Vinca e Legge Obiettivo: disapplicate le norme sulla VIA speciale

27 Dic 2021 | giurisprudenza, amministrativo

di Paola Brambilla

TAR LAZIO, Roma, Sez. I – 5 ottobre 2021, n. 10164 – Pres. Amodio, Est. Ravasio– WWF Italia Onlus e altri (avv.ti Viglione e Tsuno) c. ANAS e Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato).

Vanno disapplicate per contrasto con le disposizioni delle Direttive Rete Natura 2000 le normative sulla c.d. VIA speciale (contenute nel previgente Codice degli appalti di cui al D.lgs. 163/06) e applicate, tra l’altro, alle opere della c.d. Legge Obiettivo, ove prevedono la possibilità di superare il giudizio di compatibilità ambientale  e di valutazione di incidenza consentendo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al proponente il potere di approvare cionondimeno il progetto, rinviando le valutazioni e le misure compensative ad una successiva fase progettuale; tanto meno è possibile che sia affidata allo stesso proponente, o a soggetti terzi diversi dall’autorità ordinariamente competente alle valutazioni ambientali, la riedizione della VINCA in una fase progettuale successiva.

Il rilevante motivo di interesse pubblico che ai sensi della normativa europea sulla VINCA può consentire la realizzazione dell’opera anche in presenza di valutazione negativa non può fondarsi su considerazioni di natura economica o su un’analisi costi/benefici delle alternative, ma solo sulla verifica dell’esistenza o meno di alternative che possano comportare un impatto minore sulla integrità in termini ecosistemici della zona interessata.

La vicenda.

Non tutti hanno presente che il nostro paese è ricco anche di normative sovrabbondanti e che la specialità che ci contraddistingue riguarda purtroppo, tra gli altri asset, pure la normativa ambientale e nel dettaglio quella in materia di valutazioni ambientali.

Lungi dall’avere infatti il D.lgs. 152/06 ricondotto ad unitarietà la VIA e la VInca, quest’ultima è rimasta normata dal D.p.r. 357/97 e s.m.i. – fatta eccezione per il richiamo alla sua contestualità con la VIA operato dall’art. 10 comma 3 del T.U.A. – mentre sono rimaste in vita le procedure di VIA speciale previste dalla c.d. Legge obiettivo n. 443/2001 per le infrastrutture strategiche e gli insediamenti produttivi, che aveva trovato un dispiegamento procedurale nel previgente codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. 163/06, capo IV, agli artt. 165 e ss.

Infatti l’art. 216 comma 1-bis del D.lgs. 50/2016, nuovo codice dei contratti pubblici, ha previsto che per gli interventi ricompresi tra le infrastrutture strategiche già inseriti negli strumenti di programmazione approvati e per i quali la procedura di valutazione di impatto ambientale sia già stata avviata alla data di entrata in vigore del codice stesso, i relativi progetti sono approvati secondo la disciplina previgente.

Questa breve ricapitolazione normativa consente di fissare i punti cardinali della vicenda che ha portato prima la Corte di Giustizia – in sede di rinvio pregiudiziale di interpretazione – a prendere posizione sulla compatibilità del sistema normativo pregresso con le caratteristiche fondanti degli istituti europei della VIA e della VINCA, poi il TAR Lazio, nella sentenza in esame, a pronunciarsi sulla legittimità degli atti assunti in base a queste disposizioni speciali: prima tra tutte l’art. 183 del D.lgs. n. 163/06, che demanda al CIPE (ora CIPESS) l’adozione del progetto preliminare dell’opera insieme alla valutazione di impatto ambientale di competenza del MITE e del MIC (a valle del pronunciamento della Commissione VIA VAS), salvo, per il caso di contrasto tra i vari Ministri coinvolti (tra cui MIMS e MISE), un meccanismo di superamento demandato al Consiglio dei Ministri (comma 6).

L’opera al centro del contenzioso è l’ultimo lotto della superstrada Orte – Civitavecchia (S.S. 675 “Umbro-Laziale”), per la cui realizzazione il parere della Commissione VIA VAS aveva optato per la soluzione progettuale detta “tracciato viola”, tale da non interferire con la ricchissima biodiversità della Valle del Mignone, con sede di più di un sito Rete Natura 2000.

Approvata la progettazione definitiva con questa configurazione, successivamente il proponente ANAS, rilevando gli alti costi dell’ultimo lotto, presentava una progettazione preliminare in variante diversa, il c.s. “tracciato verde” affermando di aver compiuto un innovativo studio dell’analisi costi benefici che avrebbe dimostrato la bontà del nuovo disegno, di maggiore sostenibilità economica.

La normativa speciale prevede per tali casi (varianti localizzative) un rinnovato giudizio di compatibilità ambientale, per cui il progetto veniva inviato alla Commissione VIA VAS per l’acquisizione della valutazione di impatto ambientale, inclusiva della VInca.

L’organo confermava il parere negativo su questo percorso, dando atto dell’incursione dell’opera nel cuore della Valle del Mignone, all’interno della ZPS per oltre 14 Km e a distanza di meno di un Km dal SIC, evidenziando inoltre che l’alternativa del “tracciato viola” già apprezzata positivamente era in  grado di minimizzare gli impatti – sia archeologici che naturalistici che ambientali che geo-idrogeologici – ottimizzare i costi (tramite l’eliminazione di una galleria e degli svincoli originariamente previsti) e dare tempi certi al completamento dell’opera, in parte già realizzata o in fase di realizzazione per due lotti funzionali, concludendo che gli impatti del progetto del tracciato “verde” erano di tale portata da non poter prescrivere mitigazioni o compensazioni adeguate a rendere l’arteria ambientalmente compatibile”, con la conseguente impossibilità di elaborare eventuali prescrizioni e misure di mitigazione per la variante progettuale.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, adita per superare il contrasto tra dicasteri, riteneva così di poterlo superare – nell’ambito della propria amplissima discrezionalità – approvando il nuovo tracciato “verde”, motivando sulla scorta di ragioni di “rilevante interesse pubblico” consistenti nella necessità di completamento degli itinerari strategici di collegamento e raccordo tra le diverse direttici stradali, rientranti nella rete transeuropea “TEN-T”, ciò che sarebbe stato possibile solo riducendo i costi del tracciato. All’esito disponeva che il proponente completasse, in sede di redazione del progetto definitivo, lo studio di incidenza ambientale del tracciato in questione, sviluppando la c.d. “valutazione appropriata” sulla cui base sarebbe stata svolta la successiva verifica da parte dell’autorità competente, ai fini della valutazione d’incidenza ambientale del progetto e nel rispetto delle prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale nel corso della conferenza di servizi indetta dal MIT.

L’iter speciale si perfezionava, infine, con la delibera del CIPE che approvava il progetto preliminare relativo al “tracciato verde”, dando mandato al proponente Anas di redigere il progetto definitivo dell’opera, recependo le prescrizioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale dettate nel corso della conferenza di servizi svolta con riferimento al progetto preliminare e, inoltre, di sviluppare lo studio d’incidenza ambientale dell’opera in argomento, comprensivo della cosiddetta «valutazione appropriata», compiutamente redatto secondo le prescrizioni di legge vigenti, sulla cui base effettuare la valutazione d’incidenza ambientale dell’intervento sul territorio interessato. La verifica dello studio di incidenza veniva affidata alla Regione Lazio, anche al fine di individuare le eventuali ulteriori misure di mitigazione e compensazione necessarie per la tutela e la salvaguardia delle componenti ambientali e paesaggistiche del territorio interessato.

La Commissione VIA e VAS sarebbe tornata in gioco solo per la verifica di ottemperanza, prevista dall’art. 185, commi 4 e 5, del D.lgs. n. 163/06 per controllare il recepimento da parte del progetto definitivo dell’opera stradale alle prescrizioni di carattere paesaggistico e ambientale e alle risultanze della VInca.

La Corte di Giustizia.

Con sentenza del 16 luglio 2020, all’esito della causa C-411/19, la Corte ha reso quattro importanti precisazioni sulla VInca e sui suoi rapporti con la normativa speciale in questione.
In primo luogo, ha confermato che l’art. 6 della direttiva 92/43 è compatibile con una norma interna che consenta la prosecuzione, per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, di un piano o di un progetto la cui incidenza su Rete natura 2000 sia stata valutata negativa e non sia mitigabile, a meno che non esista una soluzione alternativa che comporta minori inconvenienti per l’integrità della zona interessata, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

In secondo luogo, ha chiarito che a seguito di una valutazione di incidenza negativa l’iter di approvazione del progetto non può essere successivamente completato con misure di mitigazione degli impatti sul sito e con la prosecuzione della valutazione di detta incidenza. Le misure dirette a rimediare agli impatti sono misure di compensazione e non di mitigazione, e vanno definite nell’ambito di uno stesso unitario procedimento di VInca.

Il terzo assunto preclude che il proponente, dopo una VInca negativa, possa avere il potere di recepire, nel progetto definitivo, prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale successive alla valutazione dell’autorità competente, senza detta autorità si sia pronunciata su queste modifiche del progetto.

La quarta indicazione interpretativa impone che l’autorità competente alla VInca venga modificata per il suo proseguimento o completamento, dopo la formulazione di un primo parere.

Dunque i principi emersi a seguito del rinvio, che introducono una diversa lettura nelle procedure della Legge Obiettivo per le infrastrutture strategiche rispetto alla scarna e lacunosa disciplina del vecchio codice dei contratti, segnano in realtà quasi un intervento additivo rispetto a normative editate quando la regolamentazione nazionale della VIA era ancora ferma al primigenio impianto del Codice dell’Ambiente, e le riforme di adeguamento sia del 2008 che del 2017, in recepimento della normativa unionale di cui alla Direttiva 2011/92/UE e 2014/52/UE erano ancora lungi da venire.

La Corte fornisce così al giudice interno elementi cogenti per interpretare in modo conforme o disapplicare la normativa nazionale, nei casi di maggior tensione con il diritto unionale dotato di primato, al fine del conseguimento dell’effetto utile, di particolare importanza soprattutto nel settore ambientale: competenza specifica, immutabilità dell’autorità designata ab origine per la VInca, inammissibilità di modifiche o affinamenti progettuali ad opera del proponente stesso dopo la VInca negativa, e afferenza necessaria della decisione delle compensazioni all’interno della VInca.

Il TAR Lazio.

Raccogliendo le indicazioni della Corte, il T.A.R. Lazio disapplica espressamente l’art. 183, comma 6, del vecchio Codice appalti, e interpretando il corpus normativo di riferimento per la decisione (artt. 165, commi 3, 5 e 7; 166, commi 1 e 5; 183, comma 6; 185, commi 4 e 5, del D. Lgs. n. 163/2006, nonché gli artt. 5 e 6 del D.P.R. n. 357/97), in senso conforme alle direttive eurounitarie, afferma che esse:

– non possono consentire l’approvazione di un progetto preliminare privo di una VInca completa e comprensiva di tutte le prescrizioni di carattere ambientale necessarie per minimizzare le conseguenze negative;

– non possono consentire di completare o modificare lo studio di VInca e di individuare anche le misure di mitigazione contestualmente alla redazione del progetto definitivo dell’opera, senza la riapertura del procedimento di approvazione della VINCA;

– non possono consentire di affidare la valutazione di Incidenza Ambientale ad una autorità diversa da quella ordinariamente preposta, da individuarsi nella Commissione Tecnica VIA-VAS, istituita presso il MITE;

– non consentono che possa essere preferita per ragioni imperative di interesse pubblico una soluzione progettuale preferita solo perché meno costosa, quando esiste un’alternativa in grado di arrecare minori impatti all’integrità dei siti di cui deve essere assicurata la conservazione in base alle direttive Rete Natura 2000.

Conseguentemente il TAR dichiara illegittime e annulla sia la deliberazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sia la deliberazione CIPE, ree di aver dato corso ad un progetto di opera pubblica in ordine al quale, allo stato, non v’è certezza che costituisca quello che comporta i minori inconvenienti per l’integrità della zona.

Alla pars destruens segue quella costruens, indispensabile per tracciare i confini dell’ottemperanza al giudicato, specie a fronte di un quadro normativo laconico e inapplicabile: il Consiglio dei Ministri deve rideterminarsi, concludendo il procedimento avviato ai sensi dell’art. 183, comma 6, del D. Lgs. n. 163/2006, riesaminando la richiesta avanzata dal MIT di approvazione del progetto preliminare dell’ultimo lotto, acquisendo prima dell’approvazione del CIPE il completamento della VInca, ad opera della Commissione VIA VAS, con comparazione dei vari tracciati autostradali – quanto alle conseguenze ambientali da ciascuno derivanti – e individuazione delle necessarie misure di mitigazione, senza dar luogo ad integrazioni di sorta  della VIA-VINCA in fase successiva alla approvazione del progetto preliminare.

Ciò significa che modifiche apportate progettuali eventualmente in conferenza di servizi dovranno portare alla riapertura del procedimento di VIA-VINCA, con restituzione dell’istruttoria alla Commissione Tecnica di VIA-VAS prima dell’approvazione del progetto.

Un nuovo quadro regolatorio di creazione pretoria. Le ultime Linee Guida.

Ora, la carente trasposizione e applicazione della normativa unionale in Italia ha dato vita a molteplici e fitti conteziosi e a plurime procedure di infrazione, a cui da ultimo lo Stato ha posto rimedio approvando con intesa tra Stato Regioni e Province autonome, nell’autunno del 2019, le Linee Guida nazionali per la valutazione di incidenza, uno strumento che ricapitola e traccia le corrette procedure dell’istituto.[i]

Le linee guida dettagliano le fasi dello screening e quelle successive sino alla valutazione appropriata, nonché enucleano quali siano i contenuti indefettibili della valutazione, sia sotto il profilo dell’autorità competente, sia ribadendo come essa non possa mai venir rimandata a fasi successive all’approvazione del piano, progetto od intervento, poiché la trasformazione che incide su habitat e specie può essere autorizzata solo nella certezza che essa non comprometta gli obiettivi di conservazioni dei siti protetti, anche grazie alle misure di mitigazione previste all’interno e contestualmente alla valutazione.

Non è invece consentito rilasciare VInca positive con compensazioni, posto che la compensazione implica invece che la valutazione sia negativa, caso per cui è dettato un meccanismo puntuale di dialogo con la Commissione UE che consente, per motivi imperativi di natura pubblicistica di particolare importanza, che si proceda ugualmente all’intervento, a condizione che vengano previste le misure di compensazione necessarie.

La pronuncia della CGUE e del TAR Lazio in commento aggiungono un tassello a questo quadro, ribadendo che anche nel sistema speciale della legge obiettivo e delle infrastrutture strategiche la VInca deve rispettare questi assiomi, mantenendo (i) l’immutabilità dell’organo competente alla VInca, individuato nella Commissione VIA VAS e non trasferibile alla sede politica o di alta amministrazione della Presidenza del Consiglio e tanto meno al soggetto aggiudicatore; (ii) la necessaria contestualità delle compensazioni alla sede della valutazione di incidenza; (iii) il confronto tra alternative limitato almeno in prima battuta al solo piano ambientale, con conseguente esclusione di ogni rilievo fondato su un’analisi costi benefici.

Dunque anche le obsolete procedure di VIA speciale nazionali sono costrette ad adeguarsi proceduralmente agli innesti della VInca, grazie a questa innovazione procedurale per così dire pretoria.

Fortunatamente è ora venuta in aiuto, proprio recentemente, degli enti pubblici in cerca di una qualche certezza, la Guida metodologica all’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva Habitat 92/43/CEE – Valutazione di piani e progetti in relazione ai siti Natura 2000, che tratta proprio della connessione tra VIA e Vinca, ad opera della Comunicazione della Commissione– del 28.9.2021 C(2021) 6913 final.

La trattazione delle alternative, che è il cuore della vicenda in esame, vi occupa uno spazio centrale. La guida conferma come spetti alle autorità nazionali competenti assicurare che tutte le soluzioni alternative fattibili che soddisfano gli obiettivi del piano/progetto siano state esaminate con il medesimo livello di dettaglio, mettendo in campo una valutazione che dovrebbe concentrarsi sulle specie e gli habitat per i quali il sito è stato designato, nonché sugli obiettivi di conservazione del sito.

In particolare la Commissione ribadisce inoltre come l’assenza di alternative (sul piano ambientale) debba essere dimostrata prima di procedere con l’esame della necessità di realizzare il piano o progetto per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (sentenza della Corte nella causa Castro Verde, C-239/04, punti 36-39).

Quanto alle alternative, si elenca esemplificativamente come esse possano essere costituite da: (i) modi diversi per conseguire gli obiettivi dello sviluppo proposto; (ii) ubicazioni diverse che possono essere disponibili per lo sviluppo tenendo conto degli habitat e delle specie protetti, ad esempio definendo corridoi diversi di trasporto terrestre nei piani generali di strade e autostrade o zone diverse di sviluppo abitativo; (iii) portata e dimensioni diverse dello sviluppo; (iv) soluzioni diverse di progettazione per lo sviluppo; (v) tecniche, metodi di costruzione o metodi operativi diversi per l’attuazione dello sviluppo; (vi) calendario diverso delle varie attività e dei vari compiti in ciascuna delle fasi di attuazione, compresa la costruzione, l’esercizio, la manutenzione e, se del caso, lo smantellamento o il ricondizionamento. Interessante poi il riferimento all’opportunità che vengano valutate anche soluzioni basate sulla natura (al contrario delle tradizionali “infrastrutture grigie”), spesso ugualmente valide e meno dannose per i siti Natura 2000.

Una volta poi messe sul tavolo le alternative, alle autorità competenti spetta valutare il relativo impatto al fine di giustificare adeguatamente la decisione, stabilendo se l’alternativa proposta per l’approvazione sia la meno dannosa per gli habitat e le specie e per l’integrità del sito o dei siti Natura 2000 interessati. Le varie soluzioni individuate devono quindi essere confrontate esclusivamente alla luce dei loro effetti sugli habitat e sulle specie presenti in misura significativa nel sito e sui loro obiettivi di conservazione, nonché sull’integrità del sito e sulla sua importanza per la coerenza ecologica della rete Natura 2000; inoltre le incidenze individuate di ogni alternativa devono essere descritte e quantificate in modo completo e preciso per quanto possibile in relazione ai seguenti aspetti (elenco non esaustivo) e tenendo conto degli obiettivi di conservazione specifici del sito: (i) siti Natura 2000 interessati; (ii) superficie interessata da perdita e degrado dell’habitat; (iii) numeri delle popolazioni delle specie interessate; (iv) peggioramento di funzioni importanti; (v) perturbazione; (vi) spostamento di popolazioni di specie.

La Commissione si spinge infine a ribadire esplicitamente come la valutazione di soluzioni alternative sia necessaria anche se l’investimento sia già giustificato a priori per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, ad esempio ai sensi del diritto nazionale. È solo in una seconda fase, nella scelta delle soluzioni alternative, che si può tenere conto di altri criteri: dalle considerazioni sociali al costo economico delle alternative analizzate, ma il costo economico delle misure che si possono considerare nell’esame delle alternative non può essere l’unico fattore determinante nella scelta delle soluzioni. In altre parole, chi propone un progetto non può sostenere che non si sono prese in esame alternative perché costerebbero troppo.

La Guida all’articolo 6, sezione 5.3.1 dettaglia questi passaggi e fornisce un’utilissima matrice apposita per l’individuazione e la valutazione delle alternative è illustrata nella tabella 10; si tratta di strumenti operativi concreti messi a disposizione di amministrazioni, proponenti e anche studi professionali chiamati sempre più spesso a innalzare il livello e i contenuti della progettazione verso analisi accurate della dimensione della biodiversità, per generare quel buon andamento dell’agire amministrativo che in tema di sviluppo sostenibile, come ricorda l’art. 3 quater del T.U.A, informa l’attività della pubblica amministrazione “a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell’ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione.”

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

TAR Lazio 10164 del 2021 Brambilla

Note:

[i] Le Linee Guida Nazionali per la Valutazione di Incidenza (VIncA) – Direttiva 92/43/CEE “HABITAT” articolo 6, paragrafi 3 e 4 sono state adottate con Intesa del 28.11.2019 (Rep. atti n. 195/CSR 28.11.2019), ai sensi ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 303 del 28.12.2019 (19A07968) (GU Serie Generale n.303 del 28-12-2019).

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