Rifiuti e diritti reali di godimento

01 Apr 2022 | giurisprudenza, amministrativo

di Chiara Maria Lorenzin

Consiglio di Stato, Sez. V – 20 gennaio 2022, n. 367 – Pres. C. Saltelli, Est. A. Rotondano – Omissis società in amministrazione Straordinaria (con l’avv. A. Police) c. Comune di Sesto Fiorentino (con l’avv. V. Farnararo), Università degli Studi di Firenze, C.N.R. – Consiglio Nazionale delle Ricerche e C.N.R. – Area Ricerche di Firenze n.c.

Non vincola il Giudice Amministrativo la sentenza penale quando l’Amministrazione non abbia assunto il ruolo di parte nel processo, potendo il giudicante al più utilizzare come fonte del proprio convincimento la sentenza e le prove raccolte agli atti del giudizio penale conclusosi con sentenza non esplicante autorità di giudicato nei confronti di tutte le parti della causa amministrativa e ricavarne gli elementi di fatto utili alla decisione, sottoponendo le risultanze probatorie a un autonomo vaglio critico svincolato e ad una valutazione globale, non effettuata in modo frammentario, avulso e parcellizzato.

Non è illogico, contraddittorio o erroneo in fatto ritenere che lo spargimento ulteriore di residui di rifiuti (nel caso di specie fibrocemento) già presenti su un terreno (per abbandono antecedente all’uso attuale)  mediante il rimodellamento del terreno con mezzi meccanici abbia dato luogo ad una nuova discarica (distinta) da quella originaria, con caratteristiche diverse e finanche più insidiose rispetto alla precedente situazione di presenza di frammenti insistenti su parte del terreno, anche per le maggiori difficoltà di rimozione degli stessi.

È irrilevante l’asserita mancanza di attività istruttoria volte ad identificare il responsabile dell’abbandono dei rifiuti posto che la preesistenza di questi sul terreno (per condotta ad opera di ignoti) non esime il proprietario/utilizzatore attuale del terreno dal prestare la massima diligenza prima di dare luogo ad operazioni di diffusione e ulteriore spargimento sul terreno di tali rifiuti, dando luogo così ad un’altra discarica con caratteristiche tutt’affatto diverse dalla precedente.

Può una sentenza penale, passata in giudicato, essere invocata a proprio favore dalla Società di riferimento per contestare davanti al Giudice Amministrativo l’ordine di interventi di bonifica e ripristino ambientale? Secondo la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, al quesito va data risposta negativa in presenza di “inequivoche emergenze del procedimento Amministrativo” nel caso in cui la Pubblica Amministrazione non sia stata parte del processo penale.

La sentenza in commento richiama in proposito i consolidati principi giurisprudenziali in materia di abbandono di rifiuti[i] e in particolare l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 22 ottobre 2019, n. 10[ii] nonché l’orientamento[iii] secondo cui la sentenza penale non vincola il giudice amministrativo quando l’Amministrazione “non abbia assunto il ruolo di parte nel processo, potendo il giudicante al più utilizzare come fonte del proprio convincimento la sentenza e le prove raccolte agli atti del giudizio penale conclusosi con sentenza non esplicante autorità di giudicato nei confronti di tutte le parti della causa amministrativa e ricavarne gli elementi di fatto utili alla decisione, sottoponendo le risultanze probatorie a un autonomo vaglio critico svincolato e ad una valutazione globale, non effettuata in modo frammentario, avulso e parcellizzato”.

Nello specifico, chiarite le ragioni in base alle quali la sentenza penale non fa stato nei confronti del Comune non costituito e “che gli elementi ivi rappresentati sono nondimeno liberamente apprezzabili ai fini del giudizio sulla legittimità dei provvedimenti impugnati”, la sentenza evidenzia come gli accertamenti formatisi nel dibattimento penale contrastassero con le “univoche risultanze istruttorie del procedimento amministrativo esitato nei provvedimenti impugnati” procedimento  nel corso del quale la stessa Società aveva ammesso “che i rifiuti, poi frantumati, erano già presenti in loco prima della cantierizzazione dell’area” ed era stato “acquisito come dato pacifico e non contestato la presenza del fibrocemento frantumato all’interno delle impronte dei mezzi utilizzati per lo spianamento dell’area, con ciò deducendosi proprio la preesistenza in situ dell’inquinante rispetto all’esecuzione dei lavori”.

Arriva così il Consiglio di Stato ad affermare che “la sentenza penale ha … posto a base del suo convincimento (sulla responsabilità dell’imputato) fatti incompatibili (quanto alla preesistenza sull’area dei rifiuti) con quelli univocamente emersi nel procedimento amministrativo (per ammissione della stessa società)” e sussiste, dunque, la negligenza da parte di detta società qualora la stessa non abbia “(in prima battuta) segnalato la situazione agli organi competenti alla tutela del bene ambientale” e abbia proceduto “(in un secondo tempo) allo spianamento dell’area, all’atto dello smantellamento del cantiere, realizzando la nuova discarica con caratteristiche diverse da quelle originarie”.  In presenza di rifiuti abbandonati su un terreno, in altri termini, il soggetto che ne abbia il godimento è responsabile non solo ove manchi di informarne le autorità competenti ma anche nel caso in cui esegua lavorazioni specifiche accettando il rischio concreto di aggravare le conseguenze dell’inquinamento ambientale (già determinato dal pregresso abbandono di rifiuti pericolosi imputabile a terzi ignoti) così realizzando “una nuova discarica (distinta) da quella originaria”.

SCARICA L’ARTICOLO IN PDF

Chiara Maria Lorenzin commento 13 letto rt

Per il testo della sentenza (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato

sentenza 367_2022 CDS

Note:

[i] Per l’abbandono di rifiuti, con l’autore del fatto sono solidalmente responsabili il proprietario o i titolari di diritti personali o reali di godimento sull’area ove sono stati abusivamente lasciati o depositati rifiuti, purché la violazione sia agli stessi imputabile a titolo di dolo o colpa. Con l’espressione “diritti personali o reali di godimento” si intende qualunque rapporto, anche di “mero fatto” che leghi l’immobile ed un soggetto interessato il quale possa esercitare “una funzione di protezione e custodia” sul terreno. Quanto al requisito della colpa, si ritiene che lo stesso possa “consistere nell’omissione delle cautele e degli accorgimenti che l’ordinaria diligenza suggerisce per un’efficace custodia”. Quanto alle attività di bonifica e ripristino ambientale, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi possono essere imposti dalla Pubblica Amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell’inquinamento, non essendo configurabile una responsabilità di mera posizione del proprietario del sito inquinato.

[ii] Cons. Stato (Ad. Plen.), 22-10-2019, n. 10: “La bonifica del sito inquinato può essere ordinata ad una società che non sia responsabile dell’inquinamento ma che sia subentrata alla precedente per effetto di fusione per incorporazione, nel regime previgente alla riforma del diritto societario, e per condotte antecedenti a quando la bonifica è stata introdotta nell’ordinamento giuridico, i cui effetti dannosi permangano al momento dell’adozione del provvedimento”; “La bonifica del sito inquinato può essere ordinata anche per condotte di inquinamento antecedenti all’introduzione della disciplina delle bonifiche nell’ordinamento giuridico, qualora l’inquinamento permanga al momento dell’adozione dell’ordine di bonifica; e ciò pure nei confronti di una società non responsabile dell’inquinamento, ma che sia subentrata alla società inquinante per effetto di incorporazione societaria”.

[iii] cfr. Cons. Stato, Sez. VI., 11 gennaio 2018, n. 145.

Scritto da