Sul concetto di “vicinitas” in materia ambientale e sulla distinzione tra VIA e VAS

01 Dic 2023 | giurisprudenza, amministrativo

di Maria Gabriella Marrone

TAR Lombardia – Milano, Sez. III, 10 ottobre 2023, n. 2261 – Pres. Bignami, Est. Plantamura – L. e altri (Avv. Beacco) c. Città Metropolitana di Milano (Avv.ti Ferrari, Gabigliani, Zimmitti e Grandesso), Comune di V. d’A. (Avv. Fossati), Regione Lombardia (non costituita) e L. I. S.r.l. (Avv. Righetti)

Ai fini della sussistenza delle condizioni dell’azione avverso provvedimenti lesivi dal punto di vista ambientale, il criterio della vicinitas – criterio che non può più considerarsi dirimente ai fini della legittimazione ad agire nella materia dell’edilizia – rappresenta, sul piano della tutela dell’ambiente a fronte di atti che lo possano in via ipotetica compromettere, un elemento di per sé qualificante la legittimazione ad agire.

In merito alla distinzione tra la VIA e la VAS non va sottaciuto che, pur sussistendo dei punti di contatto fra i due istituti, la seconda si discosta dalla prima quanto ad ambito applicativo, mirando alla valutazione preventiva degli effetti sull’ambiente non tanto di attività progettuali, quanto di azioni pianificatorie e programmatiche, anticipando, così, lo strumento della tutela ad una fase antecedente alla redazione e stesura del singolo progetto da realizzare.

La sentenza in commento offre interessanti spunti di riflessione sulla legittimazione ad agire in materia ambientale e sul concetto di “vicinitas” declinato nell’ambito del diritto ambientale nonché sul rapporto tra l’istituto della VIA e quello della VAS.

La vicenda da cui trae origine la pronuncia riguardava la realizzazione di un magazzino, ad uso logistico, da parte di una nota catena di supermercati, su una vasta area inedificata, a prevalente destinazione agricola e di rilevanza paesistica, già oggetto di un precedente Piano Attuativo Produttivo, approvato nel 2008 e mai attuato.

In particolare, al fine di modificare la destinazione urbanistica dell’area, veniva presentata una modifica al predetto Piano Attuativo con contestuale variante al P.G.T. vigente senza preventivo assoggettamento a VAS.

Quanto, invece, alla sottoposizione a VIA del progetto, la Città Metropolitana di Milano concludeva, all’esito dell’istruttoria svolta, nonostante le criticità emerse tra le quali l’incremento delle emissioni e l’interferenza del progetto rispetto al contesto esistente, per l’esclusione dello stesso dalla verifica di impatto ambientale.

Ed è proprio in relazione a detta decisione che sorgeva la controversia in esame in quanto un’associazione ambientalista, insieme ad un gruppo di cittadini, proponeva ricorso avverso l’esclusione sulla base di molteplici motivi di diritto, tra cui il difetto di istruttoria per aver mancato l’Amministrazione i) di valutare il progetto de quo alla luce degli altri interventi in itinere sulla medesima area; ii) per non aver verificato la c.d. opzione zero e, da ultimo; iii) per non aver sottoposto a VIA il progetto a fronte delle criticità emerse nella procedura di screening relativa alla VAS.

In via preliminare, le parti resistenti e controinteressate eccepivano, però, il difetto di legittimazione attiva dei cittadini che avevano proposto ricorso unitamente all’associazione.

Sul punto il Tar chiarisce la portata, in relazione al tema ambientale, del concetto di “vicinitas” – ossia della vicinanza del soggetto rispetto al luogo in cui il progetto verrà realizzato – affermando che esso costituisce un elemento da sé solo legittimante la posizione di interesse ad agire anche in assenza di una prova concreta del pregiudizio arrecato all’ambiente dal progetto.

Tale lettura è, quindi, diametralmente diversa rispetto a quella elaborata dalla giurisprudenza in ambito edilizio ove, come chiarito da una nota Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, deve essere fornito dal ricorrente un principio di prova in ordine al concreto danno ad esso derivante dall’intervento edilizio[1].

Invero, la non necessità di fornire una prova concreta, rectius la sufficienza della mera probabilità del pregiudizio del progetto sotto il profilo ambientale, come si legge nella pronuncia in commento, è giustificata dalla circostanza che “pretendere la dimostrazione di un sicuro pregiudizio all’ambiente o alla salute, ai fini della legittimazione e dell’interesse a ricorrere, potrebbe costituire una probatio diabolica, tale da incidere sul diritto costituzionale di tutela in giudizio delle posizioni giuridiche soggettive”.

In applicazione di detti principi, dunque, il Tar conclude per la sussistenza dell’interesse ad agire tenuto conto che il progetto avrebbe potuto comportare un aumento del carico urbanistico e una minore qualità panoramica, ambientale e paesaggistica del sito.

La sentenza ha poi accolto parzialmente il ricorso in relazione al motivo inerente il  difetto di istruttoria, che aveva condotto ad escludere la sottoposizione a VIA dell’intervento, non avendo l’Amministrazione, da un lato, valutato l’effetto del progetto se cumulato con gli altri già approvati e insistenti sulla medesima area – come richiesto dall’Allegato V del Codice dell’Ambiente – e, dall’altro, non essendo stata scandagliata in modo effettivo la c.d. opzione zero ossia la possibilità di realizzare l’intervento su altro sito.

In relazione all’effettiva valutazione dell’opzione zero, il Tar afferma come non sia sufficiente a superare tale omissione la circostanza, valorizzata dall’Amministrazione, che l’ambito sarebbe già stato sottratto a destinazione agricola in quanto ciò “non equivale certamente all’esistenza di un’irreversibile scelta, tale da implicare necessariamente, quand’anche il progetto non fosse stato approvato, la compromissione del suolo”.

Infine, altro tema su cui si sofferma la pronuncia in commento è quello del rapporto tra l’istituto della VIA e della VAS a fronte della contestazione dei ricorrenti secondo cui l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto, nel momento in cui ha escluso il progetto dalla VIA, delle criticità emerse nella parallela procedura di VAS.

Sul tema la sentenza ribadisce le differenze tra i due istituti, ricordando, come già chiarito in precedenti pronunce, che la funzione propria della VAS è quella di valutare preventivamente gli effetti sull’ambiente “non tanto di attività progettuali, quanto di azioni pianificatorie e programmatiche, anticipando, così, lo strumento della tutela ad una fase antecedente alla redazione e stesura del singolo progetto da realizzare […] mentre è compito della VIA operare a livello di specifico intervento”. Tale distinzione è, peraltro, ancorata ad un dato normativo preciso: l’art. 6, comma 12 del Codice dell’Ambiente stabilisce che la VAS “non è necessaria per la localizzazione delle singole opere”.

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Marrone_Tar Milano n. 2261_2023

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Tar Milano n.2261_2023

NOTE:

[1] Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 22 del 9 dicembre 2021.