Potere di annullamento del nullaosta paesaggistico da parte della Soprintendenza

20 Mag 2021 | giurisprudenza, amministrativo

Di Ada Lucia De Cesaris e Filippo Angelo Porta

Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 marzo 2021, n. 2041 – Pres. Montedoro, Est. Orsini – M.C. (Avv.ti Fabio Buchicchio e Giovanni Corbyons) c. Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell’Umbria (Avvocatura Generale dello Stato) e nei confronti del Comune di Perugia (non costituito in giudizio).

Se l’ente preposto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica non motiva adeguatamente il proprio provvedimento è riscontrabile un vizio di illegittimità per difetto o insufficienza di motivazione e la Soprintendenza nell’annullare l’atto può indicare le ragioni di merito che concludono per la non compatibilità delle opere realizzate con i valori tutelati.

L’omessa indicazione della specifica disposizione violata del codice dei beni culturali e ambientali non determina l’illegittimità del provvedimento adottato dalla Soprintendenza se la violazione riscontrata e il riferimento al vincolo violato consentono di individuare le norme non rispettate.

Il contenzioso alla base della pronuncia in esame ha ad oggetto l’impugnazione del decreto della Soprintendenza, con il quale era stata annullata l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Perugia, relativa alla realizzazione di una costruzione di una abitazione e un annesso agricolo in una zona vincolata, concernente una parte del Comune di Perugia considerata di particolare interesse paesaggistico.

Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza del giudice di prime cure (T.A.R. dell’Umbria), ha infatti ribadito che il Comune, nel reiterare l’autorizzazione paesaggistica precedentemente annullata, “avrebbe dovuto indicare espressamente e compiutamente le ragioni che giustificavano l’adozione di una nuova autorizzazione per le stesse opere per le quali era stato annullato il precedente provvedimento”. Né sul punto si può reputare sufficiente il mero riferimento effettuato dall’Amministrazione comunale al parere della commissione edilizia, che peraltro si era limitata a descrivere l’opera come dotata di “scarsa visibilità” e realizzata con materiali naturali, senza nessun riferimento alla effettiva natura del vincolo, ammettendone implicitamente la deroga.  Il nuovo parere emesso dal Comune avrebbe, quindi, dovuto essere adeguatamente motivato sulle ragioni che ne hanno giustificato la reiterazione, nonostante il precedente annullamento da parte della Soprintendenza.

È vero, secondo il Consiglio di Sato, che, ove sussistano approfondite valutazioni discrezionali compiute dalla Regione o dal Comune, “la giurisprudenza amministrativa ha chiarito da tempo che il potere di annullamento del nullaosta paesaggistico da parte della Soprintendenza statale non comporta un riesame complessivo” di tali valutazioni e quindi una “sovrapposizione o sostituzione di una propria valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, estrinsecandosi invece in una verifica di legittimità che, tuttavia, si estende a tutte le figure sintomatiche del vizio di eccesso di potere (Cfr. Cons. St. sez. VI, n. 8246 del 2019)”. Qualora, però, queste valutazioni manchino, come nel caso in esame, è riscontrabile “un vizio di illegittimità per difetto o insufficienza della motivazione e gli organi ministeriali che annullano l’atto-base per vizio di motivazione possono indicare le ragioni di merito che concludono per la non compatibilità delle opere realizzate con i valori tutelati (v. Cons. St. sez. VI n. 2160 del 2018)”. Per questi motivi, si è ritenuto fondato il rilievo della Soprintendenza, laddove ha evidenziato l’illegittimità del provvedimento comunale per difetto di motivazione e ne ha ribadito le ragioni di incompatibilità con il vincolo.

Infine, il Consiglio di Stato ha respinto anche l’eccezione secondo la quale il T.A.R. non avrebbe esaminato la censura concernente la mancata indicazione nel provvedimento impugnato della disposizione del decreto legislativo n. 490 del 1999 di cui si lamentava la violazione.  Nel caso in esame, infatti, non si è ritenuto indispensabile indicare la specifica norma violata, in quanto la violazione riscontrata era riferita al merito del decreto di vincolo, aspetto quest’ultimo che ha consentito di individuare in modo chiaro che si trattava della “violazione delle norme contenute al titolo II del codice ed in particolare all’articolo 139 che si riferisce specificamente alle bellezze panoramiche’”.

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa).

Cons. Stato, sez. VI, 10 marzo 2021, n. 2041

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apr-mag 2021 De Cesaris-Porta

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