sfrutti “la possibilità che leggi regionali, emanate nell’esercizio della potestà concorrente di cui all’art.117, terzo comma, della Costituzione, o di quella “residuale” di cui all’art.117, quarto comma, possano assumere fra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale (cfr. sentenze n.407 del 2002 e n. 222 del 2003)” (sentenza n.307 del 2003, p.5), nell’ambito di una materia qualificata come “trasversale” (Corte cost., n.77 del 2017, n.83 del 2016, n.109 del 2011, n.341 del 2010, n.232 del 2009 e n.407 del 2002); ciò principalmente perché l’intervento regionale non può “compromettere il punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato” (sentenza n.300 del 2013), tanto meno in uno stadio in cui tale punto di equilibrio non è stato ancora trovato”.
Il TAR Puglia ha, quindi, escluso sia che la regione possa adottare un atto amministrativo per la riduzione della plastica in assenza di una normativa statale di recepimento della direttiva 2019/904/UE, sia che la stessa regione possa farlo con una legge regionale (come hanno, invece, scelto di fare le ricordate regioni Toscana, Marche e Campania).
Nel giudizio di appello promosso dalla Regione Puglia, il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, ha deciso, prima con decreto n.4032 del 7 agosto 2019 e poi con ordinanza n.4274 del 30 agosto 2019, di accogliere l’appello sul cautelare e di rigettare la richiesta di sospensione dell’efficacia dell’ordinanza balneare.
Con il decreto n.4032 del 7 agosto 2019, il Consiglio di Stato ha stabilito che l’articolo 6, comma 1, lettera b), della legge regionale 10 aprile 2017, n. 15, “costituisce il fondamento normativo del potere esercitato” (la stessa competenza sull’uso del demanio marittimo considerata “indubbia” anche dal TAR Puglia).
Sulla direttiva 2019/904/UE, lo stesso Consiglio di Stato ha preso atto della precisazione della Regione Puglia “di non avere affatto invocato, quale fondamento giuridico dell’ordinanza gravata, la disciplina europea” ed ha poi aggiunto – sempre lo stesso Consiglio di Stato – che l’ordinanza balneare “è volta a perseguire, in via primaria, l’interesse pubblico di settore ad una ordinata, sicura, armonica e civile fruizione del demanio marittimo e che l’incidenza in materia ambientale si presenta come indiretta e secondaria, con conseguente infondatezza … delle doglianze in punto di violazione della potestà legislativa esclusiva dello Stato”.
Inoltre, diversamente da quanto ritenuto dal TAR Puglia, il Consiglio di Stato ha precisato che “le Regioni possono dettare, nell’ambito delle materie rientranti nella propria competenza, disposizioni che indirettamente determinino standard di tutela ambientale più elevati di quelli fissati da norme statali”.
13.1. (Segue) Il caso della Regione Sicilia.
L’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente della Regione Sicilia è intervenuto sulla materia con una circolare del 6 dicembre 2018 dettando “Linee guida per la riduzione della plastica monouso nelle zone demaniali marittime”. Direttiva “Plastic free” (COM(2018) 28 final), indirizzata ai Comuni costieri, alla Direzione Marittima di Palermo e Catania, alla Legione Carabinieri e alla Guardia di Finanza della Sicilia.
Nella circolare si precisa che l’Assessorato, “nelle more dell’iter di approvazione della Direttiva europea “Plastic free” di cui alla “Strategia europea per la plastica nell’economia circolare”, intende ridurre progressivamente, fino alla eliminazione totale entro il 31 dicembre 2019, l’utilizzo dei prodotti di plastica monouso nelle aree soggette a concessione, ricadenti all’interno del Demanio Marittimo, e nelle aree marine e costiere soggette a tutela”.
Ciò premesso, la circolare dispone quanto segue:
- a far data dal 1° gennaio 2019, è fatto divieto a tutti i soggetti titolari di concessioni demaniali marittime di utilizzare – per la somministrazione di cibi e bevande – i seguenti articoli di plastica monouso: posate, piatti, cannucce, mescolatori; contenitori per alimenti; bicchieri e tazze per bevande;
- i soggetti titolari di concessioni demaniali marittime ed i gestori di aree marine protette, provvederanno ad installare, nelle aree oggetto di concessione, appositi contenitori di dimensioni congrue alla potenziale utenza che dovranno essere in numero non inferiore a 3 (tre) per le concessioni di aree di estensione inferiore a mq 1.000 ed in numero non inferiore a 5 (cinque) per le aree di estensione superiore a mq 1.000.
L’inosservanza di tali disposizioni è punita con il pagamento della sanzione, ai sensi dell’articolo 1164 del Codice della Navigazione; inoltre i concessionari sono tenuti ai sensi della Legge n.123/2017, all’utilizzo esclusivo di plastica biodegradabile per i sacchettini “ultraleggeri”.
Il Comune di Trapani ha dato attuazione alla circolare dell’Assessore regionale della Sicilia, e il 29 marzo 2019 il Sindaco ha adottato, ai sensi dell’art. 50 D.Lgs. 267/2000, l’ordinanza n.32 avente ad oggetto: “Incremento della raccolta differenziata e riduzione dell’impatto della plastica sull’ambiente: ‘Trapani Comune Plastic Free‘”.
Impugnata al TAR Sicilia, l’ordinanza del Comune di Trapani è stata sospesa con ordinanza cautelare n.744 del 20 giugno 2019, ritenendo sussistere il pregiudizio di danno nelle more dell’adempimento istruttorio – disposto dallo stesso TAR Sicilia – di acquisizione della citata circolare dell’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente della Regione Sicilia.
La decisione cautelare è stata confermata dallo stesso TAR Sicilia con la successiva ordinanza n.798 del 5 luglio 2019 con la quale ha ritenuto la carenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri contingibili e urgenti esercitati dal Sindaco del Comune di Trapani ai sensi dell’art. 50 D.Lgs. 267/2000, tenuto conto che i divieti previsti dall’Unione europea sono efficaci “a partire dal 2021” e “allo stato non risulta essere stata adottata, né è richiamata, alcuna disposizione nazionale o regionale in fase “discendente” rispetto alla disciplina comunitaria”. Nonostante risulti sia stata acquisita, il TAR Sicilia nulla dice sulla circolare dell’Assessore regionale.
Altro caso seguito alla più volte citata circolare dell’Assessore regionale della Regione Sicilia, è quello del Comune di Santa Flavia (PA) per il quale, con ordinanza n.5 del 5 febbraio 2019, recante “Ordinanza Presidenziale n. 04/Rif del 07.06.18; progetto di raccolta differenziata ‘Cambia volto a Santa Flavia’. Divieto di commercializzazione ed uso di sacchetti, contenitori e stoviglie monouso non biodegradabili. ‘Santa Flavia plastic free’” il Sindaco di Santa Flavia (PA) ha disposto il divieto di commercializzazione ed uso di sacchetti, contenitori e stoviglie monouso non biodegradabili.
Anche in questo caso, è seguito un ricorso al TAR Sicilia il quale, con ordinanza n.807 del 6 luglio 2019, ha sospeso l’ordinanza sindacale del Comune di Santa Flavia, in quanto “il contenuto dispositivo dell’ordinanza impugnata appare in evidente contrasto con la normativa nazionale vigente (art. 1, comma 802, l. 145/2018 che ha introdotto nel d.lgs. 152/2006 il nuovo art. 226 quater, dedicato alle “Plastiche monouso”) e con la normativa comunitaria in materia, appunto, di plastiche monouso”; e “difettano i presupposti di legge per il ricorso all’ordinanza contingibile ed urgente, sia sotto il profilo della mancanza del requisito della eccezionalità e imprevedibilità della situazione che con essa si intenderebbe fronteggiare, sia sotto il profilo della mancata previsione di un limite temporale di efficacia”.
13.2. (Segue) Il caso del Comune di Teramo.
A conferma dell’attenzione che le istituzioni pubbliche ed i cittadini stanno dedicando al problema della plastica, anche i Comuni sono voluti intervenire con propri atti amministrativi (anche senza essere sollecitati come nel caso della Regione Sicilia).
Il Comune di Teramo lo ha fatto con un’ordinanza ex artt. 50 e 54 del decreto legislativo n.267/2000 e, con ordinanza sindacale n.63, del 9 aprile 2019, ha disposto il “Divieto di utilizzo di contenitori e stoviglie monouso in materiale non compostabile e/o biodegradabile negli esercizi commerciali e in occasione di feste pubbliche e sagre e nell’uso quotidiano dei cittadini”.
Diversamente dal caso della Regione Puglia, il TAR Abruzzo ha respinto la richiesta cautelare, mentre il Consiglio di Stato l’ha accolta.
Il TAR Abruzzo, con ordinanza n.123 dell’11 luglio 2019, ha rigettato la richiesta di sospensione dell’ordinanza sindacale, mentre il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, è stato di diverso avviso e con ordinanza n.4273 del 30 agosto 2019, ha sospeso l’atto del Comune di Teramo ed ha stabilito che l’ordinanza era carente sia “delle necessarie istruttorie e motivazione circa la sussistenza di un’effettiva situazione di emergenza o di grave pericolo, solo in ragione della quale – ai sensi degli artt. 50 e 54 del decreto legislativo n. 267/2000 e 191 del decreto legislativo n. 152/2006 – si giustifica l’eccezionale deroga al principio di tipicità degli atti amministrativi e alla disciplina vigente attuata mediante l’utilizzazione di provvedimenti extra ordinem”, sia “dell’indicazione di un limite temporale di efficacia, connaturato al carattere straordinario dell’atto”.
13.3. (Segue) Il caso del Comune di Andria.
Sempre con lo strumento dell’ordinanza ex artt. 50 e 54 del decreto legislativo n. 267/2000, il Comune di Andria, con ordinanza sindacale n.185 del 12 aprile 2019, ha imposto alle imprese titolari di distributori automatici di cibi e bevande di “utilizzare esclusivamente bicchieri, posate, mescolatori, in materiale biodegradabile e compostabile certificato”, ciò “al fine di promuovere e soddisfare i necessari criteri del riciclo e far sì che lo smaltimento costituisca la fase residuale della gestione dei rifiuti senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica locale e sulla base dei criteri di riduzione della produzione dei rifiuti, delle emissioni inquinanti e dei rischi ambientali”.
A seguito di impugnazione dell’ordinanza, il TAR Puglia con sentenza breve n.1063 del 23 luglio 2019, ha accolto il ricorso e annullato l’ordinanza sindacale.
Il TAR Puglia ha ritenuto infondato il riferimento comunale all’art.50 del TUEL, inoltre, “al momento dell’adozione dell’ordinanza gravata non sussisteva alcuna fonte normativa europea vincolante, né per gli Stati membri né, a fortiori, per gli enti locali; il che rende evidentemente ultroneo l’esame del contenuto della sopravvenuta direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente”.
Inoltre, prosegue il TAR Puglia, “la direttiva (UE) 2019/904 innanzi citata, ai sensi dell’articolo 18, è entrata in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 12 giugno 2019 e, dunque, il 2 luglio 2019. Quanto al termine di recepimento, l’articolo 17, comma 1, prima parte, dispone che “Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 3 luglio 2021”. Aggiunge e conclude lo stesso TAR Puglia che “è appena il caso di rammentare, peraltro, che la competenza ad adottare le misure di recepimento spetta allo Stato e non al Comune”.
Sulla normativa interna, il TAR Puglia rileva che “al momento dell’adozione dell’atto gravato l’unico divieto vigente era quello della commercializzazione di borse di plastica di cui all’articolo 226-bis del codice dell’ambiente, introdotto dall’articolo 9-bis, comma 1, lett. g), del decreto legge 20 giugno 2017 n. 91, significativamente rubricato “Disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2015, che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell’utilizzo si borse di plastica in materiale leggero. Procedura d’infrazione n. 2017/0127””.
La conclusione del TAR Puglia è l’annullamento dell’ordinanza del Comune di Andria, in quanto “il Collegio, ritiene, in definitiva, che il Comune non abbia alcuna competenza a regolamentare in via autonoma l’utilizzo dei materiali plastici, in difetto di normativa primaria. In astratto, effettivamente, l’unico strumento utilizzabile da parte del Comune è il potere extra ordinem, del quale, tuttavia, nel caso di specie ricorre un mero richiamo formale, del tutto sganciato dai presupposti concreti che ne legittimano l’esercizio”.
14. Il fondamento normativo delle leggi regionali e delle ordinanze amministrative contro la dispersione della plastica nell’ambiente.
Il fondamento normativo del divieto o riduzione dell’uso della plastica è stato individuato dai vari soggetti pubblici che hanno legiferato in materia o che l’hanno regolata con atto amministrativo, nella direttiva 2019/904/UE, o nella tutela dell’ambiente, oppure nella disciplina del demanio marittimo.
Per la legge regionale, il Consiglio di Stato ha, incidentalmente e correttamente, ritenuto, nel citato caso della Regione Puglia, che le Regioni possono dettare disposizioni che determinano standard di tutela ambientale più elevati di quelli fissati da norme statali (Cons. Stato, Sezione Quarta, decreto n.4032, del 7 agosto 2019).
Tale affermazione si fonda su una consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, ribadita da ultimo con la sentenza n.7 del 17 gennaio 2019, per la quale “la collocazione – con la riforma del Titolo V della Costituzione – della materia “tutela dell’ambiente” e “dell’ecosistema” tra quelle di esclusiva competenza statale (art. 117, secondo comma, lett. s, Cost.), non comporta che la disciplina statale vincoli in ogni caso l’autonomia delle Regioni, poiché il carattere trasversale della materia, e quindi la sua potenzialità di estendersi anche nell’ambito delle competenze regionali, mantiene salva la facoltà delle Regioni di adottare, nell’esercizio delle loro competenze legislative, norme di tutela più elevate” (in tal senso: Corte costituzionale sentenze n.198 e n.66 del 2018, n.199 del 2014; n.246 e n.145 del 2013, n.67 del 2010, n.104 del 2008 e n.378 del 2007).
Considerato che la disciplina sul disuso della plastica rientra nella materia “tutela dell’ambiente” e “dell’ecosistema”, i divieti previsti nelle leggi regionale delle regioni Marche, Toscana e Campania rientrano tra le “norme di tutela più elevate” che la Corte costituzionale ritiene legittime, tanto che, come detto, il Consiglio dei Ministri non ha impugnato innanzi alla stessa Corte costituzionale né la legge regionale delle Marche né quella della Toscana. Va da sé che le Regioni avranno poi l’obbligo di adeguarsi alla legge statale di recepimento della direttiva 2019/904/UE, soprattutto nel caso in cui tale legge statale dovesse, a sua volta, risultare “una norma di tutela più elevata” di quella regionale.
Sembra quindi ingiustificata la prudenza della Regione Campania che ha previsto l’entrata in vigore del divieto di uso della plastica monouso solo dal 3 luglio 2021, facendolo slittare alla data prevista per il recepimento statale della direttiva unionale. Ingiustificata perché il fondamento giuridico del divieto non va individuato nella direttiva unionale 2019/904/UE (che potrebbe essere un fattore utile e descrittivo dell’evoluzione della normativa, ma non quello fondante), bensì nella facoltà riconosciuta alle Regioni dalla Corte costituzionale di porre norme più elevate in materia di ambiente rispetto alla disciplina statale.
Se l’ordinanza balneare della Regione Puglia è stata giudicata legittima dal Consiglio di Stato che ha ritenuto essere fondata sulla competenza regionale a disciplinare l’uso del demanio marittimo, più complessa è la vicenda della circolare della Regione Sicilia. In questo caso il TAR Palermo non è entrato nel merito della legittimità della stessa, pare però che i divieti e le restrizioni all’uso della plastica ivi previsti non siano veicolabili con una semplice circolare, che sembra non avere nemmeno le caratteristiche ed i contenuti di un atto amministrativo, avendo più la forma di una lettera di invito.
Per quanto riguarda le ordinanze sindacali dei Comuni, queste incontrano il limite del loro essere contingibili e urgenti e quindi uno strumento extra ordinem che mal si concilia con un divieto o riduzione dell’uso della plastica che, per sua natura, dovrebbe essere permanente. Condivisibile è, pertanto, la giurisprudenza che si è formata sulle ordinanze sindacali, per cui difettano i presupposti di legge per il ricorso all’ordinanza contingibile ed urgente, sia sotto il profilo della mancanza del requisito della eccezionalità e imprevedibilità della situazione che con essa si intenderebbe fronteggiare, sia sotto il profilo della mancata previsione di un limite temporale di efficacia. Sembra andare in questa direzione il citato suggerimento dell’ANCI che propone ai Comuni interessati alla riduzione dell’impatto della plastica sull’ambiente, l’adozione di una “delibera/ordine del giorno – Plastic Free” con contenuti di politica ambientale, senza divieti, da far approvare dai rispettivi Consigli comunali.
In attesa che il legislatore statale dia attuazione alla direttiva 2019/904/UE, quello che, in conclusione, si può notare è che la vicenda della plastica monouso è uno dei pochi casi, forse l’unico, nel quale le Regioni ed i Comuni hanno anticipato l’applicazione di una direttiva dell’Unione Europea, arrivando addirittura a formare una prima giurisprudenza in materia (soprattutto cautelare), ancor prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva previsto per gli Stati.
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