L’applicazione dell’Art. 242 D.Lgs. 152/2006 alle contaminazioni storiche

28 Gen 2022 | giurisprudenza, amministrativo

di Elisa Maria Volonté

Consiglio di Stato, Sez. VI – 18 novembre 2021, n. 7709 – Pres. De Felice, Est. Toschei – Omissis S.r.l. (Avv. Longo) c. Comune di Montereale Valcellina (Avv.ti Ciliberti, Fugaro, Manzi), Azienda per l’assistenza sanitaria n. 5 “Friuli Occidentale” (Avv. Colò), Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Friuli Venezia Giulia – ARPA, non costituita in giudizio e nei confronti di Omissis S.r.l. e Omissis S.r.l. e dei Sig.ri Omissis e Omissis, non costituiti in giudizio

Come confermato dalla portata letterale dell’Art. 242 D.Lgs. 152/2006, la “storicità” di una contaminazione non è sufficiente a determinarne l’esclusione dall’applicazione dei principi e delle procedure di cui all’Art. 242 D.Lgs. 152/2006, essendo i medesimi volti non a sanzionare la condotta di inquinamento ma a porre rimedio alla contaminazione dei luoghi.

In applicazione dell’insegnamento dell’Adunanza Plenaria n. 3/2001, la proprietà del fondo è sufficiente a instaurare l’obbligo di messa in sicurezza e di bonifica, dovendo essere le medesime attività legittimamente imposte sulla base della titolarità di un titolo giuridico ovverosia della disponibilità materiale dei beni, ivi inclusa quindi la proprietà dei medesimi.

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato raccoglie i più recenti principi in tema di applicazione dell’Art. 242 D.Lgs. 152/2006 alle contaminazioni storiche, decidendo su un appello caratterizzato da articolati elementi di fatto, snodatisi anche nelle more del giudizio di appello.

Con l’appello, la società appellante chiedeva l’annullamento della decisione del T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 13 febbraio 2018, n. 34 con la quale era stato respinto il proprio ricorso, vertente sull’illegittimità di numerosi provvedimenti, inclusi un’ordinanza sindacale emessa dal Sindaco del Comune e pareri delle autorità appellate, relativi alla potenziale contaminazione del sito di proprietà dell’appellante.

Il citato sito, sul quale l’appellante vorrebbe realizzare un complesso residenziale, era stato storicamente utilizzato dalla precedente proprietà per fini produttivi e, nello specifico, per la realizzazione di guarnizioni per motori di autoveicoli, produzione nella quale venivano impiegati anche materiali contenenti amianto.

La possibile presenza di fibre di amianto presso il sito e la potenziale situazione di inquinamento del medesimo erano già note alle autorità. Pertanto, alla presentazione della pratica edilizia per la demolizione dei manufatti, il Comune si era immediatamente attivato, emanando l’ordinanza impugnata, che ha imposto la sospensione delle attività di demolizione del preesistente complesso industriale, e richiedendo specifiche analisi volte a rilevare la presenza di potenziali contaminazioni da amianto. Qualora la presenza di amianto fosse stata confermata, l’ordinanza prevedeva altresì l’affidamento della demolizione dei manufatti da parte di un’impresa qualificata, la tracciabilità del materiale in uscita dal cantiere e, infine, lo svolgimento di un’ulteriore indagine preliminare sul suolo e sottosuolo, una volta completata la demolizione.

A tal riguardo, nelle more del giudizio di appello il Comune di Montereale Valcellina aveva parzialmente revocato l’ordinanza sindacale impugnata, consentendo la prosecuzione dei lavori di demolizione a fronte delle risultanze delle indagini svolte dall’AAS, le quali avevano confermato l’assenza di amianto nei manufatti ancora presenti.

Tale revoca non andava tuttavia a pregiudicare quanto richiesto dall’ARPA con i propri pareri, anch’essi oggetto di impugnazione in primo grado, ovverosia la necessità di verificare la presenza di amianto nel suolo e nel sottosuolo, tanto più che la presenza di amianto, insieme anche ad alcuni rifiuti interrati, era stata riscontrata dalle relative indagini e che, alla luce di quanto emerso, l’ARPA aveva altresì richiesto la messa in sicurezza di tutto il sito e un piano di indagine accurato per identificare il responsabile dell’abbandono.

Con il principale motivo di appello viene lamentata la violazione dell’Art. 242 D.Lgs. 152/2006, derivante dal fatto che, come già anticipato, le autorità fossero già precedentemente a conoscenza della potenziale contaminazione del sito[i].

Il Consiglio di Stato si sofferma a lungo sulla citata doglianza, rigettandola. Ed infatti, come argomentato in sentenza, nessuna violazione dell’Art. 242 D.Lgs. 152/2006 sarebbe ravvisabile nel caso di specie: la ripresa delle attività di demolizione sul sito ben si qualifica, conformemente a quanto richiesto dalla normativa, quale evento potenzialmente in grado di contaminare il sito, considerando i rischi relativi al rilascio di fibre di amianto.

Inoltre, è la stessa portata letterale dell’Art. 242 D.Lgs. 152/2006 a confermare la correttezza dell’operato delle amministrazioni, essendo infatti espressamente previsto di attivare la procedura di indagine preliminare anche nel caso di individuazione di contaminazioni storiche, quale quella interessante il sito in questione.

A conferma del proprio ragionamento, il Consiglio di Stato richiama la giurisprudenza in tema di applicazione del D.Lgs. 152/2006 alle contaminazioni storiche[ii]: le contaminazioni così dette storiche, non sfuggono all’applicazione dei principi e delle procedure di cui all’Art. 242 D.Lgs. 152/2006, essendo i medesimi volti non a sanzionare la condotta di inquinamento ma a porre rimedio alla contaminazione dei luoghi. Pertanto, la storicità di una contaminazione non esclude il sorgere di obblighi di bonifica in capo al responsabile, perlomeno quando il pericolo di aggravamento della situazione ambientale sia ancora attuale: ed infatti, la disciplina in questione non trova fondamento nell’origine della contaminazione, e quindi nel periodo di origine della medesima, ma nell’interesse di intervenire tempestivamente, evitando così che la situazione ambientale si aggravi ulteriormente[iii].

A differenza di quanto sostenuto dall’appellante, la violazione dell’Art. 242 D.Lgs. 152/2006 non sussisterebbe nemmeno per aver l’amministrazione imposto lo svolgimento delle indagini preliminari di cui al comma 2 del medesimo articolo senza aver precedentemente indicato le necessarie misure di prevenzione, impedendo così di bilanciare la necessità di tutelare l’ambiente con l’interesse dell’appellante a proseguire le attività di bonifica.

Come chiarito dal Consiglio di Stato, il D.Lgs. 152/2006 effettivamente fornisce dei criteri generali volti a facilitare il coordinamento delle attività di bonifica con la prosecuzione delle attività produttive sul sito, prevedendo che il soggetto responsabile o il proprietario possano provvedere all’implementazione di misure di messa in sicurezza del sito, mediante il contenimento degli inquinanti e alla graduale eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie, quando gli interventi di bonifica comporterebbero una limitazione se non sospensione delle attività svolte sul sito[iv]. Nel caso di specie, tuttavia, il Consiglio di Stato riconosce altresì che il Comune di Montereale Valcellina non abbia imposto misure puntuali, incompatibili con l’attività dell’appellante ma si sia invece limitato ad imporre obblighi di risultato, ordinando alla società di predisporre un programma di indagine preliminare alla demolizione, così da porre gli enti competenti nella posizione di individuare eventuali accorgimenti tecnici, necessari per consentire lo svolgimento in sicurezza degli interventi edilizi. In aggiunta, nessun elemento è stato addotto dall’appellante a dimostrare che le scelte operate dal Comune e dagli altri enti competenti non siano proporzionate alla gravità della situazione ambientale interessante il sito.

A completamento del proprio ragionamento e a ulteriore conferma della correttezza dell’operato delle amministrazioni coinvolte, il Consiglio di Stato richiama il recente insegnamento dell’Adunanza Plenaria che, in applicazione del principio “chi inquina paga” ha aperto la possibilità di imputare attività di messa in sicurezza e bonifica a soggetti diversi dal responsabile della contaminazione[v].

La citata sentenza, infatti, ha individuato il fondamento dell’obbligo di messa in sicurezza e di bonifica nella titolarità di un titolo giuridico ovvero nella mera disponibilità materiale dei beni che consenta o imponga l’amministrazione di un patrimonio nel quale sono compresi i beni immobili inquinati[vi] e pertanto, come argomentato dal Consiglio di Stato, anche la sola proprietà del fondo può ritenersi sufficiente a imporne lo svolgimento.

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RGA_Gennaio – EMV

Per il testo della sentenza (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato

Cons Stato 7709_2021

[i] Il primo comma dell’Art. 242 D.Lgs. 152/2006, di cui l’appellante lamentava la violazione, recita come segue: “[a]l verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell’inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 304 , comma 2. La medesima procedura si applica all’atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.

[ii] Tale giurisprudenza è stata sancita da Cons. Stato, Ad. Plen., 22 ottobre 2019, n. 10 e si è ulteriormente consolidata successivamente, tramite numerose pronunce, tra le quali si cita sempre Cons. Stato, Sez. IV, 7 maggio 2019 n. 2926 e Sez.IV, 1° aprile 2020 n. 2195.

[iii] In tal senso di veda E. Pomini, Misure di prevenzione per la falda imposte al proprietario incolpevole di un sito contaminato, in questa Rivista.

[iv] Il Consiglio di Stato fa qui riferimento ai “[c]riteri generali per la selezione e l’esecuzione degli interventi” di cui all’Allegato III al Titolo V della Parte IV del D.Lgs. 152/2006.

[v] L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sentenza 26 gennaio 2021, n. 3 ha infatti riconosciuto la legittimità di un ordine di rimozione di rifiuti nei confronti del curatore fallimentare del soggetto responsabile, estendendo così la definizione di “detentore di rifiuti”.

[vi] Per un approfondimento sulla sentenza Cons. Stato, Ad. Plen., 26 gennaio 2021, n. 3, si veda F. Vanetti, L’Adunanza Plenaria chiarisce gli obblighi di intervento del curatore fallimentare rispetto ad interventi di bonifica e rimozione dei rifiuti, in questa Rivista.

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