di Emanuele Pomini
T.A.R. UMBRIA, Sez. I – 4 maggio 2022, n. 262 – Pres. Potenza, Est. Carrarelli – F.A. S.p.A. (avv. C. Fiore) c. Comune di Assisi (avv. M. Marcucci), Azienda Unità Sanitaria Locale Umbria 1 (avv. V. Bioli), ARPA Umbria (avv. C. Orlando).
In base alla normativa nazionale vigente per le emissioni odorigene non è prevista la fissazione di limiti di emissione né di metodi o di parametri idonei a misurarne la portata, dal momento che il D.Lgs. 152/2006, all’art. 272-bis, prevede in questo ambito solo la possibilità di un intervento delle regioni o delle autorità competenti in sede di autorizzazione. In mancanza di tali interventi, nonché di situazioni di pericolo per l’ambiente, la salute o la pubblica incolumità, è illegittima l’adozione di un provvedimento contingibile e urgente ai sensi degli artt. 50, comma 5 e 54, comma 4 del D.Lgs. 267/2000 da parte del sindaco, non essendo a tal fine sufficiente aver evidenziato la percepibilità delle sostanze odorigene o l’aver riportato il verificarsi di fenomeni di malessere nella popolazione residente, imponendosi in capo alla P.A. un più stringente onere istruttorio e motivazionale basato su dati univoci circa la sussistenza di un pericolo attuale per la salute dell’uomo e per l’ambiente derivante dalle emissioni odorigene (nel caso di specie era stato effettuato un mero richiamo a soglie olfattive individuate nella letteratura scientifica).
L’inquinamento olfattivo, determinato dal rilascio in atmosfera di sostanze inquinanti caratterizzate da odori molesti e dal conseguente impatto negativo sull’ambiente circostante, costituisce spesso una delle variabili ambientali più sentite e fonte di preoccupazione nelle comunità locali interessate dalla presenza di insediamenti industriali. Tuttavia, a differenza di altre tipologie di inquinamento, valutare oggettivamente l’incisività dell’impatto delle emissioni odorigene sulla popolazione esposta non è sempre agevole, soprattutto per quanto concerne la modalità di campionamento, caratterizzazione e valutazione delle emissioni odorigene, non essendoci procedure standardizzate e condivise, tant’è che proprio tale settore della normativa ambientale è rimasto a lungo senza alcuna regolamentazione a livello centralei, lasciato in balia di una disciplina non uniforme costituita da linee guida regionali o direttive tecniche non vincolanti.
Peraltro, anche quando il legislatore è intervenuto mediante il D.Lgs. 183/2017ii (che ha inserito nella Parte Quinta del Codice dell’Ambiente l’art. 272-bis, dedicato proprio alle emissioni odorigene) non lo ha fatto per introdurre una specifica disciplina recante limiti di emissione, portate massime e/o metodi o parametri di misurazione, essendosi limitato a prevedere la possibilità di un intervento da parte delle regioni o delle autorità competenti in sede di autorizzazione per adottare misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al Titolo I della Parte Quintaiii. In altre parole, la decisione sul se e come intervenire per introdurre una disciplina sulle soglie olfattive è stata rimandata a livello territoriale, lasciando cioè a ciascuna regione e/o a ciascuna autorità competente al rilascio dell’autorizzazione alle emissioni relativa all’impianto interessato decidere se e come adoperarsiiv. Se, quindi, da un lato l’intervento del legislatore ha avuto il pregio di cercare di riempire un vuoto normativo ormai non più tollerabilev, dall’altro, tuttavia, il vantaggio di poter contare su parametri oggettivi e uniformi su tutto il territorio nazionale per valutare la legittimità delle emissioni odorigene, che solo una legge dello Stato può garantire, è stato frustrato dall’aver affidato alla normativa regionale o addirittura ai singoli provvedimenti autorizzativi la previsione dell’adozione delle anzidette misure preventive e contenitive, con il rischio di una probabile frammentazione delle prassi operative sul territorio che, a questo punto, potrà essere superata solo con l’adozione di criteri uniformi da parte delle regionivi.
In questo contesto, il T.A.R. Umbria interviene con un’interessante decisione relativa al rapporto tra emissioni odorigene provenienti da impianti industriali e poteri di intervento della pubblica amministrazione, in particolare precisando i limiti con cui tali poteri possono essere esercitati qualora si verifichino fenomeni di molestie olfattive a carico della popolazione residente nelle vicinanze della fonte odorigena.
Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici umbri vedeva una società esercente attività di fusione di materiali ferrosi e in possesso di autorizzazione integrata ambientale impugnare un’ordinanza contingibile e urgente, adottata dal sindaco ai sensi degli artt. 50, comma 5 e 54, comma 4 del T.U.E.L., mediante la quale, a seguito di ripetute segnalazioni da parte della popolazione residente, nonché di accertamenti compiuti da ARPA e di richiesta in tal senso proveniente dall’AUSL, le era stato imposto di abbattere l’impatto odorigeno del proprio stabilimento mediante la rimozione alla fonte (materia prima, processo di origine, ecc.) di determinate sostanze e, in subordine, ove ciò non fosse tecnicamente praticabile, di allestire idonei sistemi di abbattimento e/o aspirazione di modo da impedire che all’esterno dell’insediamento produttivo si producessero concentrazioni aeree superiori a quelle definite da ARPA come soglia di rilevamento olfattivo; il tutto affiancato dalla predisposizione di un sistema di monitoraggio esterno delle sostanze in questione ubicato ai confini del sito, con trasmissione settimanale dei dati ad ARPA e AUSL. Impugnata l’ordinanza innanzi al T.A.R. Umbria da parte della società interessata, i giudici amministrativi accoglievano prima l’istanza cautelare e poi il ricorso, sospendendo e successivamente annullando l’ordinanza sindacale in quanto ritenuta illegittima sotto più profili.
Innanzitutto, il TAR Umbria ricorda come, per pacifica giurisprudenza, la possibilità di ricorrere allo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente sia condizionata alla sussistenza di un pericolo concreto, che imponga di provvedere in via d’urgenza e con strumenti extra ordinem, per fronteggiare emergenze sanitarie o porre rimedio a situazioni di natura eccezionale e imprevedibile di pericolo attuale e imminente per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, non fronteggiabili con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamentovii. In particolare, il legittimo esercizio del potere sindacale in questione di emanare ordinanze di necessità, finalizzate alla salvaguardia di rilevanti interessi pubblici legati alla sicurezza della collettività, deve sempre essere subordinato ai seguenti presupposti: a) straordinarietà (intesa come impossibilità di far luogo ad atti tipici e nominati preordinati alla gestione degli interessi coinvolti); b) urgenza (intesa come impossibilità di differire, senza pericolo di compromissione di quegli interessi, l’azione amministrativa, con il ricorso alle tempistiche ordinarie); c) imprevedibilità delle situazioni di pericolo; d) contingibilità (intesa come emergenza provvisoria e improvvisa), sicché l’esercizio del potere presuppone l’esistenza, oltre che la sua puntuale indicazione nel provvedimento impugnato, di una situazione di pericolo, da intendersi quale ragionevole probabilità che accada un evento dannoso nel caso in cui l’amministrazione interessata non intervenga prontamenteviii. Inoltre, la sussistenza delle situazioni di pericolo effettivo idonee a legittimare l’intervento dell’autorità deve essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazioneix.
Tuttavia, dal provvedimento impugnato non era emerso nulla di tutto ciò, poiché anche la documentazione tecnica di ARPA, richiamata nell’ordinanza impugnata, pur evidenziando la percepibilità delle sostanze moleste, non dava conto di alcuna situazione di pericolo per l’ambiente, la salute o la pubblica incolumità, e neppure la nota dell’AUSL, pur riferendo dei fenomeni di malessere verificatesi nella popolazione residente in prossimità degli impianti, non conteneva alcun dato certo e oggettivamente riscontrabile in ordine alla ricorrenza e diffusione di tali fenomeni.
A ciò si aggiungeva, nel caso di specie, l’assenza non solo di una legge regionale in materia (quindi assenza di valori limite relativi alle sostanze odorigene o di specifiche portate o concentrazioni massime di emissione odorigena per le fonti di emissione odorigene degli stabilimenti), ma anche di specifiche prescrizioni in tal senso, o comunque finalizzate al contenimento delle emissioni odorigene, del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale dello stabilimento in questione.
Da qui la decisione del T.A.R. Umbria di ritenere illegittimo l’esercizio del potere di ordinanza da parte della pubblica amministrazione, dovendosi in tali circostanze, come statuito dai giudici amministrativi, peraltro in maniera condivisibile, imporre in capo all’autorità competente “un più stringente onere istruttorio e motivazionale basato su dati univoci circa la sussistenza di un pericolo attuale per la salute dell’uomo e per l’ambiente derivante dalle emissioni odorigene”, che di certo non può esaurirsi nel mero richiamo a soglie olfattive individuate nella letteratura scientifica, come invece era accaduto nel caso di specie.
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Commento_emissioni odorigene_TAR Umbria (1)
Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.
NOTE
i Ferma restando la tutela approntata dalla giurisprudenza mediante il ricorso agli artt. 844 (immissioni) e 2043 (fatto illecito) c.c., nonché, in ambito penale, all’674 c.p. (getto pericoloso di cose).
ii Recante l’attuazione della direttiva (UE) 2015/2193 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015, relativa alla limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi, nonché per il riordino del quadro normativo degli stabilimenti che producono emissioni nell’atmosfera, ai sensi dell’art. 17 della l. 170/2016.
iii L’art. 272-bis ha inoltre precisato che tali misure possono includere, ove ritenuto opportuno in base alle caratteristiche degli impianti e delle attività presenti nello stabilimento nonché alle caratteristiche della zona interessata, e fermo restando, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori limite più severi: (i) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm3) per le sostanze odorigene; (ii) prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e attività con potenziale impatto odorigeno, incluso l’obbligo di attuazione di piani di contenimento; (iii) procedure volte a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell’intorno dello stabilimento; (iv) criteri e procedure volti a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena; (v) specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena.
iv Peraltro, la Corte costituzionale è già intervenuta per delineare i limiti costituzionali entro i quali le regioni possono dare attuazione a quanto previsto dall’art. 272-bis, osservando, in particolare, come attraverso tale norma è permesso al legislatore regionale di incrementare, nell’ambito delle sue competenze, lo standard di tutela ambientale, senza che tuttavia la regione possa giungere fino a estendere l’applicabilità della norma in esame anche alle installazioni soggette ad AIA, sottoposte solo alle previsioni di cui al Titolo III-bis della Parte Seconda del D.Lgs. 152/2006, secondo quanto espressamente disposto dall’art. 267, c. 3 dello stesso decreto (cfr. Corte Cost., 24 luglio 2019, n. 178/2019).
v Per un quadro relativo all’ambito di operatività dell’art. 272-bis, nonché per una disamina inerente ai profili sanzionatori, si rinvia a Cass. pen., Sez. III, 21 maggio 2021, n. 20204.
vi Al riguardo, occorre menzionare il documento “Metodologie per la valutazione delle emissioni odorigene – documento di sintesi, Maggio 2018” (https://www.snpambiente.it/wp-content/uploads/2018/10/Delibera-38-e-allegati.pdf), adottato dal SNPA (Consiglio del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) con delibera n. 38/2018, mediante il quale sono stati fornite informazioni ed elementi utili per favorire un’armonizzazione a livello nazionale della disciplina sulle emissioni odorigene, delle quali possono avvalersi non solo gli enti di controllo, ma anche gli enti di governo territoriali nell’adozione dei propri provvedimenti ex art. 272-bis.
vii Cfr., ex plurimis, T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, Sez. I, 4 marzo 2022, n. 52; T.A.R. Liguria, Sez. I, 8 luglio 2019, n. 603; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 5 novembre 2018, n. 339; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 26 luglio 2018, n. 903.
viii In questo senso, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22 marzo 2016, n. 1189; Cons. Stato, Sez. III, 29 maggio 2015, n. 2697; Cons. Stato, Sez. V, 23 settembre 2015, n. 4466.
ix Cfr., in questo senso, Cons. Stato, Sez. IV, 11 gennaio 2021, n. 334, in questa Rivista, n. 18, febbraio 2021; Cons. Stato, Sez. V, 21 febbraio 2017, n. 774; Cons. Stato, Sez. V, 22 marzo 2016, n. 1189.