Il rapporto sulla situazione generale della biodiversità

03 Giu 2019 | articoli, editoriale

di Stefano Nespor

La prima estinzione documentata (della maggior parte non ne abbiamo traccia) dell’anno 2019 è avvenuta proprio a Capodanno: è morta George, una chiocciola presente solo nelle isole Hawaii, l’ultima della specie Achatinella apexfulva. Era lunga circa  3 cm., con il corpo di colore grigio e  la conchiglia a righe marrone e beige. Per anni si era inutilmente cercato un maschio con cui accoppiarla. Alla sua morte, i ricercatori del dipartimento forestale delle Hawaii hanno pubblicato il loro commiato: “Buon viaggio alla nostra cara chiocciola… e anche alla specie che muore con lei” (www.theguardian.com/environment/2019/jan/08/george-the-snail-tree-snail-hawaiian-islands-biodiversity) . In febbraio, è scomparso Bramble Cay, un melomys (una specie di roditori)  presente solo nel nord dell’Australia e in Nuova Guinea. La causa è stata il cambiamento climatico che ha sconvolto il suo habitat (www.bbc.com/news/world-australia-47300992). In aprile è stata la volta dell’ultima femmina di tartaruga gigante dello Yangtzee, la più grande tartaruga di acqua dolce: la sua specie muore con lei, condotta alla scomparsa dall’inquinamento del fiume e dal surriscaldamento delle sue acque. C’è tuttavia una speranza: sembra che due altri esemplari, il cui genere è però sconosciuto, vivano nelle foreste del Vietnam (www.theguardian.com/world/2019/apr/15/last-female-world-rarest-yangtze-giant-softshell-turtle-species-dies-chinese-zoo).

Purtroppo, osserva la giornalista scientifica statunitense Elizabeth Kolbert raccontando queste tre storie (Climate change and the new age of Extinction, in New Yorker, 13 maggio 2019), l’opinione pubblica non fa più caso a queste notizie che si ripetono ormai sempre più frequentemente.

La drammatica situazione della biodiversità è stata oggetto di un voluminoso Rapporto (oltre 1500 pagine) pubblicato poche settimane fa a Parigi da un organismo scientifico internazionale costruito sul modello dell’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change che dal 1989 unisce gli scienziati di varie discipline che studiano cause e effetti del cambiamento climatico. L’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, in breve IPBES, è stato costituito nel 2012 da 128 stati allo scopo di raccogliere e studiare i dati scientifici disponibili sulla biodiversità e indicare ai governi i cambiamenti e le politiche da adottare per proteggere e incrementare il patrimonio naturale del pianeta. L’IPBES ha pubblicato il suo primo rapporto nel 2016, dedicato alla situazione di pericolo in cui versano le api e gli altri insetti inpollinatori, la cui scomparsa produrrebbe danni incalcolabili all’intero sistema agroalimentare mondiale.

Il rapporto sulla situazione generale della biodiversità pubblicato all’inizio di maggio offre un insieme di dati che dimostrano che le condizioni della natura peggiorano con una rapidità  mai prima raggiunta nella storia dell’umanità: almeno un milione di specie è in pericolo di estinguersi e questo significa che si sta modificando l’intera infrastruttura naturale dalla quale dipende la vita e il benessere dell’uomo.

Il principale responsabile di questa situazione è il cambiamento climatico, ma non va dimenticato che, per converso, una delle cause della perdita di biodiversità, la distruzione delle foreste, contribuisce al cambiamento del clima.

Questo significa, osserva il Rapporto, che clima e biodiversità non possono essere affrontati separatamente l’uno dall’altro: il cambiamento climatico produce perdita di biodiversità, la perdita di biodiversità produce cambiamento climatico.

Tra gli interventi più urgenti a livello globale c’è un profondo mutamento dell’attuale sistema della produzione alimentare attuale: oggi centinaia di milioni di persone non hanno abbastanza cibo e, nello stesso tempo, un’enorme quantità di prodotti alimentari resta inutilizzato (con emissioni di gas serra pari all’8% delle emissioni mondiali).

Il Rapporto conclude che i cambiamenti necessari avranno dei costi e significheranno una vita diversa per molti di noi, ma  assai più alti e più dolorosi saranno i costi se si sceglie di non intervenire.

 

 

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