La crisi ambientale e climatica tra Antigone e Creonte.  Mentre da Oxford arriva un cauto ottimismo scientifico

02 Nov 2024 | articoli, contributi, in evidenza 2

1. Poche ragioni e molta dismisura (Hybris) fra Antigone e Creonte

Il famoso conflitto tra Antigone e Creonte, raccontato da Sofocle, ha generato discussioni infinite sui rapporti fra diritto e giustizia, oltre che su quelli fra diritto ed etica. È stato detto (George Steiner) che in questo testo troviamo “tutte le costanti principali del conflitto presente nella condizione umana”.

Nella tradizionale interpretazione romantica della tragedia di Sofocle, Antigone rappresentava la giustizia contro il tiranno Creonte.

Già Hegel, tuttavia, mise in risalto la maggiore complessità dell’opera, osservando come in realtà essa abbia a che fare con un conflitto fra due diversi ordini di ragioni. Antigone viene così vista come espressione dei valori della famiglia e custode della legge divina che realizza l’essenza etica universale. Creonte invece impersona i valori del governo e della legge, altrettanto importanti per la comunità.

Un’interpretazione ancora più recente – sostenuta in particolare da Eva Cantarella e Fabio Ciaramelli – parte dall’ultima considerazione sopra svolta, insistendo però maggiormente sul completo e quasi programmatico rifiuto di ciascuno dei due contendenti all’ascolto delle ragioni altrui. Questa interpretazione valorizza invece la figura di Emone – figlio del re e promesso sposo di Antigone – come voce di invito al dialogo e alla ragionevolezza, unica soluzione per evitare il disastro. Perché, per usare appunto le parole di Emone, “la prima delle felicità è l’essere saggi”, mentre l’ostinazione,  e sono questa volta parole di Tiresia, “condanna alla stoltezza”.

Insomma, secondo questa più moderna interpretazione, Antigone non è diversa dal re. Come lui, non mostra esitazione alcuna nella propria determinazione, che non subisce nel tempo alcuna evoluzione. Come lui, non è interessata a convincere gli altri, ma soltanto a ribadire il proprio credo. Fabio Ciaramelli insiste efficacemente sul completo isolamento della giovane protagonista della tragedia, che la porta “ad un’illusoria autosufficienza, la allontana dagli scambi sociali” e le impedisce di acquisire quella che Kant “chiamava mentalità allargata’, consistente nell’attitudine a tener conto anche del punto di vista dei propri interlocutori”. Con il loro contrasto muto, sordo e solipsistico, Creonte e Antigone celebrano, all’interno della tragedia di Sofocle, la vittoria della dismisura, della Hybris.

Sarebbe stato possibile, fra le opposte ragioni di Creonte e Antigone, trovare una ragione superiore, una “misura terza” cui i due si potessero riferire? E in ogni caso, si sarebbe potuto certificare l’insanabilità del contrasto dopo, e non prima, essersi ascoltati?

Sono, queste, domande che ci interrogano nel profondo. E che consentono oggi di apprezzare la nostra Costituzione, la Corte costituzionale e il radicale invito al bilanciamento dei diritti che esse ci rivolgono.

2. Opposti errori di fronte alla crisi ambientale e climatica

La crisi ambientale è sotto i nostri occhi ogni giorno. In molte aree del Paese, subiamo e vediamo in primo luogo il pesante inquinamento dell’aria dovuto alla combinazione infelice fra la presenza di molte emissioni inquinanti (dovute, nelle nostre zone, soprattutto al traffico, al riscaldamento e alle attività agricole e di allevamento) e la particolare situazione metereologica. In altre aree del Pianeta la situazione è tuttora assai peggiore, per la carenza di acqua pulita, la desertificazione e la deforestazione.

Ancor più preoccupante, poi, è il cambiamento climatico in corso. Alla luce degli studi crescenti ormai disponibili, vi sono fortissime evidenze che esso sia in primo luogo dovuto alle emissioni antropiche di gas serra. Il cambiamento climatico non è un “cigno nero”, qualcosa cioè di talmente imprevedibile da giustificare la nostra impreparazione. È un “rinoceronte grigio”, vale a dire una minaccia molto probabile e con conseguenze assai gravi per l’umanità, ma relativamente lenta nel manifestarsi e perciò trascurata.

Di fronte a questa situazione critica, in tutto il mondo – ma con particolare veemenza nel nostro Paese – si scontrano due opposte ed estreme posizioni, che, richiamando alla nostra mente l’atteggiamento di Creonte ed Antigone, rifiutano aprioristicamente il dialogo e la ricerca di soluzioni basate sulla scienza, ragionevoli e condivise.

Vi è in primo luogo l’errore economicista che si ostina a negare la realtà della crisi ambientale e climatica, così come la sua origine nelle emissioni antropiche. Spesso richiamando prese di posizione di singoli scienziati contrari all’ormai solida posizione della comunità scientifica, costoro professano un sorridente ma irrazionale ottimismo, convinti – nella sostanza – che tutto si risolverà, “come è sempre accaduto”. Questo però non accadrà senza azioni precise da parte nostra. Entro un tempo non troppo lungo, la crisi ambientale e climatica potrebbe raggiungere un punto di non ritorno. Questo non significa che, raggiunto questo punto, moriremo tutti. Significa però che la crisi potrebbe andare in molte parti del pianeta fuori controllo: con conseguenze non soltanto di natura ambientale, ma anche riguardanti crescenti migrazioni “climatiche” di massa, ulteriori tensioni geopolitiche (come se non bastassero quelle attuali) e rischi per la sicurezza di tutti. A questo punto, i costi delle misure necessarie per invertire la rotta sarebbero assai più pesanti di quelli che dovremmo affrontare oggi, in un circolo vizioso del quale non è agevole intravedere la fine. Per questa ragione, nelle Costituzioni di molti Paesi, ed anche in quella italiana (legge costituzionale n. 1/2022), è stato recentemente inserito un richiamo all’”interesse delle future generazioni”, quale valore primario da considerare nell’affrontare la crisi ambientale e climatica.

Opposto a questa forma di estremismo, vi è l’altrettanto irrazionale errore dell’ambientalismo ideologico. Con questa espressione faccio riferimento alle posizioni che non comprendono come la soluzione ai problemi ambientali risieda, nella maggior parte dei casi, in tecnologie sempre più moderne, non certo in una polemica aprioristica contro la tecnologia e la scienza. Così, ad esempio, l’azione contro il cambiamento climatico deve comprendere una razionale combinazione fra misure di mitigazione (cioè di riduzione delle emissioni), di adattamento (cioè di accresciuta difesa dei territori sensibili), di ingegneria climatica (vale a dire di interventi volti al “sequestro”, anche nel sottosuolo, del carbonio in eccesso). Insieme, naturalmente, con il contributo che ciascuno di noi può dare attraverso le opportune modifiche degli stili di vita (specialmente con riferimento all’alimentazione ed ai trasporti).

La combinazione fra i due errori produce effetti negativi sia per l’ambiente che per l’economia. In alcuni casi vince l’estremismo economicista. Per citare un recente esempio italiano, verrà realizzata a Cortina una nuova pista di bob per le Olimpiadi, nonostante tutte le persone ragionevoli – e persino il Comitato Olimpico – abbiano spiegato che proprio non sarebbe il caso, anche (ma non soltanto) per ragioni ambientali. In altri casi vince l’estremismo ideologico ambientalista, ed allora, ad esempio, in alcune grandi città italiane non si riesce a realizzare i moderni impianti di trattamento dei rifiuti che sarebbero necessari. Ed allora proseguiamo ad esportare i nostri rifiuti verso l’estero, con una produzione enorme di emissioni inquinanti dovuta al trasporto (una buona notizia, in questo ambito, è che la recentissima sentenza del Consiglio di Stato, sezione quarta, 9 febbraio 2024, n. 1349 abbia finalmente dato il via libera al nuovo termovalorizzatore di Roma).

Ciò che serve è dunque il ritorno alla ragione, vale a dire trovare una misura razionale, pratica ed efficace nelle politiche ambientali. Una misura che parta dal pieno riconoscimento della grave crisi climatica, riconosca che la soluzione è soprattutto nelle moderne tecnologie e accantoni gli estremismi, in quanto inutili ed anzi controproducenti. E’ responsabilità di chi riveste posizioni pubbliche percorrere questa strada.

3. Dall’Università di Oxford l’ottimismo scientifico per il superamento della crisi climatica

Si chiama Hannah Richtie, è una affermata data scientist e, ancora molto giovane, è senior researcher presso l’Università di Oxford. Le sue ricerche, sempre basate su un apparato corposo di dati, si sono concentrate sul cambiamento climatico, la sostenibilità, l’energia, il cibo, l’agricoltura e la salute pubblica. Nel 2024 ha pubblicato un libro che potrebbe cambiare – decisamente in meglio – la narrazione pubblica relativa al riscaldamento globale ed alle misure necessarie ed utili per contrastarlo (H. Richtie, Not the End of the World. Surprising facts, dangerous myths and hopeful solutions for our future on planet Earth, Penguin, 2024).

Chiarisce in apertura l’autrice del libro che il negazionismo ambientale e climatico è completamente infondato, perché il problema dell’inquinamento e quello del riscaldamento globale sono assai seri, e richiedono misure radicali. Altrettanto infondata, tuttavia, è la convinzione che ormai non vi sia più nulla da fare, perché staremmo andando verso un sicuro disastro.

Hanna Ritchie ci spiega che le soluzioni sono possibili. Non sempre, peraltro, quelle che a molti di noi paiono le scelte migliori sono anche le più efficaci. Secondo il Guardian, il libro è pieno di soluzioni utili e pragmatiche, tanto che “we urgently need her and people like her”. Sulla stessa linea la prestigiosa rivista Science:As Ritchie demonstrates, a better future for both people and planet is possible and even achieveble”. A condizione, naturalmente, che studiamo le varie questioni basandoci sui dati, e non su ideologie preconcette.

Ma entriamo nei dettagli.

Sin dall’Introduzione, l’autrice ci ammonisce sulle conseguenze del catastrofismo che si sta facendo strada fra alcuni gruppi di giovani ambientalisti. Esso determina una visione estremamente spaventata del futuro, con riflessi persino sulla volontà di avere dei figli. Come se stessimo viaggiando verso la fine del mondo.

Ora, se questo fosse vero, ci sarebbe poco da fare.

Ma l’estremo pessimismo verso la possibilità di un futuro sostenibile per il pianeta non è fondato. I principali indicatori di benessere sociale e ambientale sono infatti in miglioramento a livello globale: la percentuale di persone che vivono in estrema povertà, il numero di bambini che muoiono[1], il numero delle bambine e ragazze che non vanno a scuola[2], le percentuali dei bambini vaccinati anche nel Sud del mondo, la disponibilità di acqua pulita e di cibo, persino le emissioni climalteranti. Questo, naturalmente, se attiviamo non lo zoom, ma il grandangolo, vale a dire se guardiamo ai fenomeni sociali sui tempi lunghi e da lontano.

Di fronte a questi dati, un ragionevole e critico ottimismo è un dovere, perché è il solo atteggiamento che determina conseguenze positive sia sul piano individuale che sul piano sociale. Non siamo “l’ultima generazione” e non dobbiamo ribellarci ad una “estinzione” in corso[3]. Pensare così, porta molti, soprattutto giovani, a gesti distruttivi e di pessimismo e li allontana dall’impegno costruttivo per risolvere i problemi, secondo le indicazioni della scienza e con la giusta (ma non acritica) fiducia nella tecnologia.

I giovani di oggi non sono “l’ultima generazione”, anzi, potrebbero essere la prima a conseguire un mondo nel complesso sostenibile, vale a dire un mondo in cui sia possibile conciliare un ragionevole sviluppo con la salvaguardia ambientale. Perché, per quanto controintuitivo ciò possa apparire, il mondo non è mai stato complessivamente “sostenibile”.  

Il libro di Hannah Ritchie analizza in dettaglio alcuni fra i principali problemi ambientali che il mondo sta affrontando e dovrà (meglio) affrontare nei prossimi anni. Per ciascun problema, l’analisi parte da una affermazione di estremo pessimismo, presente e spesso dominante nel dibattito pubblico. Per dimostrare, sempre e solo con dati scientifici, che i problemi ambientali sono molto seri, ma concretamente affrontabili. E che non stiamo sprofondando verso l’abisso.

Il tutto con quattro fondamentali avvertenze preliminari.

La prima è che i problemi ambientali da affrontare sono davvero gravi. In mani sbagliate ed acritiche, l’ottimismo professato dall’autrice può fare seri danni. Può aggravare le conseguenze dell’inquinamento, soprattutto verso chi vive in condizioni già disagiate. Non possiamo rilassarci pensando che, tutto sommato, non stiamo scivolando verso l’estinzione e che il mondo è ambientalmente migliore rispetto a un secolo addietro. Anzi, dobbiamo trovare una spinta per agire più e meglio, anziché cullarci nel pessimismo.

La seconda avvertenza è che, mentre riflettiamo sull’ambiente e pensiamo a cosa possiamo fare, anche nella nostra vita individuale, per migliorare la situazione, non siamo soli. Certo, vi sono forze che frenano l’azione per il miglioramento ambientale. Ma, in tutto il mondo, molti economisti, scienziati e tecnici, sia nelle agenzie internazionali che nei governi e persino nei consigli di amministrazione di molte grandi società, stanno lavorando per migliorare le cose. Stanno lavorando spesso nel silenzio e con grande fatica. Stanno lavorando seguendo le indicazioni della scienza.

Ancora, seguire le indicazioni della scienza è quanto anche ciascuno di noi deve provare a fare nella propria vita individuale. Perché non basta agire, nel nostro piccolo, per l’ambiente e il clima. Bisogna anche e soprattutto agire nel modo più efficace. Leggendo questo libro, si scopre che in molti casi la nostra percezione di quanto è ambientalmente utile differisce dalla realtà.

Infine, occorre sapere e accettare che due scorciatoie, spesso sostenute con entusiasmo, non sono efficaci, né realistiche, per raggiungere la sostenibilità ambientale. La prima è quella di spingere la decrescita demografica. Secondo le statistiche delle Nazioni Unite, il numero dei bambini da 1 a 5 anni nel mondo ha raggiunto il suo picco nel 2017. Questo significa che la popolazione mondiale raggiungerà il suo picco intorno al 2080 (da 10 a 11 miliardi). Ora anche ammesso l’impossibile, vale a dire che esistano modi umani per costringere le persone a non avere figli (o ad averne non più di uno), questo non risolverebbe i problemi dei prossimi vent’anni. Non siamo in troppi, sono le impronte ecologiche di molti di noi ad essere eccessive.  La seconda scorciatoia, tanto frequentemente invocata quanto irrealistica, è quella della decrescita economica (più o meno felice). Le nazioni ricche devono molto migliorare la propria sostenibilità. Ma non erano più socialmente e ambientalmente sostenibili quando erano più povere. Inoltre, per far accedere tutta la popolazione mondiale a standard di vita dignitosi, abbiamo ancora bisogno di crescita economica, purché sostenibile ambientalmente. Decine di migliaia di anni fa, gli umani potevano produrre energia solo bruciando legno. Poi si sono aggiunti carbone ed olio. Tutte soluzioni ambientalmente insostenibili. Solo con la crescita e la tecnologia degli ultimi decenni, sono state rese disponibili, e sono in grande (seppur ancora insufficiente) crescita, soluzioni sostenibili: il fotovoltaico, il solare, l’eolico, ecc.

Sulla base di queste interessanti premessi, il volume di Ritichie affronta in dettaglio sette fra i più gravi problemi ambientali: sostenibilità, inquinamento ambientale, cambiamento climatico, deforestazione, cibo, biodiversità, plastiche nell’oceano, pesca eccessiva nei mari. Per ciascuno di essi, vengono identificati i problemi e le possibili soluzioni. E vengono illustrati gli errori di valutazione che spesso compiamo anche nella nostra vita privata.

Riferimenti bibliografici essenziali:

A. Andronico, Sulla dismisura. Una lettura dell’Antigone di Sofocle, Diritto & Questioni pubbliche, 2018, 2 (dicembre), pp. 155-187.

T. Ascarelli, Antigone e Porzia, in Studi giuridici in memoria di Filippo Vassalli, Utet, 1960.

M. Bonazzi, Antigone aveva torto, La Lettura – Corriere della Sera – 1 novembre 2015, in https://www.quodlibet.it/recensione/2048.

L. Butti e S. Nespor, Il diritto del clima, Mimesis, 2022.

L. Butti, Non esistono diritti tiranni, Mimesis, 2023.

E. Cantarella, Contro Antigone o dell’egoismo sociale, Einaudi 2024.

F. Ciaramelli, Il dilemma di Antigone, Giappichelli, Torino 2017.

M. Cuono, Né Antigone, né Creonte, in Questione Giustizia, 12 ottobre 2019, in https://www.questionegiustizia.it/articolo/ne-antigone-ne-creonte_12-10-2019.php.

H. Richtie, Not the End of the World, Penguin, 2024.

L. Marinoff, The Middle Way. Finding Happiness in a World of Extremes, Sterling, New York, 2007.

M. Morani, L’Antigone di Sofocle e le sue letture moderne, Nuovo Areopago, anno 1 numero 3, autunno 1982; ripubblicato in Zetesis 1991-1.

M.C. Nussbaum, La fragilità del bene. Fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca, il Mulino, 2011.

C. Pozzi e A. Dusi, After. Il mondo che ci attende, Bompiani, 2021, p. 23.

G. Steiner, Le Antigoni, Garzanti, 2003.

N.N. Taleb, Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita, Il Saggiatore, 2007.

M. Wucker, The Grey Rhyno. How to Recognise and Act on the Obvious Dangers We Ignore, St Martin’s Press, 2016.

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NOTE:

[1] Questo naturalmente non vale in alcuni contesti locali interessati da operazioni belliche prolungate e pesantissime, come avvenuto a Gaza a partire dall’ottobre 2023. Questo commento non tiene conto di tali situazioni, in quanto si concentra sulle tematiche ambientali.

[2] Anche in questo caso vi sono eccezioni locali dovute all’oscurantismo di matrice religiosa, come nell’Afghanistan governati dai Talebani.

[3] Il riferimento è, ovviamente, a movimenti come “Last Generation” ed “Extinction Rebellion”. Non è condivisibile il cupo pessimismo sul destino del mondo che li anima, benché siano composti da giovani generosi e impegnati.

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