Si amplia l’accesso alla giustizia amministrativa per associazioni e comitati

01 Dic 2023 | giurisprudenza, amministrativo

di Umberto Fantigrossi

Consiglio di Stato, V, n. 7952 del 25 agosto 2023, Pres. Caringella, Est. Santini. Omissis Spa – Comitato Omissis e altri.

Al fine della legittimazione al ricorso dei comitati d’occorrenza o spontanei sono sufficienti i requisiti della finalità statutaria e della stabilità organizzativa, associativa e territoriale, non risultando altresì necessario quello della stabilità temporale.

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Oggetto del ricorso introduttivo del giudizio sono stati gli atti relativi all’approvazione e al finanziamento del progetto dell’impianto filoviario che dovrà collegare la località di Montesilvano alla città di Pescara. Opera che si sviluppa per la maggior parte del tragitto sulla cd. Strada-Parco, vale a dire l’ex tracciato ferroviario dismesso dalla fine degli anni ’80.

La principale doglianza degli oppositori riguardava il difetto di istruttoria, perché non si era tenuto conto delle ormai modificate condizioni della cd. strada parco, divenuta nel tempo e dopo la dismissione del vecchio tracciato ferroviario, intervenuta il 31 gennaio 1988, un corridoio verde e un luogo a fruizione collettiva con tante interferenze con il tessuto urbano, non adeguatamente considerate: sicché non si sarebbe prestato più alla sua funzione di tracciato filo-viario, avendone perso le caratteristiche, così come non sarebbe stata compatibile con la reale fruizione e il reale stato dei luoghi la previsione della chiusura e la interdizione degli accessi, anche a proprietà private.

A promuovere il ricorso è stato un comitato di cittadini, già dalla denominazione assunta (Comitato strada parco bene comune), chiaramente sorto in occasione ed in funzione della specifica vicenda oggetto del giudizio. Inizialmente ne facevano parte sette persone, con la successiva partecipazione di più di settecento “aderenti”.

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La sentenza in commento prende le mosse esplicitando i requisiti che le formazioni sociali debbono cumulativamente possedere per poter ricorrere in giudizio: a) finalità ambientale da tutelare e che deve essere presente a livello statutario; b) consistenza organizzativa e adeguata rappresentatività dell’ente stesso (dunque: stabilità organizzativa ed associativa); c) stabilità territoriale, consistente nel collegamento effettivo tra l’associazione e l’area che si intende tutelare; d) stabilità temporale, consistente per l’appunto nello svolgimento della ridetta attività in via protratta nel tempo, con preesistenza in ogni caso – giova ripetere – rispetto all’iniziativa che si intende contrastare[i].

I giudici di Palazzo Spada, consapevoli che nel caso in discussione difetterebbe in particolare quest’ultimo requisito[ii] – e ciò dal momento che il Comitato era sorto soltanto un mese circa prima della proposizione del ricorso di primo grado – si sono concentrati sull’esame di questo punto, prendendo le mosse da un precedente della Terza Sezione[iii]. In tale decisione si era sostenuto che: “se l’elemento temporale fosse dirimente si impedirebbe in modo irragionevolmente discriminatorio a formazioni sociali di nuova costituzione, per il cui riconoscimento giuridico ai sensi di legge, tra l’altro, non è richiesto un numero minimo di componenti o di soci costituenti, di accedere agli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione per la tutela di situazioni giuridiche protette, in violazione dei principi espressi dagli artt. 2, 3 e 39 Cost.”. “Ed ancora, attribuire all’elemento temporale – la più o meno recente costituzione – tale funzione di discrimine, introdurrebbe un indebito elemento discrezionale se non arbitrario la cui delimitazione – in mesi? in giorni? in anni? – o valutazione non è, del resto, in alcun modo dalla legge considerata né, quindi, attribuita a qualsivoglia organismo”.

Fatto questo richiamo lo sviluppo dell’argomentazione si allarga a tre diversi riferimenti al quadro normativo:

  • l’art. 118, quarto comma, Cost, il quale, dopo la riforma del 2001, pone il principio di sussidiarietà;
  • l’art. 3-ter del codice dell’ambiente, relativo al principio dell’azione ambientale e che pone la sua garanzia in capo anche alle persone giuridiche pubbliche o private;
  • la Convenzione di Aahrus, la quale prevede a sua volta: il più ampio “sostegno delle associazioni … che promuovono la tutela dell’ambiente” (art. 3, par. 4); il “più ampio accesso alla giustizia in materia ambientale” (art. 3, par. 5) anche da parte delle organizzazioni (art. 9, par. 2) “che promuovono la tutela dell’ambiente” (art. 2, par. 5, il quale non prevede, va osservato, alcun requisito di tipo temporale ai fini della legittimazione processuale di cui si discute); infine, l’eliminazione e comunque la riduzione di “ostacoli all’accesso alla giustizia” (art. 9, par. 5).

Da tale quadro normativo la sentenza ricava, come premessa alla soluzione della legittimazione al ricorso dei comitati spontanei, “una forte attenzione non solo nei riguardi dei singoli ma anche dei corpi intermedi, espressamente tutelati e valorizzati dall’art. 2 della Carta costituzionale, e del ruolo che gli stessi – pure attraverso il ricorso ai mezzi giurisdizionali – possono efficacemente svolgere per la tutela di determinati interessi generali e, in particolare, per la tutela della salute e dell’ambiente”.

Fatta questa premessa, il riconoscimento della legittimazione al ricorso, nel caso in esame, è affidato a otto articolati argomenti che meritano di essere riferiti nella loro puntuale e letterale successione.

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  1. Il primo argomento è un’osservazione in punto di fatto: le associazioni ed i comitati che insorgono avverso taluni atti della PA sono costituiti proprio in occasione di un “evento scatenante”. Escludere tutte le formazioni sociali costituitesi ad hoc, e dunque tutte quelle che sorgono “in occasione” di determinati eventi lesivi, vorrebbe dire, secondo gli estensori della decisione, escludere la gran parte di simili organismi dalla possibilità di invocare tutela. Il che risulterebbe contrario rispetto ai principi contenuti nelle disposizioni internazionali, costituzionali e legislative sopra indicate.
  2. La tutela uti singuli soggiace a vincoli meno stringenti come la vicinitas e la prova del danno patrimoniale e personale (alla salute) asseritamente subito. Di qui una evidente disparità di trattamento, considerati i parametri richiesti per le formazioni sociali (non solo stabile collegamento ma anche stabilità temporale nei termini di cui si è già detto), tra due categorie (singoli ed associazioni) che legge (art. 3-ter cit.) e Costituzione (art. 118 cit.) collocano invece su un piano di perfetta e totale equiparazione. Disparità di trattamento che assume connotati di un certo rilievo ove soltanto si consideri il particolare regime di favore di cui godono siffatti corpi intermedi ai sensi dell’art. 2 Cost.
  3. Se non dovesse riconoscersi legittimazione processuale alla formazione sociale (per mancanza del requisito della stabilità temporale) si potrebbe pur sempre trovare ingresso nella ridetta procedura contenziosa attraverso il meccanismo del ricorso collettivo (dato dall’insieme dei singoli ricorrenti che agiscono individualmente ed i quali non sono pacificamente soggetti alle medesime limitazioni di carattere temporale) o comunque individuale: il che, ove pure non costituisse forma di elusione di quanto stabilito dal richiamato orientamento, comunque finirebbe per svuotare di significato i criteri specificamente individuati dalla giurisprudenza onde ammettere la legittimazione processuale di talune formazioni sociali.
  4. E’ noto che l’esigenza di una legittimazione “di gruppo” deriva dalla preoccupazione che, pur trattandosi di interessi di alto valore sociale e di notevole rilevanza individuale, lo scontro con antagonisti più forti (i titolari ossia di autorizzazioni che determinano rilevanti impatti sul piano sanitario, paesaggistico ed ambientale) possa attenuare l’efficienza e l’effettività della tutela ove questa sia invocata dal singolo individuo. Intervenire in sede processuale mediante gruppi organizzati consente infatti, secondo il noto adagio per cui “l’unione fa la forza”, di ottimizzare competenze (anche di natura tecnica) e di condividere risorse (anche di natura finanziaria, date le elevate somme richieste per accedere alla giustizia amministrativa tramite il versamento del contributo unico). In questa direzione, spingere di fatto a chiedere giustizia in forma individuale piuttosto che in forma associativa si traduce: più “a monte”, nella costruzione di un vero e proprio ostacolo all’accesso ai mezzi giurisdizionali di chiaro segno contrario rispetto a quanto espressamente previsto dal citato art. 9, par. 5, della Convenzione di Aahrus; più “a valle”, in una tutela più stemperata e dequotata delle singole matrici sanitarie, ambientali e paesaggistiche, le quali godono invece di un certo livello di tutela rafforzata a livello costituzionale (artt. 9 e 32 Cost.).
  5. Nell’ottica del citato art. 3-ter del codice dell’ambiente, la governance del bene ambientale passa altresì attraverso l’azione di siffatte formazioni sociali le quali, in chiave di sussidiarietà, rispondono in questo modo al problema della insufficienza della tutela pubblica di certi valori, pure costituzionalmente garantiti, mediante la tipica azione dei pubblici poteri. Azione sussidiaria che una volta esauriti tutti i mezzi di carattere fisiologico (accesso agli atti, partecipazione al procedimento, etc.), giocoforza deve assumere natura patologica mediante il ricorso alla tutela di tipo giurisdizionale. L’orientamento giurisprudenziale che si basa, tra l’altro, sul requisito della stabilità temporale, finirebbe piuttosto per scoraggiare quelle forme di associazionismo cui la citata disposizione del codice dell’ambiente, unitamente all’art. 118, quarto comma, Cost., tende invece ad assegnare un ruolo pressoché fondamentale ai fini della tutela dell’ambiente.
  6. Si aggiunga che esigere tale “prova di maturità” in capo alle associazioni non riconosciute si tradurrebbe, ove non si inneschino altresì forme di tutela individuale oppure ad opera di associazioni legalmente riconosciute (art. 13 legge n. 349 del 1986), nella creazione di vere e proprie sacche di insindacabile illegittimità e, di conseguenza, nella possibile compromissione dei valori ambientali, soprattutto ove i motivi di ricorso si appalesino conclusivamente e sostanzialmente fondati.
  7. Né il riconoscimento della legittimazione processuale in capo a siffatti organismi potrebbe compromettere, in qualche misura, il principio della giurisdizione soggettiva su cui poggia il sistema del processo amministrativo. E ciò in quanto le suddette formazioni sociali, benché costituite in occasione di specifiche vicende, non coltivano comunque un generico interesse alla legittimità dell’azione amministrativa quanto, piuttosto, un proprio concreto interesse giuridicamente qualificato dalla presenza di uno stabile collegamento tra la sfera soggettiva dell’ente e la fattispecie oggetto della potestà amministrativa, di solito una determinata area territoriale, di cui si chiede il sindacato. Sarebbe in altre parole più che sufficiente, onde garantire il rispetto del principio della giurisdizione soggettiva, il solo requisito della stabilità territoriale.
  8. Si arriva così alla pienamente condivisibile conclusione di rigetto dell’orientamento restrittivo elaborato dalla giurisprudenza maggioritaria, il quale secondo i giudici della quinta Sezione, sembrerebbe dunque rispondere all’esigenza non tanto di garantire il rispetto dei richiamati principi della giurisdizione soggettiva quanto piuttosto di introdurre – seppure indirettamente – ulteriori forme di deflazione del contenzioso che, tuttavia, devono non solo formare esclusivo appannaggio dell’azione del legislatore ordinario ma anche considerarsi giocoforza recessive, per livello e grado di importanza, rispetto a più elevati valori di rango costituzionale come la salute, il paesaggio e l’ambiente.

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Non resta che aggiungere che questa sentenza sarebbe molto piaciuta al grande avvocato e professore veneziano Feliciano Benvenuti che già nel lontano 1978[iv] affermava che: “quello di cui dobbiamo essere consapevoli è che ci avviciniamo al momento di rottura dove non è più possibile pensare ad un sistema di giustizia amministrativa fondato sulla sola iniziativa di un cittadino leso in un suo diritto o interesse legittimo che sia; se si allarga l’area della socialità, occorre trovare un modo per consentire alla socialità di adire alla giustizia amministrativa”.

Il Consiglio di Stato, con la decisione in commento questa strada l’ha finalmente trovata: confidiamo che prosegua su di essa senza ripensamenti.

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Legittimazione comitati nota RGA nov x dicembre 2023

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Fantigrossi sentenza

NOTE:

[i] Sul tema in dottrina, in una prospettiva comparatistica, v. M. Delsignore, “La legittimazione delle associazioni ambientali nel giudizio amministrativo: spunti dalla comparazione con lo standing a tutela di environmental interests nella judicial rewiew statunitense”, in Dir. Proc. Amm. n. 3/2013, pagg. 734 e segg.; più di recente F. Saitta, “Interessi diffusi e legittimazione a ricorrere: una questione da rivedere”, in AA.VV., “Riprendiamoci la città”, Dossier ANCI, 2023, pagg. 231 e segg.; in giurisprudenza la decisione “guida” è Cons. Stato, A.P., n. 6/2020.

[ii] Per un recente caso, in altra materia, di esclusione della legittimazione al ricorso in capo ad un’associazione definita (forse frettolosamente) “di comodo” v. Cons. Stato, V, n. 5779/2021.

[iii] Sent. n. 7850/2020.

[iv] F. Benvenuti, “La giustizia amministrativa come funzione dello Stato democratico”, ora in Scritti giuridici, Vol. IV, Vita e Pensiero, 2006, pagg. 3537 e segg.

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