L’individuazione della normativa applicabile ai procedimenti di V.I.A. in caso di verifica preliminare di assoggettabilità

20 Mag 2021 | giurisprudenza, amministrativo

di Elisa Maria Volonté 

Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Napoli), Sez. V – 1° marzo 2021, n. 1327 – Pres. Abruzzese, Est. Maffei – Omissis. (Avv.ti Comandé, D’Angiolella, Torino) c. Regione Campania (Avv. Niceforo); Giunta Regionale della Campania; Giunta Regionale della Campania – Direzione Generale per la Mobilità (non costituite in giudizio) 

L’individuazione della normativa applicabile a una valutazione di impatto ambientale deve essere individuata sulla base della presentazione dell’istanza relativa alla verifica preliminare (screening). Lo screening, infatti, si configura come un vero e proprio procedimento di valutazione di impatto ambientale, seppur meno complesso, avente il medesimo oggetto rispetto alla successiva ed eventuale valutazione ambientale. Pertanto, lo screening svolge una funzione preliminare, da intendersi in senso strettamente cronologico, rispetto alla procedura di valutazione di impatto ambientale.

La pronuncia in commento analizza la legittimità della richiesta della Giunta Regionale campana di aggiornare una valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) a fronte dell’asserita scadenza del termine di validità quinquennale previsto dall’Art. 26 comma 6 D.Lgs. 152/2006[i], applicabile ratione temporis, nel caso in cui la relativa istanza di avvio del procedimento di verifica preliminare (screening) sia stata presentata precedentemente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008, che ha introdotto il citato termine di validità, mentre l’istanza di avvio del procedimento di V.I.A. sia stata invece presentata successivamente all’entrata in vigore della citata normativa.

Più precisamente, la vicenda si innesta nell’ambito della programmazione di interventi e opere specifiche sulla portualità turistica del Comune di Castel Volturno, località Pinerolo, approvata dalla Giunta Regionale della Campania con delibera n. 466 del 19 marzo 2004. Interventi ed opere da svolgersi da parte della ricorrente, società di progetto costituita a seguito dell’affidamento in concessione dell’attività di progettazione definitiva nonché della costruzione e gestione del porto turistico.

Relativamente alle opere sopra descritte, la ricorrente aveva presentato alle competenti amministrazioni, con istanza del 28 dicembre 2005, la domanda di assoggettamento a verifica preliminare (screening) di impatto ambientale del progetto e, a fronte della necessità di sottoporre il medesimo a V.I.A., come valutato dalla competente Commissione al termine del procedimento di screening, il 22 settembre 2008 la ricorrente aveva presentato la relativa istanza ai sensi dell’Art. 23 D.Lgs. 152/2006. Il procedimento di V.I.A. si era concluso con parere favorevole di compatibilità ambientale, espresso con Decreto Dirigenziale n. 769 del 24 settembre 2009.

Successivamente all’inizio dei lavori, avvenuto nel 2014, la ricorrente ha domandato con propria nota del 31 gennaio 2017 il riconoscimento di ulteriori 36 mesi per la conclusione delle opere. A detta nota la Giunta Regionale aveva dato riscontro, da ultimo, con nota del 5 dicembre 2018 con la quale subordinava l’estensione del termine per la conclusione dei lavori all’aggiornamento della V.I.A. del 2009. Ciò in quanto, secondo la Giunta Regionale, il progetto risultava sottoposto ratione temporis alla disciplina di cui all’Art. 26 D.Lgs. 152/2006, così come sostituito dal D.Lgs. 4/2008.

Nonostante l’opposizione della ricorrente a detta richiesta con un atto stragiudiziale di diffida ad adempiere notificato alla Giunta Regionale il 10 dicembre 2019, l’Amministrazione regionale aveva ribadito la necessità di aggiornare la V.I.A. con provvedimento del 5 febbraio 2020, oggetto di impugnazione da parte della ricorrente.

L’analisi in diritto del ricorso si apre con la valutazione dell’eccezione di inammissibilità del gravame sollevata dall’Amministrazione resistente. La Regione Campania, infatti, lamenta che il ricorso sia stato proposto contro un atto meramente confermativo con conseguente decadenza del termine di impugnazione, avendo la Giunta Regionale accolto la domanda di estensione del termine di fine lavori già nel 2018.

Il T.A.R. rigetta la citata eccezione facendo leva sulla distinzione tra atto confermativo e atto di conferma: l’atto confermativo, infatti, si configura quando l’amministrazione ribadisce una propria precedente decisione senza alcuna nuova rivalutazione degli interessi o nuovo apprezzamento dei fatti; si ha invece un atto di conferma qualora la determinazione dell’amministrazione si configuri quale esito di un procedimento di secondo grado, indipendentemente dal fatto che il contenuto dell’atto di conferma sia più o meno aderente al contenuto della determinazione precedente.

Nelle circostanze di fatto del ricorso, secondo il T.A.R., è evidente che la Giunta Regionale abbia avviato una nuova istruttoria a fronte dell’atto di diffida del 10 dicembre 2019 della ricorrente: la motivazione del provvedimento impugnato datato 5 febbraio 2020, infatti, illustra la nuova valutazione del quadro normativo di riferimento nonché dei presupposti fattuali sulla base del quale era stata adottata l’iniziale determinazione. Pertanto, configurandosi il provvedimento oggetto di gravame quale atto di conferma, lo stesso è idoneo a configurare la nuova decorrenza dei termini per l’impugnazione, con conseguente tempestività del ricorso.

Relativamente alle valutazioni in merito, la dirimente censura della ricorrente riguarda, di fatto, l’applicabilità o meno al progetto in questione del termine quinquennale di validità del provvedimento di V.I.A., introdotto con D.Lgs. 4/2008[ii].

A tal proposito, il T.A.R. riconosce la necessità innanzitutto di inquadrare giuridicamente la V.I.A. e il procedimento di screening: solo partendo da queste valutazioni, infatti, sarà possibile sciogliere il nodo della questione di diritto intertemporale sollevato dalla ricorrente, ovverosia comprendere se il procedimento di V.I.A. oggetto del giudizio rientri o meno nell’ambito di applicazione del citato D.Lgs. 4/2008.

Nello svolgimento della citata analisi giuridica, il T.A.R. segue il solco della più recente giurisprudenza amministrativa sul punto[iii]: il procedimento di V.I.A. è indiscutibilmente configurato come procedura amministrativa di supporto per l’autorità competente, finalizzata ad individuare, descrivere e valutare ex ante gli impatti ambientali di un’opera. Detti impatti ambientali sono anche oggetto del procedimento di screening, il quale svolge però una funzione preliminare, imponendo il passaggio alla fase successiva (ovverosia al procedimento di V.I.A.) solo laddove venga effettivamente ravvisata una significatività del progetto in termini di incidenza negativa sull’ambiente o, in alternativa, consentendone lo svolgimento con conseguente risparmio di costi effettivi e di tempi di attuazione. Tali peculiarità hanno di fatto portato la giurisprudenza amministrativa a ritenere “lo screening […] stesso una procedura di valutazione di impatto ambientale, meno complessa della V.I.A.[iv].

Inoltre, come sottolineato dal T.A.R., il procedimento di screening non può essere considerato una fase costitutiva ed imprescindibile della V.I.A., in quanto il medesimo deve essere esperito solamente in relazione a quei progetti per i quali la medesima sottoposizione alle V.I.A. sia meramente facoltativa ed eventuale.

Conseguentemente, la valutazione di assoggettabilità a V.I.A. rappresenta un procedimento autonomo rispetto alla V.I.A. stessa, che si conclude con un giudizio sulla necessità o meno di procedere con un sostanziale approfondimento dell’impatto ambientale del progetto, anticipandolo. Proprio tale autonomia, confermata e ribadita anche dall’assetto normativo del D.Lgs. 152/2006, qualifica il procedimento di screening quale una procedura di V.I.A. vera e propria, seppur come già detto meno complessa, caratterizzata da un’evidente contiguità funzionale con la V.I.A. medesima.

Proprio a fronte di tali caratteristiche intrinseche lo screening è stato considerato un subprocedimento autonomo e preliminare alla V.I.A., da intendersi però in senso strettamente cronologico: esso infatti si pone come momento iniziale del procedimento per alcuni progetti relativamente ai quali la valutazione vera e propria di impatto ambientale si configura come meramente eventuale.

Alla luce del ragionamento sopra esposto, il T.A.R. individua nell’istanza di assoggettabilità a V.I.A., presentata il 28 dicembre 2005, l’atto instaurativo del procedimento di impatto ambientale relativo al progetto sulla portualità turistica del Comune di Castel Volturno.

Di conseguenza, il procedimento di V.I.A. oggetto del giudizio non è sottoposto al termine quinquennale di cui all’Art. 26 D.Lgs. 152/2006 in quanto deve considerarsi disciplinato dalle disposizioni del D.Lgs. 152/2006 nella loro formulazione precedente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 4/2008.

Ed infatti, la versione del citato articolo del D.Lgs. 152/2006 precedente al D.Lgs. 4/2008 non prevedeva alcun termine entro il quale il progetto sottoposto a V.I.A. dovesse essere realizzato. Diversamente è stato invece introdotto con le modifiche di cui al D.Lgs. 4/2008, il quale, sostituendo il comma 6 dell’Art. 26 D.Lgs. 152/2006 ha previsto che [i] progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento può stabilire un periodo più lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza del proponente, dall’autorità che ha emanato il provvedimento, la procedura di valutazione dell’impatto ambientale deve essere reiterata”.

L’interpretazione del T.A.R. è inoltre confermata dalle modifiche successivamente apportate a tale articolo: infatti, il D.L. n. 78 del 1° luglio 2009, convertito poi in L. n. 102 del 3 agosto 2009, ha ulteriormente integrato il testo del citato comma, prevedendo che “[i] termini di cui al presente comma si applicano ai procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4”. Pertanto, il citato D.L. 78/2009 ha chiarito, con effetto di interpretazione autentica[v], l’irretroattività del limite di validità introdotto con D.Lgs. 4/2008.

Alla luce delle modifiche apportate tra il 2008 e il 2009, è chiaro quindi che il termine di validità quinquennale della V.I.A. non trova applicazione relativamente al progetto interessato dalla pronuncia in commento posto che, come accertato dal T.A.R. e dalla giurisprudenza amministrativa[vi], l’atto introduttivo del medesimo non rientra nel campo di applicazione delle modifiche di cui al D.Lgs. 4/2008. Pertanto, nessun termine di validità troverà applicazione con riferimento al provvedimento di V.I.A. relativo al progetto sulla portualità turistica del Comune di Castel Volturno, conformemente alla normativa applicabile ratione temporis.

Come sottolineato dal T.A.R., tale lettura del termine decadenziale del provvedimento di V.I.A. è giustificata altresì dalla possibilità, già introdotta con il D.Lgs. 4/2008, di modulare la validità del provvedimento di V.I.A. in sede di rilascio “[t]enuto conto delle caratteristiche del progetto”.

L’irretroattività delle modifiche apportate dal D.Lgs. 4/2008 è altresì conforme alla giurisprudenza comunitaria: come sottolineato anche dal T.A.R., la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha appunto più volte affermato la necessità di attuare il diritto dell’Unione, anche in tema di V.I.A., nel rispetto del principio di certezza del diritto così da garantire che gli interessati conoscano esattamente la portata dei propri obblighi e diritti[vii]. Quello della certezza del diritto è infatti un principio consolidato del diritto dell’Unione che, come tale, deve essere rispettato tanto dalle istituzioni dell’Unione quanto dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri loro conferiti dalle direttive.

Ed infatti, proprio in applicazione del principio di certezza del diritto, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha più volte confermato e ribadito l’irretroattività delle norme sulla procedura di V.I.A., giustificata dal fatto che gli oneri procedurali – soprattutto quando derivanti da modifiche normative – non devono risultare eccessivi né ritardare situazioni già consolidate[viii].

Esattamente tale effetto consolidativo interessa la fattispecie oggetto del pronuncia in analisi, posto che il relativo procedimento di V.I.A. era stato adottato in conformità con la normativa nazionale ed europea applicabili ratione tempore, le quali hanno ad ogni modo garantito la convergenza di tutti gli interessi coinvolti: l’interesse comunitario alla tutela dell’ambiente tramite l’esperimento del procedimento di V.I.A., l’interesse nazionale alla realizzazione di una infrastruttura strategica e, infine, l’interesse privato ed economico dei soggetti realizzatori.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

RGA – Maggio (Campania 1327_2021)

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RGA_Maggio – EMV

Note:

[i] Nel caso in analisi, si discute sull’applicabilità ratione temporis della formulazione dell’Art. 26 D.Lg.s 152/2006 così come modificata dal D.L.gs. 4/2008.

[ii] Il D.Lgs. 4/2008 ha abrogato e sostituito in toto l’Art. 26 D.Lgs. 15272006, introducendo per la prima volta al sesto comma una previsione secondo la quale i progetti oggetto di V.I.A. dovessero essere realizzati entro il termine di cinque anni.

[iii] Nello svolgimento della propria analisi, infatti, il T.A.R. richiama e ripercorre il ragionamento del Consiglio di Stato, nella propria pronuncia Cons. Stato, Sez. II, 7 settembre 2020, n. 5379.

[iv] Si veda a proposito Cons. Stato, Sez. II, 7 settembre 2020, n. 5379.

[v] La valenza di interpretazione autentica della disposizione introdotta dal D.L. n. 78 del 1° luglio 2009, convertito con L. n. 102 del 3 agosto 2009, è stata confermata anche da T.A.R. Brescia, (Lombardia) sez. I, 13 agosto 2019, n. 739.

[vi] In tal senso, si veda T.A.R. Brescia, (Lombardia) sez. I, 13 agosto 2019, n. 739, T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, 10 aprile 2019, n. 117 e T.A.R. Lecce, (Puglia) sez. I, 01/12/2017, n. 1904.

[vii] In tal senso, T.A.R. Brescia, (Lombardia) sez. I, 13 agosto 2019, n. 739.

[viii] Ex multiis, Corte di Giustizia UE, Sez. VI, 18 giugno 1998 (C-81/96, Burgemeester en Wethouders) e Grande Sezione, 1° luglio 2014 (C 573/12, Ålands vindkraft AB contro Energimyndigheten). Come sottolineato anche dal T.A.R., sulla scia delle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, vengono escluse da tale effetto consolidativo quelle situazioni ancora in itinere, autorizzate anni prima sulla base di norme nazionale ma senza che fosse stato preventivamente effettuato uno studio ambientale conforme alla Direttiva 85/337/CEE. Il motivo di questa considerazione è che la citata direttiva riguarda in gran parte progetti di una certa ampiezza, la cui realizzazione necessita molto spesso di un lungo periodo di tempo. Pertanto, non è opportuno che procedure, già complesse a livello nazionale e formalmente avviate prima della data di scadenza del termine di attuazione della direttiva, siano appesantite e ritardate dalle specifiche prescrizioni imposte da quest’ultima, e che situazioni già consolidate ne siano colpite.

 

 

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