Il Demanio Costiero come risorsa naturale e ambientale

02 Giu 2023 | articoli, contributi, in evidenza 4

di Ruggero Tumbiolo

Sommario: 1. Premessa. – 2. Il quadro normativo. – 3. La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea C-348/22 del 20 aprile 2023. – 4. Prospettive di riforma.

  1. Premessa.

Sulla materia del demanio costiero si è sviluppato negli anni un inteso dibattito dottrinario e giurisprudenziale.

Il dibattito si è incentrato soprattutto sul regime al quale è sottoposto il rilascio e il rinnovo delle concessioni demaniali marittime (o lacuali o fluviali) con finalità turistico-ricreative e sui rapporti tra la disciplina nazionale e quella dell’Unione europea, con particolare attenzione all’applicabilità sia dell’art. 49 TFUE sia dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. direttiva Bolkestien).

Recentemente è nuovamente intervenuta la Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza C-348/22 del 20 aprile 2023, che si è pronunciata su nove questioni pregiudiziali sottoposte dal TAR Puglia, Lecce, con l’ordinanza n. 743 dell’11 maggio 2022, nell’ambito di un giudizio promosso dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato contro il Comune di Ginosa[i].

Le questioni erano state, in parte, già scrutinate dalla stessa Corte di giustizia, con la sentenza del 14 luglio 2016 (cause riunite C-458/14 e C-67/15), la quale aveva affermato che la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati, si poneva in contrasto con l’art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE nonché con l’art. 49 TFUE nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.

Anche dopo la sentenza della Corte di giustizia del 2016, il dibattito sulla compatibilità della disciplina nazionale e, in particolare, della proroga ex lege delle concessioni in essere al diritto unionale è continuato, tanto da far intervenire l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, con le decisioni n. 17 e 18 del 9 novembre 2021, ha ribadito il principio secondo cui il diritto dell’Unione impone che il rilascio o il rinnovo delle concessioni demaniali marittime (o lacuali o fluviali) avvenga all’esito di una procedura di evidenza pubblica, con conseguente incompatibilità della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica ex lege delle concessioni in essere[ii].

  1. Il quadro normativo.

Sul piano normativo il legislatore nazionale è, da ultimo, intervenuto con il decreto legge 29 dicembre 2022 n. 198, convertito dalla legge 24 febbraio 2023 n. 14, che, nel modificare i disposti della legge 5 agosto 2022 n. 118 (legge per il mercato e la concorrenza 2021), ha nuovamente prorogato l’efficacia delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive.

Va subito messo in risalto che il contrasto dell’ultima proroga introdotta dal decreto legge n. 198 del 2022, convertito dalla legge n. 14 del 2023, con i principi e le norme europee direttamente applicabili è stato già colto dal Consiglio di Stato con la sentenza della Sesta Sezione 1° marzo 2023 n. 2192[iii].

Ciò posto, in base all’attuale assetto normativo nazionale[iv]:

– le concessioni in essere alla data di entrata in vigore della legge n. 118 del 2022 (27 agosto 2022) sulla base di proroghe o rinnovi, disposti anche ai sensi della legge 30 dicembre 2018 n. 145 e del decreto legge 14 agosto 2020 n. 104, convertito dalla legge 13 ottobre 2020 n. 126, continuano ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2024;

– le concessioni affidate o rinnovate mediante procedura selettiva con adeguate garanzie di imparzialità e di trasparenza continuano ad avere efficacia sino al termine previsto dal relativo titolo e comunque fino al 31 dicembre 2024 se il termine previsto è anteriore a tale data;

– in presenza, poi, di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2024, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa, l’autorità competente, con atto motivato, può differire il termine di scadenza delle concessioni in essere per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2025.

L’art. 10 quater del decreto legge n. 198 del 2022, convertito dalla legge n. 14 del 2023, istituisce anche un tavolo tecnico presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con il compito di definire, acquisiti i dati relativi ai rapporti concessori in essere delle aree demaniali marittime, lacuali e fluviali, elaborati ai sensi all’art. 2 della legge n. 118 del 2022, «i criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenuto conto sia del dato complessivo nazionale che di quello disaggregato a livello regionale, e della rilevanza economica transfrontaliera».

La legge n. 118 del 2022 (entrata in vigore il 27 agosto 2022) ha anche delegato il Governo a:

– costituire un sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni pubblici al fine di promuovere la massima pubblicità e trasparenza delle informazioni e dei dati relativi ai rapporti concessori, tenendo conto delle esigenze di difesa e sicurezza (art. 2);

– riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, ivi incluse quelle affidate ad associazioni e società senza fini di lucro, con esclusione delle concessioni relative ad aree, strutture e infrastrutture dedicate alla cantieristica navale, all’acquacoltura e alla mitilicoltura (art. 4).

Sennonché, mentre il termine della prima delega, inizialmente fissato in sei mesi dall’entrata in vigore della legge, è stato spostato a undici mesi dall’art. 1, comma 8, lettera a), del decreto legge n. 198 del 2022, convertito dalla legge n. 14 del 2023, per cui scadrà il 27 luglio 2023; il termine della seconda delega per riordinare e semplificare la disciplina, fissato in sei mesi dall’art. 4 della legge n. 118 del 2022, è scaduto il 27 febbraio 2023 e non è stato prorogato.

La scarsa linearità del quadro emerge con tutta evidenza, specie se si considera che l’art. 1, comma 8, lettera b), del decreto legge n. 198 del 2022, convertito dalla legge n. 14 del 2023, ha inserito all’art. 4, dopo il comma 4, della legge n. 118 del 2022 il comma 4-bis che fa divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni fino all’adozione dei decreti legislativi per riordinare e semplificare la disciplina, trascurando di considerare che il termine fissato dalla legge delega per emanare l’atto delegato era già scaduto[v].

  1. La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea C-348/22 del 20 aprile 2023.

In questo quadro normativo e giurisprudenziale interviene la sentenza C-348/22 del 20 aprile 2023 della Corte di giustizia dell’Unione europea.

Come già osservato in sede di primo commento, la Corte di giustizia precisa, in primo luogo, che la direttiva 2006/123/CE si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio costiero, a prescindere dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo.

Sancisce, inoltre, che l’obbligo di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva e, conseguentemente, tali disposizioni sono produttive di effetti diretti nell’ordinamento interno.

Aggiunge, quindi, che i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti ad applicare i disposti della direttiva 2006/123/CE e, altresì, a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi agli stessi.

La Corte si sofferma, quindi, sul concetto di scarsità della risorsa naturale e, perciò, delle concessioni disponibili.

Va ricordato che, alla luce del considerando 62 della direttiva 2006/123/CE e dell’art. 12 della stessa direttiva, il presupposto per l’applicazione della direttiva è che il numero delle autorizzazioni per una determinata attività sia limitato in ragione della scarsità della risorsa naturale[vi].

Secondo la Corte, preso atto che la direttiva non chiarisce come valutare la scarsità della risorsa naturale[vii], il diritto dell’Unione non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero a livello locale; purché i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati.

Viene, quindi, trasferito al legislatore interno il compito di definire l’ambito applicativo di una direttiva che, come osservato, non prevede eccezioni malgrado le diversità geografiche e territoriali degli Stati membri (si pensi alla situazione delle coste italiane rispetto a quelle, ad esempio, del nord Europa), così che «le mancanze a livello ascendente si ripercuotono sul livello discendente»[viii].

Del resto, come si è già accennato, il tavolo tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dall’art. 10 quater del decreto legge n. 198 del 2022, convertito dalla legge n. 14 del 2023, ha il compito proprio di definire, una volta acquisiti i dati della c.d. mappatura delle aree demaniali marittime, lacuali e fluviali, i criteri per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenuto conto sia del dato complessivo nazionale sia di quello disaggregato a livello regionale e della rilevanza economica transfrontaliera.

L’elaborazione di questi dati condurrà a determinare se sussista o meno la scarsità della risorsa naturale disponibile e cioè del patrimonio costiero[ix].

  1. Prospettive di riforma.

Al di là dell’applicabilità della direttiva 2006/123/CE al settore delle concessioni demaniali, è indubbio che la gestione del demanio costiero marittimo, come quello lacuale e fluviale, necessiti di una riforma che contemperi i principi di concorrenza, imparzialità, pubblicità e trasparenza[x] con l’interesse pubblico alla riqualificazione e valorizzazione del patrimonio paesaggistico costiero[xi], senza trascurare gli investimenti effettuati da parte delle strutture turistico-ricettive che gestiscono concessioni demaniali, il loro valore aziendale e la professionalità acquisita[xii].

Al riguardo si dovrà tener conto che la Corte costituzionale ha affermato che la disciplina delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale, sia regionale, ma che particolare rilevanza, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento delle concessioni, assumono i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale; principi corrispondenti ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale dall’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione[xiii].

In questo contesto, come proposto in dottrina[xiv], potrebbero trovare spazio procedure che valorizzino proposte di interventi di riqualificazione degli spazi da affidare in concessione, avendo come obiettivo la valorizzazione degli ecosistemi, come è accaduto nell’esperienza spagnola, ovvero potrebbero essere rimeditati e aggiornati strumenti già noti nell’ambito della pianificazione programmatica delle attività turistiche contenuti nella legge 29 marzo 2001 n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo) per valorizzare la peculiarità dell’offerta turistica balneare.

Si dovrà, altresì, tener conto delle interazioni terra-mare, anche mediante il ricorso agli elementi contenuti negli altri processi di pianificazione, come la pianificazione dell’uso dello spazio marittimo[xv].

Se si sposta l’attenzione sull’esperienze di amministrazione, merita una annotazione la procedura seguita dal Comune di Milano per valorizzare parte del suo patrimonio storico/culturale sito nella Galleria Vittorio Emanuele II.

In quel caso la procedura di gara era stata avviata dal Comune di Milano dopo aver ricevuto alcune manifestazioni d’interesse finalizzate alla valorizzazione di alcune unità immobiliari nel rispetto delle norme vigenti sull’utilizzo degli immobili storici tutelati.

L’aspetto interessante è l’inserimento nella procedura di un meccanismo di prelazione a favore del promotore, cioè la possibilità, per questo, di ragguagliare la propria offerta economica a quella del concorrente risultato “migliore offerente”.

Tale meccanismo di prelazione è stato ritenuto dal Consiglio di Stato[xvi] conforme all’ordinamento europeo e in particolare all’art. 12 della direttiva 2006/123/CE.

Osserva al riguardo il Consiglio di Stato: «Dalla disamina della norma europea si evince, dunque, che questa impedisce di adottare sistemi di affidamento della “risorsa scarsa” basati su metodi non concorrenziali. L’inserimento di una clausola di prelazione all’interno di una procedura di gara non forma, perciò, oggetto di un divieto espresso e generalizzato: una simile clausola non è ammessa quando contrasti con l’ora visto criterio regolante l’affidamento della risorsa “scarsa” posto dall’art. 12, come accade nell’ipotesi – che però non ricorre nel caso ora in esame – in cui la prelazione venga accordata al concessionario uscente in virtù di tale sua qualità … L’introduzione, all’interno di una procedura selettiva trasparente, di un meccanismo di prelazione, non è volta a favorire il concessionario uscente – nel qual caso il contrasto con il paragrafo 2 dell’art. 12 sarebbe, come detto, palese – ma si riconnette alla qualità di autore del progetto del soggetto cui è riconosciuta, in parallelo con l’analogo meccanismo di prelazione in favore del promotore previsto per la finanza di progetto dall’art. 183, comma 15, del d.lgs. n. 50/2016».

Applicare, ora, l’istituto della prelazione in favore del promotore anche nelle procedure dirette all’assegnazione dei beni costieri (consentendo anche al concessionario/promotore di farsi carico di un progetto di riqualificazione) non significherebbe ripudiare la concorrenza, bensì consentirebbe di coniugare concorrenzialità con la soluzione più vantaggiosa per il pubblico interesse alla riqualificazione di un contesto morfologico sempre più fragile.

E vale ricordare che l’art. 12, paragrafo 3, della direttiva 2006/123/CE, al pari dell’art. 16 del d.lgs. n. 59 del 2010, include le ragioni di salvaguardia del patrimonio culturale e dell’ambiente tra i motivi imperativi di interesse generale da tener conto nello stabilire le regole della procedura di selezione[xvii].

In conclusione, è forse giunto il momento di guardare al patrimonio costiero come valore naturalistico e non solo come mero fattore di promozione del turismo e dell’economia locale, riconoscendo una nuova relazione tra la comunità territoriale e la risorsa naturale eco-sistemica non rinnovabile del territorio costiero, capace di esprimere una funzione sociale e di incorporare una pluralità di interessi e utilità collettive anche di natura intergenerazionale[xviii].

In quest’ottica, la conservazione e la valorizzazione della risorsa naturale nonché degli interessi e delle utilità collettive che essa incorpora va perseguita dando rilievo anche alla dimensione collettiva e identitaria che contraddistingue l’ambito spaziale costituito dalle coste della penisola italica, nella consapevolezza del valore culturale immanente del paesaggio costiero italiano[xix].

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Tumbiolo, Il demanio costiero come risorsa naturale e ambientale

NOTE:

[i] La decisione è stata pubblicata sul numero 42 di maggio 2023 di RGAONLINE, con un primo commento del sottoscritto, il cui contenuto viene qui ripreso e ampliato con ulteriori considerazioni specie con riguardo alle prospettive di riforma del settore. Per approfondire gli antefatti giuridici e non della sentenza si veda: C. Volpe, “Le concessioni demaniali marittime: una fine o un inizio? Correzioni di rotta e nuovi approdi”, in www.giustizia-amministrativa.it e www.giustamm.it, n. 11/2022.

[ii] In realtà l’Adunanza Plenaria si è spinta anche oltre e, a fronte di un quadro di incertezza normativa, ha modulato gli effetti temporali della propria decisione, statuendo che: «Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E».

[iii] Nella decisione si legge che: «sulla base di quanto affermato dall’Adunanza Plenaria, con le ricordate sentenze nn. 17 e 18 del 2021, non solo i commi 682 e 683 dell’art. 1 della L. n. 145/2018, ma anche la nuova norma contenuta nell’art. 10-quater, comma 3, del D.L. 29/12/2022, n. 198, conv. in L. 24/2/2023, n. 14, che prevede la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime in essere, si pone in frontale contrasto con la sopra richiamata disciplina di cui all’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, e va, conseguentemente, disapplicata da qualunque organo dello Stato».

[iv] Cfr. art. 3 della legge n. 118 del 2022, come modificato dall’art. 10-quater, comma 3, e 12, comma 6-sexies, del decreto legge n. 198 del 2022, convertito dalla legge n. 14 del 2023.

[v] Il TAR Puglia, Lecce, con la sentenza della Prima Sezione 21 aprile 2023 n. 523, si è comunque espresso nel senso che in mancanza dei decreti legislativi volti a riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, al Comune è fatto divieto, allo stato, di avviare la procedura concorrenziale, aggiungendo che è ragionevole ritenere che il legislatore abbia inteso bloccare tutti i bandi volti al rilascio di nuove concessioni demaniali marittime in attesa della adozione dei decreti legislativi deputati a raccogliere ed elaborare i dati funzionali alla indizione di nuove gare, onde garantire il razionale e sostenibile utilizzo del demanio marittimo, sia in riferimento alla concessioni in essere, sia in riferimento a quelle di nuova assegnazione

[vi] Nello stesso senso si esprime anche l’art. 16 del d.lgs. 26 marzo 2010 n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno).

[vii] È pur vero che in precedenza la Corte (nella sentenza del 14 luglio 2016) aveva precisato che al fine di determinare se le aree demaniali che possono essere oggetto di sfruttamento economico siano in numero limitato occorre considerare la circostanza che le concessioni di cui trattasi sono rilasciate a livello non nazionale; tuttavia, tale precisazione, come rileva la stessa Corte nella sentenza del 20 aprile 2023, costituiva una mera indicazione al giudice di rinvio e si spiegava con il contesto della causa che aveva dato luogo alla decisione; in altri termini, non rappresentava un criterio ermeneutico, ma una indicazione calibrata sul contesto della controversia.

[viii] Così: C. Volpe, “Concessioni demaniali marittime: un’ulteriore puntata di una storia infinita”, in www.giustizia-amministrativa.it.

[ix] Sulla scarsità della risorsa naturale l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è, in realtà, già espressa, con le decisioni n. 17 e 18 del 2022, ritenendo che l’insieme dei dati forniti dal sistema informativo del demanio marittimo (SID) del Ministero delle Infrastrutture già evidenzia che attualmente le aree demaniali marittime a disposizione di nuovi operatori economici sono caratterizzate da una notevole scarsità, ancor più pronunciata se si considera l’ambito territoriale del comune concedente o comunque se si prendono a riferimento porzioni di costa ridotte rispetto alla complessiva estensione delle coste italiane; in dottrina, non sono tuttavia mancate opinioni divergenti sulla scarsità del patrimonio costiero italiano: B. Caravita, G. Carlomagno, La proroga ex lege delle concessioni demaniali tra tutela della concorrenza ed economia sociale di mercato: una prospettiva di riforma, in Federalismi.it, n. 20, 17-18.

[x] Precisa C. Volpe “Concessioni demaniali marittime: un’ulteriore puntata di una storia infinita”, in https://www.giustizia-amministrativa.it/: «se non vi è scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili”, non si applica la direttiva Bolkestein ma, per la scelta degli operatori economici, vanno rispettati i principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità e trasparenza, proporzionalità. Ciò sulla base dell’art. 13, commi 2 e 5, e dell’art. 3 del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), il quale, pur prevedendo che le disposizioni dello stesso non si applicano al nostro caso e tanto meno ai contratti attivi (si verte nel campo dei cosiddetti contratti esclusi), dispone che l’affidamento degli stessi contratti nel caso in cui offrano opportunità di guadagno economico, anche indiretto, avvenga tenendo conto dei detti principi. Come già previsto dal precedente codice all’art. 4 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Ossia vanno svolte procedure di evidenza pubblica;».

[xi] Paesaggio costiero che, fatta salva la presenza di una dichiarazione di notevole interesse paesaggistico di un determinato contesto, è assoggettato per legge alla tutela paesaggistica per una fascia di profondità di 300 metri dalla linea di battigia (cfr. art. 142 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42).

[xii] Come si esprime l’art. 4, comma 2, lettera c), della legge delega n. 118 del 2002.

[xiii]  Cfr. sentenze della Corte costituzionale n. 10 del 2021, n. 22 del 2020, n. 86 del 2019 e n. 40 del 2017; tuttavia, è stato efficacemente osservato in dottrina che il richiamo alla concorrenza non può operare “come un bisturi nel burro” delle competenze regionali (B. Caravita, G. Carlomagno, La proroga ex lege delle concessioni demaniali tra tutela della concorrenza ed economia sociale di mercato: una prospettiva di riforma, in Federalismi.it, n. 20, 17, e B. Caravita, La sentenza della Corte sulla Valle d’Aosta: come un bisturi nel burro delle competenze (legislative) regionali, in Federalismi.it paper del 21 aprile 2021).

[xiv] Così propone G. Lami, I criteri di aggiudicazione delle concessioni balneari ai sensi dell’art. 4 della legge n. 118/2022 (legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021). Criticità e difficoltà interpretative, in Rivista di diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2022, fasc. 1-2, 111 ss.

[xv] Sul piano internazionale, il punto di riferimento normativo per la pianificazione dell’uso dello spazio marittimo è il Protocollo addizionale alla Convenzione di Barcellona sulla gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo, sottoscritto a Madrid il 21 gennaio 2008; in ambito europeo si veda: la Raccomandazione 2002/413/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 maggio 2002, relativa all’attuazione della gestione integrata delle zone costiere in Europa, la Comunicazione della Commissione Europea “Crescita blu. Opportunità per una crescita sostenibile dei settori marino e marittimo”, COM (2012) 494 final, Bruxelles, 13 settembre 2012, la Comunicazione della Commissione Europea “Strategia europea per una maggiore crescita e occupazione nel turismo costiero e Marittimo”, COM (2014) 86 final, Bruxelles, 20 febbraio 2014 e la direttiva 2014/89/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo. Per un’analisi delle disposizioni a livello sovranazionale ed europeo si rinvia a: G. Torta, Il delicato equilibrio tra la tutela dell’ambiente e la promozione delle attività economiche nella pianificazione dello spazio marino, in AmbienteDiritto, fascicolo 1/2023, 15 ss.; in argomento si veda anche: T. Scovazzi, Il Progetto di Protocollo mediterraneo sulla gestione integrata delle zone costiere, in Rivista giuridica dell’ambiente, n. 2/2006, 355 ss. ed E. Boscolo, La gestione integrata delle zone costiere in Italia: prospettive e prime esperienze, in Rivista quadrimestrale di diritto dell’ambiente, n. 1/2011, 40 ss.

[xvi] Consiglio di Stato, Sez. VII, 4 aprile 2023 n. 3486.

[xvii] Al riguardo è stato osservato che le procedure selettive tra i candidati potenziali indicate dall’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, da esperirsi nel rispetto di garanzie di imparzialità e di trasparenza e con un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura, del suo svolgimento e completamento, sono già riscontrabili nella disciplina contenuta nell’art. 37 cod. nav. (Consiglio di Stato, VII, 29 dicembre 2022 n. 11664), ai sensi del quale nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda a un più rilevante interesse pubblico.

[xviii] Come si era espressa la Corte costituzionale con riferimento alla risorsa non rinnovabile del suolo nella decisione n. 179 del 2019.

[xix] Sul valore culturale del paesaggio si veda la decisione del Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 marzo 2023 n. 2559, secondo la quale: «Il valore culturale del paesaggio costiero si afferma non soltanto in ragione del dato di natura (che in sé risulterebbe tutelabile mediante strumenti diversi, calibrati sugli aspetti ambientali e naturali), ma in considerazione della valenza identitaria che le coste assumono, quali parti della “forma” del Paese e testimonianze materiali della storia millenaria di una penisola che ha avuto nelle proprie coste il crocevia delle partenze, dei ritorni e degli approdi degli uomini e delle civiltà che hanno concorso a determinare l’identità della Nazione italiana».

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