Il contenzioso sul cambiamento climatico in Italia

20 Giu 2021 | focus, climate change, articoli, contributi, in evidenza 3

di Luciano Butti

  1. INTRODUZIONE

Il contenzioso sul cambiamento climatico ha occupato negli ultimi anni diverse Corti nazionali e internazionali.

Due le direzioni principali delle azioni legali che sono state intentate.

In alcuni casi, si chiedeva venisse ordinato a un Governo nazionale di fare di più per prevenire il riscaldamento in corso.

In altri casi analoga richiesta veniva rivolta ad una o più grandi aziende.

In Europa, fra i casi più iconici, ricordiamo quelli olandesi[i] (tanto nei confronti del Governo, quanto nei confronti di una importante società petrolifera) e quello del Regno Unito[ii].

Quanto all’Italia, se pensiamo ai casi di alto profilo che coinvolgono la responsabilità del governo centrale, il contenzioso sul cambiamento climatico, fino ad una svolta avvenuta proprio nei giorni scorsi, era stato, per utilizzare l’espressione di uno studioso, particolarmente “unsexy[iii]. Nessuno di questi casi era stato portato davanti ad una Corte, né la letteratura giuridica nazionale ha sinora discusso a fondo la questione[iv].

Tuttavia, un recente sviluppo mostra una situazione in evoluzione.  Il primo caso nazionale di alto profilo – annunciato sin dal 2019 – è stato avviato proprio negli ultimi giorni con il deposito dell’atto di citazione.

Questo contributo inizierà con una breve descrizione della legislazione italiana esistente e della strategia di pianificazione sul cambiamento climatico. Esaminerà poi brevemente le caratteristiche del caso di alto profilo che è stato recentemente avviato.

  1. QUADRO NORMATIVO E DI PIANIFICAZIONE SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO IN ITALIA

Il nostro Paese sta affrontando il cambiamento climatico in diversi modi, come la riduzione delle sue emissioni di gas serra, l’aumento dell’uso di energie rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica.

a) Misure di mitigazione

L’Italia ha ratificato e attuato il Protocollo di Kyoto con  la legge n. 120/2002, attraverso la quale il Parlamento italiano ha chiesto al Governo di presentare e aggiornare costantemente un Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra.

Successivamente, vi sono stati diversi adattamenti agli accordi nel frattempo intervenuti in sede internazionale.

Dopo aver adottato un Piano d’azione per l’efficienza energetica (2007) e un Piano d’azione per le energie rinnovabili (2010), l’Italia ha finalmente adottato la sua prima Strategia energetica nazionale – NES, con il Decreto interministeriale dell’8 marzo 2013.

Secondo la nuova Strategia Energetica Nazionale Italiana – NES [v]adottata nel 2017, l’Italia si è inizialmente impegnata a raggiungere i seguenti obiettivi entro il 2030:

  • il raggiungimento di un 28% di energia da fonti rinnovabili nel consumo totale di energia (raggiungendo una quota del 55% di rinnovabili nel consumo di elettricità);
  • il raggiungimento di un risparmio energetico del 30%;
  • il miglioramento della sicurezza e della flessibilità dell’approvvigionamento energetico;
  • l’accelerazione della disattivazione delle centrali termiche a carbone entro il 2025;
  • il raddoppio degli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) nelle tecnologie di energia pulita a 444 milioni di euro nel 2021.

Sul fronte delle emissioni, in accordo con l’Accordo di Parigi[vi], l’Italia deve raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni stringenti entro il 2030.

Tuttavia, il Climate Change Performance Index – Results 2019[vii] ha dato all’Italia solo un “rating medio” per le sue prestazioni nelle categorie delle emissioni di gas serra e delle energie rinnovabili. Infatti, secondo l’Indice, mancherebbe ambizione negli obiettivi di riduzione delle emissioni, delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica stabiliti nella Strategia energetica nazionale italiana del 2017. Vengono inoltre criticate in quanto imprecise le misure attuative riguardanti la progettata eliminazione graduale del carbone.

Queste e altre critiche hanno portato il governo italiano a rivedere gli obiettivi fissati dalla Strategia Energetica Nazionale nella redazione del Piano Nazionale Energia e Clima – NECP[viii] per gli anni 2021-2030, presentato alla Commissione (in ritardo) l’8 gennaio 2019, ai sensi del nuovo Regolamento 2018/1999/UE.

Secondo la Commissione UE, che nel giugno 2019 ha pubblicato la sua valutazione dei progetti di piani degli Stati membri[ix] , il piano italiano è ben sviluppato e molto ambizioso sotto diversi aspetti[x] . Tuttavia, non sembra soddisfare tutti i requisiti fissati dal regolamento 2018/1999/UE, mancando ad avviso della Commissione dettagli sufficienti[xi] .

Il 3 agosto 2019, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha comunicato l’apertura della consultazione pubblica sul Piano[xii] nell’ambito della procedura di Valutazione Ambientale Strategica.

b) Misure di adattamento[xiii]

Consapevole delle inevitabili sfide che il mondo intero dovrà affrontare nei prossimi anni a causa dei cambiamenti climatici, e in linea con la Strategia dell’UE per l’adattamento ai cambiamenti climatici (EUAS), anche l’Italia ha adottato la propria Strategia Nazionale di Adattamento – NAS [xiv], basata su tre documenti principali:

  • Rapporto sullo stato delle conoscenze scientifiche su impatti, vulnerabilità e adattamento ai cambiamenti climatici in Italia“;
  • Analisi della legislazione europea e nazionale relativa agli impatti, alla vulnerabilità e all’adattamento al cambiamento climatico“;
  • Elementi per una strategia nazionale di adattamento al cambiamento climatico“.

Un Piano Nazionale di Adattamento – PAN per l’attuazione della NAS è attualmente in fase di costante sviluppo[xv]. Dovrebbe essere uno strumento strategico utile non solo per combattere il cambiamento climatico, ma anche per rendere l’Italia più resiliente e competitiva dal punto di vista economico, integrando coerentemente le altre strategie già in atto.

Inutile infine aggiungere il ruolo fondamentale che nella partita del clima verrà assunto dal PNRRPiano Nazionale di Ripresa e Resilienza[xvi] e dalla sua implementazione.

c) “Giudizio Universale“: un caso di alto profilo presentato il 5 giugno 2021

In Italia, un gruppo di attivisti e di associazioni ha lavorato per anni con l’obiettivo di lanciare una prima grande azione collettiva contro lo Stato, volta a chiedere un’azione più efficace per combattere il cambiamento climatico[xvii].

Il progetto si chiama “Giudizio Universale“. I suoi promotori lamentano che lo Stato italiano non abbia “adottato misure sufficientemente rigorose per arginare il cambiamento climatico e invertire il processo“. In particolare, si sottolinea – richiamando uno studio dell’ISPRA[xviii] – che l’Italia fa parte del cosiddetto gruppo dei paesi sviluppati, quelli che storicamente sono i maggiori responsabili per le emissioni globali di gas serra. Rispetto al 1990, le emissioni italiane sono state ridotte di appena il 17,4%, mentre già nel 2007 l’IPCC chiedeva ai paesi sviluppati di ridurre le emissioni del 25-40% entro il 2020. Inoltre, parte della riduzione avvenuta è comunque attribuibile alla crisi economica del 2008 e al conseguente calo della produzione, oltre che alla delocalizzazione di alcuni settori produttivi all’estero, e non a politiche climatiche efficaci.

I promotori sottolineano inoltre che la geografia e la topografia del territorio italiano portano a condizioni di estrema fragilità di fronte ai cambiamenti climatici. L’area mediterranea è infatti particolarmente a rischio, in quanto si riscalda più velocemente del resto del mondo, e con un riscaldamento globale di 2 °C vedrebbe la disponibilità di acqua, già scarsa, ridursi notevolmente. L’aumento del livello globale del mare aggraverà anche i problemi esistenti in aree come Venezia, la Liguria e tutte le regioni che si affacciano sul mare.

I proponenti hanno scelto di non chiedere risarcimenti o altre forme di compensazione economica, ma che lo Stato si adegui a ciò che la scienza richiede per mantenere il riscaldamento globale entro la soglia critica di +1,5 °C rispetto ai livelli delle temperature medie in epoca preindustriale.

Se questa richiesta verrà accettata, ci sarà quindi un riconoscimento legale del fatto che la politica climatica dello Stato deve soddisfare gli standard stabiliti dalla comunità scientifica e che qualsiasi politica meno efficace rappresenta una minaccia ai diritti umani fondamentali.

Tuttavia, secondo i promotori, l’importanza del caso va oltre l’azione legale stessa. È anche uno strumento di sensibilizzazione e di attivazione dei cittadini intorno alla questione del clima e sta aiutando a far crescere la comprensione di questi temi.

Nel complesso, quindi, l’azione legale contro il governo si basa su una combinazione dei due diversi approcci che la letteratura sul contenzioso climatico ha descritto: l’approccio basato su una strategia puramente legale e quello di natura socio-politica, il cui obiettivo principale è quello di coinvolgere il pubblico in un’azione collettiva di cambiamento.

L’atto di citazione è stato depositato presso il Tribunale civile di Roma proprio nei giorni scorsi, ed è stato reso pubblico il 5 giugno 2021.

La richiesta formulata riguarda la condanna dello Stato a realizzare un drastico abbattimento delle emissioni di gas serra per il 2030, in modo da centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi sul clima, in ordine al contenimento massimo del riscaldamento globale entro 1,5°C e ad ogni modo ben al di sotto dei 2°C a fine secolo.

Nell’atto, si contesta la condotta illecita dello Stato, che non è riuscito a perseguire una politica climatica conforme alle acquisizioni scientifiche più avanzate.

L’Atto di citazione in particolare contiene:

  • l’inquadramento dei problemi climatici e della grave e preoccupante condizione planetaria di emergenza climatica, accertata dalla comunità scientifica mondiale e dichiarata anche dalla UE e dall’Italia;
  • la descrizione della specifica condizione di vulnerabilità e fragilità del territorio italiano;
  • la disamina delle fonti giuridiche da cui derivano le obbligazioni climatiche, che lo Stato deve rispettare;
  • il catalogo dei diritti fondamentali, a partire dal diritto umano al clima stabile e sicuro, altrimenti violati dall’emergenza climatica;
  • l’inquadramento della responsabilità climatica dello Stato in base al Codice civile italiano;
  • le richieste al giudice.
  • In rete sono disponibili:
  • un ‘abstract’ divulgativo circa i contenuti dell’atto di citazione[xix];
  • una più dettagliata ricostruzione giuridica a cura del collegio difensivo[xx].

Proviamo ora a riflettere sul possibile sviluppo della causa.

I proponenti in sintesi richiedono che lo Stato italiano:

  1. venga dichiarato responsabile della situazione di pericolo derivante dalla sua inerzia nel contrasto all’emergenza climatica;
  2. venga condannato ad abbattere le emissioni di gas serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

La prima domanda nella sostanza richiede che il Tribunale riconosca la gravità della situazione climatica e dichiari la responsabilità dello Stato. Nel merito, la decisione giudiziaria che accogliesse questa richiesta avrebbe un importante significato di principio, ma – di per sé – ridotte conseguenze pratiche. L’importanza teorica consisterebbe nel riconoscere che, nonostante i progressi degli ultimi tempi, lo Stato italiano non sta facendo abbastanza per affrontare i cambiamenti climatici. Una consistente giurisprudenza “ambientale” della CEDU ha del resto già stabilito la responsabilità degli Stati per la violazione dei diritti umani a seguito di danni ambientali. È prevedibile che, nel rispondere a questa richiesta, lo Stato italiano si preparerà a declinare ogni responsabilità per gli effetti su larga scala delle proprie emissioni, su un duplice presupposto: da un lato, quello di non poter risolvere da solo la questione del riscaldamento globale nel mondo; dall’altro, un’obiezione costituzionale legata alla separazione dei poteri, che impedirebbe ai Tribunali, non eletti democraticamente, di influenzare la politica dello Stato. Due saranno gli argomenti che, presumibilmente, saranno spesi dai promotori della causa italiana per superare queste obiezioni. La prima, sarà il riferimento ai precedenti internazionali nei quali questa obiezione è stata proposta, ma superata dai giudici (ad esempio il caso Urgenda in Olanda): è necessaria l’azione di tutti gli Stati, ha sottolineato la Corte olandese, e tutti gli Stati sono quindi obbligati ad agire. Il secondo elemento in base al quale lo Stato italiano potrebbe pensare di ottenere il rigetto delle richieste di condanna è il principio di separazione dei poteri, secondo il quale i giudici non dovrebbero poter interferire direttamente nelle decisioni politiche e legislative dei governi. La Corte Suprema olandese ha sostenuto, a questo proposito, che in Olanda il principio di separazione dei poteri non è assoluto e che lo “stato di diritto” presuppone che, di fronte a potenziali violazioni dei diritti umani, anche le scelte politiche e legislative possano diventare oggetto di controllo giudiziario.

La seconda richiesta riguarda la condanna dello Stato italiano a raggiungere uno specifico ed assai stringente livello di riduzione delle emissioni entro il 2030.  Questa percentuale di riduzione – sostengono i promotori – è ottenuta tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni climalteranti e delle capacità tecnologiche e finanziarie attuali, in conformità ai principi di equità e di responsabilità comuni ma differenziate che caratterizzano il diritto climatico. Tali principi sono fondamentali nel calcolo della “quota equa” (fair share) che ogni Stato è tenuto a garantire per contribuire in maniera equa al raggiungimento dell’obiettivo dell’Accordo di Parigi. Considerando complessivamente la giurisprudenza sul rapporto tra diritti umani e ambiente, la possibilità che questa seconda richiesta venga accolta dipende principalmente dal livello di approfondimento tecnico-scientifico che i promotori dell’azione saranno in grado di mettere in atto, in particolare per dimostrare che lo stringente obiettivo indicato (riduzione del 92% delle emissioni entro il 2030) è il minimo indispensabile per rispettare i vincoli internazionali.  Va a questo proposito osservato, infatti, come la più recente giurisprudenza della Corte costituzionale abbia realizzato una parziale correzione di rotta rispetto al precedente (sentenza 127/1990) più insistentemente citato dai promotori per sostenere l’obbligo statale di misure anche costosissime quando è in gioco la salute. Infatti, secondo una giurisprudenza costituzionale e amministrativa ormai consolidata, le misure precauzionali da adottare possono essere scelte dalla parte obbligata tenendo conto del principio di proporzionalità. Esse devono quindi essere le meno invasive possibili nel caso concreto[xxi]. Nel medesimo ordine di idee, la Corte costituzionale ha stabilito (sentenza 85/2013) che nessun diritto costituzionale (nemmeno quello alla salute o alla salubrità ambientale) può essere “tiranno” rispetto ad altri diritti costituzionali, essendo invece sempre necessario un bilanciamento.  Da questo punto di vista, la causa si deciderà sugli approfondimenti e sulle consulenze di natura tecnico-scientifica, piuttosto che sui punti strettamente giuridici. Riusciranno i promotori a dimostrare scientificamente che lo stringente obiettivo richiesto è il minimo indispensabile attraverso il quale lo Stato italiano può far fronte ai propri obblighi internazionali? Questa sarà la vera questione che i giudici si troveranno a dover dipanare.

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Note:

[i] Un panorama completo della casistica internazionale (con esclusione solo del recentissimo caso olandese che ha coinvolto una petrolifera) si ritrova nel volume di Wolfgang Kahl e Marc-Philippe Weller (a cura di), Climate Change Litigation. A Handbook, Beck/Hart/Nomos, 2021. La sentenza olandese nei confronti della petrolifera è del 25 maggio 2021 (https://www.ilsole24ore.com/art/clima-sentenza-storica-olanda-shell-condannata-tagliare-piu-emissioni-co2-AEfMu5L) ed è stata commentata dalla stampa internazionale; nel momento in cui questo contributo viene redatto, non risulta ancora pubblicata una versione in lingua inglese.

[ii] Si rinvia al volume citato alla nota precedente. Il caso più rilevante del Regno Unito è stato promosso dalla Associazione Client Earth.

[iii]  Bouwer, The Unsexy Future of Climate Change Litigation, J. Environ. Law 483 (2018)..

[iv] Jacometti, La sentenza Urgenda del 2018: prospettive di sviluppo del contenzioso climatico, Rivista giuridica dell’ambiente 121 (2019) sosteneva tuttavia che il caso Urgenda – azionato contro lo Stato olandese – avrebbe funzionato come un precedente su scala globale, basato sui diritti umani e quindi capace di informare le decisioni di paesi come l’Italia. Nella stessa prospettiva, si veda recentemente: Savaresi e Auz, Climate Change Litigation and Human Rights: Pushing the Boundaries, Climate Law 244 (2019). Queste previsioni sembra si stiano avverando con l’iniziativa (“Giudizio Universale”) avviata in questi giorni, della quale si parlerà nel seguito del testo. Alcuni autori, peraltro, sostengono che il contenzioso non sia una strategia “adatta” al lavoro sui diritti umani in generale e al settore ambientale in particolare (cfr. Chamberlain, Beyond Litigation: The Need for Creativity in Working to Realise Environmental Rights, Law Env’t & Dev. J. [i] (2017)).

[v] Il  nuovo NES è stato adottato con decreto interministeriale del 10 novembre 2017. Per maggiori informazioni: https://www.mise.gov.it/images/stories/documenti/BROCHURE_ENG_SEN.PDF e https://www.eera-set.eu/wp-content/uploads/Italian-National-Energy-Strategy-2017.pdf

[vi] L’ Italia ha ratificato l’Accordo di Parigi con la legge n. 204/2016.

[vii]  Per maggiori informazioni: https://www.climate-change-performance-index.org/sites/default/files/documents/ccpi-2019-results-190614-web-a4.pdf; e

https://www.climate-change-performance-index.org/sites/default/files/documents/italy_scorecard_ccpi_2019_1.pdf

[viii] Per una panoramica del piano italiano presentato all’inizio del 2019:

https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio_immagini/Sergio_costa/Comunicati/draft_necp_presentation_by_italy_v10.pdf e https://www.eera-set.eu/wp-content/uploads/Cristina-TOMMASINO_Italian-NECP.pdf; per il testo completo: https://ec.europa.eu/energy/sites/ener/files/documents/ec_courtesy_translation_it_necp.pdf

[ix] Per ulteriori informazioni: Commissione europea – Comunicato stampa, Unione dell’energia: La Commissione invita gli Stati membri ad aumentare l’ambizione nei piani per attuare l’accordo di Parigi, Bruxelles, 18 giugno 2019 (https://europa.eu/rapid/press-release_IP-19-2993_en.htm). Dopo una valutazione del contributo aggregato degli Stati membri al raggiungimento degli obiettivi dell’UE, la Commissione ha rilevato che anche se i piani nazionali rappresentano già sforzi significativi, considerando che è la prima volta che agli Stati membri è stato chiesto di prepararli, nessuna bozza è perfetta: “Così come sono, le bozze dei NECP sono carenti sia in termini di contributi alle rinnovabili che all’efficienza energetica“, quindi “raggiungere gli obiettivi globali dell’UE in materia di clima ed energia richiederà un passo collettivo di ambizione“.

[x] Fonte: Commissione europea, Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Valutazione del progetto di Piano nazionale per l’energia e il clima dell’Italia (SWD(2019) 264 final) (https://ec.europa.eu/energy/sites/ener/files/documents/it_swd_en.pdf)

[xi]  Commissione europea, Raccomandazione della Commissione del 18.6.2019 sul progetto di Piano nazionale integrato per l’energia e il clima dell’Italia relativo al periodo 2021-2030, 2019 (C (2019) 4412 final).(https://ec.europa.eu/energy/sites/ener/files/documents/it_rec_en.pdf)

[xii]  Link alla Gazzetta Ufficiale italiana https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/08/03/19A04977/sg

[xiii] Per conoscere lo stato attuale dell’arte in Italia per quanto riguarda l’attuazione della politica di adattamento: https://climate-adapt.eea.europa.eu/countries-regions/countries/italy

[xiv] Strategia adottata con Decreto Direttoriale del Ministero dell’Ambiente n. 86/2015. La Strategia è disponibile al seguente link http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/clima/documento_SNAC.pdf.

[xv] https://www.minambiente.it/pagina/piano-nazionale-di-adattamento-ai-cambiamenti-climatici

[xvi] https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR_0.pdf

[xvii] Le informazioni sul progetto sono costantemente aggiornate al seguente link: https://giudiziouniversale.eu/.

[xviii]  Lo studio è disponibile al seguente link: http://www.isprambiente.gov.it/it/temi/cambiamenti-climatici/landamento-delle-emissioni.

[xix] https://giudiziouniversale.eu/wp-content/uploads/2021/06/Executive-Summary-ATTO-CITAZIONE.pdf.

[xx] https://jimdo-storage.global.ssl.fastly.net/file/2d504c75-6354-4c93-94fd-664cd8267f18/Giudizio%20Universale%20Quaderno%20Sintesi%20Azione.pdf.

[xxi] Si veda, sul principio di proporzionalità: Sentenze CGCE 13 novembre 1990 causa C-331/88, 22 novembre 2001 causa C-110/97, 5 febbraio 2004, causa C-24/00, 1 aprile 2004 causa C-286/02, 2 dicembre 2004 causa C-41/02, 12 gennaio 2006 causa C-504/04, 19 dicembre 2012 causa C-68/11 e 10 settembre 2015 causa C-81/14; Corte Costituzionale Italiana, sentenze n. 85/2013 e 58/2018; Consiglio di Stato n. 7993/2003, n. 4648/2005, n. 98/2011, n. 5443/2016 e n. 1299/2018; nonché Tar Lombardia n. 782/2005, Tar Veneto n. 5891/2006 e TAR Abruzzo n. 403/2012.

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