Tutela dell’ambiente e accesso agli atti: limiti e condizioni delle discipline delineate dal nostro ordinamento

28 Nov 2021 | giurisprudenza, amministrativo

di Elisa Maria Volonté

Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Salerno), Sez. II – 30 settembre 2021, n. 2052 – Pres. Durante, Est. Marena – Omissis (Avv. Battista) c. Comune di Atripalda;

Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Milano), Sez. I – 24 settembre 2021, n. 2017 – Pres. Giordano, Est. Fornataro –Omissis Onlus (Avv. Gariglio) c. Politecnico di Milano (Avv. Albanese) e nei confronti di Omissis S.p.A. (Avv.ti Torrani, Lattanzi);

Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Napoli), Sez. VI – 16 agosto 2021, n. 5511 – Pres. Scudeller, Est. Vampa –Omissis (Avv. Molinaro) c. Comune di Procida (non costituito) e nei confronti di Omissis (Avv. Staropoli)

L’ampio ambito di applicazione della richiesta di accesso alle informazioni ambientali ai sensi del D.Lgs. n. 195/2005 non esime il richiedente dal dimostrare che l’interesse che intende far valere non solo abbia natura ambientale ma sia altresì volto alla tutela dell’integrità delle matrici ambientali, non potendo ammettersi che si possa fare un utilizzo di questo istituto per finalità ad esso estranee.

La qualifica di associazione ambientalista, portatrice di interessi diffusi per la protezione dell’ambiente, non comporta necessariamente la sussistenza dell’interesse diretto, concreto ed attuale richiesto per l’esercizio del diritto di accesso ex L. n. 241/1990, essendo comunque necessario che lo stesso venga specificamente dimostrato in sede di istanza di accesso agli atti.

Per quanto ampio, il diritto di accesso universale di cui al D.Lgs. 33/2013 non può essere esercitato in modo totalmente estraneo alla relativa ratio, consentendo così ai cittadini di controllare, in modo esclusivamente “egoistico”, l’agere di altri privati, senza alcun interesse all’attività svolta dall’amministrazione a tal riguardo.

Pur partendo da tre situazioni di fatto molto differenti tra loro, le tre sentenze in commento indagano limiti e peculiarità delle forme di diritto d’accesso agli atti introdotte nel nostro ordinamento, quando l’esercizio di tale diritto sia correlato alla tutela dell’ambiente. La loro trattazione congiunta conferisce quindi uno spaccato omogeneo della giurisprudenza sul tema.

Nella prima vertenza, il T.A.R. Salerno accoglie il ricorso con il quale il ricorrente aveva agito avverso il silenzio rifiuto serbato dal Comune di Atripalda nei confronti della propria istanza di accesso agli atti ex D.Lgs. n. 195/2005. Istanza finalizzata a conoscere gli atti adottati dall’amministrazione per contenere l’inquinamento atmosferico, quali le misure per limitare la circolazione di veicoli obsoleti e le sanzioni irrogate per la violazione del divieto di mantenere il motore spento durante la sosta del veicolo.

Il T.A.R. Milano ha invece respinto il ricorso avverso il silenzio rifiuto del Politecnico di Milano verso l’istanza di accesso agli atti presentata da una associazione ambientalista, riconosciuta e accreditata dal Ministero della Transizione Ecologica, volta a prendere visione di tutti i rapporti contrattuali, ivi inclusi accordi quadro, tra l’Università resistente e la società controinteressata, una delle principali compagnie petrolifere a livello mondiale e dei maggiori emettitori di gas serra. Detta istanza era altresì volta a conoscere i corsi di laurea e post laura, così come eventuali borse di studio, finanziati dalla medesima controinteressata. La citata istanza di accesso agli atti era argomentata sia ai sensi della L. n. 241/1990 sia ai sensi del D.Lgs. n. 195/2005.

Ugualmente rigettato è infine il ricorso presentato al T.A.R. Napoli avverso il rifiuto del Comune di Procida di ostendere la documentazione attestante la legittimità urbanistica ed edilizia di tutti gli immobili di proprietà del vicino di casa del ricorrente, indipendentemente dalla prossimità con la di lui proprietà, alla luce della relativa istanza motivata ai sensi del D.Lgs. n. 195/2005 e D.Lgs. n. 97/2016.

Tutte le istanze di accesso agli atti oggetto delle sentenze in commento sono motivate, quantomeno in parte, ai sensi del D.Lgs. n. 195/2005, il quale ha introdotto nel nostro ordinamento la disciplina specifica in tema di accesso alle informazioni ambientali. Come anticipato precedentemente, solamente una delle tre richieste è stata ritenuta effettivamente tutelabile ai sensi della citata disciplina.

Ai sensi del D.Lgs. n. 195/2015, l’accesso a e la conoscenza delle informazioni ambientali spettano a chiunque le richieda, senza necessità, in deroga alla disciplina generale sull’accesso ai documenti amministrativi, di dimostrare un suo particolare e qualificato interesse.

Tale normativa introduce una disciplina specifica del più generale diritto di accesso di cui alla L. n. 241/1990[i] (di cui si parlerà in seguito), assicurando, ai fini della più ampia trasparenza, che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico nonché diffusa, anche attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in forme o formati facilmente consultabili, promuovendo così l’uso delle tecnologie, dell’informazione e della comunicazione[ii].

Questo regime di accesso garantisce pertanto pubblicità tendenzialmente integrale dell’informativa ambientale, senza che sia necessario dimostrare, a fondamento dell’istanza, un particolare e qualificato interesse: l’accesso alle informazioni ambientali è di fatto garantito a un novero estremamente ampio di legittimati, tanto da essere considerato generalizzato e garantito ad ogni essere umano e ente che lo rappresenti o ne sia emanazione[iii].

Così come la legittimazione attiva, estremamente ampio è altresì l’ambito di applicazione oggettivo dell’accesso alle informazioni ambientali, prevedendosi un’area di accessibilità svincolata dai più restrittivi presupposti di cui alla L. n. 241/1990 garantendo accesso anche informazioni che richiedono una elaborazione ad hoc da parte dell’amministrazione.

A tal riguardo, giova sottolineare che per “informazione ambientale” il D.Lgs. n. 195/2005 intende qualsiasi informazione, sia essa in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale, relativa allo stato delle matrici ambientali, ivi incluse emissioni, misure adottate e finalizzate a proteggere le suddette matrici, relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale, analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche, nonché infine stato della salute e della sicurezza umana.

Indipendentemente da quanto sopra, e come sottolineato dal T.A.R. Salerno e dal T.A.R. Milano, l’ampio ambito di applicazione della richiesta di accesso alle informazioni ambientali non esime il richiedente dal dimostrare che l’interesse che intende far valere non solo abbia natura ambientale ma sia altresì volto alla tutela dell’integrità delle matrici ambientali, non potendo ammettersi un utilizzo di questo istituto per finalità ad esso estranee[iv]. Proprio la mancanza di pertinenza con la tutela dell’ambiente ha portato il T.A.R. Napoli a rigettare il ricorso presentatogli, non essendovi alcun collegamento tra la documentazione richiesta dal ricorrente, relativa alla legittimità urbanistica ed edilizi di immobili, e la tutela dell’ambiente. Diversamente, la ricorrente avanti al T.A.R. Milano non avrebbe indicato quali specifiche matrici ambientali potrebbero essere compromesse dai rapporti contrattuali tra il Politecnico di Milano e la società controinteressata.

La L. n. 241/1990 ha introdotto una disciplina dell’accesso agli atti più generica e ampia rispetto a quanto sopra descritto: la normativa citata infatti, agli articoli 22 e seguenti, consente di rendere visibili i documenti in possesso della pubblica amministrazione esclusivamente a fronte della dimostrazione della sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso[v].

Il diritto d’accesso così come delineato dalla L. n. 241/1990 è esercitabile nei confronti delle pubbliche amministrazioni in senso lato, ivi incluse le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici e gestori di servizi pubblici, al fine di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi in possesso delle amministrazioni medesime, ad esclusione dei documenti nuovi, intesi come quelli che andrebbero costituiti dalle amministrazioni proprio al fine di far fronte all’istanza di accesso, nonché quelli sottratti al diritto di ostensione ai sensi dell’Art. 24 L. n. 241/1990.

L’accesso, inoltre, deve essere giustificato da uno stretto rapporto di strumentalità tra l’interesse che viene fatto valere con l’esercizio del diritto di accesso e lo specifico documento (o documenti) oggetto dell’istanza.

La giurisprudenza si è a lungo soffermata sulle caratteristiche che deve avere il citato “interesse diretto, concreto ed attuale”, così come identificato dall’Art. 22 L. n. 241/1990, giungendo a configurarlo “diretto” quando personale, ovverosia appartenente alla sfera dell’interessato, “concreto” ove collegato alle ragioni esposte a sostegno dell’istanza e “attuale” quando il documento abbia spiegato, o in alternativa sia idoneo a spiegare, effetti diretti e/o indiretti nei confronti dell’istante[vi].

Detto interesse, differenziato così come delineato dalla normativa e dalla giurisprudenza, deve essere debitamente e specificamente dimostrato nell’ambito dell’istanza di accesso agli atti che, in ogni caso, non può essere volta a esercitare un controllo generalizzato sull’attività della pubblica amministrazione. Proprio sulla base di questa previsione il T.A.R. Milano ha fondato il rigetto del ricorso da parte dell’associazione ambientalista, la quale aveva lamentato, inter alia, la violazione della L. n. 241/1990. Secondo il T.A.R. Milano, infatti, il fatto che la ricorrente, in qualità di associazione ambientalista, sia portatrice di interessi diffusi per la protezione dell’ambiente non comporta di per sé che la stessa sia anche titolare di un interesse così come richiesto per l’esercizio del diritto di accesso ex L. n. 241/1990: a tal riguardo, infatti, la ricorrente si sarebbe limitata a ipotizzare che i rapporti contrattuali tra il Politecnico di Milano e la società controinteressata avrebbero potuto essere potenzialmente pregiudizievoli per gli interessi ambientali, senza tuttavia concretizzare in alcun modo questa ipotesi. In aggiunta, a riprova della mancanza di legittimazione all’esercizio del diritto di accesso di cui alla L. n. 241/1990, il T.A.R. Milano evidenzia altresì il carattere meramente esplorativo della pretesa ostensiva, come tale non meritevole di tutela, perché sottesa ad una finalità generalizzata di controllo sull’attività del Politecnico di Milano, incompatibile con la ratio della disciplina dell’accesso di cui sopra.

Diversa ancora è la disciplina del così detto “accesso universale” disciplinato dall’Art. 5 comma 2 D.Lgs. n. 33/2013, così come rimodulato dal D.Lgs. n. 97/2016, la cui violazione è stata lamentata nell’ambito del ricorso avanti al T.A.R. Napoli oggetto del presente commento.

L’accesso universale rappresenta uno strumento di trasparenza particolarmente ampio, ai sensi del quale viene garantita la più estesa accessibilità sulle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche nonché al fine di tutelare i diritti dei cittadini, promuovendo la partecipazione dei medesimi all’attività amministrativa[vii]. Così come nel caso di accesso alle informazioni ambientali di cui al D.Lgs. n. 195/2005, anche l’accesso universale non richiede la dimostrazione di un interesse differenziato.

Come chiarito dal T.A.R. Napoli proprio in una delle pronunce in commento, l’esercizio di questa forma di accesso – per quanto delineata dalla normativa applicabile in modo estremamente ampio – non può giustificare e garantire istanze di accesso connotate esclusivamente da fini “egoistici”. Nella citata pronuncia, infatti, il T.A.R. Napoli trova fondato e giustificato il rifiuto serbato dal Comune di Procida di garantire accesso alla documentazione sulla legittimità urbanistica ed edilizia degli immobili di un cittadino, formulata indipendentemente dalla vicinitas di dette proprietà con quella del ricorrente istante: tale richiesta di accesso esulava dalla ratio della disciplina ex D.Lgs. 33/2013, così come modificata dal D.Lgs. n. 97/2016 e, al contrario, era volto a esercitare un controllo sull’agere del proprietario degli immobili, innestandosi in rapporto di vicinato estremamente ostile e conflittuale.

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RGA_Novembre – EMV-2

Per il testo della sentenza (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato

1. TAR Salerno 2052_2021 2. TAR Milano 2017_2021 3. TAR Napoli 5511_2021

2. TAR Milano 2017_2021

3. TAR Napoli 5511_2021

[i]               Corte Costituzionale, 1° dicembre 2006, n. 399.

[ii]              Art. 1 D.Lgs. 195/2005.

[iii]             In tal senso, T.A.R. Calabria (Catanzaro), Sez. I, 19 settembre 2011, n. 1231.

[iv]             In tal senso si rinvia a T.A.R. Lazio (Roma), Sezione I quater, 4 marzo 2021, n. 2652 e al relativo commento di C. M. Lorenzin, Il diritto di accesso in materia ambientale per la trasparenza e il controllo diffuso, in questa Rivista.

[v]              Art. 22 comma 1, lett. (b) L. n. 241/1990.

[vi]             Ex multiis, si veda Consiglio di Stato, Sez. III, 31 dicembre 2020, n. 8543, T.A.R. Lazio (Roma), Sez. III, 15 dicembre 2020, n. 13530 e T.A.R. Lazio (Roma), Sez. III bis, 6 marzo 2017 n. 3174.

[vii]            Art. 5 comma 2 D.Lgs. n. 33/2013.

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