Il pericolo viene da Nauru?

26 Feb 2022 | articoli, contributi

di Ruggero Tumbiolo

Questa è la storia di un piccolo Stato insulare del Pacifico sud orientale: la Repubblica di Nauru.

La Repubblica di Nauru si trova su un’isola a nord-est della Papua Nuova Guinea abitata da circa diecimila abitanti, già nota alle cronache ambientali per lo sfruttamento dei giacimenti di fosfati di roccia[1].

In un articolo dal titolo “Mining the Bottom of the Sea, The future of the largest, still mostly untouched ecosystem in the world is at risk, pubblicato il 26 dicembre 2021 su The New Yorker[2], Elizabeth Kolbert (l’autrice di “La sesta estinzione”, premio Pulitzer del 2015) denuncia che Nauru potrebbe trovarsi al centro di un disastro ambientale generatore di danni “irreversibili su scale temporali multigenerazionali”.

The Guardian, con un articolo di Kate Lyons del 30 giugno 2021 dal titolo “Deep-sea mining could start in two years after Pacific nation of Nauru gives UN ultimatum”, aveva già lanciato l’allarme[3]; così come anche la Rivista Mongabay, con un articolo di Elizabeth Claire Alberts del 2 luglio 2021, dal titolo “Nauru’s intention to mine the seabed prompts alarm among conservationists[4].

In pericolo è un patrimonio comune della umanità: i fondali marini (denominati “Area” nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare sottoscritta a Montego Bay il 10 dicembre 1982) con i loro giacimenti minerari, con particolare riguardo ai noduli polimetallici, contenenti manganese, nichel, rame, cobalto e altri minerali a profondità comprese fra i 4.000 e 6.000 metri.

L’art. 136 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare enuncia che: “L’Area e le sue risorse sono patrimonio comune dell’umanità”.

Il soggetto preposto alla gestione il patrimonio comune è l’Autorità Internazionale dei Fondali Marini (International Seabed AuthorityISA), organizzazione internazionale che è investita dei diritti sulle risorse dell’Area.

Non è ovviamente questa la sede per approfondire le problematiche che nascono dalla disciplina per lo sfruttamento dei fondali marini prevista dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e dall’Accordo sottoscritto a New York il 29 luglio 1994 di applicazione della parte XI di detta Convenzione; disciplina che comunque rappresenta uno dei principali punti di disaccordo in materia di diritto del mare[5].

Ciò che invece vale la pena riferire è che, con lettera del 25 giugno 2021, il Presidente della Repubblica di Nauru ha chiesto formalmente al Consiglio dell’Autorità Internazionale dei Fondali Marini di completare l’adozione della normativa e delle procedure necessarie per l’approvazione dei piani di lavoro per lo sfruttamento dei fondali marini, ai sensi del paragrafo 15 della Sezione 1 allegata al citato Accordo del 29 luglio 1994[6].

Secondo la richiamata disposizione dell’Accordo[7], trascorsi due anni da una richiesta da parte di uno Stato di portare a compimento l’elaborazione della disciplina in materia di sfruttamento dei fondali marini, il Consiglio dell’ISA potrà esaminare eventuali domande sfruttamento e approvare provvisoriamente i relativi “piani di lavoro” pur in assenza di un apparato normativo definitivo, facendo riferimento alle disposizioni e ai principi contenuti nella Convenzione e nell’Accordo applicativo, alla disciplina regolamentare eventualmente adottata in via provvisoria nonché al principio di non discriminazione.

Il Governo della Repubblica di Nauru ha già informato che Nauru Ocean Resources Inc., società “patrocinata”[8] dalla Repubblica di Nauru, ha in corso studi di base sulle acque profonde che coinvolgono scienziati e istituti di ricerca; al termine di tali studi, si prevede che Nauru Ocean Resources Inc. sarà in grado di presentare all’ISA una domanda di approvazione di un piano di lavoro per lo sfruttamento dei fondali marini[9].

Il Governo di Nauru ritiene che i noduli polimetallici possano costituire parte della soluzione per la transizione globale dai combustibili fossili verso le energie rinnovabili; lo sviluppo responsabile di questa nuova industria fornirebbe, sempre secondo il Governo di Nauru, una fonte di metalli a basso impatto per le tecnologie a basse emissioni di carbonio necessarie per combattere i cambiamenti climatici[10].

Elizabeth Kolbert ricorda, però, che gli scienziati marini sostengono che i potenziali costi ambientali dell’estrazione mineraria in acque profonde superano di gran lunga i benefici.

In effetti, oltre seicento esperti di scienze e politiche marine provenienti da 44 paesi hanno già sottoscritto nel giugno del 2021 una dichiarazione[11] con la quale chiedono una sospensione dell’estrazione mineraria in acque profonde: gli ecosistemi di acque profonde sono attualmente sotto stress a causa di una serie di fattori tra cui i cambiamenti climatici, la pesca a strascico e l’inquinamento; l’estrazione mineraria in acque profonde si aggiungerebbe a questi fattori di stress, con conseguente perdita di biodiversità e danni all’ecosistema che sarebbero irreversibili su scale temporali multigenerazionali.

Difettano, inoltre, rigorose informazioni scientifiche riguardanti la biologia, l’ecologia e in generale sulla biodiversità degli ecosistemi delle acque profonde.

Per tali ragioni, i firmatari della dichiarazione raccomandano che il procedimento che conduce allo sfruttamento delle risorse minerarie sia sospeso fino a quando non saranno state acquisite affidabili informazioni scientifiche che consentano di assumere decisioni informate sulle richieste di estrazione mineraria in acque profonde, senza generare danni significativi all’ambiente marino.

Durante il Congresso dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) tenutosi dal 3 all’11 settembre 2021 a Marsiglia[12], è stata approvata la mozione n. 69 “Protection of deep-ocean ecosystems and biodiversity through a moratorium on seabed mining[13], con la quale, tra l’altro, si invitano gli Stati membri a promuovere una sospensione dell’estrazione mineraria dei fondali marini profondi, della stipula di nuovi contratti di sfruttamento e di esplorazione e dell’adozione di regolamenti minerari su detti fondali, nonché ad appoggiare la riforma dell’ISA per garantire un processo decisionale trasparente, inclusivo, efficace e che conduca a decisioni sostenibili dal punto di vista ambientale.

La moratoria servirebbe, tra l’altro, per condurre valutazioni d’impatto ambientale rigorose e trasparenti, comprendere i rischi ambientali, sociali, culturali ed economici dell’estrazione mineraria nei fondali marini profondi, garantire un’efficace protezione dell’ambiente marino, sviluppare e attuare politiche volte a garantire la produzione e l’uso responsabile e sostenibile dei metalli.

Il messaggio che traspare dalla dichiarazione degli esperti di scienze e politiche marine e dal Congresso di Marsiglia[14] è, quindi, sintetizzabile nel principio di precauzione, principio guida e base del diritto ambientale internazionale, inserito in oltre 60 trattati multilaterali: meglio assumere misure preventive che pentirsi dopo che il danno si è verificato[15].

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Nauru (versione 31.01.22)

[1] Cfr. S.J. Gale, Lies and misdemeanours: Nauru, phosphate and global geopolitics, in The Extractive Industries and Society, Volume 6, Numero 3, luglio 2019, Pag. 737-746, e abstract consultabile su Science Direct: https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S2214790X18303095.

[2] Consultabile all’indirizzo: https://www.newyorker.com/magazine/2022/01/03/mining-the-bottom-of-the-sea.

[3] Consultabile all’indirizzo: Deep-sea mining could start in two years after Pacific nation of Nauru gives UN ultimatum | Nauru | The Guardian.

[4] Consultabile all’indirizzo: Nauru’s intention to mine the seabed prompts alarm among conservationists (mongabay.com).

[5] In argomento vedi: Tullio Scovazzi, voce “Mare nel diritto Internazionale Pubblico”, Digesto. Discipline pubblicistiche, 1994; Tullio Treves, voce “Fondi Marini Internazionali”, Enciclopedia del Diritto, Agg. II, 1998.

[6] Dal comunicato stampa del 29 giugno 2021 dell’ISA: Nauru requests the President of ISA Council to complete the adoption of rules, regulations and procedures necessary to facilitate the approval of plans of work for exploitation in the Area | International Seabed Authority.

[7] Il testo dell’Accordo del 29 luglio 1994 e della Convenzione sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 sono consultabili, anche nel testo non ufficiale italiano, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Supplemento Ordinario, n. 295 del 19 dicembre 1994, recante la legge 2 dicembre 1994 n. 689 di “Ratifica ed esecuzione della convenzione della Nazioni Unite sul diritto del mare, con allegati e atto finale, fatto a Montego Bay il 10 dicembre 1982, nonché dell’accordo di applicazione della parte XI della convenzione stessa, con allegati, fatto a New York il 29 luglio 1994” (accessibile dall’archivio storico della G.U.R.I.: https://www.gazzettaufficiale.it/homePostLogin).

[8] Il patrocinio, come spiega Tullio Scovazzi nel testo richiamato nella nota 5, rappresenta il collegamento fra uno Stato e un’impresa ed è attribuito dallo Stato alle entità statali o alle persone fisiche o giuridiche aventi la sua nazionalità o effettivamente controllate da tale Stato o dai cittadini di tale Stato (v. l’art. 153 e l’Allegato III alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare).

[9] Cfr. la pagina web dedicata all’argomento a cura del Dipartimento degli Affari Esteri e del Commercio della Repubblica di Nauru: Nauru requests the International Seabed Authority Council to adopt rules and regulations within two years – The Government of the Republic of Nauru (naurugov.nr).

[10] Vedi nota 9.

[11] Consultabile all’indirizzo: Deep-Sea Mining Science Statement (seabedminingsciencestatement.org).

[12] Cfr. la pagina web dedicata al Congresso di Marsiglia: IUCN World Conservation Congress 2020 | IUCN World Conservation Congress 2020 (iucncongress2020.org).

[13] Consultabile all’indirizzo: https://www.iucncongress2020.org/motion/069.

[14] Cfr. anche il Manifesto di Marsiglia: CGR-2021-1.6-2_Marseille_Manifesto_IUCN_World_Conservation_Congress_10_ September_2021.pdf.

[15] Stefano Nespor, Previsioni e precauzione, Editoriale di questa Rivista, luglio 2021.

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