di Carlo Luca Coppini
Cons. Stato Sez. IV – 28.11.2022, n. 10433 – Pres. F. Gambato Spisani, Est. R. Sestini – Comune di Arezzo (con l’Avv. S. Pasquini) c. Omissis (con gli Avv.ti G. Femia, G. Gratteri e A.U. Serra)
Quando non è possibile risalire ai soggetti autori dell’abbandono dei rifiuti ed emergono induttivamente elementi di responsabilità del proprietario per la mancata attivazione di misure atte a contrastare l’abbandono dei rifiuti rinvenuti sulla propria area, lo stesso è tenuto a rimuoverli a proprie spese.
Il convincimento espresso dai giudici del Consiglio di Stato con la sentenza in commento conferma che l’inerzia del proprietario che si disinteressa della regolare modalità d’occupazione o d’uso del proprio immobile costituisce sufficiente ragione per ritenerlo responsabile della violazione dell’art. 192 del d.lgs 152/2006.
La fattispecie sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato prende le mosse dall’impugnazione dell’ordinanza con cui il Sindaco del Comune di Arezzo disponeva la rimozione dei rifiuti che risultavano abbandonati sull’area di proprietà della ricorrente ove, infatti, veniva rinvenuto un interramento di rifiuti speciali.
Nel rispetto delle disposizioni previste dalla l. 241/1990, che prevedono l’obbligo di comunicare al proprietario l’avvio del procedimento prodromico all’emissione del provvedimento ordinatorio[i], l’amministrazione comunale avviava la fase interlocutoria con la proprietà che, nonostante le proprie precise osservazioni volte a dimostrare l’assenza di qualsiasi interazione con gli effettivi – ma ignoti – responsabili, si vedeva notificare l’ordinanza di rimozione.
La proprietaria dell’area proponeva quindi ricorso avanti il competente Tar per la Toscana che, in accoglimento dei motivi aggiunti, disponeva l’annullamento del provvedimento sull’indefettibile presupposto dell’insufficienza di prove che l’amministrazione comunale avrebbe dovuto fornire per dimostrare: “il concorso del dolo o della colpa della proprietaria nell’attività di abbandono dei rifiuti da parte di ignoti”.
A detta dell’amministrazione comunale, tuttavia, tale motivazione risultava stridere con il preciso contenuto dell’art. 192 del d.lgs. 152/2006 e richiamava a supporto di tale ragione l’interpretazione prestata in precedenza dal Consiglio di Stato con la sentenza 17 luglio 2014 n. 3786, segnatamente nella parte in cui veniva affermato che: “Il proprietario non può essere considerato responsabile, per il suo titolo di proprietario. Tuttavia, non dissimilmente da altre disposizioni del settore, il comma 3 dell’art. 192 ritiene sufficiente la colpa. Tra le tipiche ipotesi, rientra la negligenza”.
Quando viene richiamato il collegamento ad altre disposizioni del settore che tipicamente sanciscono il divieto dell’abbandono o del deposito incontrollato dei rifiuti ci si vuole riferire senza dubbio alla normativa conosciuta nel previgente articolo 9 del D.P.R. 10/9/1982, n. 915, nonché nell’articolo 14 del decreto legislativo 5/2/1997, n. 22, di analogo contenuto rispetto all’art. 192 citato. Il significato giuridico di tale collegamento riveste sicuramente un carattere di particolare attenzione avendo soprattutto riguardo all’elemento psicologico del proprietario che risulterebbe estraneo alla condotta vietata nell’unica ipotesi in cui risulti assente qualsiasi colpa tale da poter configurare una sua responsabilità solidale con quella direttamente ascrivibile a colui che ha effettivamente abbandonato i rifiuti.
Il ragionamento seguito dai giudici di secondo grado con la decisione in commento si conferma corretto anche alla luce del pronunciamento espresso dall’Adunanza plenaria n. 3/2021 che, \ in riferimento alla condotta tenuta dal curatore, ha affermato il principio di diritto secondo cui risponde dell’eliminazione dei rifiuti abbandonati anche la curatela fallimentare, pur se non autrice dell’abbandono dei rifiuti o del loro deposito[ii].
Il Consiglio di Stato ha inteso motivare la decisione in commento facendo propri i principi che disciplinano l’attività che l’amministrazione pubblica è sicuramente chiamata a svolgere in materia dei rifiuti, soprattutto quando si traduce nell’obbligo di vedere salvaguardati, nei confronti di tutti, gli interessi di tutela dell’ambiente e della salute pubblica chiamando a rispondere tutti i soggetti che si rendano colpevoli
Dopo aver a lungo oscillato tra gli opposti poli dialettici di una visione puramente liberale-individualistica della proprietà privata (che escludeva qualsivoglia dovere di attivazione del proprietario privato), da un lato, e, dall’altro lato, di una lettura più “sociale” dell’art. 42 della Costituzione (che tendeva a far gravare sul proprietario specifici obblighi di vigilanza e di prevenzione attiva del rischio di sversamento incontrollato di rifiuti), l’interpretazione della norma si è di recente stabilizzata in una posizione intermedia, certamente condivisibile, che si riassume nelle seguenti proposizioni: “in relazione ai soggetti passivi dell’ordine di rimozione di rifiuti previsto dall’art. 192, co. 3 cit., va ribadito come lo stesso possa essere indirizzato anche nei confronti del proprietario dell’area, pur non essendo lo stesso l’autore materiale delle condotte di abbandono dei rifiuti (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 2 agosto 2018, n. 4781 e 17 luglio 2014, n. 3786); la norma in questione – qualora vi sia la concreta esposizione al pericolo che su un bene si realizzi una discarica abusiva di rifiuti anche per i fatti illeciti di soggetti ignoti – attribuisce rilevanza esimente alla diligenza del proprietario, che abbia fatto quanto risulti a lui possibile.
Da qui, peraltro, sorge l’inevitabile problema derivante dall’imputabilità dell’onere della prova della responsabilità per abbandono dei rifiuti e dell’applicazione del principio: “più probabile che non” e, quindi, del ragionevole dubbio che opera come standard probatorio nel processo civile e per estensione anche nel processo amministrativo dove la “causalità” e l’onere probatorio seguono le stesse regole processuali civili.
Inutile dilungarsi sul lungo decalogo che conferma la responsabilità solo di colui che ha inquinato (chi inquina paga) e sull’intero impianto normativo in materia di rifiuti costruito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con l’ordinanza 25 settembre 2013, n. 21.
Come puntualmente osservato dal Tar Brescia nella propria sentenza n. 766/2018: “la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C-188/07), nell’interpretare il principio “chi inquina paga” (che consiste nell’addossare ai soggetti responsabili i costi cui occorre far fronte per prevenire, ridurre o eliminare l’inquinamento prodotto), fornisce una nozione di causa in termini di aumento del rischio, ovvero come contribuzione da parte del produttore al rischio del verificarsi dell’inquinamento; la giurisprudenza nazionale, di converso, ha a più riprese rilevato che il suo positivo riscontro può basarsi anche su elementi indiziari, quali la tipica riconducibilità dell’inquinamento rilevato all’attività industriale condotta sul fondo in quanto “la prova può essere data in via diretta o indiretta, ossia, in quest’ultimo caso, l’amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale può avvalersi anche di presunzioni semplici di cui all’art. 2727 c.c.” .
In tale contesto, quindi, è possibile affermare che il ragionamento seguito dal Consiglio di Stato nella sentenza qui annotata sia condivisibile.
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Cons di Stato 10433 del 28 novembre 2022 (1)
Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.
Il Green New Deal globale e statale (1)
NOTE:
[i] Cfr. F. Vanetti e E. Ippolito, Illegittima l’ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati non preceduta da comunicazione di avvio del procedimento, in RGA online, 3 gennaio 2023.
[ii] Per un esame attento della sentenza dell’Adunanza Plenaria n 3/2021, cfr. C. Gaudenzi e F. Boezio, Ancora sulla responsabilità e sugli obblighi del proprietario di un’area su cui insistono rifiuti abbandonati, in RGA online, 1 luglio 2022.