Pianificazione urbanistica e tutela degli interessi paesaggistici, storici e ambientali

17 Gen 2020 | giurisprudenza, amministrativo

di Ada Lucia De Cesaris e Eleonora Gregori Ferri

CONSIGLIO DI STATO, Sez. II – 14 novembre 2019, n. 7839 – Pres. Greco, Est. Manzione –C. A. G. e C. M. A. (Avv. Sergio Quatela) c. Regione Puglia (non costituita in giudizio) e Comune di Ruvo di Puglia (Avv. Vincenzo Caputi Iambrenghi) 

In sede di pianificazione urbanistica, ben può l’Ente estendere le misure conservative imposte sul singolo bene tutelato (c.d. “tutela puntiforme” ex l. n. 1089/1939) al luogo allo stesso circostante. Ciò infatti è consentito dalla stessa l. n. 1150/1942, secondo cui il contenuto del piano regolatore generale comprende anche l’indicazione dei vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico (art. 7, n. 5), legittimando così “l’autorità titolare del potere di pianificazione urbanistica a valutare autonomamente tali interessi e, nel rispetto dei vincoli già esistenti posti dalle amministrazioni competenti alla relativa tutela, ad imporre nuove e ulteriori limitazioni” 

Le modifiche introdotte allo strumento urbanistico comunale per iniziativa della Regione, nell’ambito del procedimento di approvazione della variante, anche laddove dirette ad un’estensione delle prescrizioni di tutela inerenti un bene privato vincolato, non comportano un obbligo di ripubblicazione del Piano emendato, né l’attuazione di altre forme di coinvolgimento dei privati interessati, in quanto tali modifiche sono espressione del dovere in capo alla Regione di salvaguardare e difendere gli interessi ambientali, storici e paesaggistici del territorio. 

Nella pronuncia in commento il Consiglio di Stato affronta il tema del rapporto tra la difesa del paesaggio, prerogativa dello Stato, il potere di pianificazione urbanistica degli Enti territoriali e le aspettative dei proprietari titolari dello ius aedificandi, ribadendo i criteri per giungere all’emanazione di un provvedimento edilizio che contemperi l’interesse alla tutela con l’attività di trasformazione edilizia.

Il Consiglio di Stato ribadisce, anzitutto, che l’esercizio della funzione di tutela del paesaggio si pone come limite alle trasformazioni edilizie del territorio, poiché “la difesa del paesaggio si attua eminentemente a mezzo di misure di tipo conservativo”. Ciò non toglie, però, che in tale ambito gli Enti territoriali svolgano comunque un compito essenziale. Sotto tale profilo, infatti, il Collegio adotta una visione evolutiva del ruolo dell’urbanistica, “non limitato solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli”, bensì destinato ad essere strumento di sintesi delle previsioni di tutela con le esigenze di miglioramento della qualità del territorio stesso.

Su questa via si afferma che l’urbanistica e il potere di pianificazione “non sono mai stati intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà”, bensì come espressione di una prerogativa volta a favorire “uno sviluppo complessivo ed armonico del medesimo”. Ragion per cui è possibile una compenetrazione di diversi vincoli espressione dei poteri attribuiti allo Stato e agli altri Enti, secondo una visione nella quale il “governo del territorio”, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, è un ambito nel quale le funzioni di tutela e di valorizzazione sono complementari nella costruzione di un corretto assetto urbanistico dei suoli.

Pertanto, in sede di pianificazione urbanistica, ben può l’Ente estendere le misure conservative imposte sul singolo bene tutelato (cd. “tutela puntiformeex l. n. 1089/1939) al luogo allo stesso circostante. Ciò infatti è consentito dalla stessa l. n. 1150/1942, secondo cui il contenuto del piano regolatore generale comprende anche l’indicazione dei vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico (art. 7, n. 5), legittimando così “l’autorità titolare del potere di pianificazione urbanistica a valutare autonomamente tali interessi e, nel rispetto dei vincoli già esistenti posti dalle amministrazioni competenti alla relativa tutela, ad imporre nuove e ulteriori limitazioni”. In tale contesto, dunque, sussiste una compenetrazione di competenze statali e degli Enti territoriali che “non esclude che la tutela di questi stessi beni sia perseguita anche in sede di adozione e di approvazione dello strumento urbanistico comunale” (v. Cons. Stato, Sez. IV, 5 ottobre 1995, n. 781). Non solo. Secondo la posizione espressa dalla Sezione, la contiguità tra l’esercizio della funzione di tutela, attribuita allo Stato, e le attività di valorizzazione del patrimonio paesaggistico, storico e culturale, in relazione alle quali alle Regioni spetta la disciplina delle funzioni dirette alla migliore utilizzazione del medesimo, comporta “una situazione di concreto concorso della competenza esclusiva dello Stato con quella concorrente dello Stato e delle Regioni”.

Tra i motivi di impugnazione inoltre si sosteneva che anche laddove fosse considerata legittima l’estensione della tutela (di cui si è detto sopra), comunque qualora ciò accada sarebbe stata necessaria una riedizione del potere pianificatorio e una nuova pubblicazione del piano, con conseguente acquisizione delle osservazioni dei privati interessati.

Anche quest’ultima tesi non è stata ritenuta condivisibile.

Il Consiglio di Stato sul punto ha infatti affermato che le previsioni della l. n. 1150/1942 (artt. 7 e 10) e della l.r. della Puglia n. 56/1980 ribadiscono il dovere della Regione di intervenire nell’ambito della formazione del PRG per la tutela degli interessi ambientali, storici e paesaggistici e proprio la doverosità di tale disciplina implica il conseguente adattamento alle determinazioni espresse dalla Regione delle scelte pianificatorie comunali. Conseguentemente, in continuità con un orientamento giurisprudenziale risalente, le modifiche allo strumento urbanistico comunale introdotte d’ufficio dalla Regione per finalità di tutela paesaggistica e ambientale non richiedono il riavvio del procedimento di approvazione del piano, in quanto le stesse si inseriscono nel medesimo procedimento di formazione progressiva del disegno pianificatorio inerente il territorio interessato.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale di Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

De Cesaris_CdS_Sez.II_7839_2019

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