Qualità dell’aria: una nuova condanna per l’Italia

01 Lug 2022 | giurisprudenza, corte di giustizia

di Chiara Maria Lorenzin

SENTENZA DELLA CORTE UE, VII Sez., 12 maggio 2022 nella causa C-573/19 Presidente I. Ziemele – Giudici T. von Danwitz e A. Kumin (relatore) – Avvocato Generale H. Saugmandsgaard Oe – Commissione europea (G. Gattinara e E. Manhaeve – Agenti) contro Repubblica italiana (con G. Palmieri – Agente e G. Palatiello e P. Pucciariello – Avv.ti dello Stato)

La Repubblica italiana, non avendo provveduto affinché non fosse superato, in modo sistematico e continuato, il valore limite annuale fissato per il biossido di azoto (NO2),

– a partire dall’anno 2010 fino al 2018 incluso, nelle zone IT0118 (agglomerato di Torino); IT0306 (agglomerato di Milano); IT0307 (agglomerato di Bergamo); IT0308 (agglomerato di Brescia); IT0711 (Comune di Genova); IT0906 (agglomerato di Firenze) e IT1215 (agglomerato di Roma);

– a partire dall’anno 2010 fino al 2017 incluso, nella zona IT0309 (zona A – pianura ad elevata urbanizzazione);

– a partire dall’anno 2010 fino al 2012 e a partire dall’anno 2014 fino al 2018 incluso, nella zona IT1912 (agglomerato di Catania), nonché

– a partire dall’anno 2010 fino al 2012 e a partire dall’anno 2014 fino al 2017 incluso, nella zona IT1914 (zone industriali),

 è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, e, non avendo adottato, a partire dall’11 giugno 2010, misure appropriate per garantire il rispetto del valore limite annuale fissato per il NO2 in tutte le suddette zone e, in particolare, non avendo provveduto affinché i piani per la qualità dell’aria prevedessero misure appropriate affinché il periodo di superamento di detto valore limite fosse il più breve possibile, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 23, paragrafo 1, di tale direttiva, letto da solo e in combinato disposto con l’allegato XV, punto A, di quest’ultima.

Il contenzioso insorto tra lo Stato italiano e la Commissione riguarda la direttiva 2008/50/CE (di seguito anche solo la direttiva), entrata in vigore l’11 giugno 2008, con la finalità di definire e stabilire obiettivi di qualità dell’aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso, direttiva che ha sostituito cinque atti dell’Unione europea preesistenti relativi alla valutazione e alla gestione della qualità dell’aria ambiente e che, tra gli altri obblighi, prevede che siano predisposti piani per la qualità dell’aria per le zone e gli agglomerati entro i quali le concentrazioni di inquinanti nell’aria ambiente superano i valori stabiliti.

È giurisprudenza consolidata il principio secondo il quale la Direttiva 2008/50/CE imponga un obbligo di conseguire un risultato[i] in ragione dell’esigenza di proteggere la salute dei cittadini dagli effetti dell’inquinamento atmosferico.

La sentenza in commento, che segue ad altre due condanne dell’Italia per altro inquinante dell’aria (causa C-68/11 e causa C-644/18), conferma il richiamato orientamento anche per il biossido di azoto (NO2)[ii] e precisa ulteriormente importanti principi guida in tema di pianificazione ambientale.

Norma fondamentale della direttiva è l’art. 23  in forza del quale “Se in determinate zone o agglomerati i livelli di inquinanti presenti nell’aria ambiente superano un valore limite o un valore- obiettivo qualsiasi, più qualunque margine di tolleranza eventualmente applicabile, gli Stati membri provvedono a predisporre piani per la qualità dell’aria per le zone e gli agglomerati in questione al fine di conseguire il relativo valore limite o valore-obiettivo specificato negli allegati XI e XIV. In caso di superamento di tali valori limite dopo il termine previsto per il loro raggiungimento, i piani per la qualità dell’aria stabiliscono misure appropriate affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile. I piani per la qualità dell’aria possono inoltre includere misure specifiche volte a tutelare gruppi sensibili di popolazione, compresi i bambini”.

In proposito, la Corte conferma anzitutto i propri precedenti secondo cui il superamento dei valori limite fissati per gli inquinanti nell’aria ambiente è di per sé sufficiente per poter constatare l’inadempimento al combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50 e respinge l’argomento dedotto dalla Repubblica italiana secondo cui la direttiva 2008/50 prevedrebbe soltanto un obbligo di riduzione progressiva dei livelli di concentrazione di NO2. Una siffatta interpretazione, infatti, “lascerebbe” precisa la Corte “la realizzazione dell’obiettivo di protezione della salute umana, ricordato all’articolo 1, punto 1, della direttiva 2008/50, alla sola discrezionalità degli Stati membri, il che è contrario alle intenzioni del legislatore dell’Unione, quali risultano dalla definizione stessa della nozione di valore limite …  la quale esige che il suo rispetto sia garantito entro un dato termine e sia poi mantenuto [v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C-644/18, EU:C:2020:895, punto 80]”.

Inoltre, l’articolo 22 della direttiva è l’unico che prevede espressamente la possibilità per uno Stato membro di essere esentato da tale scadenza e ove non ne sussistano i presupposti non possono essere ammesse dilazioni.

La Corte ha altresì chiarito come non possano valere per rinviare il rispetto degli obblighi in questione “le caratteristiche morfologiche e geografiche del territorio italiano dovute ad una situazione orografica e meteorologica eccezionale”, la “sfida socioeconomica e finanziaria dei vasti investimenti da realizzare”, le “tradizioni locali” ovvero le “politiche dell’Unione, in particolare nei settori del trasporto, dell’energia e dell’agricoltura” poiché “il legislatore dell’Unione ha fissato i valori limite al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente, tenendo pienamente conto del fatto che gli inquinanti atmosferici sono prodotti da molteplici fonti e attività e che le diverse politiche sia nazionali sia dell’Unione possono avere un’incidenza al riguardo”. “In mancanza della prova fornita dalla Repubblica italiana in merito all’esistenza di circostanze eccezionali le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate nonostante l’uso della massima diligenza, è irrilevante dunque che l’inadempimento risulti dalla volontà dello Stato membro al quale è addebitabile, dalla sua negligenza, oppure da difficoltà tecniche o strutturali cui quest’ultimo avrebbe dovuto far fronte”.

Precisa ulteriormente la Corte che le “caratteristiche topografiche e climatiche” che potrebbero presentare le zone interessate “non sono tali da esonerare lo Stato membro interessato dalla responsabilità del superamento dei valori limite fissati per il NO2, ma, al contrario, costituiscono fattori che, come risulta dall’allegato XV, punto A, numero 2, lettere c) e d), della direttiva 2008/50, devono essere presi in considerazione nel contesto dei piani per la qualità dell’aria che tale Stato membro deve, ai sensi dell’articolo 23 di tale direttiva, elaborare per tali zone o agglomerati al fine di raggiungere il valore limite nell’ipotesi in cui tale valore sia superato”.

Di particolare interesse  risultano infine alcune statuizioni che, alla luce della direttiva, delimitano la discrezionalità degli Stati e consentono di attribuire specifica consistenza ai criteri di efficacia e di efficienza che devono ispirare l’esercizio di tale discrezionalità. Precisa la Corte infatti che: (i) le amministrazioni nazionali non dispongono in materia di ampi orizzonti temporali per consentire alle misure previste nei singoli piani per la qualità dell’aria di produrre effetto, posto che per quanto la direttiva 2008/50 non preveda un calendario predefinito al riguardo, la stessa contiene riferimenti temporali precisi per adempiere ai suoi obblighi (fra questi la data dell’11 giugno 2010 per l’adozione dei piani per la qualità dell’aria) nonché chiare indicazioni circa l’importanza degli obiettivi di protezione della salute umana e dell’ambiente perseguiti[iii]; (ii) la formulazione stessa dell’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50, l’adeguatezza delle misure previste in un piano per la qualità dell’aria deve essere valutata in relazione alla capacità di tali misure di garantire che il periodo di superamento sia il più breve possibile, requisito che è più rigoroso di quello applicabile in vigenza della direttiva 96/62, che si limitava ad imporre agli Stati membri di adottare, entro un termine ragionevole, misure volte a rendere la qualità dell’aria conforme ai valori limite fissati per gli inquinanti di cui trattasi[iv]; (iii) l’articolo 23 direttiva esige che qualora sia stato accertato un superamento dei valori limite fissati per il NO2, tale situazione debba indurre il più rapidamente

possibile lo Stato membro interessato non solo ad adottare, ma anche a dare esecuzione a misure

appropriate in un piano per la qualità dell’aria, mentre il margine di manovra di cui dispone tale Stato membro in caso di superamento di detti valori limite rimane quindi, in tale contesto, limitato da tale requisito.

Se è vero che detto articolo 23, paragrafo 1, non può quindi esigere, in caso di superamento dei valori limite previsti dalla direttiva 2008/50, che le misure adottate da uno Stato membro in applicazione di tale equilibrio garantiscano il rispetto immediato di tali valori limite affinché possano essere considerate appropriate, da ciò non deriva tuttavia che, interpretato alla luce di detto principio, tale articolo 23, paragrafo 1, possa costituire un’ipotesi aggiuntiva di proroga generale, se del caso sine die, del termine per rispettare i predetti valori, che mirano a proteggere la salute umana, dato che … è l’articolo 22 … l’unica disposizione che prevede una possibilità di prorogare detto termine”.

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Chiara Maria Lorenzin commento 1562022

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sentenza 12 maggio 2022

NOTE

[i] Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella Causa C-404/13, p. 78-80 “Occorre altresì respingere l’argomento dedotto dalla Repubblica italiana secondo cui la direttiva 2008/50 prevedrebbe solo un obbligo di riduzione progressiva dei livelli di concentrazione di PM10 e, pertanto, il superamento dei valori limite fissati per il PM10 da questa stessa direttiva avrebbe l’unico effetto di obbligare gli Stati membri ad adottare un piano per la qualità dell’aria. Infatti, tale argomento non trova fondamento né nel testo di tale direttiva né nella giurisprudenza della Corte citata al punto 71 della presente sentenza, la quale conferma che gli Stati membri sono tenuti a conseguire il risultato perseguito dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 e dall’allegato XI di quest’ultima, che consiste nel non superare i valori limite fissati da tali disposizioni. Una siffatta interpretazione lascerebbe peraltro la realizzazione dell’obiettivo di tutela della salute umana, ricordato all’articolo 1, punto 1, della direttiva 2008/50, alla sola discrezionalità degli Stati membri, il che è contrario alle intenzioni del legislatore dell’Unione, quali risultano dalla definizione stessa della nozione di «valore limite», esposta al punto 75 della presente sentenza, che esige che il suo rispetto sia garantito entro un dato termine e poi mantenuto”.

[ii] L’OMS nelle sue linee Guida del 2021 ha abbassato a 10 microgrammi per metro cubo il livello limite per anno civile laddove la direttiva 2008/50 prevede 40. Il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155, in recepimento della Direttiva sulla Qualità dell’Aria Ambiente e Aria più Pulita per l’Europa n. 50/2008 del 21 maggio 2008, fissa i valori limite e gli obiettivi di qualità per le concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, particolato PM10, particolato PM2.5 e ozono. Per valore limite si intende “livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso, che deve essere raggiunto entro un termine prestabilito e in seguito non deve essere superato”; per valore obiettivo si intende “livello fissato al fine di evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso, da conseguirsi, ove possibile, entro un termine prestabilito” (art. 2 direttiva).

[iii] In tal senso, Sentenza 10 novembre 2020, Commissione/Italia, C-644/18, punti 148-154.

[iv] In tal senso, Sentenza 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C-488/15, punti 88-90.

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