VIA e Vincolo paesistico – Natura della delibera ex art. 14-quater d. 241/90

28 Nov 2021 | giurisprudenza, amministrativo

di Filippo Porta

Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 settembre 2021, n. 6473 – Pres. Greco, Est. Oberdan Forlenza – Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvocatura Generale dello Stato) c. A.C. (avv.ti Aldo Sandulli e Benedetto Cimino), Regione Lazio (avv. Teresa Chieppa), Provincia di Latina (avv. Claudia Di Troia) e Comune di Minturno (non costituito in giudizio).

La delibera adottata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’art. 14-quater, comma 3, della L. n. 241/1990, è atto di alta amministrazione, espressione di un potere discrezionale insindacabile nel merito da parte del giudice amministrativo, il quale deve limitarsi a un esame estrinseco e formale che si esaurisce nel controllo del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione.

La derogabilità di un vincolo paesaggistico comporta una valutazione sulla sussistenza delle condizioni perché detta deroga possa essere accordata; valutazione che implica anche un giudizio di comparazione e prevalenza tra interessi pubblici.

La sentenza del giudice amministrativo non può sostituire una valutazione rientrante nell’esclusivo esercizio di potere discrezionale dell’Amministrazione.

Il contenzioso alla base della pronuncia in esame ha ad oggetto l’impugnazione della delibera con cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell’ambito del procedimento di opposizione, disciplinato dall’art. 14-quater, comma 3, della L. n. 241/1990, nella versione ratione temporis applicabile (“ove venga espresso motivato dissenso da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell’articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall’amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che ha natura di atto di alta amministrazione”), ha ritenuto che non sussistessero le condizioni per concludere positivamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) concernente la costruzione di un impianto per produzione di biogas ed energia rinnovabile.

Nel caso di specie, la Soprintendenza Archeologica del Lazio e dell’Etruria Meridionale, nell’ambito della Conferenza di servizi instaurata per lo svolgimento del procedimento di V.I.A., aveva espresso il proprio “dissenso qualificato” e la Regione Lazio, in qualità di amministrazione procedente in adempimento al sopra riportato art. 14-quater, aveva rimesso la questione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva constatato che il sito prescelto per l’ubicazione dell’opera era ricompreso in un’area (denominata “complesso archeologico di Minturno”) sottoposta al vincolo paesaggistico di cui all’art. 28 del Piano Territoriale Paesistico (“PTP”) della Regione Lazio (Ambito 14), che prevedeva un espresso divieto di realizzare nuove costruzioni per un raggio di 500 metri (tutela e divieto confermati anche dal nuovo “PTPR”). In ragione di ciò, è stata reputata inammissibile una localizzazione dell’impianto ad una distanza di circa 200 metri.

Nel giudizio di primo grado, il TAR Lazio (sezione distaccata di Latina) aveva accolto il ricorso della Società richiedente l’autorizzazione, sostenendo, tra le altre cose, che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, rifacendosi meramente al parere negativo della Soprintendenza, avesse espresso un apodittico diniego, non supportato da elementi concreti ed inconfutabili e che il vincolo imposto dall’art. 28, surrichiamato, fosse, in realtà, derogabile, ai sensi dell’art. 18-ter, comma 1-bis, della legge regionale (Lazio) n. 24/1998 (“nelle zone sottoposte a vincolo paesistico sono altresì consentite, anche in deroga alle disposizioni del presente capo, (…) opere e interventi finalizzati alla produzione e utilizzo di energie derivanti da fonti energetiche rinnovabili”).

Il Consiglio di Stato, al contrario – dopo aver osservato che la deliberazione impugnata era stata assunta all’esito di un’approfondita attività istruttoria, caratterizzata da numerose riunioni, con anche l’assunzione di atti e pareri delle varie amministrazioni coinvolte – ha ritenuto ponderata e corretta la decisione della Presidenza del Consiglio dei Ministri che, oltre ad aver constatato il fatto oggettivo del mancato rispetto della distanza prevista dalla norma, ha comunque ritenuto prevalente l’interesse alla tutela del paesaggio e dell’utilizzo archeologico-turistico dell’area, rispetto a quello sotteso alla realizzazione dell’impianto.

Secondo il giudice d’appello non rileva, quindi, neppure la tesi secondo cui sull’area graverebbe un “vincolo relativo” e, pertanto, derogabile. Ciò in quanto anche un’eventuale possibilità di deroga “comporta una valutazione sulla sussistenza delle condizioni perché la deroga possa essere accordata; valutazione che implica anche un giudizio di comparazione e prevalenza tra interessi pubblici, che vi è stato nel caso di specie e che appare assistito da congrua istruttoria e motivazione e niente affatto irragionevole”.

Il Consiglio di Stato ha, altresì, evidenziato come sia peraltro pacifico in giurisprudenza che la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata all’esito del procedimento di cui all’art. 14-quater, comma 3, della L. n. 241/1990,  debba considerarsi atto di alta amministrazione, sul quale il sindacato del giudice amministrativo “ha natura estrinseca e formale e si esaurisce nel controllo del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, e non si estende all’esame diretto e all’autonoma valutazione del materiale tendente a dimostrare la sussistenza dei relativi presupposti” (cfr., ex multis, Cass. sez. un., 12 luglio 2019, n. 18829).

Sulla base di quanto sopra, il Consiglio di Stato, accogliendo l’appello proposto dal MIBACT e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha quindi, da un lato, ritenuto che nel caso in esame valesse la prevalenza dell’interesse paesaggistico e archeologico e che quindi non ci fossero i presupposti per l’applicazione della deroga di cui all’art. 18-ter della legge regionale n. 24/1998, dall’altro, che sussistesse uno “sconfinamento” del sindacato giurisdizionale nel merito amministrativo, “avendo la sentenza sostituito una propria valutazione a quella rientrante nell’esclusivo esercizio di potere discrezionale dell’Amministrazione”.

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RGA-Novembre 2021_CdS_6473_2021-2

Per il testo della sentenza (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Cons. Stato, 27 settembre 2021, n. 6473

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