Sull’estensione del sindacato giurisdizionale in materie di discrezionalità tecnica. Il caso dei vincoli culturali.

01 Apr 2024 | giurisprudenza, amministrativo, in evidenza 3

di Ada Lucia De Cesaris

Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 febbraio 2024, n. 1245 – Pres. Montedoro, Est. Ponte – FG C. S.r.l. e V3 C. S.r.l. (Avv.ti Squillace e Volo Rancati) c. Ministero della Cultura (Avvocatura Generale ello Stato) e Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio, Varese, Comune di Polpenazze del Garda e Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, non costituiti in giudizio

Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici e specialistici dell’amministrazione  non deve svolgersi in base al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa,  bensì operando una verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro coerenza e correttezza, quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo.

Quando il privato non si limita a contestare la scelta del provvedimento, opponendo solo una propria opinione divergente, ma esprimendo critiche specifiche, mettendo in discussione l’attendibilità tecnico scientifica delle conclusioni sulla base di elementi concreti, il giudice non può esimersi dal ripercorrere il percorso istruttorio effettuato, anche se posto in essere dall’autorità competente. Ciò ancor più in quei casi, come nell’esercizio del potere di vincolo, che si fondano non su acquisizioni di scienze esatte, ma su riflessioni di natura artistica, storica e filosofica, spesso legate al contesto culturale e territoriale di riferimento, per loro natura in continua evoluzione e soggette inevitabilmente a cambiamenti connessi all’evolvere degli interessi individuali e collettivi.

E’ illegittimo apporre un vincolo al fine di perseguire obiettivi diversi dalla tutela culturale, usando il potere di vincolo su beni che non hanno le caratteristiche culturali di salvaguardia, ma per perseguire fini diversi rispetto all’ambito di competenza dell’amministrazione di tutela come la volontà di fermare lo sviluppo edilizio.

In primo luogo, grazie a RGAONLINE che ci ha dato la possibilità, con questo commento, di dare avvio ad un nuovo spazio di riflessione dedicato ai beni culturali.

Peraltro, come si vedrà, questo commento è dedicato ad un tema che coinvolge sia  la tutela ambientale sia la tutela culturale, ponendo l’attenzione sugli aspetti inerenti ai limiti del sindacato giurisdizionale di quei provvedimenti che non possono prescindere da valutazioni tecnico-specialistiche. La sentenza affronta in particolare la questione inerente ai confini del controllo e del sindacato del giudice amministrativo sugli apprezzamenti e sulle valutazioni tecniche e specialistiche effettuate dalle autorità competenti nell’esercizio della c.d. discrezionalità tecnica.

Come nel caso dei beni culturali, anche per molti provvedimenti volti alla tutela dell’ambiente è infatti necessario far ricorso all’applicazione di tecniche e di competenze specifiche, non essendo sufficienti  le sole scelte politico-amministrative, connesse alla ponderazione degli interessi in applicazione di ciò che si definisce, invece, discrezionalità amministrativa.

Ebbene, il Consiglio di Stato in questo giudizio, ad avviso di chi scrive, introduce alcune interessanti precisazioni in grado di garantire anche alle suddette ipotesi una effettiva tutela giurisdizionale.

Il Collegio, in continuità con la giurisprudenza più recente, ribadisce innanzitutto che di fronte alla discrezionalità tecnica il controllo del giudice amministrativo non può limitarsi “ad un sindacato meramente estrinseco” dovendo esso “estendersi al controllo intrinseco, anche mediante il ricorso a conoscenze tecniche appartenenti alla medesima scienza applicata dall’amministrazione, sulla attendibilità, coerenza e correttezza degli esiti, in specie rispetto ai fatti accertati ed alle norme di riferimento attributive del potere” .

Sappiamo però che il giudice amministrativo di fronte al potere già esercitato non può sostituire le valutazioni effettuate dall’amministrazione con quelle giudiziali. Cionondimeno, come giustamente evidenziato nella sentenza, esso non può esimersi dal verificare che le valutazioni effettuate dall’amministrazione siano avvenute in modo corretto “sia nel complesso che nell’articolazione dei diversi passaggi, oltre che sotto il profilo delle regole tecniche applicate”.

Solo mediante un attento e corretto processo di verifica il sindacato sul provvedimento può arrivare ad evidenziare un illegittimo esercizio del potere valutativo da parte dell’amministrazione e, quindi, un’erronea se non addirittura irragionevole applicazione delle valutazioni tecniche, sotto il profilo dell’eccesso di potere. Il giudice quindi può, anzi secondo il Collegio deve, ripercorrere il processo istruttorio e valutativo, ricostruendone i passaggi e le analisi effettuate dall’Amministrazione. Un’attività che giustamente la sentenza afferma dover essere di volta in volta coordinata e adeguata alla peculiarità delle valutazioni da effettuare, e in particolare nel caso oggetto del giudizio, a quanto necessario per arrivare a scegliere e definire un vincolo culturale.

La fattispecie oggetto del giudizio riguarda, infatti, l’impugnazione da parte di un privato della sentenza del TAR Lombardia che aveva considerato legittima la  dichiarazione di interesse culturale di una cascina, emanata dalla Soprintendenza  ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. a) e d), del D. Lgs. n. 42/2004.

La peculiarità cui fa rifermento il Collegio in questo caso è rappresentata dall’apprezzamento dell’interesse pubblico alla tutela di quei beni che afferendo all’arte, alla storia e alla cultura diventano esempio e riferimento delle stesse nel tempo e come tali devono essere conservati.

Tuttavia per questa tipologia di decisioni in molte occasioni la garanzia della legittimità delle valutazioni effettuate nella fase istruttoria viene spesso fondata e sostenuta sul solo presupposto che la dichiarazione di interesse proviene dall’Amministrazione competente. Un percorso semplice, basato sul fatto che, ad esempio come nel caso in esame, se la Soprintendenza reputa che sulla base della sua esperienza e della sua competenza sia necessario il vincolo, questa decisione non è sindacabile. Ciò in quanto, secondo alcuni, l’Ente competente rappresenterebbe il solo soggetto in grado di valutare  i passaggi necessari e gli aspetti da considerare per arrivare alla decisione di apporre il vincolo, finendo così per  riconoscere una sorta di presunzione di legittimità dell’istruttoria sulla base della sola competenza del soggetto che l’ha svolta.

Non condivide questa impostazione il Consiglio di Stato che , riformando la sentenza di primo grado,  afferma la sussistenza del difetto di istruttoria del provvedimento di vincolo emanato dalla Soprintendenza.  Secondo il Collegio, infatti, quando l’interessato non si limita a contestare la scelta opponendo solo una propria opinione divergente, ma esprimendo critiche specifiche, mettendo in discussione l’attendibilità tecnico scientifica delle conclusioni sulla base di elementi concreti, il giudice non può esimersi dal ripercorrere il percorso istruttorio effettuato, anche se posto in essere dall’autorità competente. Ciò ancor più in quei casi, come nell’esercizio del potere di vincolo, che si fondano non su acquisizioni di scienze esatte, ma su riflessioni di natura artistica, storica e filosofica, spesso legate al contesto culturale e territoriale di riferimento, per loro natura in continua evoluzione e soggette inevitabilmente a cambiamenti connessi all’evolvere degli interessi individuali e collettivi.

È quindi compito del giudice amministrativo accertare che dalla motivazione del provvedimento emerga l’accertamento della sussistenza di tutti i presupposti necessari per rendere evidente l’impronta storica – architettonica che si afferma essere posseduta dal bene che si vuole tutelare. Presupposti che devono essere verificabili in concreto e non solo astrattamente dichiarati. Non ci si può quindi limitare ad affermazioni stereotipate, ma devono emergere gli elementi che rendono quello specifico bene singolare e meritevole di conservazione. Il Collegio si spinge sino ad indicare le attività necessarie per rendere attendibili le valutazioni effettuate dall’Amministrazione, quale ad esempio la conoscenza reale dei luoghi e del contesto, laddove reputa non sufficiente “un apprezzamento basato solo sulla mera valenza documentaria, in quanto non si può prescindere da un elemento valutativo concreto, incentrato sul pregio distinto, selettivo e irripetibile della singola cosa”; una ricostruzione reale dello stato di fatto attuale; una ricostruzione attendibile degli usi del bene, fondata su riscontri e non solo su racconti.

L’assenza di questi elementi evidenzia una grave carenza di istruttoria proprio con riferimento alla sussistenza di quegli aspetti di cura e salvaguardia del bene.

Né si può pensare di supportare o addirittura sostituire la mancanza di alcune valutazioni con la volontà di perseguire obiettivi diversi dalla tutela culturale, come nel caso in esame quello rivendicato nel provvedimento impugnato inerente alla volontà di fermare uno sviluppo edilizio, usando il potere di vincolo su beni che non hanno le caratteristiche culturali di salvaguardia, ma per perseguire fini diversi rispetto all’ambito di competenza dell’amministrazione di tutela.

Ecco quindi che, pur senza sostituirsi all’autorità competente il giudice rivendica e garantisce anche nei casi di discrezionalità tecnica l’esercizio del suo potere di giudizio in merito alla valutazione in concreto della sussistenza dei requisiti necessari per l’emanazione del provvedimento, in quanto la legittimità dei provvedimenti fondati su valutazioni tecnico scientifiche richiede sempre la verifica diretta dell’attendibilità delle attività svolte dall’amministrazione per accertare e/o applicare quanto richiesto dalla normativa.

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

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