Consiglio di Stato – Sez. IV, sent. n. 4233 del 10.05.2024
Un impianto di produzione di biometano da frazione organica di rifiuti solidi urbani (“Forsu”), pur essendo qualificabile come “impianto a fonti rinnovabili”, resta un impianto di trattamento rifiuti soggetto quindi anche alla autorizzazione unica prevista dall’art. 208 del D. Lgs. N. 152/2006.
Con un mutamento completo e probabilmente inatteso della propria precedente giurisprudenza, il Consiglio di Stato ha affermato che, per produrre biometano da fonti rinnovabili contenenti rifiuti (come la Forsu) serve anche l’autorizzazione unica, prevista dall’art. 208 del Testo Unico Ambientale per gli impianti di trattamento dei rifiuti.
Il rovesciamento della giurisprudenza precedente è radicale. Infatti, la tesi opposta era stata sostenuta dal Consiglio di Stato nella sentenza 31 marzo 2022 n. 2368, per il quale (punto 12.1 della motivazione) l’utilizzo di una biomassa come la Forsu, fonte rinnovabile, escludeva la possibilità di considerare il processo produttivo come un “trattamento di rifiuti”.
Diverse le ragioni illustrate nella sentenza in commento per il mutamento di giurisprudenza.
In primo luogo, secondo i Giudici, la propria precedente sentenza del 2022 era internamente incoerente. Da un lato infatti essa escludeva espressamente la necessità dell’autorizzazione unica prevista per il trattamento di rifiuti, dall’altro però sembrava invece presupporre tale autorizzazione come presupposto necessario per la compatibilità ex lege degli impianti di biometano con la destinazione agricola dell’area.
L’elemento decisivo utilizzato dai Giudici di Palazzo Spada nella decisione in commento è peraltro costituito dal Decreto 10 settembre 2010 del Ministero dello Sviluppo Economico (“Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”), nel quale si sostiene (art. 10.3) la duplice natura di questo genere di installazioni: impianti di produzione di energia rinnovabile e impianti di recupero di rifiuti, con la conseguente applicabilità anche della procedura di autorizzazione unica (art. 208 D. Lgs. N. 152/2006).
Viene poi ricordato nella sentenza che il Testo Unico Ambientale espressamente include, tra le varie operazioni di recupero di rifiuti, quelle di “utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia” (R1).
L’effetto pratico del nuovo orientamento del Consiglio di Stato è nel senso di ritenere applicabili agli impianti di produzione di biometano sia la disciplina inerente la produzione di energia da fonti rinnovabili che quella delle autorizzazioni per gli impianti di trattamento dei rifiuti; ciò, nel caso esaminato dalla sentenza, rendeva altresì applicabile la normativa sulla Valutazione di impatto ambientale (VIA) di competenza regionale.
Per quanto, sul piano della interpretazione letterale, la sentenza in commento utilizzi argomenti non del tutto privi di fondamento, il mutamento repentino di giurisprudenza sorprende, tanto più dal punto di vista dell’economia circolare e del principio di semplificazione, che dovrebbe presiedere alla interpretazione delle norme riguardanti le produzioni che ad essa si richiamano.
Inoltre, il Dm richiamato dalla sentenza non aveva ovviamente valore di legge e proveniva non dal Ministero dell’Ambiente, ma da quello dello Sviluppo Economico.
Un chiarimento definitivo a livello normativo nel segno della semplificazione appare quindi urgente, tenuto conto della rilevanza della produzione di biometano nella prima fase della transizione ecologica.
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