Sul piano regionale di gestione dei rifiuti

26 Feb 2022 | giurisprudenza, amministrativo

di Ada Lucia De Cesaris

Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 dicembre 2021, n. 8391 Pres. Giovagnoli, Est. Rotondo – N. I. S.r.l. (Avv. Fonderico) c. Regione Basilicata (Avv. Possidente) e n.c.d. Comune di Senise (Avv.ti Fucci e De Bartolomeo)

Rientra nel potere discrezionale della Regione escludere dall’aggiornamento del Piano regionale dei rifiuti impianti precedentemente assentiti con iter autorizzatorio ancora in corso; tuttavia, a sostegno del mutamento di valutazione è necessaria una adeguata motivazione, che non può consistere solo nella constatazione di non aver ancora ottenuto la relativa autorizzazione. Ciò in quanto l’art. 199 del D.Lgs. n. 152/2006 dispone che per la redazione del Piano non ci si deve limitare ad una ricognizione statica dell’esistente, ma si deve dar conto del reale fabbisogno del territorio, quale accertato, documentato e riconosciuto attuale sulla base dei congruenti lavori istruttori, procedimentali e provvedimentali che ne hanno preceduto e accompagnato l’approvazione.

Nella sentenza in commento il Consiglio di Stato si è espresso sui contenuti del Piano regionale di gestione dei rifiuti (PRGR) e, in particolare, in merito alla legittimità di un Piano redatto inserendo solo gli impianti esistenti e solo una parte di quelli già assentiti, ma non ancora realizzati.

Nel dettaglio, il Consiglio di Stato ha affrontato la questione se costituisca o meno una violazione delle previsioni di cui all’art. 199 “Piani regionali” del Codice dell’Ambiente (D. Lgs. n. 152/2006), la circostanza che, nella redazione dell’aggiornamento del Piano, siano stati tout court esclusi alcuni degli impianti già assentiti con provvedimenti precedenti, ancorché con iter autorizzatorio ambientale ancora in corso – fra cui quello della società appellante – in assenza di una motivazione adeguata.

Nell’ambito del giudizio di primo grado, l’allora ricorrente aveva impugnato gli atti del procedimento di approvazione del PRGR, lamentando l’esclusione del proprio impianto dal Piano ed evidenziando, in primo luogo, l’erroneità di tale scelta rispetto al dettato normativo dell’art. 199 cit., comma 3, lett. d) e m), ai sensi delle quali il PRGR deve contenere non solo l’indicazione degli impianti già esistenti, bensì anche le “informazioni sui criteri di riferimento per l’individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario” e le “le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino”.

In particolare, la ricorrente aveva evidenziato la contraddittorietà dell’operato della Regione che, inizialmente, nelle more dell’approvazione del PRGR e in forza della normativa transitoria allora vigente, aveva assentito, con apposita delibera, alla realizzazione dell’impianto della società, qualificandolo come “fondamentale e necessario”, senza tuttavia dar seguito a tale riconoscimento nella redazione definitiva del Piano.

Il Tar aveva però respinto il ricorso di primo grado per carenza di interesse, senza entrare nel merito della questione, sul mero presupposto che il mancato conseguimento delle autorizzazioni ambientali necessarie all’esercizio del futuro impianto avrebbe comunque impedito alla ricorrente di trarre un vantaggio concreto dall’eventuale accoglimento dell’impugnazione e, quindi, dall’avvenuto inserimento del proprio impianto nel PRGR.

La sentenza di primo grado è stata dunque impugnata dalla ricorrente avanti il Consiglio di Stato che, contrariamente alle conclusioni a cui era pervenuto il giudice di prime cure, ha accolto il gravame, riconoscendo l’interesse ad agire e valutando l’illegittimità dell’operato della Regione.

Il giudice di appello ha ritenuto sussistere l’interesse ad agire della società, reputando che la mancata inclusione dell’impianto della stessa nel PRGR costituisse una effettiva lesione dell’interesse della stessa, non solo a vedere il proprio progetto inserito nel Piano, bensì anche a proseguire gli iter autorizzatori in corso che, in caso di mancata conferma dell’impianto nell’ambito del Piano, non avrebbero potuto essere portati avanti.

Nel merito poi la sentenza di appello riconosce che la delibera regionale con la quale l’impianto era stato qualificato come “fondamentale e necessario”, seppur adottata sulla base di disposizioni transitorie, aveva comunque riconosciuto al progetto dell’appellante una “qualificazione rafforzata di cui la successiva pianificazione [avrebbe dovuto] logicamente tenere conto, anche senza restarne vincolata”.

Precisa, infatti, il Consiglio di Stato che la Regione, in sede di pianificazione definitiva, ben avrebbe potuto effettuare una rinnovata valutazione del proprio interesse alla localizzazione dell’impianto dell’appellante, a condizione tuttavia che un eventuale scostamento da quanto assentito in precedenza venisse adeguatamente motivato. Non si può infatti considerare idonea una motivazione basata esclusivamente sul mancato conseguimento delle autorizzazioni ambientali – che attengono al funzionamento dell’impianto e non alla scelta pianificatoria in sé – e tanto meno basata sul fatto che l’impianto non fosse ancora stato realizzato. Ciò in quanto l’art. 199 del Codice dell’Ambiente dispone in modo chiaro che il contenuto del PRGR non può limitarsi “a una fotografia dell’esistente”, ma deve tenere conto “del reale fabbisogno quale accertato, documentato e riconosciuto attuale sulla base dei congruenti lavori istruttori, procedimentali e provvedimentali che ne hanno preceduto e accompagnato l’approvazione”.

Appare quindi evidente, afferma il Consiglio di Stato, il difetto di motivazione riscontrabile negli atti di approvazione del PRGR impugnati. Infatti, “ferma la discrezionalità amministrativa nel valutare le modalità con cui fronteggiare il fabbisogno [regionale], e quindi anche di non includere l’impianto dell’appellante nel Piano, ciò che inficia gli atti è la mancanza totale di motivazione in ordine alle ragioni che hanno condotto l’Amministrazione a non considerare a tali fini l’impianto della Società appellante, che pure aveva ottenuto, appena due anni prima, l’assenso regionale alla sua realizzazione previa apposita istruttoria sul fabbisogno e riconoscimento della sua necessità e indispensabilità a soddisfare le esigenze del territorio provinciale (…)”.

Il Consiglio di Stato ha dunque accolto il gravame, rinviando ad una nuova determinazione della Regione da adottarsi all’esito dell’esercizio del proprio potere discrezionale; determinazione che dovrà essere adeguatamente motivata, tenendo conto di tutti gli aspetti di cui si è detto.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

CdS_8391_2021

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